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Carlson e Navalnij


sarah
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Chi potrebbe trarre vantaggio dalla morte del blogger dissidente? Non certo Putin, probabilmente. Se questo fatto fosse in grado di ravvivare il sentimento anti russo in occidente, chi avrebbe potuto uccidere una persona in un carcere, per di più di un paese "nemico"? Strane coincidenze circondano questa morte: una su tutte, la recentissima intervista di Tucker Carlson allo stesso presidente russo.

In questo articolo ci sono molte domande. E risposte che forse è prematuro formulare. Comunque piuttosto interessante.

https://www.renovatio21.com/tucker-carlson-ha-ucciso-navalnij-o-e-stato-il-demone-della-guerra/


dana74 e BrunoWald hanno apprezzato
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oriundo2006
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L' unica cosa che mi viene in mente è terribile: Putin è solo un front-man del suo stato profondo che decide e agisce liberamente senza curarsi di niente.

Un poco come lo Zar nelle passate vicende della Russia antica: decidevano i boiardi e l'entourage di Palazzo, mentre il sovrano era latitante, perso nei piaceri, oppure malato o addirittura pazzo.

Dunque oggi, a sentire il blog 'General SVR' che darebbe il 'vero' Putin oramai deceduto da qualche tempo, comanda Patrushev e la sua corte, fatta di persone che essendo senza carisma personale, e dunque in una condizione di oggettiva debolezza, decidono sulla linea della maggior durezza possibile, temendo pure ... i fantasmi.

Infatti, se vogliamo esser chiari, quando hai il maggior oppositore tuo in galera, l' unica cosa che devi fare è lasciarlo in vita, temendo più il martire che l'uomo.

Questo ad esclusione del 'caso fortuito' del malore che però non ti sgrava dalla responsabilità: infatti moralmente ed anche giuridicamente, tu stato hai una responsabilità di sorvegliare e proteggere quanti sono in mano tua, che se inattiva o peggio, non è esimente degli effetti della tua azione od inazione.

Le mie impressioni non prendono in considerazione la possibilità che l' occidente collettivo abbia deciso di sopprimerlo proprio per ostacolare la popolarità in occidente stesso di Putin: se è così, gravi nubi si addensano sulla leggendaria capacità dello stato russo nel prevedere le mosse altrui.

Temo che questo ed altri fatti segnalino invece e potenzialmente il ritorno del passato oscuro e tragico della Russia imperiale che, tanto per esser chiari, non avrà le stesse remore di Putin nel decidere rappresaglie e azioni border-line oltre la soglia del conflitto 'indiretto': non penso al caso fortuito nè all'azione di agenti esteri, quantomeno se estranei completamente alla struttura interna del potere di Mosca. 

La debolezza non si tramuta in forza ma in rigidità e dunque è foriera di catastrofe.


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oriundo2006
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Per chiudere le mie estemporanee note, ricordo che da qualche tempo UK & Co. hanno un laser via satellite capace di colpire un bersaglio simile ad un francobollo  o giù di lì. Chiaramente non sono i soli: ma se lo so io, possibile che i russi siano tanto sprovveduti a far fare passeggiate nel bosco ( oltretutto a -35° ) ad un personaggio, già malato grave, la cui vita vale assai più da morto che da vivo ?

Evidentemente c'è parecchio che non quadra.


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dana74
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che caso, la moglie si trova alla conferenza a Monaco dove in pratica la nato dichiara di armarsi fino ai denti ed attaccare la Russia

 

Vogliono la guerra https://www.rainews.it/articoli/2024/02/conferenza-sulla-sicurezza-monaco-stoltenberg-serve-industria-bellica-da-tempi-di-guerra--kamala-harris-incontra-benjamin-netanyahu-06a67d3a-bc13-466b-b60a-ef4fb010e18e.html
Anche la moglie di Navalny, Julija Borisovna, casualmente presente., ha parlato dal podio della Conferenza della sicurezza di Monaco, https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/navalny-la-moglie-yulia-putin-e-responsabile-della-morte-di-mio-marito-sara-punito_77622678-202402k.shtml
DALLA STANFORD UNIVERSITY Dasha Navalnaya: 23 anni, studia negli Usa e sogna un mondo di «libertà, giustizia e integrità»
Capelli biondi e occhi azzurri, la giovane era legatissima al papà e non mancava mai di ribadirlo con un sorriso o un abbraccio, almeno fino all'arresto del 2021
https://www.ilmessaggero.it/persone/navalny_figlia_dasha_navlnaya_chi_e_instagram_foto_profilo_cosa_sappiamo-7939422.html


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dana74
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propongo qui l'articolo secondo me più completo sulla vicenda 

 

Tucker Carlson ha ucciso Navalnij? O è stato il demone della guerra?

16 Febbraio 2024
«Non lasciatevi ingannare: Putin è responsabile della morte di Navalnij». Il vegliardo del Delaware installato da qualcuno alla Casa Bianca ha già parlato, perfino in conferenza stampa, che è un tipo di evento dal quale cercano di tenerlo lontano onde evitare prove ancora più incontrovertibili della sua demenza senile e non solo senile.
 
Biden ha anche dichiarato che gli Stati Uniti non dispongono ancora di tutte le informazioni sull’accaduto, tuttavia «quello che è successo a Navalny è una prova ancora maggiore della brutalità di Putin. Nessuno dovrebbe lasciarsi ingannare».
 
