Laurentius Vallensis: 600 anni dopo la piu grande truffa della storia nulla è cambiato.
Nel 1440, durante il pontificato di Eugenio IV, scrisse un breve testo (pubblicato solo nel 1517), il De falso credita et ementita Constantini donatione. In esso Valla, con argomentazioni storiche e filologiche, dimostrò la falsità della Donazione di Costantino, documento apocrifo in base al quale la Chiesa giustificava la propria aspirazione al potere temporale: secondo questo documento, infatti, sarebbe stato lo stesso imperatore Costantino, trasferendo la sede dell'impero a Costantinopoli, a lasciare alla Chiesa il restante territorio dell'Impero romano (oggi si sa che la dimostrazione del Valla era giusta e che si tratta di uno scritto dell'VIII secolo o IX secolo).
Egli dimostrò che, anche la lettera ad Abgar V attribuita a Gesù era un falso e, sollevando dubbi sull'autenticità di altri documenti spurii e ponendo in discussione l'utilità della vita monastica e mettendone in luce anche l'ipocrisia nel De professione religiosorum ("La professione dei religiosi"), egli suscitò l'ira delle alte gerarchie ecclesiastiche. Fu obbligato, pertanto, a comparire davanti al tribunale dell'Inquisizione, alle cui accuse riuscì a sottrarsi soltanto grazie all'intervento del re Alfonso.
Nel 1444 visitò nuovamente Roma, dove i suoi avversari erano ancora molti e potenti. Riuscì a salvarsi da morte certa travestendosi e fuggendo a Barcellona, da dove fece poi ritorno a Napoli.
Sempre nel 1444 vengono divulgati gli Elegantiarum libri sex (i sei libri sull'"eleganza" della lingua latina), pubblicati però postumi nel 1471. L'opera raccoglie una serie straordinaria di passi desunti dai più celebri scrittori latini (Publio Virgilio Marone, Cicerone, Livio), dallo studio dei quali, sostiene Valla, occorre codificare i canoni linguistici, stilistici e retorici della lingua latina. Il testo costituì la base scientifica del movimento umanista impegnato a riformare il latino cristiano sullo stile ciceroniano.
Ma non perse nemmeno in Vaticano il suo spirito caustico e iniziò a ridicolizzare nel 1449 il latino della Vulgata, facendo confronti con l'originale greco e sminuendo il ruolo di traduttore di San Girolamo; accusò persino Sant'Agostino di eresia e giudicò spuria la corrispondenza tra Seneca e San Paolo.
De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio
piccolo estratto:
"37. Ma io voglio portare davanti ai giudici, anche se non gli piace, codesto falsario, veramente paglia non frumento. Che puoi dire, o falsario? Come mai non leggiamo codesto privilegio nei Gesta di Silvestro? Debbo ritenere che questo libro sia raro, difficile a trovarsi e non si diffonda per le mani di tutti, ma sia segreto come i Fasti tenuti una volta dai pontefici e i Libri Sibillini tenuti dai decemviri. Forse è scritto in lingua greca, siriaca o caldaica. Ma Gelasio afferma che era letto da molti cattolici e Jacopo da Varagine ne parla. Io stesso ne ho viste copie anche antiche, e in ogni chiesa cattedrale si leggono i Gesta nel giorno festivo di san Silvestro: nessuno tuttavia può dire di avervi letto o di aver udito quello che tu vi immagini scritto. Ma forse vi è qualche altra storia? Quale sarà? Non ne conosco altre e non credo che tu voglia parlare di altra. Certo tu intendi proprio di quella che Gelasio riferisce solersi leggere in molte chiese. Ma in questa non troviamo il tuo privilegio e se non vi si trova, che cosa hai mai letto tu? Come ti permetti di prenderci in giro in cose tanto serie e favorire le stolte bramosie di gente sciocca? Ma sono stolto io che attacco l’audacia di costoro e non piuttosto la pazzia di chi loro credette. Se si dicesse che di questa donazione si conserva il ricordo presso i greci, gli ebrei e i barbari stessi, non si chiederebbe subito di dire l’autorità di chi l’ha narrata, di mostrare il codice che contiene il racconto? Ora si parla di un atto scritto nella lingua vostra, di un codice diffusissimo e voi non sottoponete a critica un fatto così incredibile e, per giunta, arrivate alla supina credulità che, non rinvenendone il testo scritto, accettiate quello che vi dicono come se fosse scritto e vero. Contenti di tal titolo di possesso mettete in soqquadro terre e mari e, come se non vi fossero dubbi sui vostri diritti, perseguitate col terrore di guerre e con altre minacce quelli che non credono alle vostre parole. O buon Gesù, quale è la forza della verità e quale la sua divinità! essa si difende di per sé senza grandi sforzi da ogni inganno e bugia, così che non a torto, discutendosi davanti a Dario quale fosse la cosa più forte e dicendo uno questo, un altro quello, fu data la palma alla verità. Ma, poiché io ora discuto con sacerdoti, non con laici, è meglio che trovi gli esempi nella storia ecclesiastica più che nella civile
XI
38. Lo stolto chiama privilegio la carta della donazione.
Chiami privilegio – voglio dirgliene quattro come se mi fosse davanti – la donazione della terra e pretendi che essa sia scritta su un foglio di carta e che Costantino abbia scritto in codesta lingua? Se è assurdo il solo titolo quale non sarà il resto?
