IRAN LA SCRITTRICE «NEMICA» DELL’ISLAM È UN FENOMENO LETTERARIO
Leggere Oriana a Teheran «È il nostro mito»
Su Pahlevi, ultimo scià di Persia
«Do you know Oriana Fallaci?». Roz Hakimizadeh ha pronta la stessa insistente domanda ogni volta che le capita di incontrare un'italiana a Teheran: «Conosci Oriana Fallaci?». Oriana Fallaci diventa un mito in Iran nel 1973, quando, inviata dell'Europeo, intervista lo scià di Persia Pahlevi osando definirlo un tipo «infantile» e contestando la sua attitudine a considerare le donne «accessori graziosi». Roz aveva allora solo 22 anni: ma ancora oggi che lavora alla redazione politica dell'agenzia di stato Irna, una specie di Pravda della Repubblica Islamica, dove le ultime invettive antislamiche dell'autrice di «La rabbia e l'orgoglio» sono considerate alla stregua dei «Versetti satanici» di Salman Rushdie, tiene fiera sulla scrivania i libri della «giornalista più coraggiosa». «Ci andò giù duro anche con l'ayatollah Khomeini. E con Gheddafi, con il leader pakistano Ali Bhutto. A Kissinger fece confessare che si sentiva un cow-boy solitario... Bisogna avere fegato per trattare uomini così da pari a pari».
Nella capitale delle donne costrette a celarsi dietro il chador, sia pur vezzosamente aggiustato, Oriana Fallaci occupa un posto speciale accanto alle eroine della rivoluzione femminile che sta guadagnando terreno a spese dei mullah. La prima donna musulmana premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. La scrittrice in esilio Azar Nafisi, il cui romanzo «Leggere Lolita a Teheran» viene fotocopiato clandestinamente e passato di casa in casa per aggirare la censura. La cartoonist Marjane Satrapi, critica del fondamentalismo religioso dei pasdaran che impongono il velo alle donne e delle leggi alla francese che glielo strappano nelle scuole. E conta poco che nei suoi ultimi libri, seguiti all'11 settembre 2001, da «La Rabbia e l'Orgoglio» in avanti, la Fallaci condanni i figli di Maometto con un linguaggio considerato «razzista» anche da musulmani progressisti: «Le moschee di Milano e di Torino e di Roma traboccano di mascalzoni che inneggiano a Osama bin Laden, di terroristi in attesa di far saltare in aria la Cupola di San Pietro». Roz Hakimizadeh è una devota religiosa, prega cinque volte al giorno, sogna il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca. Ma le idee politiche o il credo in questo caso non c'entrano: Roz è donna e vive sotto un regime teocratico che discrimina le donne. E la Fallaci è una che al potere maschile gliele ha sempre cantate chiare, all'epoca dello Scià e dopo la rivoluzione khomeinista. Maryem e Leyla non erano neppure nate nel 1974, data della prima edizione di «Intervista con la storia», saggio che raccoglie, tra le altre, la conversazione con il leader palestinese Arafat che «berciava e sputava saliva».
Sono studentesse di letteratura contemporanea al primo anno d'università, eppure citano l'incontro della Fallaci con l'ayatollah Khomeini, il 26 settembre 1979, come fossero state presenti: «Aveva chiesto il visto all'ambasciata con le unghie laccate, ti rendi conto? E poi portava i blue jeans...». Loro che vivono lo smalto come un traguardo raggiunto solo durante l'era riformista di Khatami, hanno letto «Intervista con la storia» e «Insciallah». Testi permessi a Teheran, almeno finora. Shirin Samii, titolare della libreria e casa editrice Ketab Sara, conferma la Fallaci-mania: «I suoi libri vanno benissimo. Sono tradotti in farsi, ma ne vendiamo tanti anche in inglese». Sugli scaffali in legno chiaro, accanto al Corano, c'è l'edizione economica di «Lettera ad un bambino mai nato». Basta domandare in giro per verificare. Azzadeh Assaran vorrebbe essere una giornalista coraggiosa. E lo è: bella, intelligente, femminista, di sinistra, si occupa di politica e diritti delle donne. Fa un lavoro che le rende 200 euro al mese e la mette nel mirino della polizia religiosa. Indovinate chi è il suo modello professionale? «La Fallaci. Perché, voi giornaliste italiane avete altri idoli?».
Tra le fans della scrittrice c'è anche l'attrice Manja Rakbari, protagonista del film di Abbas Kiarostami «Dieci», donna in carriera e tutt'altro che politicizzata. Una che, con due divorzi sulle spalle a soli trent'anni, si rifiuta d'essere definita femminista perché «sono un'artista e le etichette limitano l'arte», non crede nel futuro dei suoi connazionali che «si sono abituati a questa schizofrenia tra pubblico e privato e non cambieranno presto», rifiuta qualsiasi ideale al di là della vita, «mia unica maestra». Ma su Oriana Fallaci si lascia andare: «E' una tipa tostissima. Magari avercene di più come lei». Secondo Roz Hakimizadeh un'altra ci sarebbe: «Condoleezza Rice. Hai visto come mette in riga i capi di Stato?». A Teheran nel 2005 sono stati pubblicati 26 mila nuovi titoli. Di questi, circa 8 mila sono di argomento religioso. Secondo gli editori c'è un stato un calo di lettori dopo la rivoluzione khomeinista. All’epoca, ogni prima edizione tirava circa 5 mila copie. Oggi, con la popolazione triplicata di numero, se ne stampano solo 3 mila. Ma Teheran legge comunque moltissimo. I libri di Oriana Fallaci, che sono molto popolari tra le donne, sono tradotti in farsi e si trovano anche in inglese. Quello dell'iraniana Azar Nafisi invece, «Leggere Lolita a Teheran», è andato a ruba in tutti i paesi del mondo, ma è proibito nelle librerie della Repubblica Islamica. Da alcuni mesi, tuttavia, s'è messo in moto un meccanismo per cui chi riesce ad avere una copia in inglese del romanzo della Nafisi, un volume lasciato magari a Teheran da amici stranieri di passaggio, lo fotocopia e lo passa agli amici che a loro volta s'impegnano a divulgarlo.
F.P.
Fonte:www,lastampa.it
29.09.05
I libri di Oriana Fallaci, che sono molto popolari tra le donne, sono tradotti in farsi e si trovano anche in inglese. Quello dell'iraniana Azar Nafisi invece, «Leggere Lolita a Teheran», è andato a ruba in tutti i paesi del mondo, ma è proibito nelle librerie della Repubblica Islamica.
ecco.
all'inizio nn capivo, come una donna che porta con se determinati ideali, del tutto discutibili, sia così famosa.
ora mi sono risposto.
così va bene, no? esportiamo solo modelli negativi. ci sara sicuramente qualcunA che vede in lei un buon modello di giornalismo-femminismo che le suona ai maschi.
e invece, si esportano solo intolleranza e luoghi comuni sul paese natio di quelle icone additate come «E' una tipa tostissima. Magari avercene di più come lei».
e sinceramente nn mi sorprende che, al posto di qualche ministro scandinavo, che incarna pienamente l'immagine della donna-al-comando venga menzionata condoleeza petroliera rice.
no, ho capito il senso.
ora.