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Frances Stonor Saunders
L'autrice della ricerca più completa sul tema fu a Cuba e, nel 2003, presentò il suo libro 'La CIA e la Guerra Fredda Culturale'. Ora che stanno tornando le fondazioni, le pubblicazioni e gli eventi "con lo scopo di favorire quelle persone" che si fanno chiamare "come la Sinistra non comunista" e ritorna anche la "forma di propaganda più efficace", quella in cui "l'individuo agiva nella direzione prevista, per ragioni che credeva fossero le proprie" è bene rileggerla.
Chi pagò l'idraulico: La CIA e la Guerra Fredda Culturale
Frances Stonor Saunders
Era il maggio 1967. Nei corridoi della nuova sede della Central Intelligence Agency, a Langley, in Virginia, si respirava un'atmosfera di emergenza. La CIA, che praticamente per 20 anni, era riuscita a svolgere la sua attività in modo del tutto segreto, ora affrontava una profonda crisi nelle sue relazioni pubbliche. La storia di come la CIA avesse tentato colpi di stato, assassinii e rovesciamenti di governi eletti democraticamente, era circolata in tutto il mondo sulle prime pagine dei giornali, nonostante i grandi sforzi per evitarlo.
Con l'antecedente della guerra del Vietnam, ed in un clima di crescente insoddisfazione nazionale, la CIA, che fino ad allora era stata un'istituzione rispettata, cominciò ad essere vista come un feroce elefante nella cristalleria della politica internazionale. Vennero allo scoperto gli sporchi dettagli della deposizione del premier Mossadeq, in Iran nel 1953; dell'espulsione del governo Arbenz in Guatemala nel 1954; della disastrosa operazione della Baia dei Porci; e di come la CIA avesse spiato decine di migliaia di statunitensi e negato tali attività al Congresso, elevando così a nuovi livelli l'arte del mentire. Il dopoguerra si era aperto al suono della musica delle promesse storiche degli USA, ma queste ora sembravano, più che altro, un discorso cinico di una monarchia borbonica.
Molto è stato scritto da allora circa gli aspetti più drammatici delle attività della CIA e, tuttavia, poco è stato detto del suo gioiello più prezioso: il suo programma di guerra psicologica e culturale.
Dal collasso dell'Unione Sovietica si sono rivelate numerose prove della lotta del Cremlino per la supremazia ideologica. Sappiamo come il Cominform organizzò un'ampia offensiva culturale non solo nel blocco sovietico ma, anche, nel resto del mondo, al fine di guadagnare adepti alle proposte del comunismo. Tuttavia, si conoscono meno prove di come, al culmine della Guerra Fredda, il governo USA destinava ingenti risorse al proprio programma di guerra culturale.
Un elemento fondamentale all'interno di questo programma consisteva nel far credere che non esistesse. Come affermava uno degli strateghi della Guerra Fredda: "Il modo per ottenere un efficiente lavoro di propaganda, è che sembri che non ci sia alcun lavoro di propaganda". Di conseguenza, l'apparato di intelligence USA, la CIA, operava con il massimo di discrezione. Quali fini perseguivano? Spegnere l'interesse verso il comunismo, dissipare l'idea che quella posizione neutrale fosse una valida opzione nel contesto della Guerra Fredda, stimolare la visione degli USA come custode della libertà, e aumentare le possibilità di espansione di questa nazione.
Questa campagna, che al suo apice disponeva di immense risorse, non era rivolta alle masse, ma all'intellighenzia; doveva funzionare dal vertice alla base. Al dirigersi alle élite culturali cercava di effettuare un permanente cambio rispetto alla politica estera degli USA, in un modo politicamente corretto. Sarebbe l'intellighenzia di Europa, Africa, Asia e America Latina, che direttamente o indirettamente avrebbe influito negli atteggiamenti di coloro che avevano nelle mani il potere. Come mi ha spiegato un ufficiale della CIA "ciò che l'Agenzia si proponeva era di formare persone che, a partire dal proprio ragionamento, fosse convinta che tutto ciò che faceva il governo USA fosse corretto".
Dalla sua stessa comparsa, nel 1947, la CIA stabilì basi di un "consorzio" per creare una estesa ed influente rete di personale di intelligence e strateghi politici e utilizzare l'apparato corporativo, così come le vecchie relazioni delle università della Ivy League. Il suo scopo era quello di prevenire, il mondo, dal contagio del comunismo e favorire gli interessi della politica estera USA. Il risultato fu una fitta rete di persone che lavoravano alla promozione di un ideale: il mondo aveva bisogno di una nuova era di rappresentazione, e quel periodo avrebbe ricevuto il nome di "Il Secolo Americano".
