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Bagnai capisce che dopo il Brasile toccherà all' Argentina

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Black_Jack
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Lo capisce Bagnai finalmente, ma precisando che siete tutti degli "imbecilli", animati da "meschino odio ideologico" e che "non capite un cazzo di economia" (poi Brancaccio in un incontro filmato lo riduce alle dimensioni di un legume, ma questa è un'altra storia).

Bagnai nel post che copincollo qui sotto fa tutta un'analisi economica ma la verità è che era evidente che gli esiti sarebbero stati presumibilmente negativi per un importante motivo che precede le considerazioni tecniche (ossia non sempre contano i dettagli scientifici ma molto di più la "percezione" sul campo della tendenza): in Argentina non c'è stata una presa di coscienza del popolo ma solo un cambio di élite al potere. Meglio questa della precedente ma non basta; per "fare" un paese serve, è necessaria, è indispensabile la presa di coscienza e la voglia di partecipare dei cittadini.
.
Forse l'ARS lo ha capito. Vedremo.

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POST DI BAGNAI DA GOOFYNOMICS

Ragazzi, dire “l’Argentina” è come dire “la Germania”, ovvero non dire niente. Esistono molte Argentine e molte Germanie, nello spazio e nel tempo. Vi ho già comunicato, tramite un corposo articolo di Roberto Frenkel, qual è la sua analisi, che mi aveva riportato di persona qui, e che non ho motivi di non far mia, per la fiducia che mi ispira Roberto. Molto semplicemente, la Presidenta, per la quale tanto ci si sdilinquisce da queste parti, non sta facendo una buona politica macroeconomica. Capita. Non omnes possumus omnia, e basta farsi un giretto su Twitter per capire cosa intendo.

Ovviamente, dal fatto che dal 2007 l’Argentina non sia guidata in modo ottimale non si evince che nel 2001, sei anni prima, dovesse restare agganciata al dollaro. La crescita folgorante avuta dal 2001 al 2007 lo dimostra a sufficienza, e solo gli imbecilli non lo capiscono, perché non vogliono capirlo – ma la cosa, per quanto phastidiosa, non ci preoccupa più di tanto: in particolare, dalle nostre parti le cose finiranno come dico io, perché non lo dico io (ma Meade, Kaldor, Thirlwall, Dornbusch, Feldstein,... vi risparmio tutta la lista), e poi FAREmo i conti.

Il fatto è che l’ideologia non paga.

Non paga né a sinistra (ricordo la diffidenza degli economisti “de sinistra” italiani verso Frenkel, basata sul “ma i miei colleghi argentini mi hanno detto che...”, laddove verosimilmente i colleghi argentini erano aggreppiati al governo attuale, che sta molto presumibilmente distruggendo il paese), né a destra. In particolare, ai cretini del “se svalutassimo finiremmo come l’Argentina”, faccio notare che nell’articolo che segue Martin Rapetti, coautore di Roberto in questo articolo fondamentale, spiega molto bene che il problema attuale dell’Argentina nasce dall’aver fatto affidamento sulla politica del cambio forte per domare l’inflazione.

Cari amici “de destra” e “de sinistra”, accomunati dal meschino astio ideologico e dal non capire un cazzo di economia, ve lo dico in un altro modo: la Presidenta contro la quale vi accanite, se siete “de destra”, sta facendo esattamente la politica suggerita negli ultimi 40 anni dal vostro solone Giavazzi (usare il cambio forte per domare l’inflazione), e la Presidenta che venerate, se siete “de sinistra”, sta facendo esattamente la politica suggerita dal loro (o vostro?) solone Giavazzi (usare il cambio forte per domare l’inflazione).

Nell’uno e nell’altro caso, se non foste quegli imbecilli che siete, capireste che c’è poco da accanirsi (perché è controproducente per le vostre tesi), cioè c’è poco da venerare (perché è controproducente per le vostre tesi).

Ma a noi piace ricordarvi così, brancolanti nel buio della vostra cecità ideologica...

(Quanto ne ho pieni i coglioni, però... Dovrei nasconderlo meglio?)

Per l’intelligibilità del testo, ricordo che nel resto del mondo il tasso di cambio nominale è quotato incerto per certo, cioè come prezzo in valuta locale di un’unità di valuta estera (ad esempio, pesos per un dollaro), e che il cambio reale è dato dal rapporto fra prezzi interni e prezzi esteri espresso in una comune valuta. Se il cambio nominale è quotato incerto per certo, conviene esprimere il tasso di cambio reale così:

dove Er è il cambio reale (TCR), P sono i prezzi interni in valuta nazionale, PW i prezzi esteri in valuta estera, e E il cambio nominale (prezzo locale della valuta estera), per cui EPW sono i prezzi esteri in valuta locale, e Er è il rapporto fra i prezzi interni ed esteri espresso nella stessa valuta – quella locale. In tassi di variazione abbiamo:

per cui se, come dice Martin, se nel biennio 2010 e 2011 i prezzi interni sono cresciuti del 54%, mentre il cambio nominale si è svalutato solo del 12%, considerando che l’inflazione mondiale media è stata del 4%, il TCR dell’Argentina dovrebbe essersi apprezzato del:

54 – 12 – 4 = 38%

Calcolo assolutamente approssimativo, perché i prezzi internazionali ovviamente vanno ponderati con le quote di mercato dei partner commerciali, ma comunque indicativi.

Insomma, lo ripeto: non stanno male perché hanno la pesetta, stanno male perché hanno il pesone. Che fa rima con chi non lo capisce...).

Da Martin Rapetti ricevo e volentieri pubblico:

Torniamo a piangere per l'Argentina?
Non molto tempo fa, l’Argentina era considerata un caso di successo economico. Nel 2001-02 il paese aveva sofferto una profonda crisi – una triplice crisi che aveva coinvolto il settore finanziario, il debito pubblico e la bilancia dei pagamenti – la peggiore crisi nella storia dell’Argentina. Tuttavia, all’inizio del 2002, poco dopo la svalutazione del peso, il default sul debito pubblico e il collasso del sistema finanziario, l’economia iniziò una ripresa molto forte, che divenne poco dopo una forte crescita economica. Alla fine del 2006 il Pil era cresciuto del 46% rispetto al minimo raggiunto nel 2002 e del 17% rispetto al precedente picco di metà 1998; la disoccupazione si era ridotta dal 22% all’8.7%, la povertà dal 58% al 28%, e la povertà estrema dal 28% al 9%. Non è difficile capire come mai questa esperienza sia diventata un esempio di successo nella soluzione delle crisi, specialmente per paesi nella periferia dell’Eurozona come la Grecia.

