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Oh My News cambia l'informazione


Tao
 Tao
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E' nato in Corea e si va espandendo in tutto il mondo il caso più eclatante di citizen journalism

Oh My News cambia l'informazione sono i lettori a scegliere le notizie

Sosteneva anni fa Nicholas Negroponte, nella preistoria di Internet, che la Rete avrebbe cambiato il mondo. Neanche lui però immaginava che avrebbe cambiato il nostro modo di pensare e di informarci, ed è invece quello che sta accadendo. A forza di playlist, di siti preferiti, di newsletter calibrate sui propri gusti, ci stiamo abituando a un mondo taylor made , fatto dai navigatori. Anche i giornali stanno seguendo questa strada. La radio, ad esempio. Niente di più collettivo, condiviso. Ora negli States ci sono Last.fm e Slacker.com, per citarne alcune, che valutano gusti e scelte di ogni abbonato e gli preparano una programmazione unica. Google, nelle parole del presidente Eric Schmidt (amministratore delegato in Google e Apple), non è più solo un colossale motore di ricerca, ma un sito in grado di raccogliere una straordinaria mole di informazioni su gusti, personalità, opinioni di milioni di persone. Naturalmente, una miniera per i pubblicitari e un servizio per gli utenti che non esclude il rischio di una lenta e pericolosa compenetrazione tra gli interessi delle imprese e la privacy delle persone. Anche nel campo della carta stampata le novità all'orizzonte sono epocali. Se il New York Times annuncia che presto sarà soltanto pubblicato on line, e l'edizione di carta solo un ricordo, c'è già in Corea del Sud un quotidiano online, "Ohmynews.com", tutto scritto dai lettori che raccoglie oltre due milioni di lettori al giorno. È la nuova frontiera del giornalismo.

È infatti iniziata una nuova era in cui i normali cittadini posso diventare giornalisti in qualunque momento lo desiderino e così facendo contribuire alla pubblica opinione. Mi racconta la sua esperienza Marco Odello, giovane professore universitario presso l'università di Aberystwyth in Inghilterra: «Sono arrivato a Oh my News dopo avere letto un articolo su un blog. Mi sono iscritto come citizen reporter . Dopo gli attacchi terroristici del 7 luglio 2005 a Londra, scrissi un articolo su un grafico che aveva creato un logo per testimoniare la resistenza agli attacchi. L'ho inviato a Oh my News e ho ricevuto una risposta immediata da un redattore di Seul. La storia è apparsa sulla prima pagina del sito web qualche ora dopo. Il mio compenso è stato di 20mila cybercash (circa 20 dollari)».

Anche se in molte redazioni italiane i giovani giornalisti rischiano di lavorare gratis per anni, faccio notare a Marco che anche il nuovo modello di giornalismo sembra poco gratificante a livello economico. «Certo non diventerò ricco in questo modo, ma il sistema di Oh my News lavora in maniera molto efficiente e ha una copertura di 24 ore da tutti i punti del mondo. Credo che nella Rete, con tutte le opportunità di condivisione delle informazioni che offre, si stia attualmente concretizzando l'effettiva possibilità che il cittadino diventi reporter, nel senso letterale del termine, cioè che riferisca fatti ed eventi».
Ma un cittadino che non è un giornalista di professione, può fare giornalismo? Questo è il punto. Siamo davvero di fronte a un cambiamento di tale portata nel mondo dell'informazione? Stiamo andando verso un'informazione più atomizzata, dove tutti diventeremo produttori e consumatori di informazione allo stesso tempo? Questo scenario non sembra così lontano, Marco ne è convinto: «Certo che questo potrebbe avere delle notevoli ripercussioni nel settore delle relazioni esterne. Per i responsabili della comunicazione e delle relazioni esterne potrebbe volere dire deviare alcune risorse finanziarie dall'ufficio stampa a servizi web che permettono una maggiore diffusione dell'informazione: che senso avrebbe infatti continuare a fare comunicati stampa quando il referente principale diventa il cittadino comune? Ecco che in questo caso si porrebbe come priorità la necessità di investire in maniera notevole sul Word-of-Mouth marketing , marketing del passaparola, e altri mezzi simili».

Chiaramente si sta ragionando in termini estremi, non è realistico credere che il citizen journalism soppianterà immediatamente quello tradizionale, ma è forse realistico prevederne una crescita. È anche vero che in futuro il giornalismo tradizionale dovrà fare i conti con le nuove potenzialità della rete. Pubblicare online la stessa copia cartacea e gli stessi contenuti del quotidiano che esce nelle edicole significa scavalcare inconsapevolmente tutte le risorse e le potenzialità di comunicazione offerte dal Web. Marco non ha dubbi: «la collaborazione tra vecchio e nuovo giornalismo è fondamentale e poi, sinceramente, non credo che esista alcun citizen journalism , esiste più semplicemente una libertà di parola garantita dalle Carte Fondamentali di alcuni Stati e di questa libertà ne possono usufruire i cittadini. Quanto alla pubblicazione dei pezzi, non si pensi a una Babele disordinata in cui chiunque può scrivere qualsiasi cosa, anche su Oh my News i contributi vengono letti e selezionati da giornalisti professionisti».
Il 70 percento dei contenuti di Oh my news , attualmente il più grande sito di citizen journalism al mondo, sono prodotti da circa 35mila cittadini-reporter, utenti comuni che decidono di dare il proprio contributo inviando un articolo. La redazione è composta di sole 47 persone. Se non sarà questo il modello vincente del futuro, è un fenomeno che non si può ignorare: e infatti molti quotidiani iniziano ad aprirsi alle testimonianze e ai contributi dei cittadini, sperimentando la possibilità di garantire contemporaneamente l'autorevolezza dell'informazione e un ambiente aperto e partecipativo.

