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1000 splendidi Soli di Khaled Hosseini


Davide71
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NOTA BENE: le considerazioni che seguono possono essere comprese solo da chi ha letto il libro. Agli altri non consiglio neanche di leggere la recensione, in quanto ad un certo punto racconto per sommi capi la trama del romanzo, e magari qualcuno potrebbe esserne infastidito.
Inoltre tale recensione rappresenta il mio personale punto di vista, magari viziato da pregiudizi e false interpretazioni, e si rivolge a coloro che, avendo letto il libro, hanno magari tratto differenti conclusioni.
Non nego che ho trovato molto fastidiosa una certa atmosfera che traspare nell'opera. Se così non fosse stato non avrei scritto nulla.
Perciò chi avesse letto il libro e non fosse d'accordo con me potrebbe essere infastidito dalle mie critiche, e definirle "intollerabili". Se ho esagerato nei toni me ne scuso, ma in ogni caso certe puntualizzazioni secondo me sono necessarie.

Quello che mi ha colpito di più nel libro é il sadismo continuo e costante che permea praticamente ogni pagina della narrazione, e che mi ricorda vagamente “Justine” di De Sade; mi fa venire in mente anche Fantozzi, anche se nel libro di Hosseini la comicità è assente o involontaria.
Il parallelo con De Sade potrebbe disturbare qualcuno, perciò mi spiego meglio: nel presente romanzo non c’è il gusto della perversione sessuale che invece pervade l’opera (e la vita) di De Sade. In compenso condividono lo stesso intento provocatorio. Il continuo insistere sulla crudeltà nei confronti dei più deboli provoca una risposta emotiva e non razionale, e questo è un mezzo molto “basso” per ottenere, in un caso, una giustificazione del suo ateismo, e nel secondo caso la giustificazione dell’attacco americano all’Afghanistan. In ogni caso la crudeltà di un marito nei confronti della moglie (o viceversa) una componente sessuale ce la deve per forza avere, senza scomodare certe scuole psicanalitiche che imputano ad un’origine sessuale qualunque manifestazione di aggressività. Anche in tal senso Hosseini e De Sade sono comparabili.

Nel romanzo di Khaled le protagoniste sono due donne, Laila e Mariam, le quali si trovano sposate ad un uomo che assomiglia all'orco delle fiabe. Egli le sottopone continuamente a umiliazioni psicologiche, percosse, sevizie, e torture degne di un "contractor".
Il lettore, dopo essersi affezionato alle due sventurate, si sorbisce con un certo masochismo tutta la vicenda fino alle ultime 50 pagine (il libro ne ha più di 400...) dove vi é il "lieto fine".
Questo aspetto dell'opera mette in ombra alcune caratteristiche piuttosto interessanti dell'autore; innanzitutto il suo stile "solare", con il frequente ricorso al simbolismo vegetale e paesaggistico, con punte di vera poesia.
Poi bisogna dire che egli è sicuramente un letterato e un uomo di cultura, e ci tiene a ricordare che il suo paese sia stato un centro culturale (in realtà sarebbe meglio definirlo “centro spirituale”) fra i più alti di tutto il Medioevo. Purtroppo, dopo i Comunisti, i Signori della Guerra, i Talebani e adesso gli Americani dubito che sia rimasto molto.
Infine nel romanzo coglie spesso l’occasione per ripercorrere la storia degli ultimi 30-40 anni, che non è stata certo tenera con il suo paese.
Esso si chiude con un messaggio di speranza sull’opera degli americani in Afghanistan, e questo, oltre al suo calcare la mano sulla condizione delle donne nei paesi islamici, deve avere pesato non poco nel “battage” pubblicitario che ha accompagnato questo romanzo e il precedente.

