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"Sapevamo della morte di Moro prima della telefonata BR


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Aldo Moro, Vitantonio Raso: "In via Caetani noi artificieri siamo arrivati due ore prima della telefonata delle Br" (FOTO, VIDEO)

Ansa | Pubblicato: 29/06/2013 12:26 CEST | Aggiornato: 29/06/2013 12:55 CEST

Non sono mai stati interrogati e se ne lamentano perché hanno molto da raccontare gli antisabotatori che per primi arrivarono all'R4 rossa, con il corpo di Moro nel bagagliaio, in via Caetani, il 9 di maggio di 35 anni fa. Uno di loro, Vitantonio Raso, ha scritto un libro, 'La bomba Umana', nel quale dà dettagli che modificano la storia per come finora nota.

Lui ed il suo collega Giovanni Circhetta -sentiti dall'Ansa e dal sito www.vuotoaperdere.org- spostano l'ora del ritrovamento dell'auto e del cadavere dello statista a prima delle 11, mentre era delle 12.30 la famosa telefonata delle Br che annunciava l'uccisione di Moro ed il luogo dove trovarne il corpo.

Alle 11, infatti, gli artificieri arrivarono in via Caetani per controllare che l'R4 non fosse una trappola esplosiva. Fu Raso il primo ad entrare nella macchina ed a trovare sotto la coperta il corpo di Moro. Poco dopo arrivò anche Francesco Cossiga, che finora si sapeva essere giunto in via Caetani solo poco prima delle 14 e quando Raso,sceso dalla macchina, comunicò che dentro il bagagliaio c'era Moro, non vi fu alcuna reazione da parte Cossiga e da chi lo circondava. "Sembrava che sapessero già tutto",dice Raso. Dal Maresciallo Giovanni Circhetta l'altra novità: sul sedile anteriore della R4 c'era una lettera. Circhetta è sicuro e si chiede che fine abbia fatto.

In un suo recente libro ("La bomba umana") Raso aveva lasciato indeterminata la questione degli orari che ora chiarisce dopo 35 anni. La questione è rilevante perchè la telefonata delle Br (Morucci e Faranda) che avvertiva dell'uomo chiuso nel bagagliaio della macchina è delle 12.13. Non solo: Francesco Cossiga e un certo numero di alti funzionari assistettero, ben prima delle famose riprese di Gbr che sono state girate a cavallo delle 14, alla prima identificazione del corpo fatta proprio da Raso.

Cossiga si recò quindi due volte in via Caetani. La R4 fu ripetutamente aperta dai due sportelli laterali come testimoniano le foto a corredo di questa inchiesta. "Quando dissi a Cossiga, tremando, che in quella macchina c'era il cadavere di Aldo Moro, Cossiga e i suoi non mi apparvero nè depressi, nè sorpresi come se sapessero o fossero già a conoscenza di tutto", dice Raso. "Ricordo bene che il sangue sulle ferite di Moro era fresco. Più fresco di quello che vidi sui corpi in Via Fani, dove giunsi mezz'ora dopo la sparatoria".

Raso fornisce la prova che le cose il 9 di maggio non andarono come finora si è raccontato: "Sono ben consapevole.
La telefonata delle Br delle 12.13 fu assolutamente inutile. Moro era in via Caetani da almeno due ore quando questa arrivò.

Chi doveva sapere, sapeva. Ne parlo oggi per la prima volta, dopo averne accennato nel libro, perchè spero sempre che le mie parole possano servire a fare un pò di luce su una vicenda che per me rappresenta ancora un forte shock. Con la quale ancora non so convivere". Raso non è mai stato interrogato. (L'intervista integrale sul sito dell'Ansa e su www.vuotoaperdere.org).

http://www.huffingtonpost.it/2013/06/29/aldo-moro-vittorio-raso-via-caetani-artificieri-due-ore-prima-delle-br_n_3521041.html?utm_hp_ref=italy


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radisol
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Si, vabbè ... ma manca un dato fondamentale ... agli artificieri chi ha ordinato di recarsi sul posto alle 11 ?