Questo consorzio fu l'arma segreta della Guerra Fredda degli USA; arma che nella sfera culturale aveva grandi influenze. Coscientemente o meno, contenti o meno nell'Europa del dopoguerra (e di fatto in America del sud, Asia, e nei paesi africani in via di sviluppo) rimasero pochi scrittori, giornalisti, poeti, artisti, storici, scienziati o critici i cui nomi non fossero, in un modo o nell'altro, legati a questa attività segreta. In nome della libertà di espressione, l'apparato di intelligence USA -per più di 20 anni indiscutibile e segreto- condusse, in tutto il mondo, una una serie di operazioni culturali con ingenti finanziamenti.
Così la Guerra Fredda era definita come una "battaglia per le menti degli uomini" e riunì un vasto arsenale di armi culturali, come riviste, libri, eventi, seminari, mostre, concerti e premi.
Questa campagna segreta cercava la diserzione dei numerosi intellettuali che, negli anni trenta, avevano aderito alla sinistra. Ai tempi della Guerra Civile Spagnola e della Grande Depressione, questi intellettuali avevano visto nel marxismo e nel comunismo la promessa di un brillante futuro; tuttavia, già negli anni quaranta, quando iniziavano i primi processi stalinisti, si resero conto che avevano costruito false aspettative. In totale confusione, passarono il resto del decennio chiedendosi dove era stato l'errore; cosicché già negli anni cinquanta molti di questi intellettuali si convertirono in liberali (e non tanti liberali) anticomunisti e non erano lontani da una nuova e congeniale relazione con la Guerra Fredda degli USA.
Individui come Arthur Koestler personificano questa drammatica ri - orientazione ideologica. Koestler, che fu un attivista al servizio del comunismo, aveva dimostrato la sua disillusione con una critica devastante, Darkness at Noon (Buio a mezzogiorno), la cui descrizione della crudeltà sovietica significò la sua presentazione di credenziali come anticomunista. Alla fine degli anni quaranta, Koestler serviva come consigliere del Foreign Office britannico, del Dipartimento di Stato USA, e anche lavorava per la CIA. Koestler fece sì che queste istituzioni comprendessero l'utilità di favorire coloro che, a quel tempo, già si definivano come Sinistra non comunista, che rispondeva ad un duplice obiettivo: raggiungere una certa vicinanza a gruppi "progressisti" al fine di controllare le loro attività e ammorbidire il loro stesso impatto attraverso l'influenza dall'interno dei gruppi stessi, che portava i loro membri a posizioni parallele e, sottilmente, meno radicali.
Presto lo stesso Koestler beneficiò delle campagne propagandistiche anti-comuniste, da parte della Gran Bretagna e USA. Nel 1948, l'Ufficio Affari Esteri finanziò e distribuì, segretamente, 50000 copie di Darkness at Noon. Ironia della sorte, il Partito Comunista Francese aveva l'ordine di acquistare, immediatamente, ogni esemplare che apparisse, ciò che fece sì che il libro fosse continuamente ripubblicato e, chiara ironia della Guerra Fredda, Koestler beneficiò, indefinitamente, dei fondi del Partito Comunista.
Il pezzo chiave delle reti di azioni della CIA, fu il Congresso per la Libertà Culturale, istituito n
el 1950, con sede a Parigi e diretto da un ufficiale della CIA di notevoli capacità linguistiche ed intellettuali. Al suo massimo splendore, il Congresso giunse ad avere uffici in 35 Paesi, pubblicava più di 20 riviste di alta qualità, ed organizzava seminari, concerti, premi letterari e mostre. In questo periodo, non c'era una sola organizzazione, tranne che in Unione Sovietica, che disponesse di tali grandi risorse o influenzasse, in modo simile, la carriera di tante personalità di punta della cultura. Fu il Congresso per la Libertà Culturale che, nel 1963, su ordine della CIA organizzò una campagna segreta contro Pablo Neruda, quando l'Accademia di Svezia lo valutava come Premio Nobel della Letteratura, e Neruda non ricevette il premio (anche se fu finalmente concesso nel 1971). Fu il Congresso per la Libertà Culturale che, nel 1954, organizzò una campagna contro lo scrittore italiano Alberto Moravia dopo che questi suggerisse, pubblicamente, che nelle arti il realismo socialista aveva un qualche valore.