[NOTA BENE]

Mariam è la figlia illegittima di un uomo facoltoso, il quale per sfuggire alla vergogna fa costruire per lei e sua madre una baracca a poca distanza dalla città in cui vive. La madre le rinfaccia continuamente di essere lei la causa dei suoi guai e cerca continuamente, senza riuscirvi, di farle odiare il padre, che viene a trovarla tutte le settimane, e l’iman, che le impartisce i rudimenti dell’educazione islamica. Essa la minaccia di uccidersi se lei dovesse abbandonarla. Un giorno lei decide di andare a trovare il padre, passa la notte fuori e quando torna trova la madre impiccata ad un albero.
Lei viene perciò accolta in casa molto a malincuore dalla grande famiglia ufficiale (3 mogli e 10 figli) del padre, che decide di sposarla a Rashid, che vive molto lontano da loro, e che è molto più vecchio di lei.
Egli si limita inizialmente ad imporle il burqa, ma visto che lei abortisce tutti i figli che tentano di avere finisce per odiarla e manifesta il suo sentimento con insulti, percosse e sevizie fantasiose che risparmio.
Laila invece è una giovane di belle speranze destinata ad una carriera, in quanto studentessa modello; inoltre ha anche un grande amore, Tariq. Sua madre è una donna con gravi disturbi di personalità dovuti al fatto che i suoi due figli maschi sono andati a combattere con i Mujaheddin contro i sovietici, e la situazione peggiora dopo la loro morte. Essa sembra riprendersi quando alla fine i Mujaheddin cacciano i sovietici, ma risprofonda nelle sue turbe psichiche appena essi cominciano a combattersi gli uni con gli altri.
La sua malattia impedisce alla famiglia di lasciare Kabul sottoposta al continuo lancio di razzi; uno di essi colpisce casa sua e Laila è l’unica a sopravvivere.
Chi la estrae dalle macerie? Rashid, che qualche settimana dopo le propone di sposarlo; lei accetta, visto che sa di essere incinta di Tariq ed è venuta a sapere che è morto.
Nel frattempo vanno al potere i talebani, che impongono leggi molto restrittive, in particolare alla libertà di circolazione delle donne per strada (esse non possono andare in giro se non accompagnate da un parente maschio) e in sostanza impediscono loro di lavorare, rendendole completamente dipendenti dai parenti maschi o dai mariti.
Tralascio l’odissea del parto in ospedale per passare all’idea più assurda di tutto il romanzo: Laila decide di fuggire con Mariam (sono diventate molto amiche) e la figlia ‘Aziza ancora in fasce. Ovviamente non le riesce, e tornate a casa Rashid ha di nuovo occasione di sfogare la sua fantasia sadica sulle tre povere donne.
Passano gli anni e Laila da un figlio maschio a Rashid, e questo dovrebbe fargli molto piacere e ridurre il suo astio nei loro confronti, ma ci si mette di mezzo la siccità, le continue scorribande dei talebani alla ricerca di “merci proibite” e infine l’incendio della bottega di lui, con conseguente azzeramento dei mezzi di sussistenza. Ovviamente la situazione si fa drammatica e decidono di portare ‘Aziza in un orfanotrofio. Poiché Rashid non è disposto ad accompagnare Laila a trovare sua figlia assistiamo ai suoi tentativi commoventi di passare i posti di blocco talebani, cosa che non le riesce spesso, per cui riceve ulteriori razioni di legnate.
Qualche anno dopo Laila riceve una visita da Tariq: egli non era morto, ma in carcere per contrabbando, e Rashid molto perfidamente le aveva fatto credere che era morto per indurla a sposarlo. Egli viene a sapere della visita e la situazione diventa insostenibile. Risolve tutto Mariam uccidendolo (anche perché lui è decisamente intenzionato a uccidere Laila).
A questo punto le loro strade si dividono. Mariam si consegna ai talebani e si dichiara unica responsabile del crimine commesso, e noi la seguiamo fino agli ultimi istanti prima dell’esecuzione.
Laila fugge con Tariq e i bambini in Pakistan, ma quando gli americani conquistano l’Afghanistan essi decidono di ritornare per aiutare la ricostruzione del loro martoriato paese.

