Sul sito www.sibialiria.org Marinella Correggia presenta un suo lavoro sul rapporto ONU presentato il 15 agosto, con enorme visibilita' sui media nonostante fosse un comunicato di sole due pagine (il rapporto di 102 pagine probabilmente lo hanno letto in pochi).
Questa riportata di seguito e' solo la presentazione di M.Correggia ma alla fine c'e' il link ad un approfondimento su questa inchiesta di ben 10 pagine.
Il 17 settembre si dovrebbe riparlare di questo rapporto e sara' un' altra campagna mediatica di grosse proporzioni. Iniziamo a prepararci cercando di capire come questa inchiesta e' stata effettuata.
Marcopa
L’ultimo rapporto della Commissione CoI (su mandato del Consiglio dei diritti umani) sulla Siria trae conclusioni senza vere prove, sulla base di testimonianze di una sola frazione della popolazione siriana
5 settembre 2012
di Marinella Correggia
Una soluzione negoziale alla tragedia siriana a partire dal cessate il fuoco è necessaria affinché abbia fine il bagno di sangue e il popolo siriano si possa esprimere sul proprio futuro in pace e senza ingerenze.
Ma i piani di pace sono stati boicottati dalla partecipazione militare indiretta al conflitto da parte di potenze esterne, sotto forma di appoggio in armi, denaro, consiglieri militari, combattenti alle opposizioni armate nella loro lotta per il potere.
Questa ingerenza che alimenta la violenza viene giustificata – da governi e dai media mainstream – dalla necessità di “aiutare i gruppi armati dell’opposizione a fermare i massacri del regime e a proteggere i civili”. La realtà di un anno e mezzo di scontri è però ben lontana da questa semplificazione che addossa la responsabilità a una sola delle parti armate in conflitto legittimando dunque l’appoggio all’altra. Affinché questa narrazione tenga, si nega sistematicamente a livello internazionale diritto di parola e testimonianza a una gran fetta della popolazione, che lancerebbe accuse diverse o contrarie e che per questo viene discriminata, non solo dai media ma perfino da Ong e commissioni Onu.
Purtroppo anche il rapporto (pubblicato il 15 agosto) della “Commissione internazionale indipendente di inchiesta sulla Siria (CoI) su mandato del ginevrino Consiglio Onu per i diritti umani sembra viziato in questo senso.
Il rapporto
www.ohchr.org/Documents/HRBodies/HRCouncil/PRCoISyria15082012_en.pdf
conclude che esistono “basi ragionevoli” per ritenere che le forze governative e gli shabbiha, sulla base di una politica statale, abbiano commesso crimini contro l’umanità, crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.
Lo studio del rapporto rivela contraddizioni, parzialità nelle fonti e attribuzioni di responsabilità non supportate da prove.
Ecco in sintesi alcune osservazioni critiche. Il rapporto appare un giudizio politico, e dubbio quanto alle prove e alle attribuzioni di responsabilità per le seguenti ragioni:
1) La mancanza di accesso al paese (il governo non ha dato il via libera come aveva fatto con gli osservatori) ha, come ammette la Commissione, “significativamente ostacolato la capacità di portare a termine il lavoro”. Dunque “l’accesso” (eufemismo) alle vittime provocate dalle forze di opposizione è stato limitato”; “l’accesso all’esercito e a membri del governo è stato quasi inesistente”; “le vittime e i testimoni nel paese non hanno potuto essere intervistati di persona”. La Commissione però avrebbe potuto intervistare anche testimoni e vittime identificati da gruppi di ricerca siriani come il Sovvt o Vox Clamantis. Non l’ha fatto.
2) Le centinaia di interviste che hanno costituito la fonte principale dell’inchiesta sono state condotte – come viene precisato – fra i rifugiati (disertori e famiglie) nei paesi limitrofi, o a Ginevra, o per telefono o via skype all’interno della Siria. Sulla base di precedenti rapporti della stessa Commissione e di questa caratteristica geografica nella selezione delle testimonianze, è da ritenere che i riferimenti principali per la CoI siano stati esponenti dell’opposizione. (Prima della creazione della Commissione dei tre esperti, l’Alto Commissario Onu per i diritti umani al cui ufficio la Commissione fa riferimento, aveva pubblicato un rapporto (Report of the United Nations High Commissioner for Human Rights on the situation of human rights in the Syrian Arab Republic – A/HRC/18/53, September 15, 2011) che attingeva esplicitamente dai “dati” dei Local Coordination Committees (Lcc), organi dell’opposizione, anche se non era possibile “verificare indipendentemente”).
