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Barbarossa di Hitler, non di Stalin


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Il 22 giugno segna un anniversario triste davvero. In questo giorno nel 1941, la Germania nazista lanciava l’Operazione Barbarossa, una massiccia invasione dell’Unione Sovietica, che iniziò la più grande e distruttiva lotta tra due nazioni nella storia dell’umanità. Per la grande maggioranza delle persone pensanti, che credono nella molteplice missione degli studi storici – interpretare gli eventi, individuare dei modelli, dare un senso alla dimensione sociale dell’esperienza umana, e anche trarre lezioni dal passato, la tragedia colossale del 22 giugno 1941 garantisce sicuramente una riflessione più attenta.

Ahimè, molti di coloro che riflettere sui temi storici, che vanno dai da giornalisti gialli ad alcuni storici con pedigree, ne hanno meno attenzione, a volte, assai meno. La tentazione conscia o inconscia di piegare la memoria storica al servizio di cause contemporanee è inestirpabile, perché l’influenza della memoria storica sugli eventi in corso può essere assai significativo, soprattutto per quanto riguarda le epocali lotte in corso tra nazioni, o classi sociali, o razze. La tentazione di governare la memoria storica è ancora maggiore nel caso del 22 giugno 1941, data l’enorme posta geopolitico e ideologico della guerra in gioco, e dato il peso emotivo che così tante persone si portano dal conflitto.

Senza mezzi termini, molte persone hanno affilato le asce contro l’Unione Sovietica, contro la Russia contemporanea, e contro il socialismo. Perciò, negli ultimi anni un buon numero di pubblicazioni di rilievo ha cercato di invertire la lungamente accettata storiografia sulla responsabilità della guerra tedesco-sovietica, la sua necessità e il suo significato geopolitico. Alcuni rifiutano di accettare l’idea che l’attacco di Hitler non sia stato provocato, e affermano che Hitler attaccò solo poche settimane prima dei sovietici (1), alcuni sostengono che Stalin era pronto ad attaccare la Germania e i suoi alleati in Europa orientale entro un anno o due; alcuni ritraggono l’URSS come un flagello omicida, espansionista e tirannico, implicando o proclamando che l’invasione tedesca era una misura significativa per la difesa della civiltà occidentale (2). Altri, più sottilmente, ritraggono la Germania nazista e l’URSS di Stalin come due facce della stessa moneta totalitaria e anti-umana, e offuscando entrambi le parti nella piena colpevolezza per gli orrori di tutto quel periodo, in Europa centrale e orientale (3). Cerchiamo di affrontare queste accuse, una alla volta.

Un attacco preventivo?

Per cominciare, l’accusa che Stalin stava preparando un imminente attacco contro la Germania e i suoi alleati, nell’estate del 1941, è assai recente. La celebrata menzione della guerra offensiva di Stalin, del discorso del 5 maggio 1941 alla Accademia militare non ci dice nulla. Il leader era obbligato a sostenere il morale dei suoi ufficiali, anche implicando per l’opinione pubblica interna ed estera che il suo esercito era ben preparato alla guerra. Infatti, il 15 maggio Stalin si era rifiutato di approvare la proposta del Capo di stato maggiore, generale Zhukov, di lanciare un attacco offensivo nell’estate successiva. La pianificazione di una tale offensiva deve essere stata matura, dunque, ma la pianificazione è quello che fanno i ministeri della guerra. Il Commissariato della Difesa sovietico aveva molti piani difensivi, naturalmente. Il punto importante è che Stalin non sentiva che l’Armata Rossa fosse pronta per la guerra con la Germania. prima della primavera del 1942, al più presto. Ha fatto di tutto per evitare la guerra nel 1941, rifiutandosi persino di mettere in allerta l’esercito durante i preparativi tedeschi per la guerra erano diventati più evidenti, affinché le sue unità non facessero qualcosa che potesse servire a provocare i tedeschi o a legittimare un attacco da loro pianificato (4). Per citare lo storico Jonathan Haslam, la nozione che Stalin si stesse preparando ad attaccare la Germania nell’estate del 1941 “… sarebbe comica se non fosse presa così seriamente {da un più ampio pubblico – DK}.” (5)

Una nefasta URSS espansionista?

