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Catalogna, primo passo verso la separazione


Tao
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Spagna. Il Parlament sfida il veto della Corte costituzionale e vota per la «desconexión»

Il parlamento catalano ha rubato la scena a quello di Madrid nel bel mezzo delle consultazioni reali per l’investitura del futuro capo del governo. Dopo una tesissima sessione, la maggioranza indipendentista a Barcellona ha imposto al resto della camera la discussione delle conclusioni della contestata «commissione di studio del processo costituente».

Tra queste, la possibilità di attivare «un meccanismo unilaterale di esercizio democratico», per convocare una «Assemblea costituente«, così come la decisione di continuare la discussione delle leggi di «scollegamento» per portare a termine «il processo costituente» di un nuovo stato indipendente catalano. Le conclusioni sono state appoggiate solo dai 72 voti (su 135) della maggioranza indipendentista formata da Junts pel Sí (e cioè i due partiti Esquerra Republicana e il partito di centrodestra che fino a pochi giorni fa si chiamava Convergència Democràtica de Catalunya, e ora ha appena assunto il nome di Partito Demòcrata Català, Pdc) e dai movimentisti della Cup. Il partito popolare e Ciutadanos hanno abbandonato l’aula, i socialisti non hanno votato.

A votare contro sono rimasti solo i 10 deputati di Catalunya sí que es pot (raggruppamento simile a Unidos Podemos). La votazione è avvenuta con uno strappo procedurale, chiedendo una modifica all’ordine del giorno alla presidentessa della camera catalana, che l’ha messa ai voti, domandando ai deputati – su consiglio dei legali – se fossero coscienti dell’avvertimento del Tribunale costituzionale spagnolo, che aveva annullato una analoga dichiarazione di qualche mese fa e che ammoniva il Parlament a non prendere ulteriori iniziative in tal senso. Con la consueta dose di retorica, i portavoce indipendentisti rispondevano di essere coscienti del «mandato democratico» e del fatto che «il parlamento è sovrano«. I 72 seggi corrispondono solo a una (ampia) minoranza di voti: il 48%. I toni del dibattito sono stati aspri.

La capogruppo di Ciutadanos ha parlato di «giorno triste per la democrazia»; quello socialista ha invece ammonito che non c’era il diritto «a rendere questo parlamento fuorilegge». Il debole governo catalano di Carles Puigdemont aveva bisogno di questa dose di indipendentismo per mantenere serrate le fila. Puigdemont infatti ha deciso di sottomettersi a una mozione di fiducia, inusuale nel sistema spagnolo, il 28 settembre prossimo dopo che il mese scorso non è riuscito a far approvare la legge di bilancio catalana dalla sua eterogenea maggioranza. Secondo il capogruppo di Csqep, il voto di ieri era il primo tempo del dibattito sulla fiducia di settembre.

Degli 11 punti proposti dalla commissione e votati separatamente prima delle conclusioni, Csep ne ha appoggiati solo tre: quello che riconosce che la Catalogna ha il diritto a cominciare un processo democratico partecipativo, quello che prevede che questo processo sia trasparente e che accolga tutte le sensibilità ideologiche, e quello che prevede l’inserimento della prospettiva di genere fin da subito.

Il resto dei punti elenca i passi che porteranno alle leggi di «scollegamento», all’assemblea costituente, e alla ratifica della futura costituzione catalana. La novità è che si salterebbe il passo del referendum di autodeterminazione, sostituito da un «processo partecipativo». Il tutto mentre, in modo del tutto surreale, a Madrid il Pdc sta negoziando con il Pp di poter costituire un gruppo parlamentare (a cui non avrebbe diritto) e Rajoy impugnerà la decisione di Barcellona votata ieri. Oggi ultime consultazioni del re prima dell’incarico.

Luca Tancredi Barone
Fonte: www.ilmanifesto.info
26.07.2016


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