Ora che Cesare Previti ha raggiunto, con qualche anno di ritardo, il suo habitat naturale, si può finalmente dire ciò che si era sempre saputo: Silvio Berlusconi ha costruito le sue fortune affiancato da due delinquenti. Alla sua destra Marcello Dell'Utri, condannato definitivamente per false fatture e frode fiscale e in primo grado per mafia. Alla sua sinistra Cesare Previti, condannato dalla Cassazione come corruttore di giudici, pagati per infliggere allo Stato l'ingiusto risarcimento di 1000 miliardi di lire alla Sir di Rovelli, che non ne aveva diritto e ricompensò Previti e i suoi colleghi- complici Pacifico e Acampora con 67 miliardi. Quello che il Tribunale di Milano definì «il più grave caso di corruzione della storia d'Italia, e non solo».
Avevano ragione Stefania Ariosto e la magistratura milanese, diffamate e calunniate per dieci anni da Berlusconi, alleati, giornali e tv al seguito. Avevano ragione i Girotondi a denunciare la voglia d'impunità di questa associazione per delinquere fattasi Stato. Avevano ragione i pochi giornali che han sempre raccontato i fatti nudi e crudi (per aver osato tanto, Ferruccio De Bortoli dovette lasciare la direzione del Corriere). Avevano ragione i giornalisti e gli attori satirici epurati dalla tv di Stato perché non parlassero di quei fatti e per far posto a Bruno Vespa (che l'altra sera, mentre l'amico Previti diventava pregiudicato, deliziava il suo pubblico con un Porta a Porta sulla dieta mediterranea). Aveva ragione chi nutriva fiducia nella Giustizia: il processo agli uomini più potenti e malfamati del Paese, sul quale nessuno avrebbe scommesso una lira, è arrivato in porto grazie a una miriade di magistrati di varie sedi, orientamenti e funzioni, che hanno dribblato una selva indescrivibile di attacchi, denunce, trappole, cavilli, ricorsi, leggi canaglia, ricusazioni, legittime suspicioni, istanze di rimessione, di nullità, di inutilizzabilità, di incompetenza territoriale, di incostituzionalità.
Il pellegrinaggio dei devoti previtiani al carcere di Rebibbia al seguito del prof. sen. rag. Marcello Pera, presidente del Senato uscente, aumenta - se possibile - la vergogna di un partito-azienda nato per garantire l'impunità a un pugno di furfanti che da 12 anni piegano la politica e le istituzioni al solo scopo di farla franca in processi che nulla hanno di politico perché riguardano baratterie che precedono di anni il loro sbarco in Parlamento. Nemmeno dopo la pronuncia della Suprema Corte si considerano le prove gigantesche raccolte dagli inquirenti e passate al vaglio di tre gradi di giudizio, che dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio il peggior reato immaginabile per un colletto bianco: la corruzione dei giudici per ottenere sentenze favorevoli a chi ha torto e sfavorevoli a chi ha ragione. Anzi, i pellegrini di Rebibbia intonano la solita litania della «giustizia giusta» e del «garantismo». Marcello Dell'Utri, l'altro onorevole pregiudicato purtroppo ancora in carica, si fa promotore della candidatura di Massimo D'Alema al Quirinale in cambio di una «dichiarazione istituzionale» che «riprenda il discorso della Bicamerale sul sistema delle garanzie». Ma certo: quale processo più «garantito » di quello in cui il giudice è stato preventivamente comprato dagli avvocati di una parte, quella che ha torto?