L’esperienza Argentina dopo la crisi rappresentò anche un esempio di successo in termini di scelte di politica macroeconomica. Nei primi anni dopo la crisi, le autorità perseguirono politiche volte a mantenere un tasso di cambio reale (TCR) stabile e competitivo, per promuovere l’espansione dei settori aperti al commercio estero e attraverso questa lo sviluppo economico. Il TCR competitivo fu un fattore chiave per la ripresa e la crescita dell’Argentina. Molto economisti considerano la politica di mantenimento di un TCR stabile e competitivo più favorevole allo sviluppo rispetto all’inflation targeting tradizionale (politica di perseguimento di un obiettivo fisso di inflazione, come quella della Bce, NdC).

Sfortunatamente, il successo economico dell’Argentina cominciò a dissiparsi gradualmente. Come nella trama del classico libro di Mario Vargas Llosa, Conversacion en la catedral, è difficile stabilire in quale momento preciso questa esperienza “è andata a puttane”. Un possibile punto di svolta è l’inizio del 2007, quando il governo licenziò i funzionari dell’Ufficio Nazionale di Statistica (INDEC) e cominciò a manipolare l’indice del p
rezzi al consumo, con l’evidente scopo di nascondere l’accelerazione dell’inflazione (da allora il tasso di inflazione ufficiale è stato inferiore al 10% all’anno, mentre l’inflazione effettiva ha oscillato attorno al 20-25% all’anno. Le manipolazioni si estesero in seguito ad altre statistiche ufficiali, incluso il Pil). Ma indipendentemente dalla data precisa, il problema è che il governo si è volto gradualmente verso un percorso sempre più populista, basato su politiche monetarie, fiscali e dei redditi eccessivamente espansive, che hanno alimentato l’inflazione. Invece di moderare il ritmo della domanda aggregata, il governo ha sempre di più contato sul tasso di cambio come principale ancora nominale per domare l’inflazione. Questa strategia è stata particolarmente intensa nel 2010 e nel 2011. In questi due anni, i prezzi interni sono cresciuti del 54%, mentre il cambio nominale (cioè il prezzo di un dollaro US in valuta locale) solo del 12%. Di conseguenza, il TCR si è considerevolmente apprezzato.

Tanto gli elevati tassi di inflazione quanto l’apprezzamento del TCD (insieme con altre misure discrezionali) hanno compromesso l’ambiente economico. In questo contesto Pil, investimenti, occupazione privata e crescita dei salari reali hanno sofferto una decelerazione significativa. Alla fine del 2011, l’economia è rimasta bloccata nella trappola della stagflazione, dove tuttora si trova (potete leggere altri dettagli qui).

Molti analisti sono convinti che l’Argentina abbia sprecato un’opportunità unica per sostenere la rapida crescita raggiunta nei primi anni dopo la crisi. È diffusa l’opinione che la svolta populista abbia generato costi opportunità crescenti, che continueranno a essere pagati fino al 2015, quando prenderà il potere un nuovo governo, che cambierà l’orientamento della politica economica. Capisco questa valutazione, ma ritengo che i problemi economici non risiedano tanto nelle opportunità perse, quanto negli squilibri che si stanno accumulando, i quali verosimilmente alla fine porteranno ad un’altra crisi economica.

Permettetemi di esporre le mie preoccupazioni cominciando con lo spiegare la situazione nella quale l’Argentina si trova fin dai mesi precedenti alle elezioni presidenziali dell’ottobre 2011. A quel tempo, la percezione generale era che l’economia fosse poco competitiva (prodotti troppo cari per gli acquirenti esteri), che il TCR si stesse apprezzando molto rapidamente e che prima o poi il tasso di cambio nominale avrebbe dovuto essere corretto al rialzo (cioè svalutato). Dato che la svalutazione non è molto popolare, la gente si aspettava che avrebbe avuto luogo solo dopo le elezioni. Cercando di anticipare questa mossa, il pubblico corse agli sportelli della banca centrale per acquistare dollari USA, depauperando le riserve ufficiali. Tuttavia, una volta rieletta Cristina Kirchner con il 54% dei voti, il governo decise di non svalutare il peso. L’eccesso di domanda di dollari continuò e la banca centrale continuò a perdere riserve.

Il governo avrebbe potuto tentare di correggere l’eccesso di domanda di dollari con una svalutazione. Questa scelta avrebbe sicuramente accelerato l’inflazione, ridotto i salari reali e contratto il livello dell’attività economica e dell’occupazione. In altre parole, la correzione della sopravvalutazione del TCR avrebbe implicato un aggiustamento del salari reali e una contrazione dell’occupazione. Il governo considerò che questa opzione fosse poco popolare, anche dopo aver vinto le elezioni, e decise invece di imporre controlli sulle importazioni e sull’acquisto di valuta estera a scopo di investimento finanziario.

Anche se queste motivazioni possono essere eque dal punto di vista sociale, il punto cruciale rimane quello di stabilire se i controlli diretti rappresentino una soluzione sostenibile. Le economia dell’America Latina hanno sperimentato diversi controlli in passato. Una lezione appresa da questa esperienze è che i controlli possono essere molto utili se li si implementa in circostanze nelle quali i fondamentali macroeconomici sono sani. Per fondamentali sani, intendo che i prezzi relativi (come il TCR) non siano disallineati (troppo alti o troppo bassi rispetto a un ipotetico valore di equilibrio, NdC) e che i saldi fiscale e estero non seguano traiettorie insostenibili. Tuttavia, queste esperienze hanno anche mostrato che i controlli diretti non solo non sono in grado di correggere gli squilibri macroeconomici, ma addirittura tendono ad aggravarli.

