Lo stop definitivo all’export di bombe dall’Italia verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, arrivato venerdì come esito di una risoluzione parlamentare dello scorso dicembre, provoca la reazione dell’azienda che le produce. La Rwm Italia Spa, controllata dal gruppo tedesco Rheinmetall, annuncia ricorso contro il governo per la revoca delle licenze di esportazione peraltro già sospese dal 2019 lamentando una “disparità di trattamento rispetto alle altre aziende italiane del comparto Difesa”. L’ad Fabio Sgarzi parla di “provvedimento ‘ad aziendam’, che di fatto colpisce duramente solo Rwm Italia”: del resto lo stabilimento di Domusnovas (Sud Sardegna) dell’azienda con sede a Ghedi, nel bresciano, era l’unico a produrre sulla base dell’autorizzazione rilasciata nel 2016 durante il governo Renzi le bombe utilizzate contro lo Yemen. La Rete Pace Disarmo commenta parlando di “inconsistenza” di motivazioni per fare ricorso visto che in base alla legge 185 del 1990 “il governo e le autorità preposte hanno tutto il diritto di decidere una revoca legandola non solo ad eventuali mutate situazioni derivanti dalle aziende, ma soprattutto relative alle tipologie di armamento e ai Paesi destinatari”.

 

 
 
 

Sgarzi, dopo la notifica ricevuta dalla Uama, chiede l’annullamento e afferma che “la decisione, arrivata sul filo di lana, in un momento delicato per l’economia del Paese in piena pandemia e con un Governo dimissionario, risulta inaccettabile anche per la strumentalizzazione che se ne sta facendo a fini politici”, riferimento alla visita lampo di Matteo Renzi a Ryad la settimana scorsa, anche se appunto la firma di venerdì è solo l’esito di un iter che era già in corso. Per il manager “l’interruzione, per la prima volta, di contratti autorizzati da anni, fatta in maniera tale da colpire solo certi prodotti e solo certi Paesi, deve mettere in allarme tutta l’industria della Difesa e non solo: un precedente grave, sintomo di scarsa considerazione degli effetti generali delle decisioni prese, che perciò rischia di minare la credibilità dell’industria nazionale, a tutto vantaggio della concorrenza estera. Insomma, un colpo a un pezzo importante della nostra economia con sicuri riflessi negativi sul resto”.

 

Rete Disarmo stigmatizza quello che definisce “il solito tentativo di nascondersi dietro la situazione dei propri dipendenti e all’usuale “ricatto occupazionale” per cercare di ottenere approvazione relativamente a un’esportazione che a nostro parere viola tutti i principi normativi e anche morali. Il loro licenziamento o meno non dipende certo dalla revoca del contratto con l’Arabia Saudita (che era da anni ampiamente prevedibile) come dimostra anche la scheda di analisi allegata”.