L’Operazione Barbarossa non fu provocata nell’estate del 1941. Ma potremmo comunque capire l’offensiva tedesca come una naturale campagna preventiva contro l’Unione Sovietica, che albergava intenti aggressivi e imperiali contro la Germania e l’Occidente? Così sostengono alcuni apologeti dell’Operazione Barbarossa. Ma l’argomento è rozzo. Hanno mai avuto in mente, tali critici della politica estera sovietica, che Stalin ordinò soltanto la pianificazione di operazioni offensive contro la Germania nell’agosto 1940, ben dopo che Hitler aveva rivelato i suoi progetti imperiali e cambiato il volto della geopolitica nel 1939? Dopo aver affrontato l’invasione di una dozzina o più paesi, nella rivoluzione del 1917, qualcuno dovrebbe aspettarsi che il regime comunista si sedesse ad aspettare di essere attaccata di nuovo, questa volta dalla sanguinaria Germania nazista? Le deliberazioni sovietiche in relazione ad eventuali operazioni offensive contro Hitler non erano altro che buon senso, data la straordinaria probabilità delle ostilità.
Lo stesso contesto ci aiuta a comprendere l’annessione di Stalin della Polonia orientale, della Bessarabia e degli Stati baltici, e anche la guerra sovietico-finlandese del 1939-40. Né queste annessioni, né la pianificazione per una offensiva su larga scala verso ovest, testimoniano alcun nefasta essenza espansionistiche dell’URSS. La Realpolitik è più che sufficiente a spiegarli, proprio come spiega la decisione di Stalin di firmare il patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop, nell’agosto del 1939. Come abbiamo spiegato in un precedente articolo, i sovietici hanno fatto di tutto per formalizzare un’alleanza militare con la Francia e la Gran Bretagna contro la Germania, nel 1939. Furono gli alleati occidentali che silurarono l’alleanza, costringendo essenzialmente l’URSS a cercare un riavvicinamento con Hitler, affinché non finisse con l’affrontare la Germania da sola (6).
Niente di tutto questo, ci affrettiamo ad aggiungere, implica l’abilità o la coerenza di Stalin come diplomatico. La recente caratterizzazione di Stalin dello storico Kenneth Slepyan, in questa dimensione cattura convincentemente gli elementi implicati:

Stalin fu un pauroso e deludente professionista della Realpolitik… La politica estera di Stalin prima, durante e soprattutto dopo la guerra… non era certo indicativa di un fautore della rivoluzione mondiale. Naturalmente, le decisioni di Stalin in politica estera sono state modellate da preoccupazioni e visioni ideologiche, ma la gamma di scelte all’interno del suo contesto ideologico permisero politiche di relativo accomodamento con l’Occidente, al fine di preservare la sicurezza sovietica, anche se tali rapporti sono stati caratterizzati da estremo sospetto e ostilità. Inoltre, è importante ricordare, che anche i pragmatici possono auto-illudersi e commettere errori (7).

Una astorica minaccia esistenziale alla Civiltà, o una società in movimento?

Infine, potrebbero i crimini interni del regime stalinista negli anni ’30, in qualche modo giustificare l’invasione tedesca? L’essenziale insensibilità e la brutalità del sistema stalinista al suo apice, sono inconfondibili a un esperto occhio storico, anche se si tiene conto delle numerose genuine conquiste del primo periodo sovietico (un punto di vista che dobbiamo sollevare, anche se non abbiamo tempo per elaborarlo qui). La realtà sovietica negli anni ’30 è stata orribilmente deformata dalla pubblicità degli ideali di regime: carestia di massa, un enorme sistema gulag, propaganda orwelliana, purghe patologica di leader e di personale altamente qualificato, e perfino alcune repressioni di natura etica. Ma c’è davvero motivo di equiparare stalinismo e nazismo? I contrasti tra il sistema stalinista e la sua
ideologia, da una parte, con il nazismo, dall’altro, sono semplicemente troppo forti per essere ignorati. Su un livello ideologico-psicologico, il periodo staliniano non poteva sradicare le radici del marxismo nei valori dell’Illuminismo, della ragione e della giustizia, e questi valori sono rimasti latenti nell’esperienza sovietica. Allo stesso modo, su un livello pratico-amministrativo, i metodi stalinisti del governo dispotico in tutta la società, hanno inevitabilmente perso la loro utilità e credibilità all’interno dell’URSS, e in fretta – un processo che lo storico Moshe Lewin ha tracciato in modo convincente in una serie di lavori (8). Il perentorio, dispotico stile di comando del governo, che predominava apparentemente a tutti i livelli, nel periodo di Stalin sarebbe notevolmente retrocesso negli anni ’50. Ben prima di ciò, di fatto, i potenti ministeri economici appianarono le modalità di gestione interne e lavorarono insieme per governare il paese. Non avevano alcuna utilità per un tiranno al Cremlino.
Né i ministeri economici fecero alcun uso del super ministero della polizia segreta, che avrebbe potuto devastare qualunque cosa volesse, e su qualsiasi scala. La polizia segreta dell’impero dei gulag, aveva perso efficacia economica e penale dai tardi anni ’40, e così avrebbe dovuto essere abbandonato. (9) Non a caso, la polizia segreta fu presto spogliata del potere di giudicare e punire da sé le persone. La categoria del crimine “contro-rivoluzionario” fu abolita, e la polizia segreta posta sotto controllo. Le conseguenti rettifiche eseguite in tutta la società, con ramificazioni importanti, come Lewin ha sintetizzato: “Sono una cosa quando un lavoratore non può lasciare il suo posto di lavoro o protestare legalmente contro l’ingiustizia nel mondo del lavoro, ma è piuttosto un altro quando può farlo. Un sistema per negare ogni diritto fu soppiantato da un sistema di leggi, diritti e garanzie.” (10)

In ultimo, il sistema sembrava perfino aver superato e scavalcato il partito comunista stesso. Questo non è il luogo per descrivere e discutere il processo nel dettaglio, ma il potere che maturò nei ministeri economici, in un’economia centralizzata sulla scala dell’Unione Sovietica, deve essere evidente. E non dovrebbe sorprenderci sapere dai documenti recentemente scoperti che, entro la fine del 1940, alti funzionari del Comitato Centrale del Partito Comunista avevano concluso che loro (il partito) avevano perso potere (11).

