Giappone, sconfitta elettorale per Abe a Okinawa, ma il premier accelera per le elezioni anticipate
Dal nostro corrispondente Stefano Carrer16 novembre 2014
Tokyo – Il premier giapponese Shinzo Abe si appresta a convocare elezioni generali anticipate per prolungare il suo mandato, ma intanto il suo partito incassa una sonora sconfitta elettorale a Okinawa, dove l'esito del voto è destinato a irritare anche gli Stati Uniti.
Il nuovo governatore dell'isola dove si concentra più della metà dei circa 47mila soldati Usa di stanza in Giappone sarà Takeshi Onaga, ex sindaco di Naha, che ha sconfitto nel voto di domenica 16 novembre il governatore uscente Hirokazu Nakaima, appoggiato da Abe. Onaga si oppone ai piani concordati tra governo centrale e Washington per un riassetto del dispositivo militare americano nell'isola, che contemplano la costruzione di un nuovo aeroporto per i Marines a Henoko (in cambio della chiusura dell'attuale base di Futenma). Nakaima si era fatto convincere da Abe nel dicembre scorso ad accettare la promessa di sussidi annuali per circa 300 miliardi di yen per l'isola in cambio del via libera alla nuova base dei Marines. Ma la sua “svolta” non era piaciuta a molti cittadini di Okinawa, che alle urne l'hanno punito scegliendo l'alternativa Onaga (un tempo sostenitore dello stesso Nakaima, gli si è rivoltato contro proprio per i dissensi su Henoko: chiede che la nuova base dei Marines sia fuori Okinawa).
I piani per la ridislocazione dei Marines a Okinawa risalgono al lontano 1996, ma in concreto sono stati fatti pochi progressi. Tutto era partito dall'esigenza di ridurre le servitù militari e di chiudere Futenma, base che si trova ormai in mezzo alle abitazioni e costituisce un pericolo per i civili. Il Pentagono aveva accettato di trasferire a Guam parecchie migliaia di Marines e di chiudere Futenma, ma a condizione di poter usufruire di un altro aeroporto di nuova costruzione. Ora si profila un braccio di ferro tra governo centrale e governatore di Okinawa, un contrasto che pare destinato a ritardare ulteriormente l'attuazione dei piani concordati tra Tokyo e Washington.
A margine del G20 in Australia e poche ore prima del termine delle operazioni di voto a Okinawa, Abe si è incontrato con il presidente Usa Barack Obama: i due leader hanno concordato di rafforzare la cooperazione nel campo della sicurezza per assicurare la stabilità nella regione Asia-Pacifico. Abe ha ribadito la sua volontà di “promuovere il riallineamento delle forze armate Usa in Giappone”, anche attraverso una riduzione degli oneri per la popolazione civile di Okinawa. Ma il verdetto dei cittadini dell'isola meridionale è stato chiaro: sì a minori oneri militari e quindi no alla costruzione di una nuova base. Abe e Obama hanno poi incontrato insieme il premier australiano Tony Abbott per una “trilaterale” in cui hanno espresso l'impegno comune ad approfondire le relazioni reciproche per assicurare un futuro stabile e prosperoso per la regione Asia-Pacifico.
Benché questa sconfitta elettorale sia un grattacapo per Abe (sia in politica interna sia in politica estera), non dovrebbe influire sulla decisione che tutti danno per già presa della convocazione di elezioni anticipate per la Camera Bassa il 14 dicembre, nel quadro di un'altra importante decisione: quella di rinviare di un anno e mezzo (rispetto alla data prevista dell'ottobre 2015) il nuovo rialzo dell'Iva al 10 per cento. Lunedi' 17 novembre saranno resi noti i dati preliminari sul Prodotto interno lordo giapponese del terzo trimestre, che si preannunciano in recupero molto modesto rispetto al crollo annualizzato del 7,1% registrato nel secondo trimestre dopo il rialzo dell'Iva dal 5 all'8% scattato il primo aprile scorso. Abe utilizzerà l'argomento di una economia ancora troppo indebolita dal precedente incremento della pressione fiscale indiretta per giustificare il rinvio del nuovo aumento dell'Iva: decisione che disattende i piani di consolidamento fiscale approvati nel 2012 in modo “bipartisan” con l'opposizione. E chiederà un nuovo mandato agli elettori in un momento in cui l'opposizione è ancora frammentata e debole.