Il vecchio col dito sul pulsante della distruzione atomica del mondo (forse: la catena di comando in quel senso potrebbe essere compromessa anche dalla prostata del suo segretario della Difesa) dice: non sappiamo niente, ma #hastatoputin.
 
Eccerto. Anche Mattarella ha sentito il bisogno di rilasciare dichiarazioni: la morte del blogger antiputiniano «rappresenta la peggiore e più ingiusta conclusione di una vicenda umana e politica che ha scosso le coscienze dell’opinione pubblica mondiale». Baffone è venuto per davvero: ed è peggio di quello che il partito da cui il presidente della Repubblica proviene, quando si chiamava PCI, idolatrava, nel pieno senso della parola.
 
Il Quirinale ha sentito il bisogno di celebrare un eroe dei nostri tempi: «per le sue idee e per il suo desiderio di libertà Navalnij è stato condannato a una lunga detenzione in condizioni durissime. Un prezzo iniquo e inaccettabile, che riporta alla memoria i tempi più bui della storia. Tempi che speravamo di non dover più rivivere. Il suo coraggio resterà di richiamo per tutti».
 
Attenzione: nessuno dice che sia stato ucciso. Epperò, diciamo che la cosa è, come dire, fortemente suggerita.
 
Ci rendiamo conto che non per tutti è facile staccare la testa dal continuum della propaganda NATO, che opera martellante su ogni livello disponibile, ma qualcuno dovrà pur farlo, magari iniziando dalla solita, semplicissima domanda: cui prodest? Cui bono?
 
A chi giova la morte di Navalnij? Diciamo subito a chi non giova: a Putin. Se c’era qualcuno che poteva aver interesse a tener vivo Navalnij quello è l’uomo del Cremlino. Anzi, si potrebbe perfino arrivare a pensare che tutto sommato tenerlo in prigione significava, in una logica contorta ma realistica, proteggerlo da quanti per colpire lo zar sono disposti a compiere qualsiasi false flag, consumando inganni ed incantesimi che costano non una, ma centinaia di migliaia di vite umane: chiedete in Ucraina, se avete dubbi.
 
Navalnij che muore in carcere è un disastro incancellabile per le PR di Mosca, che lottano da anni contro le accuse riguardo dissidenti e giornalisti: il copione lo conosciamo dai tempi di Anna Politkovkaja (1958-2006), giornalista e scrittrice (stranamente pubblicata in Italia da Adelphi) russa ma americana che si occupava della guerra in Cecenia e, di conseguenza, della battaglia contro Putin in nome dei «diritti civili», «diritti umani» etc. Per il suo assassinio sono stati condannati cinque ceceni, ma nessun mandante. Anche lì: a chi giovava la morte della Politkovkaja, se non ai nemici di Putin?
 
Saltò fuori il nome di Berezovskij, l’oligarca ebreo che avversava l’ascesa di Putin dal dorato esilio londinese, e che si diceva essere in contatto con i gruppi islamisti-separatisti del caucaso. Berezovskij, che nel venne ritrovato morto nel bagno di una villa della capitale britannica, fu tirato in ballo da alcuni come finanziatore occulto non solo dei terroristi ceceni, ma pure di Navalnij: tuttavia, si disse che le foto che li ritraevano insieme erano fotomontaggi.
 
Aleksej Anatol’evic Navalnij era un avvocato, ma soprattutto un blogger che su internet aveva creato una massa piuttosto vasta di opposizione fatta di risentimento totale verso l’establishment, accusato di ogni possibile corruzione: Edinaja Rossija, Russia Unita, il partito di Putin, fu definito come «il partito dei truffatori e dei ladri», espressione ripetuta infinite volte davanti a sei milioni di sottoscrittori su YouTube e ancora più utenti dei social. Se questa è una sceneggiatura che vi risuona, e perché l’avete vista in Italia, pure realizzata – ammettiamo, tuttavia, che con probabilità la qualità di Navalnij era superiore di quella dell’avvocatino che gli sfascisti internautici italioti hanno perfino piazzato al vertice del Paese, con la catastrofe che tutti ricordiamo.
 
A differenza di quanto è accaduto in Italia, o, con altri mezzi, nell’Ucraina dell’attore comico divenuto presidente, non era mai riuscito a creare una base elettorale solida abbastanza per entrare nei giochi politici veri. Tuttavia, gli americani lo coccolavano pubblicamente, tra messaggi da Washington e incontri diplomatici, così che sembrava a tutti che fosse davvero lui, che nemmeno era in Parlamento, l’opposizione a Putin.
 
Si trattava, come sempre, di un calcolo sbilenco della politica estera americana: il personaggio aveva i suoi limiti, nel 2008 aveva appoggiato il supporto russo a Abcazia e Ossezia nella guerra con la Georgia (poi si scusò), giornalisti moscoviti giurano che si trattava in realtà di un «razzista» e criptonazionalista che poco aveva a che fare con gli ideale liberali dell’Occidente che lo amava e premiava. Lui cercò di dare una mano come poteva: nel 2020 parlò in favore di Black Lives Matter, che in Russia ha molto senso.
 
Eppure un suo uso, per i padroni del vapore, il giovane blogger antisistema poteva ancora avercelo. Certo, forse non da vivo.
 
