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afragola
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http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo.htm

Gli “uomini e le donne di buona volontà” si sono dati appuntamento ad Assisi lo stesso giorno in cui a Roma, altri uomini e altre donne - che già hanno fatto sentire la loro voce in decine di manifestazioni e azioni di solidarietà con la Palestina violentata e devastata dalle truppe genocide di Israele - marceranno idealmente accanto ai martiri dell'ennesima aggressione di uno stato violento e razzista che, da 60 anni, cerca di imporre il proprio dominio in una terra che non gli appartiene.
Abbiamo letto il loro appello, e abbiamo colto tutto l'orrore che queste anime candide - costruttori di pace - provano per i tanti (troppi) innocenti uccisi. E abbiamo sentito la loro determinazione nella condanna, netta, senza compromessi del responsabile di tali disumani misfatti : LA GUERRA.

Già. Da giorni uno degli eserciti più potenti del mondo si accanisce contro un affollato campo di concentramento (dopo averne affamato gli abitanti) … ma per i beoti sant'uomini che sfileranno ad Assisi non esistono i soldati che uccidono, gli aerei che bombardano, il fosforo che brucia, i muri e i reticolati che affamano. Esiste la guerra, la fame, l'ingiustizia. Astratti concetti contro i quali levare la propria autorevole e accorata voce.
Tutti sono uguali, aggressori e aggrediti, assassini e massacrati, tutti ugualmente colpevoli, tutti vittime di un fenomeno (la guerra) che non ha cause e soprattutto NON ha responsabili.

Parrebbe di leggere il compitino di un ragazzetto di scuola elementare … la pace è molto bella … la guerra, al contrario, molto brutta. Fermiano la guerra!
Ma si da il caso che coloro che hanno progettato e organizzato la manifestazione di Assisi – in contrapposizione alla manifestazione di Roma – non sono affatto scolaretti (e nemmeno beoti).
Sono politici, organizzatori sociali, preti, amministratori, giornalisti, uomini di cultura, gente che la storia l’ha studiata e la studia, gente che sa bene quali sono le forze in campo e i responsabili di tale carneficina.

E allora sorge il dubbio – se non la certezza – che i promotori dell'Appello “Dobbiamo fare la nostra scelta” (e chi si aggregherà al loro carrozzone) la scelta l’abbiano già fatta: quella di coprire ancora una volta le responsabilità storiche e attuali dello stato israeliano e della “comunità internazionale” che lo sostiene e lo appoggia, cercando di incanalare la crescente indignazione popolare e la condanna dell’opinione pubblica su obiettivi che hanno la stessa consistenza dei mulini a vento di donchisciottesca memoria.

La scelta, oggettivamente filoisraeliana, di nascondere la verità dietro sempre meno credibili cortine di fumo.

Boicottate i prodotti israeliani. Boicottate le manifestazioni degli utili idioti (che siano coscienti o meno di esserlo ha poca importanza!) che servono a garantire una sola pace: quella israeliana.

14 gennaio 2009

emmegi

Deportati

65 anni fa partiva da Roma il primo treno di deportati. Destinazione Dachau.
Erano 300 cittadini comuni presi a caso dalle affollate carceri di Regina Coeli: antifascisti, giovani che erano sfuggiti alla leva, comunisti, rom, anche qualche ebreo.
Ricordiamolo oggi, mentre nel campo di sterminio di Gaza si accumulano montagne di cadaveri. Nessuno ha il diritto di appropriarsi di quell'Olocausto e di farne alibi e scudo per le proprie nefandezze di oggi. Men che meno gli eredi di quel sionismo che coi nazisti trattava e che guardava con occhio benevolo e interessato la violenza antisemita che avrebbe "convinto" gli ebrei riluttanti a trasferirsi in Palestina. (1)
Una terra che apparteneva a un popolo nei confronti del quale è stata perpetrata la più crudele delle ingiustizie.
Ma così va il mondo. Non c'è diritto che tenga, non ci sono leggi che tutelino i popoli che l'imperialismo ha deciso di cancellare dalle cartine geografiche, non c'è giustizia e nemmeno organismi preposti a farla rispettare (la storia delle decine di sanzioni inflitte a Israele e mai applicate sta lì a dimostrare quanto conta la "comunità internazionale" e la sua legalità).

C'è una sola legge, quella del più forte.
E i bambini arabi è meglio ammazzarli da piccoli perché da grandi ci sono buone possibilità che pretendano di riavere indietro quello che ai loro nonni e ai loro padri è stato strappato con la violenza e il terrore: la casa, la terra, l'acqua, la libertà.
Nessuno vedrà in tv o sui giornali le immagini di quei corpi maciullati, e frotte di giornalisti ben pagati continueranno a vomitare menzogne sul diritto all'esistenza di uno stato che ha la stessa "dignità" del diritto all'esistenza dello stato hitleriano e del suo criminale progetto razzista di conquista del mondo da parte dell'ariano "popolo eletto".

C'è una sola legge, quella del più forte.
E' la lezione che impareranno i sopravvissuti di Gaza, e la lezione che dovremmo imparare tutti. Non si discute con un predone. Lo si combatte con ogni mezzo. E ogni mezzo - per un popolo occupato minacciato di genocidio - è giusto.
Siamo troppo vecchi, o troppo abituati al nostro comodo quotidiano, per andare lì - a Gaza - a combattere come fecero i nostri padri in una Spagna allora violentata e bruciata nell'indifferenza complice delle democrazie occidentali.
Ma abbiamo ancora voce per gridare tutto il nostro disgusto nei confronti di uno stato criminale e illegale la cui storia e costellata di furti e omicidi di massa.

Bruciare la bandiera di questi predoni è un crimine così barbaro da turbare la coscienza (!) bipartisan degli amici italiani dei nazi-sionisti?
Bene, continueremo a bruciarle, in faccia alle canaglie che ritengono che bruciare una famiglia palestinese è solo un effetto secondario del "diritto alla autodifesa" di un governo "democratico" a cui tutto è permesso.
In faccia a coloro che pensano che l'impunità per i potenti è garantita da armi sempre più sofisticate e più devastanti.
In faccia a coloro che, complici coscienti dell'aggressione, nascondono con le menzogne l'opera del macellai israeliani.
La loro colpa è più grave dell'ignavia di quelli che - a Dachau - videro i treni arrivare e voltarono lo sguardo da un'altra parte. Almeno loro se ne stettero zitti.

4 gennaio 2009

emmegi

note:

1. Mauro Manno - Antisemitismo e antisionismo


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