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Pierre Hantaï al clavicembalo


Giambo
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Il più virtuoso dei clavicembalisti, uno dei pochi che in concerto riesce a dare lo stesso che in registrazione se non meglio.
Qui in una Suite di Handel...basta ascoltare l'Ouverture (almeno un paio di minuti), ma soprattutto va “guardata” per la fantastica e infallibile gestualità.
Mano veloce, forte, sicurissima, una padronanza tale delle dita per cui, se osservate, i trilli fatti con il medio e l'anulare (3º e 4º, dita di natura meno indipendenti fra loro) sono rapidi e “elettrici” come quelli normalmente più semplici eseguiti con l'indice e il medio (2º e 3º dito che al contrario vanno molto più facilmente in sincrono); osservate come apre e chiude le mani con la massima elasticità a seconda della posizione richiesta da ogni passaggio...più qualche gesto puramente ornamentale come certi svolazzi delle mani, in particolare quello della sinistra fra il secondo 57 e 59, molto compiaciuto e esibito ma decisamente meritato quando si suona a quei livelli di perfezione.

L'Ouverture finisce al minuto 4:14, ha un carattere “alla francese” ossia con alternanza di una fase dal ritmo puntato trocaico (lunga-breve) dal carattere tragico/alto...nell'alternanza di lunga-breve si inseriscono trilli e abbellimenti di vario tipo molto barocchi...a questa fase fa da contrasto un'altra dal carattere di danza...(in Bach invece è sempre una fuga)...le due fasi si alternano fino alla chiusa che è nella stessa modalità dell'inizio...

https://www.youtube.com/watch?v=BVNBMltRlew


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oriundo2006
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Avevo in mente quelle di Richter ed anche di Gavrilov, gradissimo morto giovane, ma al pianoforte, non al clavicembalo ...questa di Hantai mi sembra poco 'drammatica', un pò 'saltellante' nei tempi...alla francese, insomma !


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Platypus
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Esecuzione brillantissima e piena di fantasia, soprattutto nella realizzazione dell'ornamentazione che all'epoca era in larga misura lasciata al gusto ed all'abilità dell'esecutore.
Un discorso a parte andrebbe fatto per la scelta della diteggiatura; Haendel non ci ha lasciato manoscritti diteggiati ed i clavicembalisti che vogliano accostarsi a questa letteratura devono rifarsi ai trattati ed alle prassi esecutive per ricostruirle in maniera filologica, operazione quantomai ardua e complessa. La scelta della diteggiatura non è una questione puramente meccanica perché su strumenti come l'organo ed il cembalo è determinante per la realizzazione del fraseggio, sul pianoforte, strumento dotato di qualità espressive differenti, si può ricorrere ad altri mezzi per ottenere il risultato desiderato.
Osservando il video si nota una grande varietà di soluzioni originali e molto personali proprio nell'ambito di questo problema ed il risultato è di grande trasparenza e chiarezza.
Per chi avesse interesse ad approfondire l'argomento suggerisco l'ascolto/visione del video tratto dallo stesso concerto nel quale viene eseguita una versione originalissima di uno dei pezzi più massacrati dai giovani pianisti, la Suite Inglese n. 2 in La minore (le Suite Inglesi, le Suites avec prélude, sono così chiamate perché probabilmente ispirate alle suite per clavicembalo dell'illustre connazionale che, all'epoca, godeva di enorme fama e prestigio al di là della Manica).
buon ascolto


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Hospiton
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@Platypus Interessante la questione della ricostruzione filologica, vorrei chiederti un parere in proposito...ho confrontato la versione della Suite in Re minore proposta da Hantai con quella di Kenneth Gilbert, mi domandavo se il gusto del pubblico dell'epoca fosse più vicino all'esecuzione spumeggiante del primo o a quella a mio parere più controllata del clavicembalista canadese. Personalmente propenderei per il secondo, lo stile brioso di Hantai lo accosterei più ad un'epoca leggermente successiva.


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Platypus
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@Hospiton personalmente, più che una questione cronologica la considero una questione "geografica"; come ha giustamente osservato Oriundo2006 si tratta di un'esecuzione "alla francese".
Lo stile che stava subentrando al barocco all'epoca della composizione della suite era il cosiddetto "stile galante", caratterizzato da una profonda semplificazione del linguaggio musicale che porterà, successivamente, all'affermazione del classicismo.
La letteratura tastieristica del periodo è caratterizzata da un linguaggio brillante ma con un'ornamentazione meno abbondante e, soprattutto, dal progressivo abbandono di ogni complicazione polifonica o contrappuntistica; per intenderci, è il trionfo del basso albertino.
Stilisticamente l'esecuzione di Hantai è ancora perfettamente barocca, un barocco alla francese, però; Haendel scrisse le suite in Inghilterra (viene considerato un tedesco naturalizzato inglese) e conosceva perfettamente le scuole in voga all'epoca, sicuramente quelle nordeuropee ma anche quella italiana e francese, a quale di queste occorrerebbe rifarsi per realizzare un'esecuzione filologica?
difficile rispondere ma azzarderei che, probabilmente, il gusto inglese del periodo propendeva più per quello italiano.


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Hospiton
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@Platypus Effettivamente l’interpretazione “geografica” è la più convincente e dirimente… commetto sovente l’errore di legare l’idea di barocco tout court al rigore, alla solennità della sarabanda di Handel, del Messiah (per quest'ultimo ritieni si possa parlare di barocco, per quanto si sia davanti ad un esempio di musica sacra?) o alla parte della produzione di Bach che mi è più nota (per quanto lui stesso ne “L’arte della fuga” abbia composto il Contrappunto VI con lo “stile alla francese”), insomma alle scuole del nord Europa dove suppongo che la musica abbia subito l’influsso della Riforma protestante con tutte le conseguenze del caso (ma spesso rilevo l’errore opposto, cioè l’identificazione del barocco unicamente con caratteristiche che in realtà sono proprie principalmente dello stile francese – eleganza, brillantezza – tralasciando peculiarità appartenenti ad altre scuole). Le tue considerazioni mi hanno fatto ricordare (anche perché combacianti) un saggio di Massimo Mila intitolato “Breve storia della musica”, dove ho scoperto che Telemann, descritto dal musicologo torinese come “più leggero dei conterranei, dalla ritmica spigliata e vivace, campione del settecento arguto e galante” fu all’epoca ben più popolare dello stesso Bach, facendomi pensare che in fondo anche l’austero popolo tedesco della prima metà del XVIII secolo non fosse poi così austero, preferendo lo stile brioso del compositore di Magdeburgo a quello più introspettivo di Bach. Purtroppo l’esempio di Telemann citato da Mila non è stato sufficiente a correggere la mia visione parziale di quel periodo e osservando l’esecuzione di Hantai sono ricaduto nella trappola barocca, associando erroneamente la sua interpretazione ad uno stile posteriore al 1720 (in cui se non sbaglio fu composta la suite di Handel, ovviamente non pensavo tanto ad un errore filologico da parte di un musicista di tale spessore quanto ad un suo gusto personale) mentre mi dici che siamo davanti ad una perfetta esecuzione barocca “alla francese”, tipologia che probabilmente all’epoca incontrava i favori di gran parte del pubblico europeo. Insomma ho preso una bella cantonata da buon dilettante, ti ringrazio per il chiarimento e la risposta esaustiva (molto interessante il riferimento al basso albertino).


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