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La soldatessa caduta che non commuove le femministe


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In memoria di Reem: la soldatessa caduta che non commuove le femministe

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Damasco, 28 ago – Nella piana di Al Ghab, nel nord-ovest della Siria, l’estate ha portato gli incendi roventi della guerra siriana. La pianura, lungo il corso del fiume Oronte, una volta terra insalubre e malarica, bonificata a partire dagli anni ’60, con una fitta rete di canali, dighe e sbarramenti, ha dato vita ad uno degli esempi più emblematici della Rivoluzione, nazionalista e socialista, attuata dal partito Ba’ath: la distribuzione di terra coltivabile ad oltre 11.000 famiglie di contadini siriani.

Oltre ad essere il fiore all’occhiello delle riforme a vantaggio del popolo e zona agricola tra le più produttive, modello di sviluppo economico del socialismo arabo, la piana di Al Ghab ha anche un importante valore strategico. Alle spalle della valle, lunga oltre 60 km, c’è la Montagna Alawita, il rhbastione orografico che lentamente degrada verso la costa e che nasconde nelle sue alture, coperte di vegetazione, il cuore della Siria.

Da qui, dalle decine di villaggi e cittadine, provengono le migliaia di giovani volontari, per lo più alawiti e cristiani, dell’esercito, impegnato dal 2011 nell’immane lotta contro gli 82 paesi che in tutto il mondo contribuiscono a foraggiare gli oltre 150.000 terroristi islamisti presenti in Siria.

Qui, a pochi chilometri di distanza, c’è Qardaha città natale degli Assad e poco più ad ovest, sulla costa, Latakia, il principale porto del paese, unico punto di collegamento e di rifornimento, con i suoi lunghi moli e con il suo attrezzato aeroporto, in mano al governo Assad. Centro nevralgico per la capacità di resistenza, passata e futura, del popolo siriano, giunto ormai abbondantemente nel suo quinto anno di guerra.

ASSY1E qui, le formazioni terroriste, agglomerato di sigle islamiste riunite sotto il nome di “Esercito della Conquista” (Jaish al-Fatah), di cui fa parte anche Al Qaeda in Siria (Jabhat al Nusra), hanno lanciato in primavera una grande offensiva, che ha portato prima alla caduta di Idlib, capuologo provinciale e poi di Jisr al Shoughur, città di accesso alla zona costiera.

Sulla piana di Al Ghab si combatte quindi una campagna di vitale importanza per i siriani, con modalità molto più simili ad una vera e propria guerra convenzionale, le formazioni islamiste sono infatti armate di tutto punto, con carri armati, mezzi blindati, lanciarazzi e missili anticarro, rifornite continuamente dalla Turchia, attraverso il confine che dista poche decine di chilometri e dalle armi e gli uomini della fantomatica quanto ridicola Divisione 30, messa in piedi dagli Stati Uniti per giustificare la tesi della presenza di “ribelli moderati” ma passata, una volta sul campo, armi e bagagli agli islamisti.

Qui, l’Esercito arabo siriano (Al-Jaish Al-Arabi Al-Souri) sta impegnando tutto il suo potenziale ASSY2convenzionale, in termini di uomini e mezzi, compresi i nuovi rifornimenti giunti alcuni giorni fa dalla Russia.

E sempre qui, accanto alle truppe speciali dell’esercito (Tiger Forces) sono impegnate in combattimento le unità femminili delle Forze di Difesa Nazionale (NDF), corpo volontario formato sui comitati popolari, nato nell’estate del 2012 e supervisionato dal comandante Qasem Suleimani, della Forza Quds iraniana, in persona. Sono oltre 1.000 le donne siriane arruolatesi volontarie nel corpo, altre ancora costituiscono i contingenti dell’Esercito e ancora altre formano il battaglione meccanizzato “Leonesse”, della Guardia Repubblicana, a difesa dei quartieri est della capitale, Damasco.

Qui, nella località di Ziyarah, è caduta in combattimento alcuni giorni fa, seguendo l’alto tributo di sangue di altre commilitoni, compreso quello di un Generale donna, Reem Hassan, giovane soldatessa, mentre con la sua unità d’assalto partecipava all’offensiva in corso contro le formazioni terroriste.

syria-female-comma_3242263kEppure non c’è spazio, nell’opinione pubblica mondiale, per l’impegno e per il sacrificio delle donne siriane nel difendere la Patria, una censura politica, quasi un contrappasso alle nostre tanto decantate “quote rosa”, che omette scientificamente il più ampio ruolo raggiunto dalle donne in Siria, rappresentato per l’appunto da soldatesse, imprenditrici, ministri, fino al più alto livello politico: il vice-presidente della Repubblica Araba di Siria, Najah al-Attar, è infatti una donna.

Più fortunate le “colleghe” curde, più simpatiche a cronache e rotocalchi e a disegni politici che, approfittando dell’ingenua superficialità di molti, offrono quel modello societario come unica alternativa, moderna e democratica, al terrore islamista.

Ma il popolo siriano, tutto, è consapevole della sua storia, delle sue conquiste e del suo enorme sacrificio non solo in questa guerra, perché è convinto che, riadattando un pensiero dell’Imam Ali ibn Abi Taleb (as), è nelle tribolazioni che è possibile conoscere l’essenza della propria patria.

Giovanni Feola


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