Quindi, facciamoci la seconda domanda: perché ora?
 
Beh, è curiosa che la tempistica della sua morte coincida incredibilmente con il successo globale della tanto attesa intervista di Tucker Carlson a Putin. Un evento che per anni il governo USA aveva cercato di impedire, arrivando a spiare elettronicamente il telefono del giornalista e poi addirittura, abbiamo appreso da poco, parlando direttamente con i russi per far sì che annullassero tutto.
 
L’intervista di Carlson a Putin, fatta sul canale «libero» di Twitter divenuto l’X di Musk, ha disintermediato tutti i network di informazione mondiale – cioè la narrativa del mainstream, cioè la narrativa della NATO.
 
Ha portato un pensiero che non si può trovare sui giornali al di qua della nuova Cortina di Ferro (cioè i nostri Paesi «liberaldemocratici») a tutto il mondo, e nel formato più moderno possibile: non un’intervista TV taglia e cuci di poche battute, ma due ore di conversazione, un formato da podcast dove il presidente russo ha avuto la possibilità di inondare il mondo con un millennio di storia russa.
 
Qualcuno dice che è andata, male (Putin era più nervoso di Carlson: lo pensiamo), qualcuno dice che è andata bene: anche solo il fatto di poter ascoltare l’uomo del Cremlino che ragiona e chiede negoziati di pace è qualcosa di incredibile, di proibito per l’era di censura che stiamo vivendo.
 
Resta il fatto che il messaggio al mondo è arrivato. Putin non è un pazzo sanguinario. Putin vuole la pace – di fatto, la cerca spasmodicamente da quasi un trentennio, al punto di offrire a Bill Clinton l’ingresso della Russia nella NATO.
 
È stato detto: le menzogne fanno iniziare le guerre, la verità può farle finire. La guerra, come sappiamo, per gli angloamericani deve continuare, fino all’ultima goccia di sangue ucraino.
 
E quindi, che è l’intervista di Tucker che può aver spinto qualcuno a optare per la fine di Navalnij? È Carlson ad aver indirettamente causato la morte dell’oppositore?
 
Perché di fatto Navalnij è morto, e se non vi sono cause naturali (nessun giornale sembra pensarlo, rilanciando i commenti dei genitori che dicono che stava bene), deve essere stato ucciso. Ma se non è stato Putin, che è l’ultima persona a cui conveniva, chi può essere Stato?
 
Dicevamo, ad un certo punto, neutralizzato da ogni punto di vista (mediatico, politico, giudiziario), Navalnij poteva servire più per il martirio globale che per altro. Ma come si fa ad uccidere una persona in un carcere russo?
 
Mica possiamo saperlo, tuttavia avanziamo delle ipotesi ignoranti. Per ammazzare qualcuno in prigione, bisogna usare canali della criminalità organizzata, che trova sempre il modo di mettere in contatto i mondi fuori e dentro le sbarre. E dove sta la mafia russa? Beh, certo, sta in Russia, ma non solo: tanta, come ci mostrano tre decenni di film anche belli, ha preso casa in America.
 
Brighton Beach, sobborgo verso l’oceano sotto Nuova York – non lontana da Coney Island, teatro dell’indimenticabile scena finale de I guerrieri della notte – è di fatto oramai un paese russo, la chiamano la «piccola Odessa», e i vareniki alla ciliegia più buoni della mia vita li ho mangiati lì. Ora, quanto ci si può mettere, in automobile, da Langley a Brigthon Beach? Forse qualche ora, ma ovviamente, parliamo per metafora, perché sono cose per cui, oggi, mica c’è bisogno di spostarsi.
 
Abbiamo detto Langley perché è la sede del vero protagonista dell’intervista Carlson-Putin: la CIA. Possiamo dire anzi che il vero significato dell’incontro sta tutto nelle dichiarazioni di Putin, agente KGB, sui vecchi avversari del servizio segreto USA.
 
È ciò che mi ha colpito subito la notte della messa in onda: Putin si era tolto i guanti bianchi, e accusava direttamente la CIA dei misfatti dell’ora presente. Ho pensato, subito, quanto fosse irrituale: insomma, c’era l’onore tra spie, una volta, e Vladimir Vladimirovich, malgrado qualche barzelletta raccontata pubblicamente, non sembrava aver mai voluto attaccare la forza occulta della controparte. È una parte del gioco, è la meccanica delle cose, la CIA in fondo fa il suo lavoro, anche in Russia, il KGB stesso lo può comprendere.
 
Stavolta però non è andata così: nell’intervista accusa i servizi americani, e lo aveva già detto a Oliver Stone anni fa, di essere dietro ai terroristi ceceni, poi dice che c’è proprio la CIA dietro alla distruzione del Nord Stream 2, quindi percula lo stesso Carlson, che incassa tremendamente, ricordandogli che lui stesso aveva provato ad entrarvi (vero: lo scartarono, quindi il padre gli disse «fai il giornalisti, lì prendono tutti»), ma grazie al cielo lo avevano rifiutato. «Seriosnaja organisatsija», un’organizzazione seria, dice Putin mentre canzona senza pietà il tentativo del californiano di diventare un agente segreto.
 