«L’imperatore Costantino tre giorni dopo il battesimo diede un privilegio al pontefice della Chiesa di Roma, per cui in tutto il mondo romano i sacerdoti abbiano lui come unico capo così come i giudici hanno a capo il re».
Ciò si legge nella storia di Silvestro. Già da ciò fa capire il privilegio dove sia stato redatto. Ma come sogliono fare i falsificatori incomincia col dire cose vere per conciliare credito al falso che segue. Come Sinone in Virgilio: «Tutto sarà vero, o re, ciò che ti dirò e non negherò di essere greco»; così incominciò, poi fece seguire tutte bugie. Così ora il nostro Sinone comincia dal vero e continua col falso. Nel suo privilegio si legge tra l’altro: «Giudicammo utile con tutti i nostri satrapi e tutto il senato, gli ottimati e tutto il popolo romano sottoposto alla Chiesa romana che, come san Pietro appare stabilito vicario di Dio sulla terra, così i pontefici ottengano, concessa da noi e dal nostro impero, il vicariato del principe degli apostoli e un potere sovrano molto più ampio di quello che è concesso alla mansuetudine della nostra imperiale terrena serenità».
39. O scellerato e malvagio, la stessa storia che tu citi a testimonianza, narra che per molto tempo nessun senatore volle accogliere la religione cristiana e che Costantino sollecitasse i poveri al battesimo con dei premi. Ed ora tu osi dire che nei primi giorni consecutivi al battesimo il senato, gli ottimati, i satrapi, divenuti quasi tutti cristiani abbiano preso con l’imperatore la decisione di onorare la Chiesa di Roma. Che c’entrano i satrapi? o (gente) dura come pietre e come legno! Così parlano i Cesari? Così si concepiscono i decreti romani? Chi ha sentito mai parlare di satrapi nelle assemblee dei romani? Non ricordo di aver letto mai di satrapi non solo a Roma, ma neppure nelle province romane. Ma costui li chiama satrapi dell’imperatore e li antepone al senato, mentre tutti gli onori, anche quelli che si danno all’imperatore, vengono stabiliti dal senato o dal popolo romano insieme al senato. Perciò nelle più antiche epigrafi o su marmo o su bronzo o sulle monete vediamo impresse due lettere S. C., cioè senatusconsulto o quattro S. P. Q. R. cioè senato e popolo romano. E, come ricorda Tertulliano, avendo Ponzio Pilato scritto dei miracoli di Cristo a Tiberio non al senato, mentre solevano i magistrati scrivere direttamente al senato, intorno ad argomenti straordinari, il senato non sopportò ciò e si oppose a Tiberio che presentava la proposta di legge di venerare Cristo come Dio, solo per l’indignazione, quantunque non espressa apertamente, che fosse stata offesa la dignità del senato. Ottenne così l’autorità del senato che Gesù non fosse onorato come Dio. Sappilo bene!
40. Perché parli degli ottimati? o intend
i dire i principali uomini dello Stato: e allora perché si parla di loro e si tace degli altri magistrati? o intendi quelli che non sono demagoghi ansiosi di procacciarsi il favore del popolo, ma sono i migliori cittadini, seguaci del partito dell’ordine e suoi difensori, come Cicerone spiega in un’orazione. Perciò diciamo che Cesare prima che distruggesse la repubblica fu popolare (democratico), Catone fu invece degli ottimati: Sallustio spiegò la loro differenza. Ma non sono scelti a deliberare codesti ottimati più di quanto non lo siano i democratici o altri uomini in vista.
Ma a che meravigliarci che siano stati interrogati gli ottimati, quando, a stare a sentire il falsificatore, tutto il popolo deliberò con l’imperatore? Il popolo soggetto alla Chiesa romana: quale popolo mai? il romano? Perché non lo si chiama semplicemente popolo romano anziché popolo soggetto? Che nuova specie di oltraggio è questo contro i quiriti dei quali il più grande dei poeti espresse questo elogio: «Ricordati di governare le genti, o popolo romano»? Questo popolo che governa gli altri è detto popolo soggetto: cosa inaudita. Come in molte lettere attesta Gregorio, gli imperatori romani differiscono dagli altri re perché essi soli sono a capo di un popolo libero. Ma sia pure come tu vuoi.
