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Sparano anche sui giornalisti del corriere della sera


materialeresistente
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L'auto su cui viaggiava l'inviato del Corriere, dopo i colpi sparati dall'esercito israelianoNETZARIM (Gaza) — C'è, nel mezzo della striscia di Gaza, un'area larga meno di un chilometro che da un paio di settimane è stata per lo più chiusa dagli israeliani al passaggio dei palestinesi. Corre dal confine con Israele sino al mare per circa 10 chilometri e combacia con i resti della vecchia colonia ebraica di Netzarim, evacuata da Israele assieme a tutti gli altri insediamenti della regione il 10 settembre 2005. Divide Gaza in due. Non ha leggi precise. Talvolta si passa senza problemi e in un altro momento ti sparano contro.

Ieri abbiamo cercato di passare attraverso questa regione. Senza riuscirci. Partiamo verso le quindici, con l'autista e il traduttore palestinesi, da Khan Yunis direzione Gaza city centro. Sono una ventina di chilometri. Sappiamo che i giornalisti qui non sono graditi da Gerusalemme. Ma prima della partenza chiamiamo Daniel Seaman, il direttore dell'Ufficio Stampa, il quale indirizza ad Avital, addetta ai media dell'esercito. E la risposta è abbastanza chiara: «Noi non possiamo garantire la vostra incolumità al cento per cento. E' regione di guerra. Ma abbiamo avvisato i comandi, che hanno avvertito le unità sul posto. Diteci il percorso, tipo di mezzo e orari». E così avviene. La nostra Mercedes scassata è color amaranto, ci dicono che non servono le insegne della stampa. Il percorso che segnaliamo è quello che segue Salahaddin, la provinciale che passa per l'incrocio di Netzarim sul lato orientale. Pochi minuti percorsi lentamente, dopo i campi profughi di Dir El Balah e Al Bureij. La strada è vuota, attorno la case sono devastate dalle bombe, ogni tanto passa sulla nostra testa un proiettile di tank che finisce verso Gaza. Brucia un bidone dell'acqua in plastica situato sul tetto di un palazzo ridotto a gruviera. In questa zona, sapremo dopo, è appena stata sterminata una famiglia: mamma e 5 bambini dai 7 ai 12 anni.

Improvvisamente davanti alla Mercedes una barricata di terra e sassi sbarra la via. Le prime case di Gaza sono forse a 200 metri. Sulla destra, appostati su un terrapieno distante un'ottantina di metri, si vedono gli elmetti dei soldati israeliani coperti di foglie mimetiche. Sono i primi che incontriamo da quattro giorni a Gaza. Usciamo dall'auto e in ebraico e inglese urliamo: «Itonaiim, itonaiim italkim, press, stampa italiana». E' un attimo. Loro rispondono a mitragliate alzo zero. Colpi secchi, mirati per uccidere, colpiscono le portiere, i finestrini laterali, che vanno in frantumi assieme al lunotto posteriore. Tre proiettili entrano dal tetto e si conficcano nei sedili, altri passano il baule. Altri ci sfiorano alla testa e al torace per pochi centimetri. Tra le dieci e le quindici pallottole colpiscono la Mercedes. Noi ci buttiamo a terra. Urliamo. E urliamo ancora terrorizzati, sorpresi, sbalorditi. Autista e traduttore, entrambi sui 25 anni, si sentono traditi e gridano: «L'avevamo detto noi che degli israeliani non ci si può fidare». Le mitragliate continuano, si mischiano al rombo delle cannonate sull'intera zona. I tank sparano dalla regione di confine con Israele verso le zone abitate lungo la fascia costiera. Un paio di abitazioni prendono fuoco.