E possibile che tutti questi movimenti intorno alla R4 sin dalle 11 e poi fino alle 14 ... addirittura Cossiga col suo seguito che arriva, se ne va e poi ritorna .... non siano stati notati da nessuno ?

Eppure siamo quasi davanti alle sede nazionale del Pci e appena dietro quella della Dc ... posti normalmente ultra-sorvegliati e figuriamoci poi in quei giorni ...

Francamente, mi sembra l'ennesima rilevazione "a sensazione" .... senza alcun elemento concreto e verificabile ... un altro che sta pubblicizzando un suo libro che peraltro in larga parte parla di altro ...

Oltretutto, il sangue di Moro "fresco" alle 11 ? Ma gli ultra-complottisti di Cdc non sostenevano, ancora stamattina, che Moro era stato ucciso il giorno prima ?

Ma quando finisce questa infinita pantomima ?


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Raziel79
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In effetti anche se le impressioni fossero corrette, dopo che il governo aveva deciso la linea della fermezza, Cossiga che si doveva aspettare? Che non fosse stupito ci può stare.
Quanto al sangue (non sono un esperto) ma presumo che quello esposto all'aria aperta secchi più velocemente di quello al chiuso di un bagagliaio (da due nozioni di fisica di base che mi ricordo). Stabilire l'ora della morte con relativa precisione è operazione difficile per un medico legale, figuriamoci per un artificiere. Anche in questo caso può non voler dire nulla...
Come già fatto notare, Raso per essere credibile dovrebbe prima di tutto dire chi ha chiamato gli artificieri prima della telefonata delle BR...


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helios
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http://www.affaritaliani.it/roma/esclusivo-alzai-la-coperta-e-vidi-il-cadavere-parla-l-uomo-che-ha-trovato-aldo-moro-09052012.html

ESCLUSIVO. “Alzai la coperta e vidi il cadavere”. Parla l'uomo che ha trovato il corpo di Aldo Moro
ESCLUSIVO. A 34 anni di distanza dal rapimento del leader della Dc, il poliziotto che arrivò per primo in via Caetani il 9 maggio del 1978, Elio Cioppa, ricostruisce le ore del drammatico ritrovamento del presidente del partito. “Il questore chiamò la squadra mobile e risposi io perché ero di turno in quel momento... Davanti alla Renault 4 rossa non c'era nessuno... controllammo l'auto e decisi di aprire il portellone”. E confessa di aver sbagliato a non attendere gli artificieri. Tolta la coperta, “aveva le mani incrociate ed appoggiate lungo il corpo. Era coperto da una serie di bossoli che andavano dal petto alle gambe... Sul suo volto c’era solo rassegnazione”
Mercoledì, 9 maggio 2012 - 0900

di Patrizio J. Macci e Manlio Castronuovo

Era il 9 maggio 1978. Dopo un sequestro durato 55 giorni, il cadavere del presidente democristiano Aldo Moro viene ritrovato nel portabagagli di una Renault rossa che le Brigate Rosse hanno parcheggiato nel cuore di Roma in via Caetani, a metà strada tra le sedi della Dc e del Pci. Si conclude così la più oscura e intricata vicenda della Prima repubblica, iniziata il 16 marzo con il rapimento dello statista democristiano e la strage di via Mario Fani.
Il funzionario di polizia, Elio Cioppa, che ha scoperto il corpo di Moro racconta per la prima volta in esclusiva per affaritaliani.it l'esatta sequenza di quel ritrovamento.

Dottor Cioppa, lei in quella primavera del 1978 non era impegnato nelle indagini sul sequestro dell'Onorevole Moro...