Forse gli altri popoli non sono sottoposti alla Chiesa? o parli anche degli altri? Come poté avvenire in tre giorni che tutti i popoli sottomessi all’impero della Chiesa romana si trovassero presenti alla promulgazione di quel decreto? Pertanto era chiamata a giudicare anche la feccia del popolo? Costantino, prima che sottomettesse il popolo al pontefice romano, come poteva chiamarlo soggetto? E come è possibile che quelli che son detti sudditi siano partecipi alla compilazione della legge? Come è possibile dire che essi abbiano deliberato di diventar sudditi del papa e che già quel papa, al quale ora in forza del loro decreto soggiacciono, li abbia già come suoi sudditi? Tutto ciò dimostra che tu, miserabile, avresti la volontà di ingannare ma non ne hai la capacità.
XII
41. «Scegliamo che il principe degli Apostoli e i suoi vicari siano nostri sicuri patroni presso Dio. E per quanto è nella nostra terrena imperiale potenza, abbiamo deciso di onorare con debita venerazione la sacrosanta chiesa di Roma ed esaltare gloriosamente la sede sacra di san Pietro più del nostro impero e del trono terreno; perciò al papa assegniamo ogni potere, gloria e dignità, forza e onori imperiali».
Rivivi per un po’, o Firmiano Lattanzio, ed opponiti a quest’asino che raglia così sonoramente. Gli piace tanto il rumore di parole gonfie da ripeterle e compiacersi di ridire quello che or ora ha detto. In questo modo parlavano ai tuoi tempi gli scribi imperiali, per non dire i mozzi di stalla? Scelse Costantino i papi non come patroni, ma «che fossero patroni»: il compilatore ha interposto quel che fossero solo per rendere più artificiosa la cadenza. Bel criterio quello di scrivere male solo perché il periodo corra più armonioso, se pure in tanta scabrezza di stile vi può essere qualcosa di armonioso. «Eligentes principem apostolorum vel eius vicarios»: non scegli Pietro e poi i suoi vicari, ma o l’uno, escludendo gli altri, o gli altri, escludendo lui. Chiama i papi vicari di Pietro come se Pietro viva e gli altri papi siano di dignità inferiore a quella di Pietro.
42. Non è barbara anche l’espressione: «a nobis nostroque imperio» come se l’impero abbia l’animo e il potere di concedere qualcosa? Né gli bastò dire obtineant, ma aggiunge anche «concessum» come se fosse altra cosa. Quanto è elegante «firmos patronos». Li vuole firmos per paura che non si lascino corrompere dal danaro e cedano per paura. E quel «imperialis terrena potentia » due aggettivi senza copula e quel «veneranter honorare » e quel «nostrae imperialis serenitatis mansuetudo». Puzza troppo di eloquenza lattanziana il dire, quando si tratta della potenza dell’impero, «serenitas» e «mansuetudo », non «amplitudo» e «maiestas». è gonfio e superbioso anche quando dice: «gloriose exaltare per gloriam et dignitatem et vigorem et honorificentiam imperialem» passo che sembra tolto dall’Apocalisse ove è detto: «L’agnello che fu ucciso è degno di ricevere virtutem et dignitatem et sapientiam et fortitudinem et honorem et benedictionem ». Frequentemente, come più avanti sarà chiaro, si immagina che Costantino si attribuisca titoli che sono di Dio e voglia imitare il linguaggio della Sacra Scrittura che non aveva mai letta.
XXVIII
95. Affermo con ogni forza non solo che Costantino non fece sì larga donazione, non solo che il romano pontefice non beneficia della prescrizione, ma anche che, se pure l’uno donò e l’altro beneficia della prescrizione, tuttavia i due diritti sono estinti per i delitti dei possessori, quando vediamo che da un sol fonte sono scaturite la rovina e la distruzione di tutta l’Italia e di molte province. Se è amaro il fonte, lo sarà anche il fiume; se immonda è la radice, anche i rami saranno immondi; se le primizie non sono sante non è santa la massa. Così, per antitesi, se il fiume è amaro, bisogna ostruirne il fonte; se i rami sono immondi, nella radice è l’origine del male, se la massa non è santa, anche le sue primizie sono da rigettare. Potremmo noi ammettere come legale l’origine della potenza papale, che vediamo essere causa di tanti delitti e di tanti mali di ogni genere?
96. Io posso ben dire e gridare ad alta voce (non ho paura degli uomini, protetto come sono da Dio) che ai miei giorni non vi è stato sommo pontefice che abbia amministrato con fedeltà e saggezza. Furono tanto lontani dal dare il pane di Dio alla famiglia dei loro sudditi, che anzi li farebbero sbranare come pezzi di pane. Il papa, proprio lui, porta guerre a popoli tranquilli; semina discordie tra le città e i principi; il papa ha sete delle ricchezze altrui, e, al contrario, succhia fino in fondo le sue stesse ricchezze; egli è come Achille dice di Agamennone Demoboros basileus, cioè «re divoratore dei popoli». Il papa fa mercato non solo dello Stato, ciò che non oserebbe né Verre né Catilina, né alcun altro reo di peculato, ma mercanteggia perfino le cose della Chiesa e lo stesso Spirito Santo! Perfino a Simon Mago desterebbe esecrazione! E quando ciò viene avvertito e anche rimproverato da galantuomini, non nega, ma sfacciatamente l’ammette e se ne gloria: afferma che gli è lecito strappare in qualsivoglia modo dalle mani degli occupanti il patrimonio della Chiesa donato da Costantino, come se da quel riacquisto la religione cristiana sia per trarre maggiore felicità e non piuttosto maggior peso di peccati, di mollezza, di passioni, se pure è possibile che la Chiesa sia più gravata di tali mali di quanto non lo è già e se vi è più posto per scelleratezze.