Per ora ciò accade soprattutto all'estero. Tom Curley, il direttore dell'Associated Press, nel discorso di apertura della conferenza dell'Online News Association del 2004 già si espresse con queste parole: «come abbiamo potuto vedere chiaramente nell'ultimo anno, i consumatori vorranno utilizzare la natura interattiva di internet per partecipare direttamente allo scambio delle notizie e delle idee. L'informazione come lezione sta lasciando spazio all'informazione come conversazione». Alla base dell'osservazione del direttore dell'Associated Press vi è un fenomeno sempre più evidente che si manifesta non solo attraverso la forma del giornalismo libero. Basti ricordare che esistono oltre 14 milioni di blog e un nuovo blog viene creato ogni secondo.

La più grande e la più letta enciclopedia al mondo, Wikipedia, è stata scritta da oltre 350 mila autori diversi che hanno prodotto 1.900.000 voci in più di 180 lingue (mediamente 3.758 nuovi articoli al giorno). Si basa sul software MediaWiki che consente a chiunque di scrivere ex novo una voce o di modificare quelle scritte da altri.
Se questi esperimenti hanno dato vita a siti di informazione visitati da milioni di persone è perché la collaborazione di migliaia di utenti garantisce la qualità del prodotto. Come ha dichiarato lo scrittore statunitense Dan Gillmor, esperto di rete e nuove tecnologie: «i miei lettori, collettivamente, ne sanno più di me».
La cosa comincia ad essere presa sul serio anche dai grandi editori. Mark Potts, cofondatore dell'edizione online del Washington Post , ha lasciato il suo posto presso uno dei più prestigiosi quotidiani al mondo per creare BackFence.com, un'impresa che promuove una serie di innovativi portali di informazione e servizi a carattere locale, i cui contenuti sono interamente prodotti dagli utenti.

Persino uno come Rupert Murdoch, nel suo discorso all'American Society of Newspaper Editors dell'aprile 2005, ammonì i direttori delle testate a non ignorare la dimensione partecipativa dell'informazione: «Dobbiamo incoraggiare i lettori a pensare al web come il luogo in cui coinvolgere i nostri inviati e redattori in discussioni più estese sul modo in cui una particolare notizia è stata riportata o cost
ruita o presentata. Allo stesso tempo dovremmo sperimentare l'uso dei blogger per integrare la nostra copertura quotidiana delle notizie su internet».
Paradigmatica e innovativa è la recente esperienza di giornalismo televisivo condiviso portata avanti da "Current TV", la televisione via cavo creata da Al Gore (ex vicepresidente degli Stati Uniti) è basata su filmati della durata massima di 5 minuti, denominati pods , quella che è stata lanciata come la Mtv dell'informazione si basa per il 25 percento della sua programmazione su video prodotti dai telespettatori e inviati alla redazione tramite il sito internet dell'emittente. L'obiettivo di Current, che ha iniziato le sue trasmissioni il 1 agosto, secondo Al Gore, è «quello di connettere la generazione di internet con la televisione in modo completamente nuovo». Current tv ha recentemente aperto un canale in Italia, unico paese non anglofono in cui ha aperto una sede, e trasmette sulla piattaforma Sky.

Qualcosa si muove anche da noi. Tra i primi a sperimentare il giornalismo partecipativo in Italia è stata Radio Radicale che con i fondi per l'editoria pubblica ha creato il sito "Fai notizia". Si tratta di un portale in stile Web 2.0 (basato cioè sulla partecipazione degli utenti) che mira a diventare un punto di riferimento nell'Internet italiana. Diego Galli, responsabile del progetto, ha dichiarato che "Fai Notizia" s'ispira direttamente a Newsvine.com, un aggregatore di contenuti prodotti da cosiddetti "reporter diffusi", sparsi per il pianeta.

Staremo a vedere. Intanto emergono i primi casi in cui le grandi testate online, Repubblica, Corriere della Sera , pubblicano sui loro portali i contributi video di normali cittadini che magari, per caso, diventano involontari reporter di notizie. Spesso i video sono farciti di pubblicità, come dire: arraffa gratis e rivendi facendoci la cresta…

Gianni Ventola Danese
Fonte: www.liberazione.it
09/08/2008


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