“Trattandosi di sequestro politico la competenza era della Digos. Mentre io in quel periodo ero alla Squadra mobile. Sarei potuto intervenire se, incidentalmente, fossi venuto a conoscenza di qualcosa di attinente alla vicenda. Nel qual caso, poiché mi reputo persona corretta professionalmente, mi sarei rivolto ai miei superiori. Quel giorno, la mattina del 9 maggio 1978, mi chiamò il Questore Emanuele De Francesco che mi disse della telefonata delle Brigate Rosse a casa di uno dei collaboratori dell’onorevole Moro e mi chiese di recarmi sul posto per verificare quanto comunicato dai brigatisti”.

Ricorda che ora fosse e come mai il questore avvisò proprio lei?

A distanza di trent’anni non riesco ad avere un ricordo estremamente preciso su questo particolare. Di sicuro era dopo l’una. Diciamo tra le tredici e le quattordici. Per il resto, adesso che ci rifletto, il questore chiamò la squadra mobile e risposi io perché ero di turno in quel momento”.

Qual è il primo pensiero che le venne a seguito della telefonata del questore? In quei cinquantacinque giorni di falsi allarmi ne avrete sicuramente avuti molti…

“Ce n’erano di continuo per lo più opera di mitomani che dicevano di aver visto Moro, di essere sicuri che la prigione fosse in uno specifico appartamento. Ma, purtroppo, capii subito che questa volta non si trattava di falso allarme. Il fatto che il Questore facesse riferimento alla telefonata delle BR a casa di uno dei collaboratori di Moro, escludeva si potesse trattare di uno scherzo”.

E' in grado di ricostruire le sue azioni esattamente?

Non c’era tempo da perdere. Presi un’auto di servizio, non una volante, quelle auto con doppia targa (davanti normale, dietro con targa ministeriale) a disposizione della Squadra Mobile e con tre uomini mi recai subito verso via Caetani che era molto vicina, meno di due chilometri dal mio ufficio. Andammo ad andatura sostenuta ma senza fare utilizzo della sirena ad aggancio magnetico che avevamo a disposizione. Imboccammo via delle Botteghe Oscure e passammo proprio davanti l’allora sede del Pci. Non appena svoltammo su via Caetani si intravedeva la Renault 4 rossa circa cento metri più avanti parcheggiata sul lato sinistro della strada. La vidi distintamente. Entrammo nella via, ci accostammo accanto alla macchina e l’autista fece scendere me e i due uomini che erano sul sedile posteriore. Dopo di che fece retromarcia e, come da prassi, si appostò all’inizio della strada per controllare la situazione a distanza”.

C’era qualcuno nei pressi dell’auto? Si è recentemente parlato di una testimonianza di una coppia che, attorno all’una del pomeriggio, transitò casualmente da via Caetani e fu colpita da 4 uomini vestiti da operai, che erano fermi sul marciapiede sinistro proprio all’altezza della R4. Non stavano facendo nulla e, alla coppia, non parvero operai in pausa…

“No, non c’era assolutamente nessuno. Di questo ne sono certo. Quando siamo arrivati noi il luogo era deserto. Mentre operavamo attorno all’auto si iniziarono a fermare dei passanti, incuriositi dalla situazione. Naturalmente furono allontanati per non intralciare le operazioni".

Come procedeste?

“Come prima cosa , assieme ai miei uomini, cercai di verificare se l’auto potesse essere in qualche modo “pericolosa”, cioè se fossero presenti degli esplosivi che avrebbero potuto essere innescati dall’apertura delle portiere o del vano bagagli. Ispezionammo accuratamente il veicolo, sia osservando dall’interno dei finestrini delle portiere che dal lunotto posteriore. Controllammo anche sotto l’auto. Non c’era traccia di fili o di congegni che potessero insospettirci e quindi decisi di aprire il portellone”.

Quindi non attese l’arrivo degli artificieri?

No. Secondo me non era necessario. Ed infatti l’auto era “pulita”.. Certo sbagliammo perché in quelle occasioni dovrebbe essere lasciato il campo alla "Scientifica". Ma la concitazione del momento mi fece optare per l’intervento immediato”.