3) Come spesso succede sembra che si sia data voce alle testimonianze di una sola delle parti, di una sola sezione del popolo siriano. Se si fossero sentiti cittadini dell’altra parte, l’attribuzione delle responsabilità per le gravi violazioni sarebbe stata diversa. Esistono molti esempi di narrazioni del tutto diverse a seconda del “testimone” e non sempre per dolo ma anche perché è difficile individuare i responsabili, in situazioni come queste.
4) La CoI fa riferimento anche a rapporti di Ong, e sulla base dei precedenti è certo che fra queste ci siano gruppi favorevoli all’opposizione ma non gruppi siriani indipendenti dalle parti.
5) Quanto alle altre “prove” raccolte dalla Commissione, cioè le prove diverse dalle testimonianze (video, rapporti, reportage), esse in tutta la vicenda siriana appaiono controverse e si contrappongono senza fine, con reciproche attribuzioni di responsabilità.
6) Per molti dei crimini che il rapporto CoI, sulla base dei testimoni intervistati, attribuisce alle forze pro-governative, esistono altre versioni di testimoni che sostengono esattamente il contrario, incolpando l’altra parte (o entrambe). Questo vale per:
- i massacri di civili, compreso quello di Houla: non sono state sentite altre versioni, e inoltre è difficile, perfino da parte di testimoni e sopravvissuti, identificare l’affiliazione di colpevoli; le vittime possono essere depistate da simboli o divise; inoltre la Commissione non si sofferma sulla tempistica di molti massacri, avvenuti o comunque denunciati (dall’opposizione) alla vigilia di importanti riunioni internazionali sulla Siria…;
- gli attacchi indiscriminati ad aree civili. Molti testimoni non ascoltati dalla Commissione ma hanno più volte riferito (ma è evidente anche dalle dinamiche) che gli oppositori armati si nascondono in aree civili prendendole di fatto in ostaggio e attaccando i residenti. Eppure la Commissione non registra questo crimine. Inoltre le vittime civili cadono spesso in un contesto di scontri fra opposti schieramenti, con responsabilità condivise. Testimoni non sentiti dalla Commissione accusano i gruppi armati non solo di averli tenuti come scudi umani, ma di cecchinaggio, bombardamenti e colpi di mortaio e lanciarazzi su luoghi civili ecc. Insomma imputano agli armati esattamente quello che veniva attribuito al regime dal coro mediatico
- l’uso di scudi umani che in moltissimi contesti altre testimonianze – non ascoltate dalla Commissione – imputano proprio agli oppositori; alcuni episodi indicati dalla Commissione appaiono improbabili;
- le uccisioni a freddo e le violenze su civili, uomini, donne e bambini, compresi i cecchinaggi e gli attacchi a persone disarmate, così come le uccisioni extragiudiziali di armati;
- i saccheggi e le distruzioni.
7) Nel rapporto ricorre la confusione fra civili e armati
8) È indebita la mancata separazione tra le azioni dell' esercito o governo ufficiale e quelle delle forze o soggetti filo-governativi ma non ufficialmente governat
ivi come i cosiddetti shabbiha, entità oscura per la stessa Commissione
9) Appare forzato e “politicamente di parte” attribuire al regime (come mandante o connivente) tutte le efferatezze di bande o milizie anche se sono favorevoli al governo stesso. Non viene fatto lo stesso per i crimini dell’opposizione.
10) La lunga lista di attentati terroristici che hanno ucciso decine di civili viene intanto relegata “per mancanza di accesso ai luoghi” a categoria di “crimini domestici”
1) Sul massacro di Houla attribuito a “forze schierate con il governo” sulla base di considerazioni dubbie (mentre una prima versione del rapporto CoI sosteneva di non poter decidere se gli autori fossero pro-governativi, anti-governativi o “terzi attori esterni”, ci si chiede quale sarebbe stato il movente o la ragione di un crimine così preciso ed efferato, avulso dagli scontri. La CoI ignora il fatto che esponenti dell’opposizione non armata sostengono che si sia trattato di una atroce vendetta fra famiglie o villaggi. Un gesto che potrebbe allora non essere stato comandato dalla “sede centrale”.
11) Sempre sul massacro di Houla: chi ha scelto gli intervistati e testimoni o presunti tali? Non è impossibile che i testimoni, intervistati a Houla che è sotto il controllo dell’Esl, siano stati intimoriti. Altrei appartengono direttamente all’opposizione. Ci si chiede anche perché prendere di mira due famiglie che non si erano distinte per attivismo antiregime.
12) Nell’attribuire anche la responsabilità di varie stragi agli shabbiha, gli intervistati dalla Commissione paiono ignorare la possibilità di un “terzo attore”, veri e propri squadroni della morte.
