Pubblicato per Mondadori Helter Skelter di Vincent Bugliosi, cronaca delle stragi di Bel Air e del processo a Charles Manson. Ricostruzione minuziosa e noir avvincente al tempo stesso
Secondo un luogo comune discutibile ma non privo di fondamento gli anni `60 americani, sogni speranze miti e molta ingenuità, finirono nella notte tra il 9 e il 10 agosto 1969, in uno dei quartieri più quotati di Los Angeles: Bel Air. Quattro giovanissimi hippies, tre ragazze e un ragazzo, entrarono nella villa del regista Roman Polansy, Cielo Drive 10050, e massacrarono con inaudita ferocia cinque persone: l'attrice e moglie del regista, Sharon Tate, incinta di otto mesi, il parrucchiere per uomo forse più famoso e pagato del mondo in quel momento, Jay Sebring, l'ereditiera Abigail Folger, il suo amante, il polacco amico di Polanski sin dall'infanzia Voitek Frykowsky e Steven Parent, un ragazzino che aveva avuto la sfortuna di andare a trovare il custode della villa nel momento sbagliato. Lo stesso custode fu l'unico superstite: con la radio al massimo non si accorse di nulla. Dopo aver infierito sui corpi delle vittime e aver usato il loro sangue per lasciare qualche enigmatica scritta sui muri, gli assassini il più vecchio dei quali non andava oltre i 23 anni, se ne tornarono nel set in disuso di film western in cui faceva base la loro comune, autonominatasi la Famiglia. Ad aspettarli c'era l'uomo che li aveva mandati a uccidere: Charles Manson, 34 anni di cui oltre 17 passati in prigione. Per i suoi adepti molto più di un semplice leader carismatico e persino di un santone: la Famiglia era sinceramente convinta che Manson fosse la reincarnazione di Gesù Cristo, parlare di plagio sarebbe un eufemismo flaccido. Nei momenti di massimo affollamento, la Famiglia contava quasi 100 adepti, il nucleo duro era composto da una trentina di persone, per lo più ragazze.
Assente dalla spedizione contro villa Polanski, Manson guidò invece di persona, ma senza sporcarsi direttamente le mani, quella che, la notte successiva, si concluse con il massacro dei coniugi Leno e Rosemary Labianca. Lo scempio dei corpi delle vittime e le scritte vergate col loro sangue sui muri e sul frigorifero avrebbero dovuto indirizzare le indagini verso l'eventualità che i colpevoli fossero gli stessi della strage della notte prima. Invece per mesi il Lapd (Los Angeles Police Department) escluse ogni connessione tra i due delitti.
Nonostante i capelli lunghi e l'abbigliamento d'epoca, Manson non era un hippie e mai si sarebbe definito tale. Disprezzava il pacifismo, odiava neri ed ebrei. Credeva che i Beatles gli parlassero attraverso le loro canzoni e che i testi del loro White Album fossero messaggi divini che gli indicavano la strada. Ispirato da una confusa visione apocalittica ricavata per metà dalla Bibbia e per metà dai testi di Lennon-McCartney, era convinto che stesse per scoppiare una sanguinosa guerra tra neri e bianchi, e che i neri la avrebbero vinta. A salvarsi sarebbero stati solo i suoi seguaci, gli eletti, destinati a nascondersi nel deserto mentre i neri ripulivano il mondo dai piggies (porci) bianchi per poi uscire allo scoperto e assumere il dominio del mondo. I messaggi scritti con sangue sul teatro dei delitti erano tratti da testi dei Beatles, in particolare dalle canzoni Piggies ed Helter Skelter. L'«Helter Skelter», nella terminologia di Manson, era l'imminente apocalisse. Le stragi di agosto dovevano indicare la strada da percorrere ai neri per avviare la salvifica mattanza.