97. Per riavere le altre parti donate, sperpera le ricchezze mal tolte ai buoni, paga truppe a cavallo e a piedi, che fanno tanto male dappertutto, mentre Cristo muore affamato e nudo in migliaia e migliaia di poveri. E non si rende conto (o indegnità!) che mentre egli si affanna a strappare ai principi secolari i loro beni, questi a loro volta sono spinti a strappare agli ecclesiastici i loro beni o dal cattivo esempio o dalla necessità (talvolta non c’è neppure vera necessità).
XXIX
98. Non c’è più religione; nessuna cosa più è santa; non vi è più timore di Dio: ho orrore a dirlo, ma tutti i malvagi scusano i loro delitti con l’esempio del papa. In lui e nei suoi satelliti è ogni esempio di delitti: possiamo ben dire con Isaia e Paolo contro il papa e i suoi: «Per causa vostra è bestemmiato il nome di Dio tra i popoli». Voi che ammaestrate gli altri, non ammaestrate voi stessi; voi che predicate non doversi rubare, fate rapine; voi che maledite gli idoli, commettete sacrilegi; voi che ponete la vostra gloria nella legge e nel pontificato, trasgredendo la Legge voi non onorate più Dio che è l’unico vero pontefice. Se il popolo roman
o perdette per l’eccesso dei beni la sua vera gloriosa romanità, se Salomone per la stessa causa, abbandonandosi ad amori carnali, cadde nell’idolatria, non dobbiamo credere che avverrà lo stesso nel sommo pontefice e negli altri sacerdoti?
99. Insomma, possiamo noi credere che Dio avrebbe permesso che Silvestro accettasse materia di peccato? Non permetterò che si faccia questo oltraggio alla memoria di un santissimo uomo, non permetterò che si insulti un ottimo papa, dicendo che egli accettasse imperi, regni, province, alle quali sogliono rinunziare quelli che vogliono entrare nella Chiesa. Pochi furono i beni che possedé Silvestro; pochi furono quelli degli altri sommi pontefici, il cui aspetto era sacrosanto anche ai nemici come quel san Leone, che atterrì l’animo truce del re barbaro (Attila) e piegò chi la forza di Roma non aveva potuto né toccare né spezzare. Ma gli ultimi papi, ricchi e affogati nei piaceri, sembrano non mirare ad altro che ad essere empi e stolti tanto quanto santi e saggi furono gli antichi pontefici. Quale cristiano potrebbe sopportare ciò con tranquillità?
100. In questa mia prima orazione non voglio ancora spingere i principi e i popoli ad arrestare il papa precipitante a corsa sfrenata e a costringerlo a star buono nella sua sfera di azione, ma solo vorrei indurli ad ammonire il papa che, forse, già ritrovata da sé la via della verità, attraverso essa se ne torni a casa sua lasciando l’altrui e ripari nel porto, lontano dalle onde di dissennati pensieri e dalle tempeste furiose. Ma se egli ricusa (di seguire la via della verità) mi preparerò ad una seconda orazione molto più aspra. Possa io una buona volta vedere il papa fare solo il vicario di Cristo e non anche dell’imperatore: nulla mi pesa più che l’attendere ciò, specialmente perché spero che avvenga per i miei scritti. Che non ci giunga più l’eco di orribili voci: fazioni ecclesiastiche, fazioni contrarie alla Chiesa; la Chiesa combatte contro i perugini o contro i bolognesi. Non è la Chiesa che combatte contro i cristiani ma il papa; la Chiesa combatte gli spiriti del male nel cielo. Allora il papa sarà chiamato e sarà realmente padre santo, padre di tutti, padre della Chiesa; non susciterà guerre tra i cristiani, ma con apostoliche censure e con la maestà del papato spegnerà le guerre provocate da altri."
" Il lavaggio del cervello inizia dalla culla "
Arthur Koestner
Laurentius Vallensis: 600 anni dopo la piu grande truffa della storia nulla è cambiato.
Nel 1440, durante il pontificato di Eugenio IV, scrisse un breve testo (pubblicato solo nel 1517), il De falso credita et ementita Constantini donatione. In esso Valla, con argomentazioni storiche e filologiche, dimostrò la falsità della Donazione di Costantino, documento apocrifo in base al quale la Chiesa giustificava la propria aspirazione al potere temporale: secondo questo documento, infatti, sarebbe stato lo stesso imperatore Costantino, trasferendo la sede dell'impero a Costantinopoli, a lasciare alla Chiesa il restante territorio dell'Impero romano (oggi si sa che la dimostrazione del Valla era giusta e che si tratta di uno scritto dell'VIII secolo o IX secolo).