Tuttavia, più importanti di questi tentativi di censura, furono i risultati del Congresso nella diffusione della cultura USA. Mentre le sinistre anti-USA vedevano gli USA come un deserto culturale, la CIA, sotto la facciata del Congresso per la Libertà Culturale e di altre organizzazioni "libere" ed indipendenti, inondò l'Europa di libri, cantanti, orchestre e arti in generale degli USA; inoltre aiutarono a finanziare il successo dell'Espressionismo Astratto -le stravaganti e anarchiche tele Jackson Pollock e la Scuola di New York- con presentazioni nelle gallerie di tutto il mondo, alla maniera di un gruppo di agitatori che si scontra con l'arte vecchia e tradizionale, perfetta promozione per una nazione che tollerava la libertà di espressione nello stesso modo in cui l'Unione Sovietica la odiava. Inoltre la CIA pagò i costi di produzione degli adattamenti di Animal Farm di George Orwell (La fattoria degli animali) e 1984 e assicurò i suoi investimenti, in questo senso, nell'inserire agenti in entrambi i progetti. La presenza della CIA condizionò la direzione ideologica dei film ispirati in entrambe le opere, in modo che dopo la sua morte, George Orwell, il grande nemico della propaganda, fu esposto alle evasioni ed inganni della stessa.
Nel 1977, in un articolo per Rolling Stone, Carl Bernstein -il reporter investigativo che con Bob Woodward rese pubblico quello che fu il Watergate- scrisse circa l'influenza della CIA nei media. Dopo 25 anni, sembra davvero conservatrice la sua dichiarazione che più di 400 giornalisti USA collaborarono, segretamente, con la CIA. Alcune di queste relazioni si mantenevano nell'anonimato, altre erano esplicite; aveva cooperazione, adeguamento e sovrapposizione. I giornalisti offrivano una gran varietà di servizi clandestini, dalla semplice localizzazione di informazioni sino al lavoro come collegamento con spie in paesi comunisti. I giornalisti condividevano le loro note con la CIA; gli editori condividevano il loro personale. Alcuni di questi giornalisti erano premi Pulitzer, illustri giornalisti che si consideravano "ambasciatori senza portafoglio" dei loro paesi. La maggior parte erano meno noti: corrispondenti stranieri che pensavano che i loro legami con l'Agenzia gli agevolasse il lavoro.
Durante gli anni cinquanta e sessanta, molti giornalisti furono utilizzati come intermediari per localizzare, pagare e passare istruzioni ai democristiani in Italia e ai socialdemocratici in Germania; in entrambi i casi ricevettero dall'Agenzia milioni di dollari. Ad un livello più basso rimanevano i dipendenti, a tempo pieno, della CIA che si mascheravano come reporter all'estero.
In molti casi questi giornalisti erano impiegati dalla CIA con l'approvazione delle amministrazioni delle principali organizzazioni di stampa. Gli editori USA, come molti altri dirigenti aziendali ed istituzionali, erano più che disposti a stanziare le risorse delle loro aziende alla guerra contro il "comunismo globale". Di conseguenza la barriera che, tradizionalmente, separa gli organi di stampa USA ed il governo USA si fece impercettibile. Un ricercatore che, nel 1976, conduceva un'inchiesta del Congresso circa le attività della CIA espresse il suo stupore davanti all' "incredibilmente estensione di quanto fossero quei rapporti" e disse: "Non c'è bisogno di manipolare la rivista Times, perché ci sono membri dell'Agenzia nella stessa direzione".
Agenti a pagamento che lavoravano nella Associated Press e United Press International, intervallavano, tra le notizie, dispacci preparati dalla CIA. Un obiettivo comune per le attività di propaganda erano i club della stampa che esistevano in quasi tutte le capitali straniere. A volte, i presidenti di questi club erano agenti CIA. La propaganda adottò molte apparenze ed emerse in molti luoghi. Andava dall'innocuo; per esempio le lettere agli editori dei principali quotidiani, che non identificavano il mittente come impiegato della CIA, ad azioni con conseguenze ben più gravi, quali i rapporti sui test nucleari sovietici che mai si effettuarono.