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Mercato dei voti, l´Idv "denuncia" Scilipoti


Tao
 Tao
Illustrious Member
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"Sei un Giuda". Il deputato: "Dirò no alla sfiducia". E la caccia agli incerti si allarga.  Tra i 350 e 500mila euro il prezzo per convincere i parlamentari al sì alla fiducia: lo dice l´ex democratico Calearo. Corteggiamento in corso sulla Volkspartei: "Promesse sul carcere di Bolzano e su 100 milioni di investimenti" 

«Allora sai che c´è? Io non voto la sfiducia». «Ti comporti da Giuda. Venduto per trenta danari». Sui danari, se davvero ci sono sul tavolo, e se sono proprio trenta, di meno o anche di più, è iniziata una discussione che ieri ha condotto alla popolarità del mercato politico Domenico Scilipoti.

Medico messinese di Terme Vigliatore, agopunturista con vasti interessi nella naturopatia, nella musicoterapia, contro il mercurio e l´elettrosmog. Uomo politico con un passato altalenante - si segnalano infatti nel curriculum diverse trombature politiche - e forse atterrito dall´idea di andare di nuovo, grazie al no a Berlusconi, a sfidare il destino elettorale non sempre come detto benigno. «Ma capisce? Si è rifiutato di parlare con Di Pietro, il presidente del partito», ha dichiarato sconsolato Massimo Donadi. E tra i corridoi del suo partito viene definita «desolante» la vicenda che avrebbe origini in presunte «difficoltà economiche». Secondo questa versione si tratterebbe di una compravendita a tutto tondo: clamorosa, evidente, plateale. «Donadi mi ha gettato fango addosso, non voto più la sfiducia», ha reagito Scilipoti, tampinato dal Pdl fin da settembre, e ieri collassato dinanzi alla forza d´urto incessante di una perorazione che si racconta sia stata stringente e davvero piuttosto convincente. E´ anche certo che oramai non c´è crisi di governo senza che la squadra di Di Pietro perda pezzi, a conferma della curiosa asimmetria tra l´intransigenza antiberlusconiana del leader e la accomodante neutralità, on demand, di qualcuno della sua truppa.

«Tra i 350 mila euro e i 500 mila euro», sarebbe il prezzario che Massimo Calearo, imprenditore veneto, prima col Pd, poi con l´Api, adesso senza fissa dimora, ha comunicato ieri al Riformista come tetto verosimile delle trattative per acquisire voti al governo. Cifre che non attengono alla sua propria mobilità («Berlusconi mi ha detto: non ho nulla da offrirle perché lei, come me, vive di ciò che già ha») ma è riferita ai tanti che avrebbero bisogno di un "aiutino" per saltare il fosso. «A me di soldi non hanno più parlato, ha garantito Antonio Razzi che due mesi fa annunciò di aver rifiutato l´imperdibile offerta di vedersi il mutuo azzerato se avesse convertito il no in un sì. Un cenno della testa e il conto in banca saldato. «Non ho cambiato idea ma ancora non capisco a cosa serva la sfiducia. Devo riflettere». Nel pacchetto di riflessione è inclusa la richiesta al governo di revocare i provvedimenti che chiudono gli uffici periferici delle ambasciate: «Io sono eletto all´estero e questo problema è assai sentito. Quindi mi aspetto una soluzione. Prima vedo e poi forse...». Quindi - e come minimo - il suo voto contro Berlusconi è in stand by.
E sono due. «No, Razzi non si muove, garantito», dichiara Donadi, capogruppo in apnea fino al 14 dicembre quando il tabellone dei voti di Montecitorio dirà chi ha tradito e chi no. Ma anche il tradimento, che si vorrebbe certo e definitivo, in questa fase del mercato risulta provvisorio, piuttosto precario. Maurizio Grassano, per esempio, ha cambiato in una decina di giorni quattro partiti, senza mai mettere piede in nessuno di essi. Fuori dalla Lega e ai margini del Pdl. Poi con i liberaldemocratici, infine con il monogruppo di Francesco Pionati. Per giungere confusamente, secondo le ultime indiscrezioni, nell´area del no a Berlusconi. Ieri Grassano, da Alessandria (trenta giorni di domiciliari all´attivo per una vicenda giudiziaria che giura di subìre ingiustamente) è stato a colloquio con Fini e Casini ai quali avrebbe annunciato la decisione: dirà no al governo.

Con Scilipoti, ma senza Grassano. E siamo dunque ancora inchiodati allo zero a zero. Così via all´affondo. Sempre ieri Denis Verdini ha offerto un caffè al bar della galleria Sordi, cinquanta metri da palazzo Chigi, a Paolo Guzzanti, prima amico e ora testimonial col suo libro - Mignottocrazia - della avversione alla continuità berlusconiana. «Non mi ha convinto», ha detto Guzzanti. La chiusura delle attività parlamentari, decisa prefigurando appunto questa operosità alternativa, produrrà oggi il picco di scambi e contatti. Sotto mira il gruppo dei finiani, oggetto di un pressing che avanza di intensità col passare delle ore. Ma le operazioni sono a tutto campo. Anche con la Volkspartei l´approccio sembra avviato bene e Siegfried Brugger commenta: «Da tempo chiediamo il nuovo carcere di Bolzano, per il quale in questi giorni abbiamo avuto l´assicurazione dal ministro Alfano che si farà, e stiamo trattando con Tremonti una deroga al patto di stabilità, per liberare 100 milioni di euro di investimenti».

Tutto è in linea con le previsioni della vigilia. Aggiornamenti previsti ogni ventiquattro ore.

Antonello Caporale
Fonte: www.ilmanifesto.it
8.12.2010


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