Considerate, a titolo di esempio, il caso dei controlli diretti sul mercato valutario per evitare la svalutazione del cambio nominale quando il TCR è sopravvalutato. I controlli impongono un taglio della produzione a quelli che hanno necessità di dollari per la loro attività economica e non hanno più accesso al mercato ufficiale. I controlli implicano anche che gli esportatore sono costretti a convertire i loro ricavi a un tasso di cambio che genera pochi profitto, o addirittura perdite (perché se il peso è sopravvalutato, cambiando in pesos i ricavi incassati in dollari ottengono una quantità di pesos inferiore, NdC). Non è difficile vedere che in queste circostanze gli agenti sono incentivati ad abbandonare il mercato. Perché mai effettuare una transazione nella quale perdo soldi? I controlli quindi finiscono per indebolire o distruggere i mercati esistenti, e stimolano la creazione di altri mercati: i mercati neri. Questi, a loro volta, compromettono le transazioni e accorciano gli orizzonti temporali, influenzando negativamente il livello di attività economica e occupazione. L’evidenza storica mostra anche che il premio sui cambi al mercato nero tende a crescere quanto più fitti sono i controlli e quanto più forti sono gli squilibri. L’allargamento del premio (divario fra cambio ufficiale e cambio “al nero”, NdC) è particolarmente problematico, perché incentiva a ridurre l’offerta e aumentare la domanda nel mercato ufficiale. Gli esportatori sono incentivati a rinviare e sottofatturare i propri ricavi, e gli importatori ad anticipare e sovrafatturare i propri acquisti. Anche le imprese e le banche cercano di accedere al mercato ufficiale per rimborsare anticipatamente i debiti esteri. La proliferazione di strategie di questo tipo crea una circolo vizioso che amplifica l’eccesso di domanda sul mercato ufficiale, la caduta delle riserve ufficiali, e la crescita del premio sul mercato nero. A un certo punto, quando lo stock di riserve è prossimo alla fine, la banca centrale non ha altra scelta se non svalutare. Nella maggior parte delle esperienze in America Latina, questa svalutazione ha preso una forma traumatica, con ampi overshooting del tasso di cambio (quando il tasso di cambio si svaluta “troppo” rispetto all’ipotetico valore di equilibrio si dice che overshoots, cioè va oltre il bersaglio, NdC), forti accelerazioni dell’inflazione, pesanti riduzioni dei salari reali, dell’attività economica, dell’occupazione (chi conosce lo spagnolo può vedere il mio articolo sul populismo macroeconomico nel mio blog).

In Argentina stiamo osservando questo percorso tipico fin da quanto le autorità cominciarono a introdurre in controlli nei mercati valutari, alla fine del 2011. Il premio sul mercato nero dei cambi è andato crescendo sistematicamente, e adesso è attorno al 70% (cioè il tasso ufficiale è di 5.3 pesos per dollaro e quello al mercato nero è di 8.7-8.9 pesos per dollari, circa il 70% in più). Le riserve ufficiali della banca centrale sono in caduta libera e ora coprono 6.7 mesi di importazioni, la cifra più bassa negli ultimi 18 anni. Si sentono comunemente storie su sottofatturazioni di esportazioni o sovrafatturazioni di importazioni, e di rimborso anticipato di debiti esteri.

Sfortunatamente, credo che una crisi da svalutazione-inflazione sia estremamente probabile. Il governo non sembra né consapevole della probabilità di una crisi di questo tipo, né disposto a correggere gli squilibri ch
e possono causarla. La mia paura è che col passare del tempo la correzione (cioè la svalutazione reale) finirà per essere molto traumatica (e questo vale anche per noi, NdC). Ecco perché lo penso: a causa dei controlli, molte imprese e famiglie hanno investito i propri risparmi in attività finanziarie interne (denominate in pesos), invece che in dollari USA, che sono lo strumento di investimento dei risparmi più corrente in Argentina (la dollarizzazione dei portafogli di investimento è il risultato di una lunga storia di inflazione elevata e persistente. Per questo motivo, M3 (la moneta in senso largo, che include le varie tipologie di depositi bancari e di attività finanziarie a breve termine) è cresciuta di circa il 60% dall’ottobre 2011 (per forza: tutti chiedono attività denominate in pesos, NdC) e il rapporto fra M3 e le riserve ufficiali è saltato da 1.9 a 3 (cioè M3 valutata al cambio ufficiale ora è pari al triplo dello stock di riserve ufficiali della banca centrale). La mia paura è che questa domanda “indesiderata” di pesos potrebbe venire a mancare bruscamente se il settore privato si aspetta che il tasso di interesse stia per fare un salto (verso l’alto: svalutazione, NdC). Per dirla schiettamente: non si sfugge a una svalutazione reale; potrebbe verificarsi tramite una svalutazione, o tramite una crisi valutaria. In entrambi i casi, il comportamento più probabile del settore privato sarebbe quello di convertire in dollari i propri investimenti in M3. Dato lo stock relativamente basso di riserve ufficiali, questa riallocazione del portafoglio aggiungerebbe una fortissima pressione al rialzo (svalutazione del peso, rivalutazione del dollaro, Ndc) sul tasso di cambio, che rischierebbe di spingere verso l’altro i prezzi interni. Il TCR andrebbe oltre il valore di equilibrio, influenzando negativamente i salari reali e l’occupazione. Questo è il tipo di crisi inflazionistica che temo. Spero di sbagliarmi.

(sapessi io...)

Martin Rapetti è ricercatore associato al Centro per lo Studio dello Stato e della Società (CEDES) e ricercatore all’Università di Buenos Aires. Si interessa di macroeconomia, finanza, sviluppo economico ed economia dall’America Latina.

(inutile, vi assicuro, cercare di far capire ai coglioni che “Bagnai è un voltagabbana” che anche queste cose le dico da mesi. Ricordatevi: meglio risparmiare i clic del mouse, nonostante non siano esattamente dei soldi, come pensa qualche squinternato dilettante allo sbaraglio...).

LINK

http://goofynomics.blogspot.it/2013/06/argentina-pasquino-e-la-presidenta.html


Citazione
Georgejefferson
Famed Member
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Post: 4401
 

Lo capisce Bagnai e' errato dato che ne parla da almeno un anno,lo dice anche al Link.

Il " siete tutti degli "imbecilli", animati da "meschino odio ideologico" e che "non capite un cazzo di economia e' riferito ai fanatici,e lo si capisce dal testo,basta leggere.

Poi riduce a dimensione di legume e' un'altra interpretazione dato anche che esiste una contro riaposta,non linkata ovviamente,insieme ad un bel abbraccio tra i due.


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volturno
Estimable Member
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Post: 149
 

Mincuo l'aveva detto o sbaglio? Che stavano imbrogliando sui dati, che il tasso di inflazione reale era un altro ... Ricordo che sono stati i primi post che ho letto, certe sue discussioni con l'utente Tanita.