(Qui ci sarebbe da aprire un capitolo a parte: il padre di Carlson fu giornalista prima e funzionario del dipartimento di Stato poi; prima di divenire ambasciatore, diresse per Reagan Voice of America, la massima fonte di propaganda antisovietica possibile: essendo che Carlson senior ha vissuto anche a Mosca, immaginiamo il dossierone sulla famiglia che era a disposizione di Putin)
 
È la CIA l’ostacolo alla pace, sembra suggerire finalmente Putin. Nelle ore di intervista concesse ad Oliver Stone, non era arrivato ad ammetterlo: al massimo, aveva detto quanto temesse che, nonostante la vittoria di Trump, nulla sarebbe cambiato, a causa del fatto che gli USA hanno una «burocrazia forte». Un’espressione che a noi era sembrata una foglia di fico per non usare le famose tre lettere russe, Tse-er-u, Tsentral’noe Rasvedybateln’noe Upravlenie, cioè CIA.
 
Adesso invece Putin dice: la CIA è il problema. La CIA vuole la guerra, costi quello che costi: la vita degli ucraini o l’economia dei tedeschi e degli europei. Questa è stata, davvero, l’unica novità dell’intervista, l’unica notizia.
 
E quindi, uno immagina, la CIA ha già reagito, a modo suo?
 
Ci sono altre coincidenze temporali da considerare. La morte di Navalnij avviene in concomitanza con la Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, il ritrovo internazionale dove tante cose vengono discusse e programmate – e dove, proprio riguardo alla Russia di Putin c’è un trascorso preciso.
 
È a Monaco che nel 2007 che Putin fece il famoso discorso che rivelò al mondo il futuro della politica estera russa, basata sul crollo inevitabile del dominio unipolare americano e della sua violenza insostenibile. L’anno successivo si ebbe la guerra antirussa della Georgia. «Putin pagherà», ha detto.
 
È a Monaco che nel 2022 Zelens’kyj accarezzò l’idea di far diventare l’Ucraina una potenza nucleare. Gli occidentali lo ascoltarono, e nessuno disse che si trattava di un pazzo che metteva in pericolo il mondo. Pochi giorni dopo scattò l’operazione militare speciale di Mosca in Ucraina.
 
Poche ore fa, proprio alla stessa conferenza di Monaco, vi sono stati gli applausi per la moglie di Navalnij, che era proprio là.
 
Un’altra coincidenza: a Dubai pochi giorni fa un giornalista arabo ha chiesto a Carlson, ad un evento pubblico in mondovisione, proprio di Navalnij, lamentando il fatto che non ha fatto domande in merito.
 
Carlson negli scorsi mesi aveva già risposto andando a trovare personalmente Julian Assange nella prigione di Belmarsh a Londra. Un progioniero politico, un giornalista, tenuto dentro a partire da accuse di stupro ritirare e nemmeno nel Paese che lo accusa, ma in un altro, simbolo massimo del feudalesimo diplomatico americano inflitto al mondo.
 
Curioso: è di ieri, la notizia rimbalzata su tutti i media del mondo, della moglie di Assange che dice che, qualora venisse estradato, Julian morirà. Assange morto, vogliamo ricordarlo, era ufficialmente un piano dei servizi americani: al punto che per il complotto per assassinarlo i giudici spagnoli vorrebbero sentire Mike Pompeo, l’ex direttore della CIA.
 
E quindi, se ora Assange venisse estradato, e, tra secondini che ronfano o zufolano, venisse trovato morto, che direbbero? Che siamo 1-1 con Navalnij? È un pensiero malandrino che qualcuno può avere.
 
Tuttavia, pensiamo che di base ci sia qualcosa di ancora più spaventoso dietro a questa storia. Renovatio 21 ha ipotizzato, un anno fa, che il licenziamento di Carlson da Fox, dove era diventato il giornalista più seguito di tutto l’arco televisivo americano, fosse proprio l’inevitabilità della guerra programmata contro la Russia. Una guerra diretta, una guerra «calda», da far scoppiare prima delle elezioni: dopo qualche settimana, aveva confermato di pensarlo anche lui, sia pure tralasciando che la cosa poteva essere la vera causa del suo apparentemente insensato allontanamento dagli schermi.
 
Navalnij morto per velocizzare il processo verso la guerra, dopo che con Carlson, e cioè con una grossa parte dell’opinione pubblica americana, Putin aveva guadagnato spazio e tempo per la pace?
 
Non solo: se Biden dice che Putin è brutale, i putinisti americani sono avvertiti – la loro idea contraria alla guerra contro Mosca è antiamericana, è illegale. Saranno perseguitati come quelli del 6 gennaio, o come Trump, trascinato per tribunali che poche ore fa gli hanno ordinato di pagare 350 milioni di dollari, praticamente mettendolo sul lastrico.
 
Tutto pare essere messo in cammino per l’inferno della guerra, e le vite sacrificate ora sono solo l’inizio della carneficina.
 
Qualcuno con visioni storico-teologiche radicali, dalle quali prendiamo subito le debite distanze, ritiene che alla base di tutta la vicenda degli ultimi secoli ci sia un demone. Cioè, proprio lui, quello, una cosa così: un’entità evocata secoli fa dagli inglesi quando si staccarono dall’Europa abiurando dal cattolicesimo con Enrico VIII ed la regina Elisabetta, un processo portato avanti da negromanti come John Dee, l’uomo che con il codice 007 creò le basi per l’Impero britannico e, materialmente, per il suo sistema di spie. Dee era un mago accanito, evocatore forsennato di spiriti, «angeli» diceva, che poi anche i demoni sappiamo che sono angeli.
 