Che questo mercimonio sia avvenuto nella causa Imi-Sir, dove Previti& C. agivano per conto dei Rovelli, è ormai assodato. Ma ora la Cassazione riapre l'altra causa civile in odor di compravendita: quella che strappò la Mondadori (la casa editrice più la Repubblica, l'Espresso, Panorama, Epoca e 14 quotidiani locali) a Carlo De Benedetti consegnandola a Berlusconi. Un lodo arbitrale aveva dato ragione all'Ingegnere. Ma poi, al solito, anziché riconoscere la sconfitta, il Cavaliere rovesciò il tavolo e fece ricorso alla Corte d'Appello di Roma. Lì era pronto il giudice Vittorio Metta (appena condannato a 6 anni per aver venduto il verdetto Imi-Sir a Previti &C.). Il quale, in poco più di 24 ore, riuscì a produrre una sentenza di 168 pagine che ricalcava punto per punto i desiderata del Cavaliere. Dopodichè ricevette un bel po' di milioni di misteriosa provenienza proprio mentre gli amici Previti & C. movimentavano in Svizzera una cospicua provvista targata Fininvest. Metta chiuse la sua carriera andando a lavorare come avvocato nello studio Previti, insieme alla figlia Sabrina. Corruzione, secondo il Tribunale di Milano. Insufficienza di prove, secondo la Corte d'appello. Corruzione, secondo la Cassazione, che ha disposto un nuovo appello: imputati Metta, Pacifico e Previti, mentre il mandante dell'eventuale tangente giudiziaria, Berlusconi, l'ha fatta franca grazie alle attenuanti generiche e alla conseguente prescrizione.
L'uomo che annunciava «non faremo prigionieri» è prigioniero da 24 ore. Dice che l'hanno «lasciato solo». Ecco, basta una sua parola, e potrebbe trovare presto compagnia.
Marco Travaglio
Fonte: www.unita.it
6.05.06
Visto su: http://www.onemoreblog.org
Andiamo a vedere anche un po' di privatizzazioni e, visto che i protagonisti di allora, del 1992 se non sbaglio, sono di nuovo in auge, vediamo se finiranno quanto hanno cominciato allora.
Per loro niente processi è chiaro.
come già detto anche in altre occasioni, e quì lo ripeto, non mi vanno questi di adesso e non mi andavano quelli degli ultimi cinque anni.
Come non mi vanno i lecchini del buon presidente uscente e che lo vorrebbero ancora al Colle.
Che quei signori, condannati, debbano scontare la pena è un conto.
L'accanimento verso le persone, anche condannate, è un'altra cosa.
Il deriderle e sbeffeggiarle è un'altra cosa ancora.
Forse l'amico dell'articolo si godrà le belle parole che dirà il nostro Fazio, oggi a che tempo che fa, con il Tommaso Padoa Schioppa.
Spostiamo sempre il tiro dai veri problemi: del resto se anch'io avessi il portafoglio a fisarmonica, forse, me ne fregherei.
Ma per carattere, cosa che a molti manca evidentemente, non lo farei.
Chi con 40 milioni e più al mese stringe la mano ai disoccupati dicendo (e mentendo sapendo di mentire) sono con voi, ecco merita calci nel sedere.
Quei tali, Previti e co. , devono andare in galera? Ci vadano.
Ma se stiamo invece dalla parte del paese (nazione o stato magari fa troppo destra e fascista ) ci dobbiamo preoccupare, visto che chi c'era prima e ancora prima (quelli delle privatizzazioni e che ci hanno fatto entrare senza referendum nell'euro e in Europa) non lo ha fatto, ripeto di creare lavoro e posti di lavoro per gli italiani e per chi vive in Italia.
Le altre cose vengono dopo. Lavoro, come dice la Costituzione e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, che deve permettere di vivere in maniera dignitosa.
Quindi se quello fa la spia o è mafioso, se ne occuperà la magistratura.
Metti la notizia a pagina 13 ma in prima pagina scrive se chi si deve occupare di creare lavoro, lo fa o non lo fa.
Tutto il resto deve venire dopo.
SME, ovvero, il capolavoro del leader indiscusso della sinistra.
Geniale.
In realtà, in origine SME significava testualmente "Società
Meridionale Elettricità", ma all'epoca dei fatti era prevalentemente
un "polo alimentare" che comprendeva marchi storici italiani tra i
quali Autogrill, Supermercati GS, Charms, Sanagola, De Rica, Cirio,
Bertolli, Alemagna, Motta e molto altro.
La SME era di proprietà dello Stato attraverso l'IRI, che deteneva
un pacchetto del 64% delle azioni complessive.
La valutazione di quei "quasi due terzi" della SME, sulla quale
concordavano tutte le società del settore, si aggirava a quei tempi
sui 650-700mld.
Il Governo decide di venderla e ordina al CdA dell'IRI di effettuare
i preparativi per l'asta pubblica imposta da quelle che sono le
regole di privatizzazione.