Uno dei pochi che su questo sito sa di cosa parla, poco da dire belli miei.


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mincuo
Illustrious Member
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Post: 6059
 

Lo studio citato di Rapetti è scadente.
Nella sostanza non è uno studio errato, ma a un tecnico fa cadere le braccia.
Già usa il fantomatico TCR ma chi mai lo userebbe?
Si usa il REER che è un weighted di un basket.
Poi lui considera solo USD ARS ufficiale (sbagliando pure i dati).
Ma chi, in uno studio serio, non userebbe anche gli NDF?
E dico "almeno" gli NDF.
Mancano poi considerazioni fondamentali, sulla gestione delle riserve, per dirne una sola.

Infine centomila parole dove bastavano due INDEX, dalla data voluta, avendo un qualche strumento professionale elementare.

Mi spiace per l'immagine scadente.
Comunque in verde ARS REER, in blu USD/ARS (official). Entrambi indicizzati al 23-6-2003 = 100.

E' chiaro che la successiva politica dal 2007 tanto decantata (compreso il licenziamento dei tecnici dell'INDEC, sostituiti da "politici") ma soprattutto dal 2010 e il taroccamento massiccio dei dati di cui scrivevo e di cui ho messo varie volte numeri, grafici, ecc.. e su cui ho preso parole a non finire (sempre personali o avendo come argomenti "mia cugina dice che" o "il mio amico" o "tutti sanno che...") è la responsabile.
Ma il REER non è realmente mutato poi molto, come si vede.
E lo stato delle riserve nemmeno.

Tanto non cambia niente....

Quelli che la gente ha sulla bocca, specie Italiani, e che pensa siano dei geni, sono dei modesti, ma proprio modesti professori di scuola, che normalmente sono completamente ignoranti di finanza, che gli stessi dati che usano sono roba vecchia di W.B., perchè nemmeno accesso a roba decente hanno, e che nei posti dove si fa ricerca effettiva che abbia un qualche valore reale, gli farebbero a malapena spolverare la biblioteca.
Non esagero neanche un po'.
In compenso sono anche spesso e volentieri in malafede, accecati da un'ìdeologia o dall'altra, provvedendo analisi risibili, tagliuzzando il pezzettino che gli conviene, e cancellando quel che non gli conviene, tanto la gente poveretta ne capisce addirittura meno di loro, il che è tutto dire, ma in compenso si beve eternamente la qualunque.

Non è discredito, è la verità.

In ogni caso sono ancora persone da consigliare, pur vomitando, perchè qualcosa (pur se inclinato a loro piacimento) di elementare hanno spiegato, e a confronto col resto che è proprio una merda assoluta, sembrano pure dei giganti. Per cui tocca anche dire leggete questo o quell'altro.
Meglio la polmonite del cancro ai polmoni, sarebbe.

Dopo 3 anni di sproloqui si sono letti una cartellina di Nordvig, senza pretese, come specificato da lui stesso, ma pur sempre un professionista, e infatti sta alla Nomura a fare lo strategist, non a sbafo del contribuente a fare didattica da primo corso, e se lo sono presa come una Bibbia rivelata.
Hanno intravisto il mondo dei grandi invece di quello dei piccini.

In compenso si insultano l'un con l'altro, a gara a chi è più tronfio e bifolco pur essendo parimenti ignoranti, in uno spettacolo degno delle osterie e delle curve Sud. O peggio ancora insultano i lettori dall'alto di un analfabetismo che ha perfino dell'incredibile.

Questo è. Nè più nè meno.


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Black_Jack
Noble Member
Registrato: 3 anni fa
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Lo studio citato di Rapetti è scadente.
Nella sostanza non è uno studio errato, ma a un tecnico fa cadere le braccia.
Già usa il fantomatico TCR ma chi mai lo userebbe?
Si usa il REER che è un weighted di un basket.
Poi lui considera solo USD ARS ufficiale (sbagliando pure i dati).
Ma chi, in uno studio serio, non userebbe anche gli NDF?
E dico "almeno" gli NDF.
Mancano poi considerazioni fondamentali, sulla gestione delle riserve, per dirne una sola.

Infine centomila parole dove bastavano due INDEX, dalla data voluta, avendo un qualche strumento professionale elementare.

Mi spiace per l'immagine scadente.
Comunque in verde ARS REER, in blu USD/ARS (official). Entrambi indicizzati al 23-6-2003 = 100.

E' chiaro che la successiva politica dal 2007 tanto decantata (compreso il licenziamento dei tecnici dell'INDEC, sostituiti da "politici") ma soprattutto dal 2010 e il taroccamento massiccio dei dati di cui scrivevo e di cui ho messo varie volte numeri, grafici, ecc.. e su cui ho preso parole a non finire (sempre personali o avendo come argomenti "mia cugina dice che" o "il mio amico" o "tutti sanno che...") è la responsabile.
Ma il REER non è realmente mutato poi molto, come si vede.
E lo stato delle riserve nemmeno.

Tanto non cambia niente....

Sono l'unico che non ci ha capito niente se non in termini di tendenza (a parole:"va tutto a remengo" che non è granché dal punto di vista euristico).

Il REER è una misurazione rispetto a un basket di valute (spero) e quindi più sei basso più sei competitivo (si misura solo il rapporto fra prezzi in relazione alle valute? Mah...).
Poi la linea che tu chiami blu e io vedo color porpora dici che è il cambio USD/ARS e sale quindi il dollaro si apprezza.

Ma allora se il REER non scende abbastanza significa che il deprezzamento della valuta argentina non riesce a innescare un incremento di competitività.

Forse questo implica che il peso non è lasciato libero di fluttuare liberamente e quindi il suo valore nominale è ancora troppo alto rispetto a quello vero?

Se è così bisognerebbe ipotizzare di lasciar svalutare ancora di più ma non lo fanno; perché? Quali sarebbero gli effetti negativi di una svalutazione ancora più massiccia (ammesso che abbia capito il meccanismo)? Una fuga degli investimenti verso il dollaro? L'impossibilità di rifornirsi di valuta straniera per le importazioni e per gli investimenti delle aziende che hanno bisogno di prodotti pagati in USD o EUR?

E quindi cosa dovrebbero fare in concreto?

