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W.


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
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In una piccola ma accogliente sala cinematografica locale ho assistito di recente al film W., del regista americano Oliver Stone, che racconta la vita e le opere dell’attuale, ma per fortuna ancora per poco Presidente degli Stati Uniti d’America, George W. Bush. Il film ha l’ambizione di delineare un affresco psicologico del protagonista, risultando alla fine proprio per questo, abbastanza noioso e ripetitivo, data la scarsa profondità psicologica ed esistenziale del personaggio. Le immagini impietosamente ci restituiscono la figura di un uomo scarsamente dotato intellettualmente che, superata una fase di alcolismo acuto nell’età giovanile, riesce a fare carriera politica solo grazie agli aiuti di un padre, George Bush Senior, che comunque non perde occasione per manifestare la sua profonda delusione per un figliolo così mal riuscito. Il film è ancora più deludente sul piano politico, ricostruendo in maniera banale ed eccessivamente semplificata alcune delle vicende politiche più importanti dell’ultimo decennio. Ad esempio, viene omessa completamente la descrizione della prima elezione di Bush jr., del tutto casuale e poco meritata, ottenuta solo grazie all’aiuto involontario (?) del candidato dei Verdi e Consumatori Ralph Nader, il quale sottrasse ad Al Gore i voti necessari per vincere. Inoltre, non si racconta che l’elezione si risolse in un sostanziale pareggio, che le schede elettorali dovettero essere conteggiate per mesi prima di poter assegnare, per una manciata di voti, la vittoria a Bush. Cosa sarebbe successo se non avesse prevalso l’ottuso integralismo di Nader e il candidato verde, non partecipando alle elezioni, avesse consentito a Gore di prevalere? Molto probabilmente la storia sarebbe un po’ cambiata. Si può supporre ad esempio, che il candidato democratico avrebbe sicuramente reagito diversamente e in maniera meno aggressiva all’attentato alle Torri Gemelle o avrebbe fatto assumere un ruolo di primo piano al proprio paese nella lotta mondiale ai cambiamenti climatici. La storia non si fa con i se, ma la politica sì e di tutto questo non c’è minima traccia nel film.

Ma, nonostante questi difetti, io ritengo che il film vada visto, anzi andrebbe consigliato a più persone possibili, solo per una improvvisa ma illuminante e pedagogica scena incastonata nel bel mezzo della storia. Nello Studio Ovale, il Presidente insieme alla sua squadra di Governo discute animatamente la decisione di invadere l’Iraq di Saddam Hussein con il pretesto della presenza di armi nucleari nascoste. Il Vice Presidente Dick Cheney interviene per superare le resistenze del recalcitrante Colin Powell, più o meno affermando che “tra trentacinque anni gli Stati Uniti non avranno più petrolio, con il 5% della popolazione mondiale consumiamo il 25% del petrolio prodotto e che pertanto, l’occupazione militare e il controllo politico di una regione con le più elevate riserve petrolifere mondiali hanno un rilievo altamente strategico per gli interessi nazionali”. Il Presidente chiosa le convincenti argomentazioni del suo vice osservando che non è certo opportuno giustificare la guerra agli americani con argomentazioni energetiche così prosaiche, ma piuttosto appellandosi alla lotta contro il terrorismo internazionale o al valore della democrazia contro la tirannide, dando il via al feroce bombardamento che determinerà la fine del satrapo iracheno, l’occupazione americana del paese e la garanzia del secondo mandato per George Bush. The End.

Ma cosa accadrà in futuro con l’elezione del primo Presidente nero nella storia degli Stati Uniti? La risposta a questa domanda starebbe bene in una stimolante sceneggiatura cinematografica per un film di fantapolitica in cui potrebbero cimentarsi registi del calibro di Scott, Spielberg o Zemeckis. Un ispirato e lungimirante Barack Obama guida il declino della superpotenza verso un’epoca di pace e verso una società meno consumistica e dissipatrice fondata sulle energie rinnovabili e su sistemi di trasporto poco energivori. Oppure un realista e opportunista Barack Obama si rende conto che tra otto anni, quando scadrà il suo secondo mandato, la disponibilità interna di petrolio, seguendo la curva declinante successiva al picco dei primi anni ’70, sarà sempre più scarsa e non volendo rischiare l’impopolarità di mettere in discussione l’american way of life, continuerà sotto altre forme una politica militare di controllo dei principali luoghi di approvvigionamento petrolifero mondiali. A me piacerebbe il primo finale, ma temo che gli americani preferirebbero il secondo.

Terenzio Longobardi
Fonte: http://www.aspoitalia.blogspot.com/
14.01.2009


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kant
 kant
Active Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 14
 

Bene quindi il colpevole della degenerazione americana sarebbe il povero Ralph Nader. Continuiamo così, col bipolarismo marcio, che andiamo lontano di sicuro. L'importante è criminalizzare sempre gli outsider non disposti a compromessi col potere putrefatto. Complimenti. La democrazia è impossibile finché non ci liberiamo del bipolarismo farlocco dei venduti all'elite.


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