NB. Queste considerazioni sono state inviate dalla Rete No War Roma per fax ad alcune ambasciate all’Onu a New York e lo stesso si farà per alcune delegazioni presso il Consiglio per i diritti umani dell’Onu, a Ginevra.
al link
si puo' leggere:
DOCUMENTO. Le fonti parziali e le prove mancanti nel rapporto della “Commissione internazionale indipendente di inchiesta” (COI) nominata dall’Onu
al link
si puo' leggere questo documento di Marinella Correggia:
Documento. Houla e l’Onu alla luce di Daraya
Il tutto al link
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=772
del sito www.Sibialiria.org
Il lavoro di Marinella Correggia sull' inchiesta ONU sulla Siria,presentata il 15 agosto, e' stato riproposto anche dal sito di Pax Christi.
Marcopa
Siria: paradigma dell’impossibilità di sapere nell’era dell’informazione
(05/09/2012)
Su uno degli ultimi numeri di Mosaico di Pace, un articolo ben descrive le difficoltà nel reperire una informazione indipendente e obiettiva sui fatti di Siria. Siamo alla sconfitta del paradigma della società dell’informazione, in cui si prevedeva che si sarebbe potuto sapere qualsiasi atto compiuto nel più remoto posto del mondo. Per, ovviamente, porvi ‘rimedio’.
Cui prodest?
A giudicare dagli effetti forse si può capire qualcosa. La gente comune presa dai problemi quotidiani non ha molti strumenti per farsi opinioni ponderate e criticamente informate. Si affida, quando va bene, all’informazione televisiva o a quei pochi giornali stampati a cui ha accesso. Nel caso siriano, vediamo bene che i media italiani riportano una versione univoca che vede solo Assad come colpevole. Nel caso in cui le notizie fossero contraddittorie, prima di annegare la gente comune si arrenderebbe, spesso dicendo: “E’ un gran casino.” Oppure: “In quelle aree non ci sarà mai pace.”
In poche parole, velocemente cala il disinteresse. E chi ha le redine del potere non può che rallegrarsi di poter agire indisturbato. Magari sbandierando l’icona dell’intervento umanitario, ottenendo così anche il consenso popolare.
Riportiamo riguardo la Siria un articolo di Robert Fisk, noto inviato inglese dell’Independent. Su di lui le opinioni sono divergenti. Molti lo ritengono un fazioso filo-arabo. Altri, come Marinella Correggia, troppo distaccato. Io credo che il distacco a volte non sia un peccato grave ma anzi possa essere utile perché più credibile di chi, anche giustamente, si appassiona e si schiera apertamente. Appunto come in questo caso, direi. Egli esplicitamente dichiara, al contrario dei media italiani, che i ribelli, o come volete chiamarli, commettono anche essi massacri contro i civili siriani. Inoltre non hanno problemi a farsene scudo perché spesso essi non sono nemmeno siriani.
Per finire riportiamo pure il lavoro di debunking sull’ultimo report di agosto dell’ONU, fatto da Marinella Correggia. Ne emerge chiaramente che le conclusioni tirate dai rappresentanti ONU sono frutto di un’investigazione a dir poco incompleta.
Italian Peace Movement Criticizes Report of International Commission on Syria.
Posted on September 9, 2012 by nsnbc
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Marinella Correggia of the Italian “No-War Network – Roma“, criticizes the recent report by the Independent International Commission of Inquiry (CoI), mandated by the UN Human Rights Council for lacking evidence and for being one-sided.
Corregia and the No-War Network – Roma (NWNR) are warning against using the flawed and strongly biased report as a basis for decisions at the meeting of the UN Human Rights Council in Geneva on 17 September. According to Corregia, the report offers many conclusions but does not contain much evidence to justify them.
Corregia and the No-War network are calling for a negotiated solution to the conflict in Syria, beginning with a cease fire. The Syrian people, she states, should have the possibility of expressing themselves on their future, in conditions of peace and without foreign interference.
The NWNR points out that such a plan has previously been agreed upon, but that the implementation has been deliberately thwarted by by a number of foreign powers who are determined to exacerbate the conflict by supplying even grater amounts of arms and money to those opposition forces who are striving to gain control of the country through violence. Corregia points out that these nations media have justified their interference into the internal affairs of a sovereign state by claiming that it was necessary to protect civilians, and specifically that it was necessary to stop massacres perpetrated by the Syrian government on unarmed protesters.
Corregia states that this simplistic narrative unfortunately seems to have served as a framework for the investigation into the Syrian conflict by the Independent Commission of Inquiry on Syria.
The Commission concludes that there are “reasonable grounds” to hold that Syrian government forces and Syrian paramilitary irregulars “shabbiha”, have been mandated by the government to commit war crimes, crimes against humanity, and serious violations of human rights and international law. The Commission´s report states that “opposition forces” have committed human rights violations too but minimizes their nature and seriousness and it does not attribute any responsibility to leaders within the oppositions command structure.