In seguito, dicono queste teorie irricevibili, l’alleanza con tale demone è passata da Londra agli Stati Uniti. Il demonio, del resto, in cambio del potere sul mondo agli uomini chiedeva sempre le stesse cose: oro e sangue, valanghe di danaro e ecatombi di vite umane sacrificate con guerre e stermini di vario tipo. Vedendo la storia degli ultimi secoli di potere angloamericano, possiamo dire che è stato accontentato, ma sappiamo anche che a certuni non basta mai.
 
Nella sua intervista a Putin, Carlson ad un certo ha toccato un punto di questo tipo: gli ha chiesto se non credeva che ci fossero delle forze esterne all’umanità che nella storia intervengono per influenzare negativamente le persone e il corso degli eventi. Abbiamo visto Tucker sviluppare questa idea negli ultimi mesi, arrivando a dichiarare che l’aborto è un sacrificio umano sussurrato all’orecchio di ogni popolo della storia da queste forze esteriori, e possiamo dire che l’interesse per gli UFO dimostrato dal personaggio pare andare nella stessa direzione.
 
Il presidente russo ha risposto che no, non ci crede, la storia è regolata dalle solite leggi umane, insomma non c’è tanto da fare i mistici.
 
Per quanto sia difficile crederlo, è possibile che Putin, per una volta, si stia sbagliando?
 
Possibile che neanche lui veda il quadro che, via Navalnij e il milione di ragazzi ucraini e russi massacrati, ci si sta parando innanzi?
 
Possibile che non capisca che dietro alla sete di sangue della setta iniziatica chiamata CIA potrebbe esserci davvero qualcos’altro?
 
Sono cose che butto lì, in modo irresponsabile e irriverente. Ma non è che ho altri modi di pensare la cosa: vogliono la guerra totale a tutti i costi, vogliono il sacrificio planetario, vogliono l’inferno sulla terra.
 
E noi in qualche modo, sul piano della realtà o della metafisica, della carne o della preghiera, della volontà o dello spirito, dobbiamo impedirglielo. Costi quello che costi.
 
Roberto Dal Bosco

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dana74
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ma anche questo su l'Indipendente

 

L’ipocrita reazione dei media occidentali alla morte di Alexei Navalny

17 Febbraio 2024 - 14:00
 
Tutti i maggiori giornali oggi aprono con la notizia della morte dell’oppositore di Putin, Alexey Navalny. Non solo quelli italiani, è un concerto di tutti le più forti voci del panorama mainstream a livello globale: dallo statunitense Washintgon Post al britannico The Guardian, passando per il francese Liberation e lo spagnolo El Mundo. Naturalmente l’obiettivo è il presidente russo, tra chi sottolinea le accuse delle cancellerie occidentali e chi ha già emesso sentenza come, in Italia, La Repubblica che senza timore di smentita titola «omicidio di stato». Formalmente è tutto giusto, Navalny – nonostante la biografia quantomeno controversa, di leader politico formato negli USA ed aiutato direttamente con finanziamenti della NED, potente «fondazione privata non-profit» statunitense che, anche con fondi forniti direttamente dal Congresso Usa, finanzia migliaia di organizzazioni in oltre 90 paesi per «far avanzare la democrazia» – era un detenuto politico e la sua morte in carcere chiama in causa direttamente il regime autocratico russo, dove dissidenti e pacifisti anche molto meno famosi e non certo tutti accusabili di lavorare per il “nemico” americano, stanno finendo in carcere con preoccupante sistematicità. Tuttavia la reazione di politici e grandi media occidentali non può che lasciare un evidente sapore di ipocrisia. Se è vero che con la morte di Navalny il Cremlino ora ha un nemico in meno, è altrettanto evidente che i democraticissimi Stati Uniti d’America stanno aspettando quella di Julian Assange per pareggiare il conto.
 
Il fondatore di WikiLeaks è perseguitato e detenuto senza processo (prima nell’ambasciata ecuadoriana a Londra e poi nel carcere britannico di Belmarsh) da ormai 14 anni, colpevole di aver rivelato al mondo informazioni riservate che ci hanno permesso, ad esempio, di conoscere le vere ragioni dietro la guerra alla Libia, le stragi di civili compiute dai soldati statunitensi in Iraq, le atrocità delle carceri speciali di Guantanamo, le malefatte di numerose tra le multinazionali più potenti al mondo. A ben guardare, inoltre, le sue condizioni detentive son addirittura peggiori di quelle che erano riservate dalla Russia a Navalny. Seppur detenuto in isolamento in una colonia penale siberiana, l’oppositore di Putin era libero di aggiornare con regolare frequenza il proprio account su X, nonché di proseguire la sua attività di oppositore attraverso diversi siti internet attraverso i quali stava pianificando e lanciando la “Campagna della fondazione anticorruzione contro Putin” in vista delle elezioni del 2024. Niente di tutto questo è previsto per Julian Assange, che dal maggio 2019 si trova detenuto in isolamento e senza nessuna possibilità di comunicare con il resto del mondo per volere degli Stati Uniti.
 
