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L’ ANIMA


mystes
Noble Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 1510
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I grandi filosofi dell’antichità discussero a lungo sull’anima, dedicandole interi trattati. Nonostante la vasta letteratura esistente, interessantissima e importante, ancora oggi non possiamo avere una idea definitiva su cosa sia l’anima, dove si trovi, ma soprattutto di come si unisce all’uomo e di come si separa dall’uomo. L’argomento tuttora è aperto a molte discussioni e relative nuove conclusioni.

Per questo motivo a lungo ho esitato sulla opportunità o meno di scrivere qualcosa sullo spinoso argomento, e nel farlo vorrei soprattutto evitare i luoghi comuni e le tante cose dette e ripetute da tutti.

Parto da alcune definizioni di Arturo Reghini lette sul Dizionario Filologico ( https://www.amazon.it/DIZIONARIO-FILOLOGICO-ARTURO-REGHINI/dp/168818063X ) che recitano nel modo seguente:

La prova assoluta della sopravvivenza dell’anima umana non si può dare perché la dimostrazione assoluta si dà solo in matematica. La prova assoluta della sopravvivenza dell’anima umana consiste solo nell’esperienza personale di questa sopravvivenza; e quindi nel ricordo da parte della coscienza di essere passata attraverso la morte. (… )

Reghini è un pitagorico e come tale conosce bene la scienza dei numeri, il suo scetticismo è peraltro legittimo. Non solo, fa capire che la conoscenza dell’anima non può essere ottenuta attraverso lo studio generalizzato anche se specialistico come la filosofia.

Detto ciò i capitoli sull’Anima nelle Enneadi di Plotino, sebbene notevoli e interessanti, sono frutto dell’esperienza personale di questo filosofo. Si può osservare che l’esperienza personale di Plotino è quella di un grande maestro e che merita quindi di essere presa in seria considerazione. Ma sarebbe grave errore pensare che quella esperienza possa essere usata come prova assoluta dell’esistenza o meno dell’immortalità dell’anima. Plotino per primo sarebbe d’accordo.

Reghini però apre uno spiraglio quando scrive una frase che può aiutarci a penetrare nel mistero, nella quale riconosce che una “prova assoluta” può essere data e che può essere frutto dell’“esperienza personale”. Ma qui subentra un altro problema: se il fortunato che passa attraverso tale esperienza non trovasse le parole giuste per poterla descrivere o nel migliore dei casi si trovasse impacciato come chi decide di raccontare un sogno appena sveglio, che succede? Alla coscienza non sempre sarà facile fissare nella memoria le immagini di quel che è accaduto e quando vi riesce, si comporta come quello studente che balbetta di fronte al docente perché non ricorda bene la lezione.

Benché Reghini riconosca che “la soluzione assoluta del problema non può consistere che nell’esperienza o conoscenza diretta della coscienza” aggiunge con riguardo all’immortalità dell’anima che “non l’indagine scientifica o speculazione filosofica ma il raggiungimento di un determinato stadio della vita interiore può dare la prova assoluta della sopravvivenza dell’anima.”

A questo punto i due problemi, della morte e dell’immortalità si intrecciano e si congiungono e l’argomento in questione si fa meno semplice di come poteva sembrare.

“L’anima, - aggiunge Reghini - benché sia una unità si compone di tre parti: la mens, la ratio e l’idolum; il corpo si divide in due parti, il corpo elementale aereo ed il corpo elementale composto. La luce divina che illumina la mens discende attraverso questa scala e si ha in tal modo l’intelletto nella mens, il raziocinio nella ragione, la facoltà immaginativa nell’eidolon; discendendo ancora acquista un carattere corporeo, e nel corpo umano di carne diviene addirittura visibile all’occhio.”

Enrico Cornelio Agrippa si esprime con più dettagli. Nella celebre opera "Filosofia Occulta" scrive “Anima stante e non cadente: sahu: questo termine, che è quello adoperato nei tardi testi dell'ermetismo alessandrino, designa il corpo mediante il quale il defunto conquistava e si assicurava la immortalità, e la beatitudine. Infatti, aha nell'antica lingua egiziana significa star su, fronteggiare, e siccome il prefisso s serve in questa lingua a formare i verbi causativi, così saha significa fare stare su, porre su, erigere, drizzare, collocare. Nell'antico egiziano il morto era anche chiamato kherit cioè colui che è caduto; ed era soltanto mediante il sahu, il corpo che sta, formato mediante le cerimonie di rito e le parole sacre pronunciate da Thot Hermes, che era resa possibile l'immortalità.”

Di fronte a un panorama così variegato e denso di informazioni, tenterò di riprendere il filo del mio discorso per rispondere con parole mie, possibilmente sintetizzando, alla domanda: cosa è l’Anima e quale è il suo destino.

L’uomo sta eretto in virtù dell’anima e l’uomo può esercitare tutte le sue funzioni fisiche ed intellettive stando in piedi. L’uomo in posizione orizzontale può solo dormire (l’anima si allontana da lui) o essere morto (l’anima si è separata).

Per concludere, diciamo uomo animato, ossia con l’anima, per significare l’uomo che sta in posizione verticale, che ha voglia di agire, diciamo uomo disanimato, ossia privo di anima, per rappresentare l’uomo che non ha più voglia di fare niente, che preferisce la posizione orizzontale, di riposo, posizione che diventa di “riposo eterno” quando l’anima ha deciso di separarsi dal corpo e prendere il volo. (Tommaso Loli)

 

 

 


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Nonso
New Member
Registrato: 12 mesi fa
Post: 1
 

Bah


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