Sempre ammettendo che abbia capito bene un prossimo default è inevitabile.

Quelli che la gente ha sulla bocca, specie Italiani, e che pensa siano dei geni, sono dei modesti, ma proprio modesti professori di scuola, che normalmente sono completamente ignoranti di finanza, che gli stessi dati che usano sono roba vecchia di W.B., perchè nemmeno accesso a roba decente hanno, e che nei posti dove si fa ricerca effettiva che abbia un qualche valore reale, gli farebbero a malapena spolverare la biblioteca.
Non esagero neanche un po'.
In compenso sono anche spesso e volentieri in malafede, accecati da un'ìdeologia o dall'altra, provvedendo analisi risibili, tagliuzzando il pezzettino che gli conviene, e cancellando quel che non gli conviene, tanto la gente poveretta ne capisce addirittura meno di loro, il che è tutto dire, ma in compenso si beve eternamente la qualunque.

Non è discredito, è la verità.

In ogni caso sono ancora persone da consigliare, pur vomitando, perchè qualcosa (pur se inclinato a loro piacimento) di elementare hanno spiegato, e a confronto col resto che è proprio una merda assoluta, sembrano pure dei giganti. Per cui tocca anche dire leggete questo o quell'altro.
Meglio la polmonite del cancro ai polmoni, sarebbe.

Dopo 3 anni di sproloqui si sono letti una cartellina di Nordvig, senza pretese, come specificato da lui stesso, ma pur sempre un professionista, e infatti sta alla Nomura a fare lo strategist, non a sbafo del contribuente a fare didattica da primo corso, e se lo sono presa come una Bibbia rivelata.
Hanno intravisto il mondo dei grandi invece di quello dei piccini.

In compenso si insultano l'un con l'altro, a gara a chi è più tronfio e bifolco pur essendo parimenti ignoranti, in uno spettacolo degno delle osterie e delle curve Sud. O peggio ancora insultano i lettori dall'alto di un analfabetismo che ha perfino dell'incredibile.

Questo è. Nè più nè meno.

Ma di Brancaccio e di Sapelli che ne pensi?


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mincuo
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Registrato: 3 anni fa
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Rispondo a Black Jack solo perchè può essere utile a qualcuno.

Sono l'unico che non ci ha capito niente se non in termini di tendenza (a parole:"va tutto a remengo" che non è granché dal punto di vista euristico).

Non ho detto che tutto va a remengo. Ci sono preoccupazioni, che il paper di Rapetti evidenzia. Io ho detto che lo studio non è un granchè, ma nella sostanza individua i problemi, anche se attraverso dati non corrispondenti a quanto afferma e a metodologie un po' discutibili.

Il REER è una misurazione rispetto a un basket di valute (spero) e quindi più sei basso più sei competitivo (si misura solo il rapporto fra prezzi in relazione alle valute? Mah...).

Non è esattamente così. Questo può aiutare:
http://www.imf.org/EXTERNAL/PUBS/FT/FANDD/2007/09/pdf/basics.pdf

Poi la linea che tu chiami blu e io vedo color porpora dici che è il cambio USD/ARS e sale quindi il dollaro si apprezza.

La fonte originale era blu poi inserendola qui oltre che una porcheria come definizione è diventata violetto a me o porpora a un altro.
Ho sbagliato perciò a scrivere blu. Dovevo scrivere la linea NON VERDE.
Una questione molto importante invero, chiedo venia.
-Non è il cambio USD/ARS, ma l'INDEX fatto 100 al 2003 del cambio USD/ ARS ufficiale. E' corretto dire che quando sale la linea NON VERDE si apprezza il dollaro (cioè si deprezza il Peso).

Ma allora se il REER non scende abbastanza significa che il deprezzamento della valuta argentina non riesce a innescare un incremento di competitività.

Va detto innanzitutto che il cambio nominale USD/ARS (circa 5,3 Pesos x 1USD) è artificiale. E' un crawling-peg di fatto. Già al cambio ufficiale hai una svalutazione nel periodo da 3,08 a 5,3 (cioè 72%) in realtà è del 182% al cambio reale.
Va detto anche che l'ARS non è convertibile.
Cioè detto malamente a 5,3 pesos non lo vuole nessuno.
Il cambio reale, il cambio nero ad esempio, è intorno a 8,6, 8,7. Significa che realmente quello è il cambio per cui sono disponibili a darti un dollaro.
Rapetti dice parecchie cose giuste nella sostanza, ma le prende un po' dalla coda perchè il REER in sostanza è una misura dei prezzi in rapporto alle quote di trade e all'inflazione. (Per i tradable goods).
Ma rispecchia gli scambi ai nominali reali, per l'Argentina (che ha una valuta non convertibile) non a quelli nominali ufficiali (in Argentina c'è un crawling peg con un backward looking, e ci sono controlli valutari stretti. Il Peso è artificialmente alto, ma non è convertibile a quel valore).
La linea verde mostra che non si è apprezzato il REER, differentemente da quanto dicono, ma la ragione è quella che ho esposto sommariamente.
Detto semplicemente io Americano non è che siccome la Kirchner o la BCRA dicono 5,3 Pesos per 1USD allora sono disposto a ricevere 5,3 Pesos per un dollaro. Voglio 8,7 Pesos e questo è il prezzo a cui poi vengono calcolate le merci e i capitali.
Vale anche a dire che di questo cambio artificiale risente internamente l'Argentina (cioè lì si modificano i termini artificialmente) dove ad esempio un esportatore è costretto dal Governo a cambiare i dollari ricevuti a 5,3 quando il cambio vero è 8,6 o 8,7 mangiandosi il profitto. E lì sono infatti i guai perchè alla fine lui farà nero fuori sottofatturando, oppure non esporterà, e viceversa un importatore cercherà di pagare debiti esteri in USD se lo Stato gli permette di farlo a un cambio sopravvalutato artificialmente, ma questo avrà effetto poi su BCRA o sull'export.
Fuori però scambiano ai valori reali del peso.
Quindi il problema sta nel nominale che non corrisponde.
Rapetti sottolinea giustamente come le politiche di controllo dei cambi e dei prezzi, se lontane dai fondamentali, e le politiche che lui chiama populiste, portano sempre a degli esiti disastrosi.
(Come fu il Cile di Allende ad esempio, dove distrussero le riserve in 2 anni e crearono un'inflazione del 500%, poi bloccarono i prezzi come sempre fanno, e così mancarono subito i generi di prima necessità, perchè non potevano importare più nulla e infine si creò un mercato nero spaventoso).
Quando controlli i prezzi di vendita di molti generi di consumo non controlli però anche i costi per cui un imprenditore si vede salire i costi del 30% per via dell'inflazione, ma deve poi vendere a prezzi bloccati per decreto all'anno prima, o in base a un'inflazione ufficiale taroccata. Quindi mettiamo al 20% in meno dell'anno prima. Quanto può durare?
Sbaglia Rapetti solo nel dire delle riserve valutarie perchè "non sono crollate".
Ancora tengono una mano fermissima, ma questo però si riflette poi sul resto.