Ben presto "nell'ambiente" si inizia a vociferare che la francese
BSN Gervais Danone sia disposta addirittura a superare i 700
miliardi, ma che incontrerà un avversario agguerrito nella cordata
Barilla-Ferrero.
Romano Prodi, in quel momento Presidente dell'IRI si oppone
duramente alla vendita della SME, ma è solo un modo per "prendere
tempo" per ritardare i preparativi dell'asta pubblica per aspettare
una "coincidenza di cassa" della SME...
Infatti il leader della sinistra, molto prima dell'inizio dei
preparativi per l'asta pubblica, ha già venduto sottobanco, e a
titolo personale, la SME a De Benedetti.
E infatti, quando la "coincidenza di cassa" è matura, convoca a
tempo di record una mega-conferenza stampa, e annuncia in fretta e
furia al mondo di aver venduto la SME a De Benedetti.
Scoppia il finimondo.
Nell'IRI, dove nessuno sa nulla, tant'è che si viene a sapere della
vendita della SME nel bel mezzo dei preparativi dell'asta pubblica
che avrebbe dovuto venderla settimane dopo...
Nel mondo politico, poiché nessuno del Governo, cui spetta la
ratifica finale, sa assolutamente nulla, anzi, sta aiutando il
C.d.A. dell'IRI ad organizzare l'asta futura...
Nella magistratura, poiché Prodi non ha alcun titolo per poter
vendere qualcosa a nome dello Stato o dell'IRI, o "impegnarsi" in
alcun modo nei confronti di terzi...
Nel mondo economico, poiché non si capisce come si possa avere la
stupidità (o il coraggio) di vendere a 3 (TRE) miliardi una società
per la quale i francesi ne offrono intorno ai 700 (SETTECENTO)...
Partono le consuete denunce contro il leader della sinistra, al
seguito delle quali la magistratura blocca la vendita.
E quando pare che sia la volta buona che arrestano Prodi, si scopre
che nel contratto con De Benedetti compariva una micro-clausoletta
del tipo "salvo approvazione dell'IRI e del Governo", che riduce il
contratto a semplice "proposta di contratto" (nonostante i
trionfalistici annunci del Professore e dell'Ingegnere alla
conferenza stampa).
De Benedetti non ci sta, e chiama a sua volta in causa più volte la
magistratura, ma, a causa della clausoletta, perde ovviamente tutti
i ricorsi, e non trova ovviamente il benché minimo ascolto in alcun
ambiente giudiziario.
E, a causa della clausoletta, Prodi si salva ancora una volta in
extremis dalla galera.
Molto interessante il contratto firmato tra Prodi e De Benedetti.
In breve, Prodi vendeva a titolo personale il 64% delle azioni della
SME, ossia il pacchetto detenuto dallo Stato attraverso l'IRI, per
497 miliardi di vecchie lire, mentre l'asta che contemporaneamente i
vertici dell'IRI e del Governo stavano organizzando, partiva da un
prezzo-obbiettivo di circa 700.
De Benedetti non possedeva i 497 miliardi, quindi Prodi gli
rateizzava opportunamente il pagamento.
Per "opportunamente" si intende che le rate venivano fissate, sia in
importo, sia in data, in modo da permettere allo spiantato ingegner
di reperire i contanti necessari "altrove", ossia "non nelle sue
casse" perché nelle sue casse regnavano le ragnatele...
Ecco quindi il primo capolavoro der Mortazza: la "coincidenza di
cassa" si concretizzava in circa 100 miliardi di "liquidità" per la
prima (e l'ultima) volta presenti nelle casse della SME, quindi una
rata era a posto...
Secondo capolavoro: il leader della sinistra impegna nel contratto
lo Stato a ricomprare istantaneamente dall'Ingegnere, attraverso le
banche "statali" Mediobanca e IMI, quel 13% di azioni "in più"
rispetto al 51% strettamente necessario al controllo totale della
SME, e a pagarlo 114 miliardi.
Ma... se la calcolatrice non è un'opinione, il 13% è circa un quinto
del totale del pacchetto del 64% di azioni SME e se il pacchetto
totale è stato venduto per meno di 500mld, perché un quinto non
viene rivenduto istantaneamente a meno di 100, bensì a 114?!?