According to Marinella Correggia and the No-War Network – Roma, the report lacks credibility also, because the investigators did not obtain the relatively free access to the country that the U.N. Observer Mission had enjoyed before them, pointing out that completely free access is impossible in war zones. The Commission itself stated that the lack of free access “significantly hindered the Commission’s ability to fulfill its mandate.”
Corregia criticizes the Commissions methodology, stating that randomly chosen and geographically widely-distributed “victims and eye witnesses could not be interviewed in person.” In particular the “access to the victims of opposition violence was limited” and “access to the Syrian army and to members of the Syrian government was almost nonexistent.”
Civil or religious groups in Syria, such as the Sovvt (Syrian Observatory for victims of violence and terrorism) or Vox Clamantis (a Catholic media center), could have furnished witnesses and victims of violence to be interrogated by the Commission even by phone, and also an alternative version of many events. Even the UN observers are rarely quoted by the report.
She notes also that the CoI report quoted and refers to former reports by UN Commissions and Ngos which are equally one-sided concerning the witnesses and lack evidences.
Instead, as the report states, the Commission conducted its interviews – several hundred in all – among Syrian refugees now living in neighboring countries or, through Skype or cellphone connections from Geneva, among a restricted group of Syrians living inside the country. “Who were the people making up this latter group?”, Corregia asks.
On the basis of an analysis of the geographical distribution of the calls and taking into consideration the previous reports by the same Commission, it seems highly likely that the Commission interviewed mostly those Syrians who belong to the opposition movement.
Thus, she states, the Commission heard representatives of one side giving their version of those events – such as the massacre at Houla – for which, according to media reports, two versions (or more) seem to exist. Indeed, as often occurs in cases of civil unrest, the violence in Syria is probably many sided and, in any case, disparate: numerous witnesses of atrocities, cited in reports coming out of Syria (but not in the Commission report), have in fact complained that it was not possible to identify the assailants; or that the symbols or uniforms worn did not seem genuine; or that the violence committed seemed to be absolutely indiscriminate.
In short, Correggia states, there is a vast gray area surrounding the perpetration of atrocities in Syria that belies the neat, black and white account presented by the Commission.
For instance, it is clear that, in a conflict like the one in Syria, that armed groups belonging to the opposition have invaded and taken over largely pro-government neighborhoods, thus making the inhabitants there virtual hostages; it is also conceivable that some of these inhabitants might have paid dearly for their lack of support of the opposition. Nothing of this kind appears in the Commission’s report. Nor do the witnesses interviewed speak of the gruesome acts of intimidation by opposition forces that have surfaced in Western media.
As for the “regime crimes” it goes to great lengths to denounce, the Commission makes no distinction between actions committed by the Syrian army, for which the Commission rightly holds the government responsible, and bloodshed caused by armed pro-government civilians, lumped together under the label “shabbiha” (which the Commission itself considers a nebulous entity). In any virulent civil conflict, civilians on both sides are wont to take up arms spontaneously and may kill accidentally or indiscriminately; they may even, at times, commit deliberate crimes. Yet in the Commission’s report we discover for the most part only those killings and crimes committed by the civilians on the government side. What is more, because any armed pro-government civilian is (for the Commission) necessarily a “shabbiha”, the government is held responsible for any and all violent acts committed.
Even more glaring is the total absence of any reference to a “third party” in the violence in Syria, for example the death squads that, according to leaked government documents, foreign powers have financed and sent into Syria. The witnesses interviewed by the Commission seem to have seen practically nothing but the violence committed by government mandated forces.
Furthermore Correggia points out that independent media have described, for example, a long list of terrorist bombings, which have partially destroyed key government buildings and killed dozens of civilians in and around them. News media have managed to report from the scene of such events and to debunk the hypothesis that these crimes might have been perpetrated by the government itself in order to discredit the opposition, since too many vital government interests were touched.
The Commission, however, claiming that it “lacks sufficient access” to the scene of the bombings, has refused to attribute these war crimes to the opposition and, instead, lists them as unaccountable internal disorders.
The Commission is silent also on the several sabotages of public infrastructures occurred in 2011/12.
Correggia concludes that given the Commission’s international mandate, the par
tiality and one-sidedness of the CoI report is both flabbergasting and disconcerting.
Corregia asks, has the U.N. no internal assessment mechanism to prevent such abuses in the “documentation” of events upon which the U.N. is then required to act?
Marinella Correggia and the No-War Network strongly discourage the use of the report as a basis for any decisions pertaining conflict resolution and the crisis in Syria.
Christof Lehmann
nsnbc – 09.09.2012
Marinella Correggia´s and the No-War Network Roma´s complete resumé as well as the complete evaluation of the commissions report are to be found at the website of the No-War Network – Roma. LINK:
www.sibialiria.org