[Fine del riassunto della trama]

Il libro è un’evidente accusa alla condizione della donna in quelle zone, e sostanzialmente non dice nulla che non sia successo a qualche donna di quel paese; certamente non posso pensare che, in generale le donne vengano trattate in quel modo. Ma, soprattutto, non vedo perché bisogna inserire trucchi da thriller o da film dell’orrore per indurre l’indignazione del lettore,
ed è per questo che sospetto l’esistenza di secondi fini.
In ogni caso il miglioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli è solo parzialmente legato a questioni ideologiche, ed è anche legato ad un miglioramento generale delle condizioni economiche, e non è certamente protraendo all’infinito lo stato di guerra che possiamo sperare che qualcosa in quel paese cambi per il meglio.
Dopo quanto detto ci si aspetterebbe che Khaled Hosseini abbia un’opinione positiva delle donne e negativa degli uomini, e invece è tutto il contrario, e lo dimostra continuamente.
Tutti i personaggi femminili del romanzo sono in qualche modo visti come “negativi”, incluse le due protagoniste. Nel loro caso la “negatività” non si manifesta in un giudizio di condanna, ma nella loro passività nei confronti dei soprusi che continuamente subiscono.
La civiltà islamica non è tanto differente dalla nostra nel considerare i forti come “positivi” e i deboli come “negativi”; proverbi come “Il vincitore ha sempre ragione” sono illuminanti in proposito e si ritrovano in tutto il mondo. La religione, bisogna ammetterlo, ha sempre cercato di porre un freno a questa mentalità.
Le due madri che compaiono nel libro, quelle di Laila e di Mariam, sono entrambe affette da evidenti turbe psichiche dovute a traumi che non sono state in grado di superare; i rispettivi padri sono invece in generale visti come figure positive, come pure tutte le altre figure maschili a cui ha dato un nome; in generale gli uomini sono più razionali e generosi e compassionevoli delle donne, con un’unica evidente eccezione. Io ritengo che lui ne faccia una differenza di grado di alfabetizzazione, più che una differenza “strutturale”, ma non posso esserne sicuro.
Sta di fatto che trovo molto difficile accusare le donne afgane della situazione in Afghanistan! Questo dovrebbe farlo riflettere sulla “positività” degli uomini, sulla “negatività” delle donne, e soprattutto sulla reale portata “civilizzatrice” della cultura.
Nelle civiltà in cui le donne e gli uomini vivono una vita molto diversa e svolgono ruoli nettamente distinti è abbastanza normale che un individuo di sesso maschile acquisisca degli schemi di pensiero e delle pulsioni diverse da un individuo di sesso femminile, al punto da ingenerare in chi lo osserva, se dell’altro sesso, l’impressione che si stia comportando in maniera stupida o pazzesca o ingiusta.
Nella civiltà occidentale, in cui gli stili di vita tendono ad uniformarsi, anche gli schemi di pensiero tendono ad essere meno distanti, al punto che oggi ci lamentiamo che quelli dell’altro sesso tendono sempre di più a comportarsi come noi! Questo rende difficile formare una famiglia, perché viene progressivamente a mancare la complementarietà, esattamente come due mele resteranno sempre due mele, mentre il latte e il miele si possono mescolare per formare qualcosa che non è né latte né miele ma è più buono di entrambi.
Ma il latte deve cessare di essere latte, e il miele deve cessare di essere miele, e oggi nella società occidentale nessuno lo vuole più fare. Ma fino a quando potremo permettere a tutti di ipertrofizzare la propria individualità? Man mano che passa il tempo questo sarà sempre meno possibile, almeno a giudicare dal trend dei paesi occidentali con riferimento alla maggioranza della popolazione, e assisteremo perciò allo spettacolo di una piccola parte di popolazione che potrà bearsi di libertà e diritti, e una parte sempre maggiore che vivrà una vita insopportabile.
Perciò, se vogliamo vedere l’effetto che ha la società occidentale sulle donne quando non sono integrate nel “sistema” possiamo dare un’occhiata alla loro condizione nei paesi africani e sudamericani: ne sentiremmo delle belle!


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