Tra pochi giorni, il 20 e 21 febbraio, la Corte Suprema suprema di Londra si dovrebbe pronunciare in via definitiva sull’estradizione di Assange negli Stati Uniti, dove lo attenderebbe una condanna fino a 175 (centosettantacinque!) anni di prigione in un carcere di massima sicurezza. Julian Assange è un detenuto politico, e sulla sua pelle si sta abbattendo spietatamente una violenza di Stato dello stesso tipo di quella che si applica a Mosca, e allo stesso modo di Navalny sta rischiando di morire in carcere. «Julian resiste ma non sta bene, la sua anima è indebolita dall’isolamento. Julian potrebbe morire a causa di un omicidio lento. Julian Assange sta morendo per il tuo diritto di sapere cosa sta facendo il tuo governo alle tue spalle», ha affermato l’ex ministro delle Finanze greco e fondatore del Movimento per la democrazia in Europa (DiEM25), Yanis Varoufakis, dopo averlo visitato nell’ottobre scorso. Eppure gli stessi grandi media globali sempre pronti a denunciare le violazioni dei diritti umani nei Paesi nemici dell’occidente continuano a tacere e, c’è da starne sicuri, se Assange dovesse malauguratamente morire in carcere si guarderebbero bene dall’accusare l’amministrazione americana di aver commesso un «omicidio di Stato».
 
[di Andrea Legni – direttore de L’Indipendente]

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dana74
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La risposta a Putin: ammazzato Navalny

Maurizio Blondet 16 Febbraio 2024
 
Il personaggio, pompato dall’occidente (senza molto successo) come l’Eroico Oppositore di Putin, è morto in carcere per “un malore”. E’ già cominciata la grancassa propagandistica, dai giornali inglesi e americani…
 
Ricordo che nel 2023, a scopo di pompaggio mediatico, a un film dal titolo “Navalny” hanno dato l’Oscar nella categoria “Miglior documentario”
 
Il documentario è stato girato dal regista canadese Daniel Roer. Prendendo la statuetta, ha detto che stava dedicando il premio a Navalny e a “tutti i prigionieri politici”.
 
Navalny era più famoso in occidente, che in Russia, non era il leader dell’opposizione come ci raccontano.
 
Di certo ora da morto fa più paura che da vivo. CUI PRODEST?
 
La sua morte non giova a Putin, a ridosso delle elezioni presidenziali, che si appresta a stravincere. Magari è morto di morte naturale, oppure c’è qualcosa sotto.
Di certo proprio ora che l’Ucraina sta perdendo e il fronte internazionale che la sostiene si sta sfaldando, arriva questa notizia. Ciò è più che sospetto e sarà utile a rinsaldare il fronte anti russo Posto qui l’articolo chiarificatore che Agata Jacono sul personaggio postò nel 2021, in una delle incarcerazioni dell’Eroico Oppositore:

“Il vero motivo per cui Navalny è in carcere”

Nelle aperture dei principali telegiornali e sulle prime pagine dei quotidiani campeggia il volto di Alexei Navalny. Il burattino sostenitore del neoliberismo più selvaggio, che Stati Uniti e vassalli europei pretendono di utilizzare contro Putin. Tutti esprimono profonda preoccupazione per la sua detenzione, cercando di accreditare presso l’opinione pubblica l’idea che si tratti di un prigioniero politico.
 
Lo sanno i politici europei, ma soprattutto quelli italiani e i vari media copia incolla del pensiero unico imposto alla gente, già stordita dalla costrizione di doversi sorbire la TV dei virologi e della campagna vaccinale no stop, perché Navalniy è in carcere?
 
Perché è l’eroe dell’opposizione contro il “regime di Putin”? No, A denunciare Navalny è stata un’azienda di cosmetici francese, la Yves Rocher, di cui Navalny era il referente in Russia.
 
L’accusa? Frode.
 
Ha sottratto all’azienda francese di cosmetici l’equivalente di 400mila dollari.
 
Per frode il blogger ucraino è stato condannato a 3 anni e mezzo nel 2014, da scontare ai domiciliari.
 
Dopo dieci mesi di domiciliari la pena fu sospesa e nel dicembre scorso sarebbe decaduta. Ma due giorni prima della scadenza i magistrati hanno convocato Navalny, allora in Germania, dove era stato trasferito dopo un mai chiarito e certamente ambiguo tentativo di avvelenamento, che presenta molti lati oscuri, di cui la Germania non ha mai voluto condividere le prove…
I giudici hanno ritenuto che avesse violato i domiciliari e quindi la pena dei tre anni rimanenti deve essere scontata.
Inoltre, Navalniy è accusato dal Comitato Investigativo, che è la principale agenzia investigativa russa, di aver utilizzato per acquisti esclusivamente personali oltre 356 milioni di rubli (circa 3,9 milioni di euro), che erano stati donati a sue fondazioni no profit, il cui obiettivo sarebbe dovuto essere quello di investigare sulla corruzione degli alti funzionari del governo russo e renderla pubblica.
 