Egli dimostrò che, anche la lettera ad Abgar V attribuita a Gesù era un falso e, sollevando dubbi sull'autenticità di altri documenti spurii e ponendo in discussione l'utilità della vita monastica e mettendone in luce anche l'ipocrisia nel De professione religiosorum ("La professione dei religiosi"), egli suscitò l'ira delle alte gerarchie ecclesiastiche. Fu obbligato, pertanto, a comparire davanti al tribunale dell'Inquisizione, alle cui accuse riuscì a sottrarsi soltanto grazie all'intervento del re Alfonso.
Nel 1444 visitò nuovamente Roma, dove i suoi avversari erano ancora molti e potenti. Riuscì a salvarsi da morte certa travestendosi e fuggendo a Barcellona, da dove fece poi ritorno a Napoli.
Sempre nel 1444 vengono divulgati gli Elegantiarum libri sex (i sei libri sull'"eleganza" della lingua latina), pubblicati però postumi nel 1471. L'opera raccoglie una serie straordinaria di passi desunti dai più celebri scrittori latini (Publio Virgilio Marone, Cicerone, Livio), dallo studio dei quali, sostiene Valla, occorre codificare i canoni linguistici, stilistici e retorici della lingua latina. Il testo costituì la base scientifica del movimento umanista impegnato a riformare il latino cristiano sullo stile ciceroniano.
Ma non perse nemmeno in Vaticano il suo spirito caustico e iniziò a ridicolizzare nel 1449 il latino della Vulgata, facendo confronti con l'originale greco e sminuendo il ruolo di traduttore di San Girolamo; accusò persino Sant'Agostino di eresia e giudicò spuria la corrispondenza tra Seneca e San Paolo.
De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio
piccolo estratto:
"37. Ma io voglio portare davanti ai giudici, anche se non gli piace, codesto falsario, veramente paglia non frumento. Che puoi dire, o falsario? Come mai non leggiamo codesto privilegio nei Gesta di Silvestro? Debbo ritenere che questo libro sia raro, difficile a trovarsi e non si diffonda per le mani di tutti, ma sia segreto come i Fasti tenuti una volta dai pontefici e i Libri Sibillini tenuti dai decemviri. Forse è scritto in lingua greca, siriaca o caldaica. Ma Gelasio afferma che era letto da molti cattolici e Jacopo da Varagine ne parla. Io stesso ne ho viste copie anche antiche, e in ogni chiesa cattedrale si leggono i Gesta nel giorno festivo di san Silvestro: nessuno tuttavia può dire di avervi letto o di aver udito quello che tu vi immagini scritto. Ma forse vi è qualche altra storia? Quale sarà? Non ne conosco altre e non credo che tu voglia parlare di altra. Certo tu intendi proprio di quella che Gelasio riferisce solersi leggere in molte chiese. Ma in questa non troviamo il tuo privilegio e se non vi si trova, che cosa hai mai letto tu? Come ti permetti di prenderci in giro in cose tanto serie e favorire le stolte bramosie di gente sciocca? Ma sono stolto io che attacco l’audacia di costoro e non piuttosto la pazzia di chi loro credette. Se si dicesse che di questa donazione si conserva il ricordo presso i greci, gli ebrei e i barbari stessi, non si chiederebbe subito di dire l’autorità di chi l’ha narrata, di mostrare il codice che contiene il racconto? Ora si parla di un atto scritto nella lingua vostra, di un codice diffusissimo e voi non sottoponete a critica un fatto così incredibile e, per giunta, arrivate alla supina credulità che, non rinvenendone il testo scritto, accettiate quello che vi dicono come se fosse scritto e vero. Contenti di tal titolo di possesso mettete in soqquadro terre e mari e, come se non vi fossero dubbi sui vostri diritti, perseguitate col terrore di guerre e con altre minacce quelli che non credono alle vostre parole. O buon Gesù, quale è la forza della verità e quale la sua divinità! essa si difende di per sé senza grandi sforzi da ogni inganno e bugia, così che non a torto, discutendosi davanti a Dario quale fosse la cosa più forte e dicendo uno questo, un altro quello, fu data la palma alla verità. Ma, poiché io ora discuto con sacerdoti, non con laici, è meglio che trovi gli esempi nella storia ecclesiastica più che nella civile
XI
38. Lo stolto chiama privilegio la carta della donazione.
Chiami privilegio – voglio dirgliene quattro come se mi fosse davanti – la donazione della terra e pretendi che essa sia scritta su un foglio di carta e che Costantino abbia scritto in codesta lingua? Se è assurdo il solo titolo quale non sarà il resto?
