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Se il gasolinazo fosse in Venezuela


cubainforma
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Se il gasolinazo fosse in Venezuela, se i giornalisti fossero bastonati ... a Cuba

José Manzaneda, coordinatore Cubainformación cubainformazione.it

Sei persone morte e 1500 detenute è un primo bilancio delle proteste contro il "gasolinazo" in Messico, dove il governo ha aumentato del 20% il prezzo della benzina e, di conseguenza, il costo del resto dei prodotti (1).

Il quotidiano spagnolo "El País", in linea con gli altri grandi media, accusava le proteste (2) e difendeva come 'inevitabili' le misure neoliberali del Governo, attraverso una serie di reportage, interviste ed articoli (3).

Potete immaginarvi, per un momento, che i morti del Messico fossero stati in Venezuela (4), come avvenne dopo il gasolinazo neoliberale, del 1989, il cosiddetto Caracazo (5)?

Che la polizia messicana bastonasse, durante la protesta, 12 giornalisti, non è stata notizia internazionale (6). Poiché gli unici giornalisti con problemi -secondo la stampa corporativa- sono a Cuba ... (7) o Venezuela (8).

Neppure abbiamo letto, nei media occidentali, dell'arresto a Washington del corrispondente di Russia Today (9), mentre informava delle proteste contro il presidente Donald Trump, che sono terminate con 217 persone detenute (10).

Settimane fa, abbiamo letto che un cittadino è stato arrestato, in Florida, per aver minacciato, tramite Facebook, il presidente Trump (11). Vi immaginate che ciò accadesse in Venezuela, dove sono costanti le minacce di morte a Nicolas Maduro sui social network (12)? Che cosa avremmo letto sulla stampa internazionale se la polizia cubana arrestasse il cantante Gorki Águila che, in un video, avvertiva il presidente Raul Castro "veniamo per te" (13)?

Finora, nel 2017, più di 100 prigionieri hanno perso la vita in scontri nelle carceri in Brasile (14). Come tanti altri media, il quotidiano ecuadoriano El Comercio colpevolizzava dei fatti i "principali gruppi criminali del paese" (15). E per farlo, dava voce, in esclusiva, a sette portavoce istituzionali, tra cui il presidente Michel Temer. Al contrario, l'anno scorso, questo stesso giornale, per informare su un incidente in un carcere in Venezuela, dedicava la metà della notizia ad attaccare il Governo bolivariano (16). E la cosa più incredibile: la foto pubblicata era di una manifestazione dell'opposizione, senza alcuna relazione con la notizia.

In Messico veniva assassinato, alcuni giorni fa, il leader indigeno Isidro Baldenegro (17). E' stato ucciso a colpi d'arma da fuoco , come suo padre trent'anni fa (18). Come l'honduregna Berta Caceres, assassinata un anno fa, era stato "Premio Ambientale Goldman" (19). Nel 2015, 185 persone sono state uccise, nel mondo, per il loro attivismo ambientale. Non una sola – per certo - a Cuba ... o in Venezuela. (20).

Nel suo rapporto del 2016, l'organizzazione Front Line Defenders, pone la Colombia come il paese più pericoloso per i difensori dei diritti umani, con 85 assassinati (21). Nulla che sia di interesse per i talk show dei grandi canali internazionali. Perché chi viola "i diritti umani" -ci ripetono giornalmente- è Cuba, dove i famosi "dissidenti" continuano a godere dei 20 milioni che, ogni anno, gli assegna il Congresso USA (22).

Leggiamo che in Guatemala il 46,5% della popolazione sotto i 5 anni soffre di malnutrizione (23). In Colombia è del 13.2, ma questa cifra si raddoppia in zone quali La Guajira, dove ogni 33 ore un bambino muore di fame (24).
Ma perché non leggiamo articoli su questo dramma nei giornali internazionali di gran tiratura? Forse perché sarebbe inevitabile menzionare l'unico paese dell'America Latina, secondo l'UNICEF, che non ha fallito nella lotta contro la denutrizione infantile (25)? Sapete qual è?


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