Ma la situazione continua a deteriorarsi e, in prospettiva, non si intravede un’inversione di tendenza. Secondo il rapporto, un quarto del suolo europeo è a rischio di erosione idrica e circa un terzo dei terreni agricoli è improduttivo o quasi. Dati che, come sottolineato dal documento, mostrano uno «stato e tendenze allarmanti, con il degrado del suolo che è peggiorato significativamente negli ultimi anni» e che evidenziano la necessità di un’azione immediata per invertire tale tendenza. Secondo le recenti stime, l’erosione del suolo ammonterebbe a circa un miliardo di tonnellate l’anno (colpendo circa il 24% del totale), con un impatto diretto sulla produzione agricola e sugli squilibri ecologici. Inoltre, viene sottolineato come una delle pratiche più diffuse che contribuisce significativamente al fenomeno sia la lavorazione meccanica del terreno che, insieme all’erosione eolica causata dai venti e ad altre pratiche dannose – come la raccolta intensiva delle colture – potrebbe aggravare ulteriormente la situazione, portando l’erosione complessiva ad aumentare anche del 25% entro il 2050. Ciò si aggiungerebbe agli squilibri nutrizionali, anch’essi in aumento: il 74% dei terreni agricoli europei presenta carenze o eccessi di nutrienti che compromettono la fertilità e possono avere impatti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. Un esempio è l’aumento eccessivo di azoto nei suoli, mentre al contrario il carbonio organico – essenziale per mantenere il terreno fertile e produttivo – è in costante diminuzione: dal 2009 al 2018 se ne sarebbero perse circa 70 milioni di tonnellate. Anche le torbiere europee, che fungono da veri e propri “pozzi” di carbonio, stanno perdendo la loro funzione naturale: mentre in condizioni normali assorbono e immagazzinano grandi quantità di carbonio dall’atmosfera, se degradate possono trasformarsi da serbatoi in fonti di emissioni, ed è proprio quello che sta accadendo. Secondo i dati presentati, sono responsabili di circa il 5% delle emissioni totali di gas serra e il 50% di queste aree è gravemente compromesso.
Ma il rapporto non si è limitato ad analizzare solo i territori UE: anche in Ucraina, in Turchia e nei Balcani la situazione non risulta meno drammatica. In Ucraina, il conflitto ha provocato la degradazione di oltre 10 milioni di ettari di suolo, e il ripristino di questi territori potrebbe richiedere decenni o addirittura secoli. In Turchia, circa 1,5 milioni di ettari sono afflitti da problemi di salinità, i quali rendono il terreno meno produttivo e più vulnerabile all’erosione. Nei Balcani occidentali, invece, sono stati segnalati oltre 100 siti contaminati a causa di attività industriali e minerarie, sebbene la reale portata dell’inquinamento non sia ancora del tutto nota.
In conclusione, il rapporto denuncia che il suolo europeo – e non solo – sta peggiorando, e che quindi le azioni dovrebbero essere immediate, coordinate ed ambiziose per evitare che la situazione peggiori ulteriormente e per «garantire un futuro sostenibile per le generazioni a venire».
[di Roberto Demaio]
1 Novembre 2024 - 18:00