«L’imperatore Costantino tre giorni dopo il battesimo diede un privilegio al pontefice della Chiesa di Roma, per cui in tutto il mondo romano i sacerdoti abbiano lui come unico capo così come i giudici hanno a capo il re».
Ciò si legge nella storia di Silvestro. Già da ciò fa capire il privilegio dove sia stato redatto. Ma come sogliono fare i falsificatori incomincia col dire cose vere per conciliare credito al falso che segue. Come Sinone in Virgilio: «Tutto sarà vero, o re, ciò che ti dirò e non negherò di essere greco»; così incominciò, poi fece seguire tutte bugie. Così ora il nostro Sinone comincia dal vero e continua col falso. Nel suo privilegio si legge tra l’altro: «Giudicammo utile con tutti i nostri satrapi e tutto il senato, gli ottimati e tutto il popolo romano sottoposto alla Chiesa romana che, come san Pietro appare stabilito vicario di Dio sulla terra, così i pontefici ottengano, concessa da noi e dal nostro impero, il vicariato del principe degli apostoli e un potere sovrano molto più ampio di quello che è concesso alla mansuetudine della nostra imperiale terrena serenità».
39. O scellerato e malvagio, la stessa storia che tu citi a testimonianza, narra che per molto tempo nessun senatore volle accogliere la religione cristiana e che Costantino sollecitasse i poveri al battesimo con dei premi. Ed ora tu osi dire che nei primi giorni consecutivi al battesimo il senato, gli ottimati, i satrapi, divenuti quasi tutti cristiani abbiano preso con l’imperatore la decisione di onorare la Chiesa di Roma. Che c’entrano i satrapi? o (gente) dura come pietre e come legno! Così parlano i Cesari? Così si concepiscono i decreti romani? Chi ha sentito mai parlare di satrapi nelle assemblee dei romani? Non ricordo di aver letto mai di satrapi non solo a Roma, ma neppure nelle province romane. Ma costui li chiama satrapi dell’imperatore e li antepone al senato, mentre tutti gli onori, anche quelli che si danno all’imperatore, vengono stabiliti dal senato o dal popolo romano insieme al senato. Perciò nelle più antiche epigrafi o su marmo o su bronzo o sulle monete vediamo impresse due lettere S. C., cioè senatusconsulto o quattro S. P. Q. R. cioè senato e popolo romano. E, come ricorda Tertulliano, avendo Ponzio Pilato scritto dei miracoli di Cristo a Tiberio non al senato, mentre solevano i magistrati scrivere direttamente al senato, intorno ad argomenti straordinari, il senato non sopportò ciò e si oppose a Tiberio che presentava la proposta di legge di venerare Cristo come Dio, solo per l’indignazione, quantunque non espressa apertamente, che fosse stata offesa la dignità del senato. Ottenne così l’autorità del senato che Gesù non fosse onorato come Dio. Sappilo bene!
40. Perché parli degli ottima
ti? o intendi dire i principali uomini dello Stato: e allora perché si parla di loro e si tace degli altri magistrati? o intendi quelli che non sono demagoghi ansiosi di procacciarsi il favore del popolo, ma sono i migliori cittadini, seguaci del partito dell’ordine e suoi difensori, come Cicerone spiega in un’orazione. Perciò diciamo che Cesare prima che distruggesse la repubblica fu popolare (democratico), Catone fu invece degli ottimati: Sallustio spiegò la loro differenza. Ma non sono scelti a deliberare codesti ottimati più di quanto non lo siano i democratici o altri uomini in vista.
Ma a che meravigliarci che siano stati interrogati gli ottimati, quando, a stare a sentire il falsificatore, tutto il popolo deliberò con l’imperatore? Il popolo soggetto alla Chiesa romana: quale popolo mai? il romano? Perché non lo si chiama semplicemente popolo romano anziché popolo soggetto? Che nuova specie di oltraggio è questo contro i quiriti dei quali il più grande dei poeti espresse questo elogio: «Ricordati di governare le genti, o popolo romano»? Questo popolo che governa gli altri è detto popolo soggetto: cosa inaudita. Come in molte lettere attesta Gregorio, gli imperatori romani differiscono dagli altri re perché essi soli sono a capo di un popolo libero. Ma sia pure come tu vuoi.
Forse gli altri popoli non sono sottoposti alla Chiesa? o parli anche degli altri? Come poté avvenire in tre giorni che tutti i popoli sottomessi all’impero della Chiesa romana si trovassero presenti alla promulgazione di quel decreto? Pertanto era chiamata a giudicare anche la feccia del popolo? Costantino, prima che sottomettesse il popolo al pontefice romano, come poteva chiamarlo soggetto? E come è possibile che quelli che son detti sudditi siano partecipi alla compilazione della legge? Come è possibile dire che essi abbiano deliberato di diventar sudditi del papa e che già quel papa, al quale ora in forza del loro decreto soggiacciono, li abbia già come suoi sudditi? Tutto ciò dimostra che tu, miserabile, avresti la volontà di ingannare ma non ne hai la capacità.XII
41. «Scegliamo che il principe degli Apostoli e i suoi vicari siano nostri sicuri patroni presso Dio. E per quanto è nella nostra terrena imperiale potenza, abbiamo deciso di onorare con debita venerazione la sacrosanta chiesa di Roma ed esaltare gloriosamente la sede sacra di san Pietro più del nostro impero e del trono terreno; perciò al papa assegniamo ogni potere, gloria e dignità, forza e onori imperiali».