È questo l’eroe, in sciopero della fame dal 31 marzo, di cui si chiede l’immediata scarcerazione perché la sua portavoce ha dichiarato che è in fin di vita, visto che non mangia?
“L’Ue continuerà a chiedere il suo rilascio immediato e incondizionato – ha dichiarato Borrell – poiché consideriamo la sua condanna motivata da ragioni politiche e contraria agli obblighi internazionali della Russia in materia di diritti umani. A questo proposito, ci aspettiamo anche che la Russia adempia ai suoi obblighi ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, compreso il rispetto della misura provvisoria della Corte europea dei diritti dell’uomo per quanto riguarda la natura e la portata del rischio per la vita del sig. Navalny”.
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo lo sa che nelle carceri del Regno Unito c’è un uomo, in attesa di estradizione negli USA, cui è stata tolto ogni diritto, in gravissime condizioni di salute, sottoposto a tortura psicologica, senza coperte, senza possibilità di assistere alle udienze se non da una gabbia di vetro dove non sente bene, in un penitenziario dove molti detenuti sono positivi al Covid?
 
Quest’uomo si chiama Assange.
 
È accusato di aver voluto dare al mondo (a tutti noi) una piattaforma su cui condividere documenti che sono troppo scomodi per il potere, che sarebbero rimasti segreti.
 
È accusato di aver perseguito la verità.
 
Perché l’Europa non si indigna per il trattamento disumano ad Assange (che non è stato neppure processato) ma invoca i diritti umani per un tizio di estrema destra che deve scontare tre anni per truffa?
 
 
 
La Fionda
 
 
Il film premiato da un Oscar
 
Posto anche un pezzo mio scritto durante un altro sospetto “malore” dell’Eroe, per il quale fu curato in Germania:
 

Navalny, pover’uomo

Maurizio Blondet 19 Gennaio 2021
 
Quel 20 agosto, sull’aereo che lo portava da Tomsk a Mosca, Aleksei Navalny è collassato per “una crisi metabolica [inibizione della colinesterasi] causata dalla combinazione di alcol, litio e benzodiazepine prese dallo stesso Navalny”.
 
Queste sostanze sono state trovare nelle sue urine dai medici dell’ospedale di pronto soccorso di Omsk dove l’aereo col malato ha fatto scalo di emergenza per lui – strano comportamento, se volevano ucciderlo – e, cosa più importante, sono le stesse sostanze trovate nelle urine dai medici della Charité di Berlino,  dove i russi hanno lasciato che fosse portato come chiedevano Merkel e Macron.
 
Il litio trovato dai medici di Berlino nel sangue di Navalny è comunemente usato per curare i disturbi bipolari. È noto che deprime la butiril colinesterasi che i test di laboratorio di Navalny hanno rivelato anche nell’ospedale tedesco. In più, diabetico, prende “per stabilizzare il suo livello di insulina con la ben nota metformina, altro farmaco noto per essere un inibitore della colinesterasi.
Le prove mediche tedesche del presunto attacco sono state pubblicate dai medici che hanno curato Navalny alla Charité, guidati da Kai-Uwe Eckardt, – che, fatto significativo, è uno specialista del diabete non di veleni, il 22 dicembre sulla rivista medica britannica The Lancet . Le prove biomediche e farmacologiche sono state esposte in quattro appendici che sono state pubblicate separatamente da The Lancet e sottoposte a peer review separatamente (una circostanza eccezionale, secondo i ricercatori medici). Leggere questa prova qui [6] .
La pubblicazione del 22 dicembre non rivela un’identificazione più specifica da parte di Eckardt e dei medici di Berlino. Hanno scritto nel loro caso clinico di “avvelenamento grave con un inibitore della colinesterasi“; ma che fosse provocata dal nervino, si guardano bene dal dirlo. Ma allora da dove salta fuori l’accusa che si è trovato il Novichok, sostenuta con furia dalla Merkel e da tutto l’Occidente?
 
L’ affermazione che i medici di Berlino fanno nel loro rapporto secondo cui Navalny era stato avvelenato con un agente nervino Novichok proveniva non dal loro test o trattamento, ma dal laboratorio di Monaco dell’Istituto di farmacologia e tossicologia dell’esercito tedesco (IPTB) “diversi giorni dopo aver stabilito la diagnosi di avvelenamento da inibitori della colinesterasi ”.
 
I risultati dell’IPTB non sono stati forniti ai pubblici ministeri russi per le loro indagini, né l’identificazione chimica del presunto composto dell’agente nervino è stata divulgata pubblicamente, né ai pubblici ministeri che l’hanno richiesta. rimangono segreti di stato per la Germania e la NATO; per i dettagli di quella storia, leggere questo [9] .
 
Peggio: Eckardt e il suo gruppo riconoscono anche che il lavoro dell’IPTB “non ha influenzato le decisioni terapeutiche“. Ossia che hanno continuato a trattare il paziente come un diabetico che ha abusato di psicofarmaci, e non col trattamento altamente specifico obbligatorio nei casi di avvelenamento da organofosforo e agenti nervini.
 