Questo paese rappresentava realmente la minaccia definitiva alla civiltà occidentale?

L’URSS, in altre parole, era una società e un sistema in rapido movimento storico, non la caricatura totalitario che i suoi critici immaginavano in modo cronico e astorico. Di conseguenza, le raffigurazioni dell’URSS di Stalin come un pericolo imminente e mortale per la civiltà occidentale sono risibili, tanto più che Stalin aveva fatto tanto per tenere a freno l’agitazione comunista rivoluzionaria in molte occasioni negli anni ’30, e di nuovo dopo la firma del patto di non aggressione con la Germania, nel 1939. È possibile una qualsiasi seria valutazione delle minacce alla civiltà occidentale, nel 1941, potendo veramente paragonare l’URSS alla manifesta, dichiarata barbarie del nazismo, con la sua intrinseca adesione al razzismo rabbioso, nazionalismo espansionista e genocidio?

Note

(1) Il cui vessillifero è Viktor Suvorov, con le sue numerose pubblicazioni, la più famosa Icebreaker: Who Started the Second World War?, Hamish Hamilton, 1990. Ma ce ne sono molti altri, tra cui Joachim Hoffman, Stalin’s War of Extermination, 1941-45: Planning, Realization, Documentation, Capshaw, Ala., Theses and Dissertation Press, 2001.
(2) Gli aperti sostenitori di questa linea non sono particolarmente difficili da trovare. Vedasi, Daniel W. Michaels, “Revising the Twentieth Century’s ‘Perfect Storm’”, in The Journal of Historical Review, settembre-dicembre 2001 (Vol. 20, No. 5-6), p. 59 e segg. Michaels si lamenta “Il fallimento delle leadership inglese, francese e americana nel percepire che l’Unione Sovietica era di gran lunga la minaccia mortale, anche nel 1939, è stato un errore che ha richiesto mezzo secolo per essere corretto, a costo di innumerevoli milioni di vite“.
(3) Per esempio, tale è la spinta di un best-seller recente, Timothy Snyder, Bloodlands, Europe between Hitler and Stalin, Basic Books, New York, 2010.
(4) Memorie di alcuni ufficiali sovietici fanno menzione della ricezione di un pacchetto sigillato di istruzioni, nel giugno del 1941, e di aver ricevuto l’ordine di aprirli solo dopo la mezzanotte del 22 giugno. Nessuno ha scoperto, finora, un ordine di Mosca per attaccare la Germania, però. E anche se accadesse, testimonierebbe solo la vigorosa risposta all’invasione tedesca, che era già in corso (infiltrati tagliavano le linee di comunicazione quella sera, ecc.)
(5) Jonathan Haslam, revisione combinata di R. Raack, Stalin’s drive to the West, 1938-1945: The Origins of the Cold War, e G. Roberts, The SovietUnion and the Origins of the Second World War: Russo-German Relations and the Road to War, 1933-1941, In The Journal of Modern History, vol. 69, no. 4 (dicembre 1997).
(6) David Kerans, “Crude Stereotypes and Western Foreign Policy Blunders: Enduring Lessons from the Anglo-French Mishandling of 1939,” Strategic Culture Foundation, agosto 2009.
(7) Kenneth Slepyan. Recensione di Gorodetsky, Gabriel, Grand Delusion: Stalin and the German Invasion of Russia. H-Russia, H-Net Reviews. Giugno 2003.
(8) Vedasi in particolare Moshe Lewin, The Soviet Century, Verso, London-New York, 2005.
(9) vedasi Marta Kraven e Oleg Khlevniuk, “Krizis ekonomiki MVD – konets 1940ykh-1950ye gody”, Cahiers du Monde Russe, XXXVI (1-2), gennaio-giugno 1995.
(10) Lewin, op. cit., pp. 198-99.
(11) Lewin, op. cit., p. 135-36.

Versione originale:

David Kerans Strategic Culture
Fonte: http://www.strategic-culture.org
Link: http://www.strategic-culture.org/pview/2011/06/22/hitlers-barbarossa-not-stalins.html
22.06.2011

Versione italiana:
Fonte: http://aurorasito.wordpress.com/
Linj: http://aurorasito.wordpress.com/2011/06/22/barbarossa-di-hitler-non-di-stalin/
22.06.2011

È gradita la ripubblicazione è accolto con riferimento alla rivista on-line Strategic Culture Foundation

Traduzione di Alessandro Lattanzio – Aurora03.da.ru


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