Forse questo implica che il peso non è lasciato libero di fluttuare liberamente e quindi il suo valore nominale è ancora troppo alto rispetto a quello vero?

Sì. Internamente l'effetto è sempre poi quello di creare un mercato nero e mancanza di beni. Ma sono cose viste 100 volte.
Stesse identiche politiche e stessi esiti.

Se è così bisognerebbe ipotizzare di lasciar svalutare ancora di più ma non lo fanno; perché? Quali sarebbero gli effetti negativi di una svalutazione ancora più massiccia (ammesso che abbia capito il meccanismo)? Una fuga degli investimenti verso il dollaro? L'impossibilità di rifornirsi di valuta straniera per le importazioni e per gli investimenti delle aziende che hanno bisogno di prodotti pagati in USD o EUR?

Non lo fanno per molti motivi. Anche politici. E' un po' complicato.

E quindi cosa dovrebbero fare in concreto?

Svalutare, ma questo si ripercuote su salari ecc...Inoltre fare un piano industriale e uno di spesa pubblica non volto a fini di consenso ma con caratteristiche di efficienza. Facile a dirsi, meno a farsi.

Sempre ammettendo che abbia capito bene un prossimo default è inevitabile.

Non è detto. Poi i default possono essere di vario tipo.
Il fatto è che il debito interno l'hanno ridotto, anche se imbrogliando gli Argentini, visto che gli davano cedole del 10% che coprivano l'inflazione ufficiale, ma quella reale era del 25% quindi gli mangiavano il 15% all'anno di valore capitale. Questo è stato sempre spacciato per un grande risultato delle politiche "nuove" per il popolo. Il debito estero invece (denominato in USD o EUR) quello non calava. Lì non si potevano fare trucchi, vogliono i dollari loro, ma la gente non si domandava come mai non riducessero quello innanzitutto.
Si sono cumulati un po' di problemi.
L'economia mondiale inoltre non è brillante, ma specialmente ora gli Emerging (Cina, India, Brasile ecc...) hanno dei problemi.
Il che non aiuta l'Argentina.
Come non l'aiuta il progressivo probabile cambiamento delle politiche monetarie della FED a cui seguiranno poi presumibilmente gli altri.

Ma di Brancaccio e di Sapelli che ne pensi?

Lo stesso. Non è che leggo però un granchè nessuno di quelli.
Le cose serie stanno da altre parti, e con altri mezzi a disposizione.


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Black_Jack
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Rispondo a Black Jack solo perchè può essere utile a qualcuno

Ringrazio Mincuo ma solo per cortesia verso qualcun altro.

P.S.: Stasera mi studio il post.


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mincuo
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Per completezza e per quelli interessati metto qui due tabelle (al 15 Giugno 2013) relative alle riserve BCRA e alla BoP.
Non è che mi interessa molto discutere qui di queste cose.


Central Bank Assets (USD bn)
(Con un memo in basso sui principali flows.)


Bop cash basis (USD bn)


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Deheb
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Lo leggerò con calma.
Ringrazio il ringraziatore e Mincuo: siete stati utili a qualcuno.
Un saluto da un mincuo-boys (così dovrei essere definito da alcuni...)


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ilnatta
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e di questi economisti Bocconi con Master a Chicago che straparlano di svalutazione=inflazione che ne pensi mincuo? http://storify.com/borghi_claudio/bisin-2-alla-ricerca-del-tempo-perduto

stupidi o venduti? anche se forse non fa questa gran differenza..


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sankara
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L'economia mondiale inoltre non è brillante, ma specialmente ora gli Emerging (Cina, India, Brasile ecc...) hanno dei problemi.
Il che non aiuta l'Argentina.
Come non l'aiuta il progressivo probabile cambiamento delle politiche monetarie della FED a cui seguiranno poi presumibilmente gli altri.

Grazie della spiegazione, Mincuo. Per completezza potresti in caso solo spiegare come l'annunciato cambiamento della politica monetaria della FED aggraverà la situazione argentina?


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mincuo
Illustrious Member
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L'economia mondiale inoltre non è brillante, ma specialmente ora gli Emerging (Cina, India, Brasile ecc...) hanno dei problemi.
Il che non aiuta l'Argentina.
Come non l'aiuta il progressivo probabile cambiamento delle politiche monetarie della FED a cui seguiranno poi presumibilmente gli altri.

Grazie della spiegazione, Mincuo. Per completezza potresti in caso solo spiegare come l'annunciato cambiamento della politica monetaria della FED aggraverà la situazione argentina?

Acc....Non dovevo dirlo.... E adesso?
Il fatto è che mi è difficile rispondere senza essere tecnico, ma allora non si capirebbe niente. Vabbè ci provo.
-Bernanke ha fatto un discorso hawkish al FOMC, lasciando intravedere che le prospettive per economia e disoccupazione USA 2013 e 2014 sono buone e possono giustificare un cambiamento graduale nella politica monetaria, in senso più restrittivo.
-Questo ha avuto effetto su tutta la curva dei tassi. E i decennali sono schizzati in su.
-Le economie emergenti stanno rallentando, sono state riviste tutte al ribasso per il 2013 e 2014. Ma specialmente quelle Sudamericane.
Compreso anche il Cile che pure è la più forte e stabile economia e l'unico Paese Sudamericano che fa parte dell'OCSE, cioè che ha avuto accesso dopo un percorso di certificazione degli standard durato anni.
-In una previsione di rialzi dei tassi viene meno in generale la convenienza al rischio cioè a collocare sugli Emergenti (sharpe-ratio, cioè rendimento diviso per volatilità) combinato con le ragioni di liquidità e le prospettive economiche. (Flight da carry trade e illiquidità, come tendenza)
-Gli Emergenti per mantenere pari la convenienza sono spinti quindi (in prospettiva si sta parlando e se dovesse risultare una futura stretta sui tassi USA) ad alzare il premio di rischio.
-Tu vedi che il mercato ha già adeguato. Sia l'azionario, sia il reddito fisso, sia soprattutto i credit spreads (vedi EMBI+).

