POESIA PER SARAJEVO di Czesław Miłosz
E’ adesso che sarebbe necessaria la rivoluzione,
ma freddi sono coloro che allora ardevano.
Mentre un paese violato e assassinato implora il soccorso
dell’Europa in cui credeva, loro sbadigliano.
Mentre i loro uomini di stato scelgono l’infamia,
nessuno che alzi la voce per chiamarla con il suo nome.
Menzogna, la rivolta d’una gioventù avida di rifare a nuovo
la terra, e quella generazione pronuncia adesso la sua
propria condanna.
Accogliendo nell’indifferenza il grido dei morenti, perché
sono barbari e incolti, si sgozzano tra loro.
E la vita dei sazi è più preziosa della vita degli affamati.
Adesso è rivelato: la loro Europa dall’inizio non fu che
impostura. Il nulla è la sua fede, il nulla il suo fondamento.
Il nulla, ripetevano i profeti, non può generare che il nulla,
e ancora una volta saranno condotti come bestie al macello.
Che tremino e comprendano, nell’ultimo istante:
la parola Sarajevo significherà da ora l’annientamento
dei loro figli, la sozzura delle loro figlie.
Questo preparano, e si rassicurano – “Noi, almeno, siamo
al riparo” – mentre cresce dentro di essi, ciò che li abbatterà.
L'assedio di Sarajevo
Le foto e la Storia del simbolo più sanguinoso della guerra civile, che cominciò venti anni fa
Sarajevo, la capitale della Bosnia-Erzegovina, è una città lunga e stretta, circondata dalle montagne lungo un piccolo affluente del fiume Bosna, la Miljacka. Per gran parte della città, le acque della Miljacka sono profonde solo pochi centimetri. Vicino a uno dei ponti che attraversano la Miljacka a Sarajevo, il Ponte Latino, venne ucciso nel giugno del 1914 l’arciduca ed erede al trono dell’impero austroungarico Francesco Ferdinando.
Dopo la morte del dittatore Tito nel 1980 – quando Sarajevo era una città della Jugoslavia comunista – le tensioni tra le diverse etnie crebbero insieme alla retorica nazionalista, in particolare del presidente della repubblica serba Milosevic, e alle rivendicazioni che affondavano in centinaia di anni di divisioni culturali, religiose, sociali: la Jugoslavia, “terra degli Slavi del sud”, nata dopo la prima guerra mondiale, si divise quindi a partire dal dicembre del 1990, con la dichiarazione di indipendenza della Slovenia, a cui seguirono quelle della Croazia, della Macedonia e della Bosnia. L’intervento militare dell’esercito jugoslavo unitario e delle diverse milizie delle etnie che componevano la Jugoslavia si trasformò presto in una sanguinosa guerra civile, tra i croati, i bosniaci, e i serbi. Croazia e Serbia volevano controllare la Bosnia multiculturale che ospitava persone sia serbe che croate assieme a musulmani bosniaci (che qualcuno chiama bosgnacchi). L’episodio centrale della guerra fu l’assedio della città di Sarajevo, che durò per quattro anni dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996, più di tre mesi oltre la firma degli accordi di Dayton che misero fine ufficialmente alla guerra.
Queste storielle strappalacrime vai a racontarle ai 150-160 000 tra Serbi e Croati che sono stati cacciati dai bravi"bosniacchi),e la cosa piu carina e che non possono ritornarci.