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USA-ExxonMobil trivella nell’Artico russo


Eshin
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ExxonMobil trivella nell’Artico: il boicottaggio occidentale verso la Russia non vale per il petrolio

La multinazionale a stelle e strisce del petrolio è riuscita a evitare le sanzioni di Usa e Ue

di
Umberto Mazzantini

Evidentemente le sanzioni occidentali contro la Russia non valgono per le gigantesche multinazionali petrolifere statunitensi, come ExxonMobil. La Big Oil sta infatti trivellando nell’Artico russo, sfidando così in un colpo solo Washington, Bruxelles e l’opposizione degli ambientalisti, contrari all’esplorazione petrolifera nell’Artico.

Quello appena avviato di ExxonMobil è un accordo avvenuto con l’autorevolissima benedizione del presidente russo Vladimir Putin, che lo ha indicato come un esempio di cooperazione internazionale in un momento politicamente difficile. Secondo Fuel Fix, il progetto congiunto tra ExxonMobil e la statale Rosneft per trivellare il giacimento Universitetskaya, una formazione geologica sotto il fondo dell’oceano grande più o meno quanto il territorio di Mosca, vale 700 milioni dollari e ci vorranno circa 70 giorni per raggiungere il giacimento. Rosneft stima che la Universitetskaya contenga fino a 9 miliardi di barili di petrolio, il che rende il giacimento un obiettivo importante per l’esplorazione petrolifera russa. Petrolio, gas e altre energie rappresentano infatti il 50% delle entrate statali russe, e la Russia ha portato la sua produzione post-sovietica di greggio ad oltre 10 milioni di barili al giorno.
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James Henderson, un ricercatore dell’Oxford Institute for Energy Studies, ha confermato che «il giacimento è molto importante, probabilmente uno dei pozzi più interessanti per l’industria petrolifera mondiale da molti anni a questa parte».

Per aggirare il boicottaggio occidentale, fortemente voluto proprio dagli Usa, ExxonMobil ha noleggiato la piattaforma petrolifera offshore West Alpha dalla Seadrill Ltd, che ha sede alle Bermuda. Ha potuto così iniziare a trivellare il primo dei 40 pozzi che Rosneft intende perforare entro il 2018, per esplorare il potenziale produttivo di greggio del Mar Glaciale Artico. Un’altra gemma petrolifera della corona dell’oligarchia energetica putiniana, Gazprom, ha già pozzi attivi nel Circolo Polare Artico al largo della costa settentrionale della Russia.

Le Ong ambientaliste, con alla testa Greenpeace, si sono opposte e continuano ad opporsi alla trivellazione dell’Artico per difendere l’ecosistema unico degli enormi problemi di sicurezza causati dall’estrazione di petrolio e gas in un ambiente estremo. Gustavo Ampugnani, l’attivista italiano di Greenpeace arrestato e lungamente detenuto in Russia dopo un blitz contro una piattaforma offshore di Gazprom, ha detto che il piano di ExxonMobil e Rosneft «per trivellare nell’Artico ecologicamente sensibile è niente di meno che assurdo. La piattaforma West Alpha sta rapidamente diventando la piattaforma petrolifera più controversa del mondo».

Simon Boxall, un esperto di sversamenti petroliferi dell’università di Southampton, che ha svolto un ruolo essenziale nella analisi della marea nera della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, ha già dichiarato al Guardian che se le trivellazioni nell’Artico andassero avanti «è inevitabile avere una fuoriuscita letale. Mi aspetterei di vedere una grande fuoriuscita in un futuro non troppo lontano».

Ma, al di là delle forte preoccupazioni ambientali che suscita il progetto, quello che sta accadendo sul giacimento Universitetskaya aggrava il cima tensioni tra Stati Uniti e Russia, con la prima che accusa Mosca di sostenere i ribelli russofoni in Ucraina, mentre Mosca accusa Usa e Ue di finanziare ed armare il governo di Kiev.