- Nessuno conosce il futuro. Ma i mercati ragionano sulla base di quello che conoscono, e hanno una logica raffinata, che non è quella comune e non è il buon senso. Attualmente quindi hanno sistemato il pricing di rischio, pur di poco. Ma bisogna vedere se e come prosegue quello che è solo un accenno per ora.
Ad esempio i dati Sudamericani, Cinesi, Indiani..... prossimi saranno scrutati attentamente. Così come il flows. Molto attentamente quelli.


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Black_Jack
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Acc....Non dovevo dirlo.... E adesso?
Il fatto è che mi è difficile rispondere senza essere tecnico, ma allora non si capirebbe niente. Vabbè ci provo.
-Bernanke ha fatto un discorso hawkish al FOMC, lasciando intravedere che le prospettive per economia e disoccupazione USA 2013 e 2014 sono buone e possono giustificare un cambiamento graduale nella politica monetaria, in senso più restrittivo.
-Questo ha avuto effetto su tutta la curva dei tassi. E i decennali sono schizzati in su.
-Le economie emergenti stanno rallentando, sono state riviste tutte al ribasso per il 2013 e 2014. Ma specialmente quelle Sudamericane.
Compreso anche il Cile che pure è la più forte e stabile economia e l'unico Paese Sudamericano che fa parte dell'OCSE, cioè che ha avuto accesso dopo un percorso di certificazione degli standard durato anni.
-In una previsione di rialzi dei tassi viene meno in generale la convenienza al rischio cioè a collocare sugli Emergenti (sharpe-ratio, cioè rendimento diviso per volatilità) combinato con le ragioni di liquidità e le prospettive economiche. (Flight da carry trade e illiquidità, come tendenza)
-Gli Emergenti per mantenere pari la convenienza sono spinti quindi (in prospettiva si sta parlando e se dovesse risultare una futura stretta sui tassi USA) ad alzare il premio di rischio.
-Tu vedi che il mercato ha già adeguato. Sia l'azionario, sia il reddito fisso, sia soprattutto i credit spreads (vedi EMBI+).

- Nessuno conosce il futuro. Ma i mercati ragionano sulla base di quello che conoscono, e hanno una logica raffinata, che non è quella comune e non è il buon senso. Attualmente quindi hanno sistemato il pricing di rischio, pur di poco. Ma bisogna vedere se e come prosegue quello che è solo un accenno per ora.
Ad esempio i dati Sudamericani, Cinesi, Indiani..... prossimi saranno scrutati attentamente. Così come il flows. Molto attentamente quelli.

Ma il QE della FED crea più o meno automaticamente un rialzo dei tassi sui bond USA e un ribasso su quello degli altri, specie emergenti?

Se non ho visto male, il QE ha favorito più gli investimenti in borsa che le attività produttive?

Se è vero si tratta di un dato ormai strutturale dovuto al calo generale della profittabilità delle attività produttive?

Sempre se il ragionamento fila potrebbe essere dovuto al calo dei redditi e a una minora capcità di spesa dei cittadini ma allora è un cane che si morde la coda. Crisi di domanda perché i cittadini non hanno più soldi-gli assets delle banche perdono valore perché i prezzi per esempio dell'immobiliare scendono-se si inietta liquidità i cittadini tendono a risparmiare invece di spendere e gli investitori che non sanno quanto durerà preferiscono investire in attività finanziarie piuttosto che produttive-le banche dal canto loro non prestano agli imprenditori-la crisi di domanda aumenta.

Mi sembra che la chiave sia nel dare più soldi ai cittadini e agli investitori in una prospettiva di tempo più rassicurante ma non lo si fa.
A naso credo che significhi che le sofferenze del sistema bancario sono a un livello talmente insostenibile che non è più possibile per loro considerare prospettive che vadano al di là del "tappiamo almeno qualche buco poi si vedrà". Le previsioni, ammessa questa visione, possono solo essere di un aggravamento continuo fino a un punto di rottura che non sembra lontanissimo.

Quello che non capisco è che se (molto) ipoteticamente la mia rudimentale analisi fosse corretta ci dovrebbe essere un sentimento di allarme generale fra i cittadini che però non c'e se non in forma di protesta per la propria condizione particolare. È una situazione che non credevo avrei mai visto; ero assolutamente convinto che a un certo punto ci sarebbe stata una fiammata di nuova consapevolezza e voglia di partecipare. Capisco che è un problema che non interessa molto ma personalmente è una cosa che non riesco proprio a spiegarmi.


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mincuo
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Ma il QE della FED crea più o meno automaticamente un rialzo dei tassi sui bond USA e un ribasso su quello degli altri, specie emergenti?

No. La fine del QE, non il QE. Come è scritto sopra.
I QE hanno compresso i tassi.

Se non ho visto male, il QE ha favorito più gli investimenti in borsa che le attività produttive?

Si perchè la liquidità è stata diretta sugli asset per lo più. Il credito invece s'è generalmente contratto. Questo anche per via della ristrutturazione del sistema bancario.
In Italia 44 miliardi in meno dal sistema alle imprese nel 2012.

Se è vero si tratta di un dato ormai strutturale dovuto al calo generale della profittabilità delle attività produttive?

Non direi. A meno che non intendi Italia o qualche altro Paese. Il mondo è grande.

Sempre se il ragionamento fila potrebbe essere dovuto al calo dei redditi e a una minora capcità di spesa dei cittadini ma allora è un cane che si morde la coda. Crisi di domanda perché i cittadini non hanno più soldi-gli assets delle banche perdono valore perché i prezzi per esempio dell'immobiliare scendono-se si inietta liquidità i cittadini tendono a risparmiare invece di spendere e gli investitori che non sanno quanto durerà preferiscono investire in attività finanziarie piuttosto che produttive-le banche dal canto loro non prestano agli imprenditori-la crisi di domanda aumenta.
Mi sembra che la chiave sia nel dare più soldi ai cittadini e agli investitori in una prospettiva di tempo più rassicurante ma non lo si fa.