Rivivi per un po’, o Firmiano Lattanzio, ed opponiti a quest’asino che raglia così sonoramente. Gli piace tanto il rumore di parole gonfie da ripeterle e compiacersi di ridire quello che or ora ha detto. In questo modo parlavano ai tuoi tempi gli scribi imperiali, per non dire i mozzi di stalla? Scelse Costantino i papi non come patroni, ma «che fossero patroni»: il compilatore ha interposto quel che fossero solo per rendere più artificiosa la cadenza. Bel criterio quello di scrivere male solo perché il periodo corra più armonioso, se pure in tanta scabrezza di stile vi può essere qualcosa di armonioso. «Eligentes principem apostolorum vel eius vicarios»: non scegli Pietro e poi i suoi vicari, ma o l’uno, escludendo gli altri, o gli altri, escludendo lui. Chiama i papi vicari di Pietro come se Pietro viva e gli altri papi siano di dignità inferiore a quella di Pietro.
42. Non è barbara anche l’espressione: «a nobis nostroque imperio» come se l’impero abbia l’animo e il potere di concedere qualcosa? Né gli bastò dire obtineant, ma aggiunge anche «concessum» come se fosse altra cosa. Quanto è elegante «firmos patronos». Li vuole firmos per paura che non si lascino corrompere dal danaro e cedano per paura. E quel «imperialis terrena potentia » due aggettivi senza copula e quel «veneranter honorare » e quel «nostrae imperialis serenitatis mansuetudo». Puzza troppo di eloquenza lattanziana il dire, quando si tratta della potenza dell’impero, «serenitas» e «mansuetudo », non «amplitudo» e «maiestas». è gonfio e superbioso anche quando dice: «gloriose exaltare per gloriam et dignitatem et vigorem et honorificentiam imperialem» passo che sembra tolto dall’Apocalisse ove è detto: «L’agnello che fu ucciso è degno di ricevere virtutem et dignitatem et sapientiam et fortitudinem et honorem et benedictionem ». Frequentemente, come più avanti sarà chiaro, si immagina che Costantino si attribuisca titoli che sono di Dio e voglia imitare il linguaggio della Sacra Scrittura che non aveva mai letta.XXVIII
95. Affermo con ogni forza non solo che Costantino non fece sì larga donazione, non solo che il romano pontefice non beneficia della prescrizione, ma anche che, se pure l’uno donò e l’altro beneficia della prescrizione, tuttavia i due diritti sono estinti per i delitti dei possessori, quando vediamo che da un sol fonte sono scaturite la rovina e la distruzione di tutta l’Italia e di molte province. Se è amaro il fonte, lo sarà anche il fiume; se immonda è la radice, anche i rami saranno immondi; se le primizie non sono sante non è santa la massa. Così, per antitesi, se il fiume è amaro, bisogna ostruirne il fonte; se i rami sono immondi, nella radice è l’origine del male, se la massa non è santa, anche le sue primizie sono da rigettare. Potremmo noi ammettere come legale l’origine della potenza papale, che vediamo essere causa di tanti delitti e di tanti mali di ogni genere?
96. Io posso ben dire e gridare ad alta voce (non ho paura degli uomini, protetto come sono da Dio) che ai miei giorni non vi è stato sommo pontefice che abbia amministrato con fedeltà e saggezza. Furono tanto lontani dal dare il pane di Dio alla famiglia dei loro sudditi, che anzi li farebbero sbranare come pezzi di pane. Il papa, proprio lui, porta guerre a popoli tranquilli; semina discordie tra le città e i principi; il papa ha sete delle ricchezze altrui, e, al contrario, succhia fino in fondo le sue stesse ricchezze; egli è come Achille dice di Agamennone Demoboros basileus, cioè «re divoratore dei popoli». Il papa fa mercato non solo dello Stato, ciò che non oserebbe né Verre né Catilina, né alcun altro reo di peculato, ma mercanteggia perfino le cose della Chiesa e lo stesso Spirito Santo! Perfino a Simon Mago desterebbe esecrazione! E quando ciò viene avvertito e anche rimproverato da galantuomini, non nega, ma sfacciatamente l’ammette e se ne gloria: afferma che gli è lecito strappare in qualsivoglia modo dalle mani degli occupanti il patrimonio della Chiesa donato da Costantino, come se da quel riacquisto la religione cristiana sia per trarre maggiore felicità e non piuttosto maggior peso di peccati, di mollezza, di passioni, se pure è possibile che la Chiesa sia più gravata di tali mali di quanto non lo è già e se vi è più posto per scelleratezze.