Terzo capolavoro: il leader della sinistra impegna lo Stato
ad "imprestare" 30mld all'Ingegnere, restituibili in tempi abnormi
al tasso del 5% in un periodo nel quale i tassi di mercato erano tra
il 15 e il 20%...
Quarto capolavoro: l'affare andava concluso con quella incredibile
fretta anche perché, oltre alla "coincidenza di cassa", c'era in
ballo, nei conti della SME, un imminente "recupero fiscale" per
quasi 700 MLD di perdite pregresse, che si traducevano in un
ulteriore utile di circa 250 MLD per l'acquirente...
Riassumendo, grazie al capolavoro contrattuale del leader della
sinistra, De Benedetti acquistava un oggetto a 497 miliardi anziché
700, ma degli ipotetici 497mld, circa 100 erano dello Stato e non
dell'Ingegnere, essendo nella cassa della SME, altri 114 erano dello
Stato, e non dell'Ingegnere, essendo "una costola" sovrastimata di
ciò che, fino a 5 minuti prima, era dello Stato, altri 250 erano già
dello Stato, poiché "recupero fiscale" di perdite di qualcosa che,
fino a 5 minuti prima, era dello Stato, e altri 30 erano imprestati
dallo Stato.
Cioè 497 – 100 – 114 – 250 – 30 = 3 miliardi... Anziché 700..........
E che fine hanno fatto tutte le denunce?
BOH!
Improvvisamente salta fuori un'avventuriera di nome Ariosto, assidua
frequetatrice di casinò che un bel giorno per dare un tono alla
propria vita, si mette in testa di fare la gallerista di opere
d'arte...
Gli affari procedono bene, ma un bel giorno le vengono rubati dei
quadri di valore e chiede il risarcimento alle compagnia di
assicurazione, la quale, non stupida, fiuta l'inganno e la denuncia
per frode...
La Signora, non si sa perché, in Questura si ricorda di un fatto
clamoroso... durante una festa si ricordò improvvisamente che
Previti, tra un frizzantino e l'altro, disse a bassa voce di aver
promesso ad un giudice un quadro di valore per manovrare la sentenza
a suo favore... CHE COINCIDENZA!
Alla Bocassini, non pareva vero... e con la bava alla bocca...
convocò Previti...
Iniziò cosi la telenovela del processo Previti...
La Signora Ariosto poi ritrattò, beccatasi una giusta "querela", in
lacrime aggiunse: "Non credevo che raccontare palle fosse reato".
Poveretta...
Non solo senza un prova...
"il reato" ed il "suo corpo" non esistono proprio!
Previti sarebbe stato condannato per aver corrotto con un quadro di
valore (che comunque non si é mai mosso da dove è tutt'ora appeso)
un giudice, tentando di manovrare una sentenza, che non solo era già
comunque favorevole, ma che nemmeno avrebbe dovuto avere luogo dato
che PRODI NON ERA MINIMAMENTE LEGITTIMATO A REGALARE, OPS! VOLEVO
DIRE SVENDERE
LA SME A DE BENEDETTI, che risaputamente poi fece
comunque ricorso...
Dato che Prodi non era legittimato a firmare un contratto di favore
al De Benedetti per la vendita della SME, ed il contratto doveva
essere ritenuto nullo ad ogni effetto, tantomeno un giudice, visto
che il De Benedetti fece pure incredibilmente ricorso, era chiamato
ad esprimersi in un senso o nell'altro...
Ed è questa l'assurdità dell'intera vicenda... era Prodi da
arrestare STOP! Invece no, Prodi lo salva la sinistra con il
decreto "Salva Prodi" che gli cancella l'abuso di ufficio...
Pure De Benedetti, facendo ricorso, la fa franca.
Morale della favola:
beccano Previti (ovvero Berlusconi) per aver tentato di manovrare
una sentenza che gli era comunque favorevole, sentenza illegittima
(mia opinione) dato che quel contratto stipulato tra Prodi e De
benedetti era incredibilmente nullo a prescindere...
Questa non è l'altra campana...
Questa è la storia VERA!
buttate via la chiave.