Dare più soldi ai cittadini non vuol dire granchè detta così, ma siccome è in voga e fa "keynesiano" anche se non c'entra poi molto, va bene lo stesso a me. Come anche il resto.

A naso credo che significhi che le sofferenze del sistema bancario sono a un livello talmente insostenibile che non è più possibile per loro considerare prospettive che vadano al di là del "tappiamo almeno qualche buco poi si vedrà". Le previsioni, ammessa questa visione, possono solo essere di un aggravamento continuo fino a un punto di rottura che non sembra lontanissimo.

Le banche hanno migliorato i bilanci rispetto a un anno o due fa.
Basta vedere i dati IMF o BIS. Sono a metà strada come ristrutturazione. C'era pure un paper discreto perfino qui su CdC solo che l'hanno stravolto con un articolo demenziale in home sui fasssiiisti e i comunisssti, che non c'entravano niente, e il link, che era l'unica cosa buona, non l'ha cliccato nessuno, come si evince dai commenti.

Quello che non capisco è che se (molto) ipoteticamente la mia rudimentale analisi fosse corretta ci dovrebbe essere un sentimento di allarme generale fra i cittadini che però non c'e se non in forma di protesta per la propria condizione particolare. È una situazione che non credevo avrei mai visto; ero assolutamente convinto che a un certo punto ci sarebbe stata una fiammata di nuova consapevolezza e voglia di partecipare. Capisco che è un problema che non interessa molto ma personalmente è una cosa che non riesco proprio a spiegarmi

Non è detto che non interessi. Partecipare bisogna anche capirsi che vuol dire. Esiste orientare un cambiamento tramite la partecipazione o credere di partecipare ed essere presi in giro.
Questi sono due estremi, ma per dire, meglio capirsi.


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Black_Jack
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No. La fine del QE, non il QE. Come è scritto sopra.
I QE hanno compresso i tassi.

In effetti...

Se è vero si tratta di un dato ormai strutturale dovuto al calo generale della profittabilità delle attività produttive?

Non direi. A meno che non intendi Italia o qualche altro Paese. Il mondo è grande.

Dicevo in Europa, USA, paesi ricchi. Se è vero e se è un fatto ormai strutturale.

Dare più soldi ai cittadini non vuol dire granchè detta così, ma siccome è in voga e fa "keynesiano" anche se non c'entra poi molto, va bene lo stesso a me. Come anche il resto.

Non lo so come si deve dire, però se è un problema di domanda significa che la gente non ha soldi (per tanti motivi anche legati al tipo di sviluppo del capitalismo attuale a detta di alcuni economisti) o, se li ha, non si fida del futuro.
Il discorso era che se la crisi di domanda è strutturale come alcuni ipotizzano il problema assume connotazioni diverse da "prima".
Viene dalla lettura di questo (professori di Matematica Finanziaria e Economia dello Sviluppo a Udine e Parma):

http://digilander.libero.it/comunistisempre/crisi.pdf

Se è una fesseria di paper non lo so, a me sembrava interessante.

Le banche hanno migliorato i bilanci rispetto a un anno o due fa.
Basta vedere i dati IMF o BIS. Sono a metà strada come ristrutturazione. C'era pure un paper discreto perfino qui su CdC solo che l'hanno stravolto con un articolo demenziale in home sui fasssiiisti e i comunisssti, che non c'entravano niente, e il link, che era l'unica cosa buona, non l'ha cliccato nessuno, come si evince dai commenti.

Mi basavo sul report di Mediobanca che dice, come riporta Il Fatto:

"Perché Medio-banca Securities identifica un’altra emergenza che la politica italiana finge di non vedere: le banche. Nota Antonio Guglielmi che il tasso di copertura cash dei crediti problematici nelle banche italiane si è ridotto dal 51 per cento del 2007 al 40 del 2013. Significa che se un prestito non viene rimborsato, in tutto o in parte, le banche sono molto più dipendenti dalle garanzie reali. Che di solito sono immobili. Problema: i prezzi delle case stanno crollando, “dal picco del 2008 si sono ridotti del 12 per cento contro il 25 per cento della Spagna”. Nella simulazione di Mediobanca Securities le banche italiane potrebbero correggere al ribasso del 45 per cento il valore degli immobili che hanno in bilancio e comunque la copertura dei crediti (contanti più garanzia) resterebbe al 100 per cento. Ma se invece volessero mantenere il tasso di copertura attuale, 125 per cento, basterebbe un calo dei prezzi immobiliari del 10 per centro per spazzare via il 17 per cento del capitale calcolato secondo i parametri di Basilea 2 sarebbe spazzato via.

Le banche, insomma, sono fragili. E abbiamo perso l’occasione di farle salvare all’Europa: ora si è affermato il “modello Cipro”. "

Non è detto che non interessi. Partecipare bisogna anche capirsi che vuol dire. Esiste orientare un cambiamento tramite la partecipazione o credere di partecipare ed essere presi in giro.
Questi sono due estremi, ma per dire, meglio capirsi.

Molto banalmente intendevo informarsi di più. Se uno si informa capisce che i suoi problemi sono connessi a quelli degli altri e quello è il primo passo.
Per me la cosa più importante in un movimento politico deve essere la volontà di andare fisicamente dalle persone e dalle associazioni a diffondere una maggiore consapevolezza delle questioni economiche con un'idea chiara a livello di sistema, non solo di rivendicazioni settoriali o troppo generali e astratte tipo "giustizia", "solidarietà" o "è ora di mandarli a casa" e via dicendo.
Non vedo nulla di tutto questo; la mia impressione è che a fronte di uno scarso impegno nell'infomazione della maggior parte dei cittadini (forse tu vedi il contrario) c'è, da parte di chi ha le competenze adatte a interpretare il momento storico, un atteggiamento di narcisismo che sconfina con il disimpegno o un assoluto disinteresse tipo "torre d'avorio".

Soprattutto riferendomi a questi ultimi è un peccato, è una responsabilità che ci si prende con la propria coscienza proprio mentre oggi molto più che in qualsiasi altro passaggio storico ci sono le possibilità per un cambio di mentalità che investa sia i rapporti sociali (relativamente alle conseguenze concrete e non sentimentali che implicano) che i rapporti di lavoro.
Non mi spiego come sia possibile e come ci si rifiuti di parlarne.


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