Jeffrey Epstein è stato trovato suicidato nella sua cella. La notizia fa il giro del mondo dato il clamore suscitato dal suo arresto.
Clamore legato non tanto al primo reato contestato, ovvero l’abuso di ragazze minorenni, perversione purtroppo alquanto diffusa quanto sottaciuta (eccetto quando riguarda la Chiesa), quanto per il secondo reato, ovvero il traffico delle suddette, legato a quello che appariva, a stare alle accuse, il suo vero lavoro, che era quello di metterle a disposizione di ricchi e potenti.
Epstein, il giocattolaio
Il miliardario era una sorta di giocattolaio di certe élite, alle quali non solo metteva a disposizione le ragazze, ma anche privée riservati, come l’isola di Saint Thomas o le sue più che lussuose residenze sparse in giro per il mondo.
Sui media sono usciti nomi importanti. Non solo Bill Clinton, che ha ammesso di aver viaggiato sui suoi aerei privati – negando ovviamente l’incontro con le ragazze -, ma anche altri molto più potenti, quei potenti tanto potenti che i media di sistema, per non rischiare di sbagliare, dovendo dar loro una connotazione, identificano come “benefattori”.
Un’attività che rendeva benissimo Un cenno alla natura della fortuna di Epstein lo si può trovare nel lungo articolo a lui dedicato, al tempo, da Vanity Fair, rivista non certo complottista, nel quale il miliardario si diceva non interessato ai modelli economici, ma piuttosto allo “stile di vita”.
Faceva feste, Epstein, nelle sue residenze, invitando il fior fiore dell’élite, relazionava VF, alle quali partecipavano molte ragazze giovani. Dalle quali alcuni, e non altri, uscivano “inorriditi”.
La morte dell’indagato arriva come una mazzata per l’inchiesta. Certo, come scrivono i media americani, c’è ancora la possibilità di proseguire le indagini, sia sul suo entourage che sulla sua rete finanziaria. Ma ora è tutto più arduo e fumoso.
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