Sergio Alejandro Gómez cubainformazione.it
Gli USA hanno riconosciuto, il 17 dicembre 2014, che la loro politica nei confronti di Cuba aveva fallito. Non si riferivano che le aggressioni ed il blocco economico avessero cessato di danneggiare lo stile di vita del popolo dell'isola, ma che tali strategie erano infruttuose per raggiungere i loro obiettivi strategici e avevano finito per ledere i loro stessi interessi.
"I nostri sforzi per isolare Cuba, nonostante le buone intenzioni, hanno avuto un effetto opposto, cementare lo status quo e isolando gli Stati Uniti dai nostri vicini in questo emisfero", ha detto lo stesso presidente Barack Obama ai primi di luglio dello scorso anno , dopo l'accordo per ripristinare le relazioni diplomatiche.
Obama riconosceva così ciò che era evidente al mondo intero che anno dopo anno si pronunciava all'unanimità (e lo continua a fare) contro il blocco in occasione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Essa rispondeva anche alle pressioni dei paesi dell'America latina e dei Caraibi che in ogni vertice regionale ricordavano a Washington la loro opposizione alle aggressioni ed ai tentativi di sottomettere Cuba.
Fu quello ciò che avvenne nel 5° Vertice delle Americhe, tenutosi nel 2009 a Port of Spain, Trinidad e Tobago, dove ci furono forti dichiarazioni contro l'esclusione della Maggiori delle Antille da questi appuntamenti emisferici. La storia si ripeté con maggiore intensità tre anni più tardi, nel 6° Vertice a Cartagena, Colombia.
Infine, Cuba assistette al 7° Vertice delle Americhe a Panama, rappresentata dal leader storico della Rivoluzione nella figura del Generale d'Esercito Raúl Castro, e fu ricevuta tra applausi.
Risulterebbe molto difficile spiegare i cambiamenti nella posizione USA nei confronti di Cuba senza comprendere le pressioni internazionali che ricevette per anni, soprattutto dal nostro continente.
L'isola mantiene inoltre relazioni diplomatiche con praticamente tutti i paesi membri delle Nazioni Unite, ed i suoi medici e collaboratori di diversi settori si sono convertiti in ambasciatori presso i popoli del mondo.
Risulta sorprendente, quindi, che la nuova direttiva presidenziale di Barack Obama, su Cuba, includa un paragrafo relativo alla necessità "di integrare Cuba nei sistemi internazionali e regionali".
"Cerchiamo la partecipazione del governo cubano nei forum regionali ed internazionali, includendo, ma non limitato a, quelli relativi alla Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e al Vertice delle Americhe, per promuovere gli obiettivi mutuamente concordati dai membri' , dice il documento.
La direttiva non nasconde i suoi interessi di fondo: "Consideriamo che una Cuba che aderisca alle finalità e norme di questi forum potrà beneficiare, nel corso del tempo, di allineare le sue pratiche politiche nazionali ed economiche in consonanza con le norme internazionali e standard mondialmente accettati ".
Chiaro che quando Washington parla di "standard" dimentica coloro che garantirebbero una relazione più equilibrata tra il Nord opulento ed il sud sempre più impoverito, e si riferisce a coloro che perpetuano le disuguaglianze e le contraddizioni del sistema attuale.
Neppure si nasconde nel dire che sottomettere l'isola, che non ha ha smesso né smetterà di essere un referente per i popoli che aspirano ad un mondo diverso, aiuterebbe la Casa Bianca ad eliminare "un fattore irritante delle relazioni con i nostri alleati e partner e l'ottenimento di sostegno per un ordine basato sulle norme".
Gli appelli ad integrare Cuba nell' America Latina e nei Caraibi solo possono provenire da chi ignora che L'Avana fu sede, nei primi mesi del 2014, del II Vertice della Comunità degli Stati dell'America Latina e dei Caraibi (CELAC), composta dalle 33 nazioni indipendenti d'America, ad eccezione di USA e Canada.
Fu quello lo scenario di una storica dichiarazione dell'America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, firmata da tutti i paesi membri, che riconosce, tra altri aspetti chiave, "l'obbligo di non intervenire, direttamente o indirettamente, negli affari interni di qualsiasi altro Stato ed osservare i principi della sovranità nazionale, la parità di diritti e l'autodeterminazione dei popoli".
Per quanto riguarda l'OSA, la posizione di Cuba è più che chiara dal 1962, quando per le pressioni USA l'isola fu espulsa dall'organismo nel corso della riunione a Punta del Este, Uruguay.
Di fronte a centinaia di migliaia di persone riunite a L'Avana nel all'Assemblea Generale del popolo di Cuba, il leader della Rivoluzione, Comandante in Capo Fidel Castro, assicurò che sempre terremo con noi "la solidarietà di tutti i popoli liberati del mondo" e "di tutti gli uomini e donne degne del mondo". E anche chiarì che quello che aveva sentito a Punta del Este era "la voce delle oligarchie e non dei popoli".
Nulla è cambiato da allora nel "Ministero delle Colonie", in cui Washington sogna di vederci un giorno. Ma come disse Raul parafrasando Martí: "Prima si unirà il mare del nord al mare del sud e nascerà un serpente da un uovo d'aquila prima che Cuba ritorni all'OSA".