Ma a quanto pare, anche dopo l’abbattimento di un aereo passeggeri della Malaysia nei cieli delle regioni filorusse, le sanzioni sull’industria petrolifera e gasiera russa imposte da Usa e Ue non spaventano le multinazionali. Il tentativo di mettere tecnicamente in ginocchio il settore estrattivo russo sembra destinato a naufragare nei bui e freddi fondali della Universitetskaya, mentre a essere in ginocchio è il ben più morbido settore ortofrutticolo europeo, che evidentemente gode di ganci internazionali meno possenti. I pesci più piccoli, si sa, sono sempre i più facili da imbrigliare.

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Citazione
gigio
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Registrato: 2 anni fa
Post: 50
 

A dimostrazione che di blocchi ce n'è stato sempre solo uno, il resto sono solo fazioni, a volte antagoniste solo di facciata.

Nel mentre le masse si schierano ubriache chi di "democrazia", chi di "patriottismo" e chi di "revanscismo" e chi di "altro" pensando di essere libere e autodeterminanti, tutte prigioniere nella stessa prigione anche se in celle, poi non tanto differenti tra loro.

Sapete che vi dico padroni e servi ...

... ma andatevene tutti all'Inferno, ma quello vero.


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vic
 vic
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 6373
 

Metterei tutto nella stessa categoria: trivellazioni polari e fracking.
Sono entrambe un chiaro indizio che l'era del petrolio e' alla frutta.

In una manciata di generazioni siamo riusciti a depredare madre terra di tutto quel che poteva dare. Ora ci mettiamo in una situazione molto rischiosa, un po' simile come rischio a quello corso con il nucleare civile. Incidenti petroliferi notevoli sono gia' occorsi, eppure e' come se nulla fosse successo. Il fracking sta rivelando anch'esso come sia una tecnologia molto inquinante, causa perlomeno di microterremoti, e per di piu' e' una tecnologia a corto respiro.

Quindi?
Quindi una politica molto avveduta sarebbe di incamminarsi lontano da petrolio e gas, per quel che riguarda l'approvvigionamento energetico.
E' possibile farlo a costi ragionevoli? Non si capisce bene. Ma la strada da intraprendere e' quella, non fosse che per dare una speranza alle generazioni future, che gia' si troveranno sul groppone inquinamenti spaventosi, debiti stratosferici, probabilmente stato sociale inesistente, precariato onnipresente e cosi' via.

Ci sono speranze di farcela?
Direi di si'. Senza nemmeno avere troppa fretta.
Ma sono semplici speranze, non certezze.
Sicuro e' che una riduzione della globalizzazione folle aiuterebbe.

Rischiamo fra poco di consumare piu' energia per produrre l'energia che ci serve. Un vero controsenso.
All'inizio cercheranno di mascherare questo fatto, ma prima o poi la verita' verra' a galla e la bolla energetica scoppiera' improvvisamente, lasciando quasi tutti praticamente a piedi, al freddo e al buio.

Occorre proprio arrivare a quel punto per rendersi conto di cambiar strada?

E anche i verdi devono darsi una regolata: non si puo' avere la botte piena e la moglie ubriaca. Volete solare ed eolico ma non rovinare il paesaggio. Siete per il riscaldamento a legna ma siete contrari alle polveri fini da combustione della legna. Non ho ancora capito se siete contrari o favorevoli all'aumento demografico.

Di sicuro so che i verdi, perlomeno da queste parti, se ne strafottono di quel che sta succedendo un po' in sordina nel campo della cosiddetta fusione fredda. Sarebbe bene interessarsene, se non altro per evitare pericolose sbandate se la cosa finisce in mano alla liberalizzazione sfrenata, senza nessun tipo di controllo sulla sicurezza.

Troppi parlano di nuova politica energetica. Nessuno sa come attuarla veramente. A parte costruire centrali a gas, o addirittura a carbone, nel frattempo.

Mah.


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