Ogni tanto urliamo da dietro una duna di terriccio verso la postazione israeliana, loro rispondono a mitragliate che si infrangono un paio di metri da noi. La Mercedes resta immobi-le, vuota in mezzo alla strada, il motore ancora acceso. Poi avviene qualche cosa di strano. Per telefono Avital dice che possiamo andarcene, salire in auto e tornare a Khan Yunis. «L'unità è stata avvisata, non vi spareranno», assicura. Con mossa rapida si fa manovra per tornare indietro. Ma sono trascorsi forse cinque secondi e i colpi riprendono più fitti di prima. L'auto è colpita ancora al tetto, sul cofano. Ci ributtiamo a terra. Ancora chiamiamo Avital. «Non so. Non capisco, occorre che l'ordine arrivi dai comandi superiori alla pattuglia avanzata», dice preoccupata. L'incubo delle burocrazie militari. Ma anche, per una volta, capire le paure palestinesi. Il trovarsi di fronte a fucili che sparano e sparano, anche se pensi di non essere un obbiettivo, che a te non possono fare male perché sei ovviamente un civile. Alla fine, sono le cinque del pomeriggio, comincia a imbrunire, Avital sempre per telefono ci dice di sventolare le nostre giacche. «Loro vi segnaleranno che potete andare ». E così avviene. Via, via di corsa verso Khan Yunis. Avital chiama per sincerarsi che ce l'abbiamo fatta. Nel campo profughi palestinese siamo accolti in trionfo. «Sahafi shahid» (giornalista martire), dicono ridendo. Per una volta anche un occidentale ha provato quello che provano loro, sulla sua pelle.

http://www.corriere.it/esteri/09_gennaio_17/israele_pronto_a_fermare_i_soldati_lorenzo_cremonesi_89ccf372-e466-11dd-98be-00144f02aabc.shtml


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rosacroce
Estimable Member
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ma che ci vanno a fare quelli del corriere a gaza?
se poi elogiamo israele.non sarebbe meglio che andassero a tel aviv.o a quel paese magari....


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clausneghe
Noble Member
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Post: 1251
 

Và a vedere che adesso che è capitato a loro, anzi purtroppo al povero giornalista, tra l'altro di origine ebrea, forse cominceranno a cambiar pensiero...
Sti sionisti e la feccia di soldataglia che manovrano, sono oltre che cattivi pure idioti al punto di tirarsi ripetutamente la zappa sui piedi.
Si sono inimicati il resto del mondo o quasi agggredendo a parole e a bombe i simboli dell'altra umanità.
Onu, Chiese,Croce rossa, Ong, di tutto di più e adesso pure il "corrierone" 🙂
Sono idioti pazzi, in preda ad un delirio omicida con deriva suicida.
Forse credono di poter fare come Sansone, invece può essere che gli toccherà di fare il Golia. 🙄


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alekxandros
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Grecia blocca spedizione di armi ad Israele
[14 gen 2009 10]

Washington-APA.Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti non e' riuscito ad inviare armi a Israele. Fonti del Pentagono hanno detto allAgenzia AFP che la Grecia non ha permesso la spedizione di armi degli Stati Uniti dai suoi porti, riporta la APA .

La fonte afferma che l'accordo per la spedizione di armi tra gli Stati Uniti e Israele è stato raggiunto la scorsa estate, prima delle operazioni militari a Gaza. Le armi dovevano essere inviate dal porto greco di Astakos a quello israeliano di Ashdod. Il 12 gennaio le agenzie di stampa hanno riferito che gli Stati Uniti hanno posticipato la spedizione di armi a Israele, perché le operazioni militari a Gaza ne minacciavano la sicurezza, ma poi il portavoce del Pentagono ha detto che è stata ritardata a causa delle proteste della Grecia. Adesso il Pentagono sta cercando un percorso alternativo per la sua spedizione.

http://en.apa.az/news.php?id=95247


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sacrabolt
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Nel mediterraneo c'è una grande portaerei naturale, stracolma di armi USA... e con un presidente sionista.


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afragola
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un presidente sionista di pelle nera ......cazzarola un bel guazzabuglio ....ma non dura mica ...sto pesdodent ..il suo destino è segnato ..speriamo presto


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