Siamo arrivati al momento cruciale di quella mattinata…

“Aperto il portellone posteriore, rimossi la coperta che occultava il cadavere dell’Onorevole Moro e lo trovai con il capo adagiato sul fianco laterale sinistro del bagagliaio. Aveva le mani incrociate ed appoggiate lungo il corpo. Era coperto da una serie di bossoli che andavano dal petto alle gambe. La prima cosa che feci fu di guardare il viso, per capire come fosse morto. E’ una cosa che fanno tutti gli investigatori. Aveva gli occhi semiaperti ed un’espressione distesa, quasi rassegnata. Capii che era andato incontro alla morte con grande dignità, senza paura. “Ho capito. E’ finita” deve aver pensato al momento cruciale. Non c’era uno sguardo di spavento, di terrore. Sul suo volto c’era solo rassegnazione”.

Un appartenente alle forze dell’ordine dell’epoca ha scritto nelle sue memorie di aver attivato lui l'allarme: intorno alle 13.20 seppe dalla radio di servizio, pochi minuti dopo fu il primo ad arrivare in via Caetani (“la via è deserta”).

“Mah, cosa dirle… Quando arrivai sul posto non c’era assolutamente nessuno. Di questo ne sono più che certo. E l’auto era chiusa. Forse lui è arrivato in un momento successivo e ha aperto la macchina non sapendo che era stata già aperta da me. Mettiamola così”.

In questo caso, però, non avrebbe potuto affermare che la strada era deserta. C’eravate lei e i suoi uomini…

“Certo. Ed infatti io restai li fino all’arrivo di un altro collega di un grado più alto di me che mi sostituì. Non ricordo il nome, in questo momento mi sfugge. Era vice Questore primo dirigente, un tipo molto alto e si vede nelle foto. Bisognava controllare la situazione affinché al più presto il corpo fosse portato in obitorio”.

Agli atti della Commissione Moro ci sono dei verbali di esponenti del commissariato che raccontano una versione simile alla sua ma retrodatata di circa 45 minuti e che
l’auto sarebbe stata da loro piantonata poco dopo le 12.30. Che ne pensa?

“Non ho motivo di dubitare dei miei colleghi. Ribadisco, però, che quando giunsi sul luogo con i miei uomini (ed era sicuramente passata l’una del pomeriggio) non c’era nessuno, né in strada né nei pressi della R4. E’ possibile che un eventuale piantonamento sia stato fatto da posizione un po’ defilata ed avendomi riconosciuto, il collega abbia deciso di non intervenire”.

Dopo aver aperto il bagagliaio e constatato che si trattava proprio dell’Onorevole Moro, cosa fece?

“Chiamai subito il Questore e lo informai. E lui mi disse di attendere l’arrivo dei colleghi e provvedere alla sicurezza del luogo. Dopo pochi minuti, direi non più di un quarto d’ora, sono arrivati i primi politici. Per primi quelli del partito comunista che avevano la sede a pochi metri. Non vorrei sbagliarmi ma vidi arrivare Pajetta. Immediatamente dopo vidi il ministro dell’Interno Cossiga il quale mi chiese di chiamare gli artificieri. Gli spiegai che non ce n’era bisogno perché l’auto l’avevo già aperta io, ma lui fu irremovibile. Dovetti ottemperare alla richiesta, anche perché avevano ragione. Non appena arrivarono la scientifica e gli artificieri, i politici (che nel frattempo erano aumentati) si misero in una chiesetta nei paraggi ed attesero che le operazioni fossero completate”.