97. Per riavere le altre parti donate, sperpera le ricchezze mal tolte ai buoni, paga truppe a cavallo e a piedi, che fanno tanto male dappertutto, mentre Cristo muore affamato e nudo in migliaia e migliaia di poveri. E non si rende conto (o indegnità!) che mentre egli si affanna a strappare ai principi secolari i loro beni, questi a loro volta sono spinti a strappare agli ecclesiastici i loro beni o dal cattivo esempio o dalla necessità (talvolta non c’è neppure vera necessità).XXIX
98. Non c’è più religione; nessuna cosa più è santa; non vi è più timore di Dio: ho orrore a dirlo, ma tutti i malvagi scusano i loro delitti con l’esempio del papa. In lui e nei suoi satelliti è ogni esempio di delitti: possiamo ben dire con Isaia e Paolo contro il papa e i suoi: «Per causa vostra è bestemmiato il nome di Dio tra i popoli». Voi che ammaestrate gli altri, non ammaestrate voi stessi; voi che predicate non doversi rubare, fate rapine; voi che maledite gli idoli, commettete sacrilegi; voi che ponete la vostra gloria nella legge e nel pontificato, trasgredendo la Legge voi non onorate più Dio che è l’unico vero pontefice. Se il
popolo romano perdette per l’eccesso dei beni la sua vera gloriosa romanità, se Salomone per la stessa causa, abbandonandosi ad amori carnali, cadde nell’idolatria, non dobbiamo credere che avverrà lo stesso nel sommo pontefice e negli altri sacerdoti?
99. Insomma, possiamo noi credere che Dio avrebbe permesso che Silvestro accettasse materia di peccato? Non permetterò che si faccia questo oltraggio alla memoria di un santissimo uomo, non permetterò che si insulti un ottimo papa, dicendo che egli accettasse imperi, regni, province, alle quali sogliono rinunziare quelli che vogliono entrare nella Chiesa. Pochi furono i beni che possedé Silvestro; pochi furono quelli degli altri sommi pontefici, il cui aspetto era sacrosanto anche ai nemici come quel san Leone, che atterrì l’animo truce del re barbaro (Attila) e piegò chi la forza di Roma non aveva potuto né toccare né spezzare. Ma gli ultimi papi, ricchi e affogati nei piaceri, sembrano non mirare ad altro che ad essere empi e stolti tanto quanto santi e saggi furono gli antichi pontefici. Quale cristiano potrebbe sopportare ciò con tranquillità?
100. In questa mia prima orazione non voglio ancora spingere i principi e i popoli ad arrestare il papa precipitante a corsa sfrenata e a costringerlo a star buono nella sua sfera di azione, ma solo vorrei indurli ad ammonire il papa che, forse, già ritrovata da sé la via della verità, attraverso essa se ne torni a casa sua lasciando l’altrui e ripari nel porto, lontano dalle onde di dissennati pensieri e dalle tempeste furiose. Ma se egli ricusa (di seguire la via della verità) mi preparerò ad una seconda orazione molto più aspra. Possa io una buona volta vedere il papa fare solo il vicario di Cristo e non anche dell’imperatore: nulla mi pesa più che l’attendere ciò, specialmente perché spero che avvenga per i miei scritti. Che non ci giunga più l’eco di orribili voci: fazioni ecclesiastiche, fazioni contrarie alla Chiesa; la Chiesa combatte contro i perugini o contro i bolognesi. Non è la Chiesa che combatte contro i cristiani ma il papa; la Chiesa combatte gli spiriti del male nel cielo. Allora il papa sarà chiamato e sarà realmente padre santo, padre di tutti, padre della Chiesa; non susciterà guerre tra i cristiani, ma con apostoliche censure e con la maestà del papato spegnerà le guerre provocate da altri."" Il lavaggio del cervello inizia dalla culla "
Arthur Koestner
I cristicoli ( ora chiamati anche greggi ) non lo crederanno mai ( o fanno finta di non sapere ).
Ma va la, che lo sanno anche tutti i bimbi delle elementari. A scuola si studia sia la falsa donazione di Costantino sia la vera donazione del castello di Sutri.
Magari invece ci sono i somari che a scuola non studiavano e pensano di fare da adulti la scoperta del secolo!
Lo IOR sta ancora riciclando i soldi al nero della Fabbrica di S.Pietro; Calvi c'ha lasciato le penne per quello.
Nulla di nuovo. Questa è una viscenda saputa e strarisaputa e studiata da secoli. Forse l'autore è stato assente alle lezioni di storia quando era studentello.
Nulla di nuovo. Questa è una viscenda saputa e strarisaputa e studiata da secoli. Forse l'autore è stato assente alle lezioni di storia quando era studentello.
Si, vabbé, anche " In hoc signo vinces " si parlava della croce ? :-)...