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NON È (PIU’) UN PAESE PER GIOVANI


mystes
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L'anomalia sudamericana: una generazione senza voce. L’esempio dell’India

 

Il principe Luiz Philippe de Orleans e Bragança

Quanti giovani italiani disposti ad emigrare all’estero in cerca di lavoro e di opportunità per un futuro migliore sceglievano l’America del Sud come destinazione privilegiata? Le ragioni d una scelta come questa erano tante, parenti là già sistemati, affinità culturali e linguistiche ed infiniti altri motivi, dalle opportunità di lavoro a una vita libera serena e spensierata. Ebbene, dopo l’Argentina, una delle nazioni sudamericane dove si parla l’italiano senza essere la lingua ufficiale, anche il Brasile rischia di non essere più il paese del futuro per tanti giovani in cerca di nuove opportunità.

Le ragioni di ciò sono esclusivamente di carattere politico. La popolazione continua ad essere quella di sempre: simpatica, ospitale specialmente nei confronti di noi italiani, che vantiamo molti antenati emigrati fin da fine ‘800 in America Latina.

L’America del Sud, un collettivo di nazioni che sembrava essere maturo per essere governato da democrazie moderne, rischia di cadere nelle grinfie di una banda di opportunisti e di corrotti, quasi tutti schierati a sinistra e all’estrema sinistra. Sia ben chiaro: non intendo escludere dall’elenco dei ladri e dei mascalzoni anche gli uomini politici di destra. Diciamo che quando si tratta di arraffare denaro pubblico, il colore del partito e l’ideologia annegano fra le nebbie della val padana, se siamo in Italia o dell’Atlantico se siamo oltre-oceano.

Come sarà la politica estera di una grande nazione come il Brasile, ce lo spiega in questo articolo il principe ereditario di una delle monarchie più antiche d’Europa, discendente degli Imperatori del Brasile Pedro I e Pedro II e quindi discendente della famiglia imperiale portoghese dalla quale il Brasile aveva ottenuto l’indipendenza più di 500 anni fa: il principe Luiz Philippe de Orléans e Bragança.

La politica estera del Brasile – sostiene il principe -  è molto simile alla sua politica interna: una grande confusione.  In sei mesi, il governo ha cercato di rafforzare i legami con il blocco di Russia e Cina, cercando allo stesso tempo di accontentare Stati Uniti ed Europa. Ovviamente non ha funzionato, questi paesi possono essere tutto meno che ingenui ed hanno capito l’opportunismo politico di Lula.

Russia e Cina vorrebbero vedere un maggiore allineamento del Brasile con la loro posizione geo-politica, prima di sentirsi a proprio agio nel trattare il Brasile come protagonista in qualsiasi questione riguardante i BRICS o nella creazione di un nuovo ordine mondiale.  D'altra parte, i segnali lanciati da Lula di interrompere le buone relazioni che il Brasile ha con il Nord America e l'Europa non li hanno totalmente convinti e soddisfatti.  In realtà, ci sono stati diversi segnali di antagonismo in tutti i sensi: politici, economici e geopolitici e soprattutto numerose contraddizioni.  Forse perché il sig. Lula è capace di tutto: soprattutto di mentire se la menzogna è di suo interesse personale o del suo partito.

Errori politici: cercando di riaffermare l’amicizia con le dittature del Foro di San Paolo, come Nicaragua, Cuba e Venezuela, e di considerarli nello status di Paesi sovrani rispettabili, il Brasile rompe il consenso esistente tra la sinistra occidentale e i media del Nord America e dell'Europa che hanno simpatie sinistrorse ma che valutano questi Paesi come Stati falliti, guidati da criminali, senza alcun impegno nei confronti della popolazione. Per la sinistra globalista, ossia per la nuova sinistra, questi narco-dittatori offuscano la nuova immagine e ricordano il vecchio modello stalinista del XX secolo che considerano superato nell’era della tecnologia e di internet.  Infine la maggiore opposizione della nuova sinistra è che questi dittatori sono sempre inclini a limitare i piani globalisti in via di attuazione  nella regione.

Errori di politica economica: Lula ha parlato con spavalderia di abbandonare il dollaro come valuta di base per gli scambi internazionali. Il Brasile ha più di 300 miliardi di dollari di riserve, la maggior parte delle quali sono in dollari e in euro. Optare per altre valute in sostituzione del dollaro deteriorerebbe la capacità di scambio delle riserve e isolerebbe il Paese dal punto di vista commerciale: sarebbe una vera catastrofe per l’economia carioca.  Anche i Paesi che più dipendono dagli scambi commerciali con Cina e Russia non hanno ancora abbandonato completamente il dollaro. Il progetto è pericoloso e potrebbe certamente generare ritorsioni se non fosse previsto un lungo periodo di transizione. È più probabile che nessun'altra valuta sostituisca totalmente il dollaro, ma solo che ne aumenti la quota di riserve. È stato un discorso demagogico che è servito a far guadagnare le borse e ad agitare le relazioni politiche, dimostrando chiaramente che il Brasile non sa cosa sta facendo, non ha un progetto di politica economica lucido e a lungo termine.