Manson poteva anche non essere un hippie, ma lo erano certamente i suoi seguaci, nella stragrande maggioranza ragazzine spesso minorenni. Le loro storie erano identiche a quelle dei tanti giovani che avevano fatto di Haight Ashbury, a San Francisco, la capitale mondiale della controcultura: droghe psichedeliche, libertà sessuale, vita comunitaria e marginale, approssimativa ricerca esoterica, confusa e viscerale ribellione. Era inevitabile, e probabilmente giustificata, la sensazione che solo il caso, l'incontro con il «diabolico» Manson, le avesse portate all'orrore. Apparivano, anche nei particolari, come una specie di «negativo» della cultura dei figli dei fiori. La parola che ricorre più frequentemente, nei tentativi di spiegare la strage, è «amore». Raccontando a una compagna di cella la notte dell'orrore, una delle assassine entrò nei particolari, descrisse la sensazione provata nell'assaggiare il sangue di Sharon Tate: «Wow, che trip!».
Quel che la comune di Manson metteva sanguinosamente in evidenza era il lato oscuro della controcultura, i rischi cui la sua stessa ingenuità inevitabilmente la esponeva. Da questo punto di vista, con la strage di Bel Air suonò davvero la campana a morto se non per la controcultura per la sua mitologia aurea. Pochi mesi dopo ad Altamont, nel corso del maxiconcerto gratuito organizzato sull'onda di Woodstock dai Rolling Stones, l'uccisione di uno spettatore da parte del servizio d'ordine composto dagli Hell's Angels confermò l'esistenza di quello stesso aspetto minaccioso. Alla fine dell'anno di Woodstock, l'utopia hippie di fatto non esisteva più.
La strage di Bel Air ebbe subito una risonanza mediatica immensa. Dal carcere Manson divenne quasi una star della controcultura, con un codazzo di lettere inviategli da ragazzine innamorate, gadget e affermazioni incaute, come quella di Bernadette Dohrn, leader degli Weathermen Underground: «Far fuori quei ricchi pigs con le loro forchette e i loro coltelli e poi farsi uno spuntino: strabiliante. Gli Weathermen ammirano Manson». Il caso Manson ha mantenuto quasi inalterata la sua presa sull'immaginario nel corso dei decenni, anche se agli onori della cronaca è tornata una sola volta: quando, nel 1975, una delle ragazze di Manson non direttamente coinvolta nei delitti del `69, Lynette «Squeaky» Fromme, tentò di assassinare il presidente degli Usa Gerald Ford.
Il libro sulla vicenda scritto da Vincent Bugliosi, il procuratore che sostenne l'accusa contro Manson nel processo del 1970, e dal giornalista Curt Gentry, ha venduto negli Usa oltre sette milioni di copie: alla edizione del 1974 ne sono seguite altre due, puntualmente aggiornate e ampliate, una nel `94, l'ultima nel 2004. È l'edizione del `94 che la collana «Strade Blu» di Mondadori traduce ora per la prima volta in italiano: Helter Skelter. Storia del caso Charles Manson (pp. 561, euro 18.50). È uno di quei libri che si prendono in mano con qualche diffidenza. Una cronaca puntuale e molto minuziosa dell'assassinio, delle indagini e del processo, senza pretese sociologiche né ambizioni romanzesche.
Difficile non sospettare che il clamoroso successo del libro fosse dovuto essenzialmente alla curiosità un po' morbosa che ha sempre circondato Manson e i suoi delitti. Invece Helter Skelter si rivela uno dei noir più avvincenti e completi mai scritti, del tutto privo di civetterie truculente, capace di rendere conto e coinvolgere direttamente il lettore non solo nella vicenda delle stragi ma anche nelle procedure d'indagine e negli scogli processuali che rischiarono seriamente di portare alla liberazione di Manson e delle sue accolite. Non risponde, e non pretende di farlo, all'interrogativo che da 35 anni circonda il cupo protagonista della vicenda e del libro, il mistero del fascino che, nella sua apparente insignificanza, riusciva ad esercitare, sino a dominare completamente la volontà della sua «Famiglia».
Andrea Colombo
Fonte: www.ilmanifesto.it
11.02.06
VEDI ANCHE: Bugliosi-Gentry: HELTER SKELTER
http://www.carmillaonline.com/archives/2006/02/001661.html