Il piatto piange, in Europa, come negli Stati Uniti. Grecia docet. In questa situazione ci si è imbarcati nell'impresa bellica in Libia facendo male i conti. In tutti i sensi. I promotori dell'intervento, la Gran Bretagna di Cameron e la Francia di Sarkozy, seguiti a ruota da Stati Uniti e altri paesi europei, compreso il nostro, con l'appoggio della Lega Araba (dopo il varo della risoluzione 1973 da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu), pensavano di mettere Gheddafi alle corde in tempi rapidi. Sono stati smentiti dai fatti. E ora si guarda, col mal di pancia, tanto alla bolletta, che ai bollettini di guerra. Nonostante i bombardamenti Nato quella vittoria che pareva dietro l'angolo non è finora arrivata. «I giorni di Gheddafi sono contati», ripete il segretario di Stato Usa Clinton. Ma il Colonnello è vivo e vegeto, mentre sono numerosi i fronti di guerra aperti tanto in Tripolitania, che in Cirenaica.
Barack Obama ha dichiarato che la guerra in Libia è costata finora 716 milioni di dollari. Si stima che entro la fine di questa settimana, a tre mesi dall'inizio dell'intervento internazionale, si arrivi a oltre un miliardo di dollari. Il Presidente americano è finito nei guai col Congresso a causa della campagna in Libia. Si è beccato una denuncia da parte di un gruppo bipartisan di deputati della Camera dei rappresentanti, per aver violato una legge, la "War powers resolution". In base a tale norma, prima di intervenire militarmente in Libia, Obama avrebbe dovuto ricevere l'autorizzazione del Congresso. Si da ora il caso che domenica prossima scadano i 90 giorni dall'invio delle truppe Usa in Nordafrica. In base alla stessa legge superato tale limite di tempo il paese è tecnicamente in guerra. In questo caso l'intervento va supportato da una dichiarazione di guerra, che non fa il Presidente, ma, appunto, il Congresso. Obama ha respinto le accuse dicendo di non aver violato la legge, dato che l'intervento, che seguiva una risoluzione Onu, era nelle sue prerogative. I soldati americani, è la difesa di Obama, non sono inoltre entrati in Libia.
Ora però la Camera dei rappresentanti ha detto «no» alla richiesta di nuovi fondi per continuare la missione. Forse questa stretta dei rubinetti Usa ha indotto il ministro della Difesa italiano Maroni, ad accorgersi che non è il caso di spendere danari per la guerra (o più probabilmente lo hanno fatto rinsavire le recenti batoste elettorali). In Gran Bretagna, mentre i dipendenti del settore pubblico preparano per il 30 giugno uno sciopero di massa, l'Ammiraglio della Corona, Mark Stanhope, comandante della Marina, dichiara che un impegno militare prolungato in Libia è «insostenibile» per il paese e che il governo dovrà «riesaminare le priorità» se la guerra proseguirà oltre 90 giorni. Anche il generale francese Stephane Abrial ha dichiarato che nonostante la Nato disponga di sufficienti risorse per l'intervento in Libia ,«se il conflitto dovesse prolungarsi la questione risorse diventerebbe critica». Basta fare due conti. Un'ora di volo di un caccia F15 o F16 costa circa 13 mila dollari, che è meno di quanto costa un italico Tornado, essendo quest'ultimo un "utensile" di vecchia generazione. I raid sulla Libia sono effettuati con almeno due aerei alla volta e durano almeno un'ora e mezza. Una elementare moltiplicazione suggerisce che la spesa, soprattutto a fronte di un'impresa fallimentare, è insostenibile. Dal punto di vista morale poi, è ancora peggio. Come ricorda il comunicato diffuso a Londra da Stop the War Coalition, tutte le iniziative che dall'inizio del conflitto proponevano soluzioni per un cessate il fuoco, avanzate dall'Unione Africana, il Sudafrica e la Russia, non sono neppure state prese in considerazione. Si è preferito invece optare per l'intervento militare, che ancora si protrae.
Se lo scopo della guerra in Libia era salvare vite umane, è chiaro che ha fallito. Fallimentare si rivelerà (lo si capisce ogni giorno che passa) la corsa a riconoscere il Cnt di Bengasi. Qualcuno ha capito chi rappresenta davvero? Pare francamente una forzatura affermare che sia interlocutore del popolo libico, che fino a prova contraria non lo ha eletto. A pensare male torna in mente la solita vecchia storia, il petrolio. Nessuno nega che Gheddafi sia un dittatore e che abbia commesso crimini orribili contro il suo popolo. Ma la missione Onu inviata dal Consiglio dei diritti umani di Ginevra che ha visitato la Libia, dice che i crimini li hanno commessi pure i ribelli.
Francesca Marretta
Fonte: www.liberazione.it
17.06.2011