Un altro progetto confuso e pericoloso in ambito economico è la creazione di una moneta comune e unica con i Paesi del Mercosul. Per tutti gli operatori del settore finanziario, si tratta di un'altra irresponsabile bravata che viene a destabilizzare la moneta brasiliana e a dimostrare che il governo non capisce nulla di economia. Per adottare una moneta comune, per facilitare gli scambi, così come per realizzare una completa integrazione monetaria, le precondizioni sono l'equilibrio fiscale e monetario.  Entrambe le condizioni non sono rispettate dai Paesi del Mercosur, il che indebolisce totalmente la proposta. La cosa peggiore è che il Brasile, invece di mantenere una politica fiscale equilibrata, ha deciso di aderire all'incompetenza dei suoi vicini (vedi Argentina, indebitata, fallita in completa bancarotta).

Cecità geopolitica: il Brasile ha diversi progetti di difesa e scambi tecnologici con gli Stati Uniti, per non parlare degli intensi scambi culturali e commerciali e ha tradito la fiducia di tutti i Paesi europei e si illude ancora infantilmente di stabilire accordi di libero scambio con loro.       

Cosa fare? Nello scontro tra la nuova sinistra globalista, guidata dai governi di Stati Uniti, Canada ed Europa, contro la vecchia sinistra stalinista, guidata soprattutto dalla Cina, non c'è molto spazio per i Paesi di fatto indipendenti e sovrani.

L'India è uno dei pochi Paesi che non è stato dominato da nessuno di questi blocchi, pur mantenendo buone relazioni politiche e commerciali con tutti loro. Tuttavia, per arrivare a negare l'influenza esterna e raggiungere la sovranità, il processo è lungo.

L'India ha investito molto nella difesa per diversi decenni, ha creato i propri protocolli Internet e bancari - per evitare ritorsioni simili a quelle subite dalla Russia - e ha liberalizzato diversi settori per permettere alla propria economia di crescere fino a diventare la quinta economia mondiale.  Inoltre, ha dato priorità alle proprie istituzioni e regole, anche se imperfette, nella decisione di definire le politiche pubbliche.

Per conquistare questa posizione, il Brasile dovrebbe, come minimo, adottare misure simili.

Il Brasile, senza un'effettiva potenza militare o un'economia forte e indipendente, è e sarà sempre una nullità nel duro gioco delle relazioni tra Paesi, e il governo Lula ha sistematicamente indebolito questi campi, sperando che questa volta funzioni.  All'esterno, l'immagine del terzo governo Lula è il riflesso di questa visione e ideologia sconfitta: un vecchio gallo che canta con il petto gonfio e i piedi nel fango.

 

Fonte: https://www.gazetadopovo.com.br/vozes/luiz-philippe-de-orleans-e-braganca/perdido-na-politica-externa/

 

Questa argomento è stata modificata 1 anno fa 4 volte da mystes

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oriundo2006
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L’ India ha una storia diversa, è molto orgogliosa della propria indipendenza ed adesso con il revival ‘cultural-politico' inaugurato da Modi con l’ ‘Indutva' comincia ad avere finalmente una identità coesa ( con l’eccezione muslim ) a carattere ancestrale e plurimillenario. Questo risultato è dovuto anche ad una economia delle infrastrutture, finora inesistenti nel senso moderno se ci eccettua Delhi e poco altro, ed una meccanizzazione agricola ancora gli esordi ma già dirompente.

E’ complessivamente iniziato il suo movimento ‘virtuoso’ ( per mdo di dire, ovviamente ) e chi come il sottoscritto è andato trent’anni fa e poi nel pre-covic può testimoniarlo abbondantemente: ed è una fortuna che gli USA non siano entrati con la prepotenza consueta per sfruttare l’ onda economica ascendente ( anche se ovviamente lo vorrebbero ) come è loro buona abitudine per occupare posizioni apicali senza troppo sforzo.

Sono stato più volte in India come sono stato altre volte in Brasile ed indubbiamente la prima cosa che noi europei possiamo percepire del grande Paese latino americano è invece l’ inesistenza di ‘storia’ e di ‘cultura’, di un ‘collante’ che tenga insieme razze ( possiamo dirlo ? ) diversissime ed incrociatesi in modo forsennato durante i lunghi secoli del colonialismo. Il Brasile può testimoniare come l’ibridazione e l’ incrocio genetico non creano di per sè qualcosa di migliore rispetto alle comonenti originarie. Assolutamente no: occorre altro: una identità condivisa perchè fondata su una comune origine. Lì non c’è.