Se si deve credere alla prova di Lancet dell’assunzione di droghe da parte di Navalny, egli aveva consumato un cocktail potenzialmente letale di farmaci che, se combinato con alcol e una condizione diabetica preesistente, avrebbe potuto innescare il impatto dell’inibitore della colinesterasi. “Quando un individuo prende benzodiazepine, di solito diventa così offuscato e confuso da perdere il controllo di ciò che ha assunto”, osserva lo psichiatra medico. il livello di alcol 0,2 nell’urina riportato dal test dell’ospedale di Omsk il 20 agosto “è un livello estremamente alto”. ” Il risultato del test 0.2 è stato riportato per la prima volta dall’urina di Navalny da Alexander Sabaev, capo tossicologo dell’ospedale russo, il 10 ottobre. “Era nelle urine, ma non nel sangue. Ciò suggerisce che l’alcol è in fase di eliminazione … Il paziente non è ubriaco, ma forse questo alcol era nel sangue … ore prima. Molto probabilmente, da sei a otto ore fa. ”
La stima di Sabaev [10] poneva il consumo di alcol di Navalny tra le 10 di sera e la mezzanotte a Tomsk, prima del suo volo per Mosca.
Quando Navalny affronterà il tribunale di Mosca, la veridicità dei test clinici a Omsk e Berlino, e delle affermazioni di Navalny, sarà testata per la prima volta. Le sue cartelle cliniche complete, compresi i test di laboratorio registrati all’Ospedale di emergenza n. 1 di Omsk prima di partire per la Germania, saranno certo presentate come prove. È probabile che venga rivelata anche la sua precedente storia medica, inclusi episodi segnalati di pancreatite acuta e diabete, che i portavoce di Navalny hanno negato.
 
Se a Navalny è stata prescritta la metformina per il diabete e il litio per la condizione bipolare, le prove saranno disponibili per essere contestate dagli avvocati di Navalny. Le prove di chi ha detto la verità sulla festa alcolica segnalata a Tomsk, la notte prima del crollo di Navalny, saranno testate anche da pubblici ministeri e avvocati della difesa”
 
Fin qui John Helmer, il britannico che ha scelto la Russia quando era ancora Urss, e da Mosca scrive reportages notevoli.
 
NAVALNY – PROVE BIOMEDICHE E DROGHE E ARTICOLO 275 DEL CODICE PENALE RUSSO
 

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dana74
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Fiaccolata bipartisan per Navalny, aderiscono anche FdI, M5s e Lega

Inizialmente l’indicazione era stata quella del ‘silenzio’, poi anche il Movimento 5 Stelle ha sciolto gli indugi e ha aderito all’iniziativa lanciata via social da Carlo Calenda per la morte di Alexei Navalny. In extremis anche l’adesione della Lega che fa diventare la fiaccolata in Campidoglio, lunedì alle 18:30, una manifestazione totalmente bipartisan con l’adesione di tutte le forze politiche.

La prima ad aderire era stata Elly Schlein e via via anche le altre forze di opposizioni da Più Europa con Riccardo Magi, ad Alleanza Verdi e Sinistra con Angelo Bonelli a Italia Viva con Raffaella Paita. Intanto pure dalla maggioranza si sono fatte avanti le prime adesioni: Forza Italia, Noi Moderati. Quindi Fratelli d’Italia con Giovanni Donzelli. Alle 18 e 30 solo M5S e Lega mancavano all’appello ma a stretto giro sono arrivate anche le adesioni del partito di Giuseppe Conte e Matteo Salvini.

 

A sera Calenda manda l’elenco dei partecipanti via twitter

Oltre ai partiti di maggioranza e opposizione ci sono anche Cgil, Csil e Uil. “Lunedì alle 18.30 a Piazza del Campidoglio ricordiamo Navalny e la sua battaglia per la libertà. Hanno aderito tutti i partiti. Forse è la prima volta nella storia recente del nostro Paese. Venite e diffondete. Viva Navalny, Viva la libertà”, il commento social del leader di Azione.

Navalny blogger

“In Campidoglio lunedì, per ricordare con una fiaccolata Alexei Navalny. E’ importante che l’iniziativa lanciata da Carlo Calenda abbia raccolto una grande adesione trasversale. Dobbiamo esserci tutti, per dare un segnale forte di unità nella battaglia per la libertà e contro il regime di Putin, che soffoca il dissenso e uccide gli oppositori. Oggi più che mai è necessario schierarsi dalla parte giusta, senza ambiguità”, scrive su twitter Mara Carfagna, presidente di Azione.  ADNKRONOS

https://www.imolaoggi.it/2024/02/17/fiaccolata-bipartisan-per-navalny/

 


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dana74
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Calenda: “la storia russa è di un’aggressiva penetrazione in Europa”

 

ROMA, 17 FEB – “La prossima settimana sarò in Ucraina in occasione dell’anniversario dell’invasione russa. Siamo sonnambuli, non capiamo che se la Russia non verrà contenuta arriveremo al conflitto diretto con la Russia. La storia russa è di un’aggressiva penetrazione in Europa. La storia è tornata”. Lo ha detto il segretario di Azione, Carlo Calenda, ad “Amici e nemici” su Radio 24.

basi militari USA

“I putiniani d’Italia sono coloro che fanno finta di non vedere che abbiamo un confronto con la Russia putiniana. Dopo l’omicidio di Navalny, perché di omicidio si tratta, perché una passeggiata a meno 50 gradi è omicidio, ieri tale Crippa della Lega ha detto: non sappiamo ancora nulla. Ma chi può essere stato, Gamba di Legno? Questo è anche disdicevole, c’è l’idea di solleticare una parte del Paese che dice: ma chi se ne frega se la Russia è così”. (ANSA)

https://www.imolaoggi.it/2024/02/17/calenda-la-storia-russa-e-di-unaggressiva-penetrazione-in-europa/

le ultime due notizie per farsi due risate....amare visto che sti personaggi sono pagati con i nostri soldi


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