Semplicemente lì non vi è ’storia’, ‘cultura’, ‘monumenti’ ed altri lasciti del passato remoto o remotissimo compartecipati nella coscienza collettiva: solo qualche vestigia sopravissuta del colonialismo portoghese, quanto mai feroce, regressivo, spietato e che ha tenuto per secoli in povertà estrema questo Paese, con l’eccezione di latifondisti, di mercati ebrei e della corona portoghese, che ne hanno ben profittato invece. Il Principe Luiz-Felipe qualche domanda su questo dovrebbe porsela. Non diamo sempre la colpa alla politica ed al popolo di oggi quando è l’ onda lunga della Storia a fissare i caratteri originari dei Paesi.

Probabilmente ampie ricognizioni archeologiche potranno colmare lo jato storico tra passato coloniale e Paese post-diluviano, anzi sicuramente. Pedra Furada mostra l’ insediamento di ‘popoli del mare’ analoghi a quelli mediterranei, anzi forse proprio gli stessi, come altre spedizioni nella giungla hanno scoperto villaggi strutturati di carattere amplissimo, inimmaginabili secondo la storia corrente perchè molto maggiori di quelli attuali degli Indios ed adirittura precedenti la supposta migrazione ‘via’ Bering. Oltre questo le mie personali ricerche e cognizioni mi fanno credere l’esistenza di ampie e continue spedizioni navali fenice e cartaginesi sui lidi del Nord Este. Una indagine biologica ad ampio spettro sul DNA degli amerindi attualmente presenti potrebbe aiutare, oltre gli studi pionieristici di Cavalli Sforza, tenuto conto che centinaia di comunità indie sono attualmente prive di relazioni con l’ uomo bianco che semplicemente li vuole distruggere.

Ma è il popolo brasilero il grande imputato, dato che se ne fotte di tutto ciò: non legge, non scrive, non studia, non si interessa a niente che non sia la quotidianità più elementare, che per parecchi significa cercare di non crepare di fame attraverso la mendicità e l’arrangiarsi nei bassifondi delle favelas, arrangiarsi che tanta Italia conobbe assai bene nel passato.

Stendiamo un velo d’amore e di silenzio su questa umanità che vive alla giornata ma non sulla responsabilità che compete alle elites bianche di elevare il loro Paese e non solo saccheggiarlo impunemente sulla falsariga del passato ed oggi imitando così bene gli yankee da sentirsi più legati agli USA che al Brasile.

 


sarah e Primadellesabbie hanno apprezzato
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mystes
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Volendo esprimere un giudizio sommario io credo che nel popolo brasiliano ci sia alla base di tutto una sorta di indolenza mentale che gli permette di accettare tutto e il contrario di tutto. Non solo in politica, ma in altri campi, per esempio la cultura. Definire culturale un evento canoro come il forrò o una sfilata di carnevale, o la visione dei morri di Rio, cosa che da noi sarebbe considerata una vera eresia, non so se sia un bene o una sorta di condanna.
Certo, noi italiani siamo un'altra cosa, siamo molto diversi. Abbiamo sulle spalle oltre 2000 anni di storia che naturalmente ci pesano e dei quali siamo responsabili. Se i greci hanno inventato la filosofia, noi abbiamo inventato la storia e la letteratura. Naturalmente in tutto questo tempo abbiamo bruciato molte energie ma forse abbiamo vinto le sfide più importanti. Cosa significa tutto ciò? che altri popoli considerati giovani devono passare sotto le medesime forche caudine! Se fosse così non ci sarà niente da fare per un popolo come il brasiliano che sarà chiamato a recuperare in tempo relativamente breve ciò che noi europei abbiamo elaborato lungo i secoli della nostra storia. Ammesso e non concesso che sia questo il loro destino! Cosa di cui dubito molto!!!


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Andreabras
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Perchè dai la colpa alla sinistra? Se abiti in Brasile da piú di 20 anni come me sai benissimo che negli anni della presidenza di Lula e Dilma c'erano tantissimi italiani che emigravano qui. Imprenditori edili, ristoratori e giovani laureati. Nella scuola dove lavoro  c'era la fila di italiani a presentare il curriculum. Questo fino a circa il 2016. Poi c'è stata la grande cagata del golpe diretto dagli Stati Uniti e le cose hanno iniziato ad andare a rotoli, fino al governo catastrofico di Bolsonaro. Adesso non c'è piú nessuno che vuole venire qui davvero, ma non dare la colpa alla sinistra. Non guardare sempre le cose col paraocchi dell'ideologia.

Adesso intervistiamo l'erede della Casa Savoia per capire la situazione dell'Italia

Questo post è stato modificato 1 anno fa da Andreabras

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Primadellesabbie
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Qui c'è il Festival di Sanremo e la Defilippi...

Ma noi abbiamo una cultura millenaria.


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