Il Questore le chiese di occuparsi di un aspetto molto delicato…

“Sì, perché l’operazione non si concludeva con il ritrovamento del cadavere dell’onorevole Moro ma c’era bisogno di provvedere a che la signora Moro potesse vedere il marito. Per cui non appena arrivò sul posto il collega, con i miei uomini ci recammo immediatamente a via Trionfale per accompagnare la signora Moro all’obitorio. La moglie di Moro era una persona molto forte e nonostante il grande dolore mantenne il pieno controllo della situazione. Accarezzava con dolcezza i capelli del marito restando al suo fianco in silenzio mentre la figlia maggiore (Maria Fida, nda) giunse in un secondo momento e fu colta da crisi di pianto. Essendo stato incaricato di provvedere alla sicurezza della signora Moro, dopo questa visita in obitorio la riportai a casa. Era facile immaginare che li si sarebbero recati politici, amici della famiglia, giornalisti e quindi mi intrattenni in casa per garantire che tutto filasse liscio”.

Cosa ricorda in particolare?

“Ricordo un silenzio assordante. Mi misi all’ingresso ed accoglievo i politici che giungevano in rapida successione. Li accompagnavo in salotto e assistevo con discrezione alle loro brevi visite mantenendomi ad una certa distanza. Ad un certo punto, poiché il flusso delle persone aumentava, chiesi ai miei uomini di scendere nel portone ed effettuare un primo filtro. Anche perché la signota Moro era molto provata e volevamo evitarle ogni possibile fastidio in più… …".

Ed anche perché la signora Moro non deve aver accolto con troppa allegria proprio quei politici che, secondo lei, erano in buona parte responsabili della morte del marito avendo chiuso ogni forma di dialogo con i rapitori.

"Di questo preferisco non parlare. Non toccava a me giudicare. Io mi sono limitato a garantire la sicurezza della famiglia in quel momento così doloroso ed impegnativo per loro”.

Cosa le rimane dentro di quella vicenda a distanza di 34 anni?

“E’ stata una storia drammatica oltre che per la vita umana persa anche per il ruolo così importante che ricopriva. E’ stato un momento tragico per tutta la nazione. Però, secondo me, quell’esito così doloroso ha segnato la fine delle Brigate Rosse perché il popolo che loro volevano portare alla rivoluzione a questo punto gli ha detto no”.


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radisol
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Mi sembra che la versione di Cioppa, al di là di qualche incongruenza sugli orari che comunque dice di non ricordare bene, faccia giustizia della tesi dell'articolo iniziale ... nessun artificiere prima dell'arrivo di Cioppa ... casomai dopo e quando il controllo sulla R4 era comunque già avvenuto ...

Dissento invece sulla considerazione politica finale di Cioppa ... se certamente l'uccisione di Moro sarà "l' errore della vita" delle Brigate Rosse e ne segnerà negativamente tutto il cammino successivo, le scissioni, le delazioni ecc. ecc. ... è pure vero che invece nei mesi immediatamente successivi le Br ebbero la massima espansione della loro storia ... al punto, come raccontano sia Moretti che Morucci, che dovettero rifiutare molti "arruolamenti" perchè "non sapevano dove metterli" ....


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helios
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Raso cosi diceva il 9 maggio 2012:

Su quell’auto cercavo la bomba e trovai Moro

Vitantonio Raso 34 anni dopo vive a Viareggio e racconta in un libro quei giorni drammatici

VIAREGGIO. Via Caetani a Roma. Una Renault 4 rossa. Il corpo rannicchiato e immobile di Aldo Moro. Per chi oggi ha più di quarant'anni, le drammatiche immagini del ritrovamento del cadavere dello statista democristiano trucidato dalle Brigate Rosse sono un pezzo di storia indirettamente vissuta. Per Vitantonio Raso no. Sono molto di più. Per lui, all’epoca giovane sottufficiale dell'esercito con specializzazione di artificiere antisabotatore, quel 9 maggio del 1978 è stato il giorno più importante della sua vita. Perché toccò a lui, ignaro del compito che la storia gli aveva incidentalmente assegnato, scoprire che in quell'auto simbolicamente abbandonata a metà strada fra piazza del Gesù (sede della Dc) e via delle Botteghe Oscure (sede del Pci) giaceva l'uomo che da 55 giorni era ostaggio nelle mani dei terroristi.

Ora Vitantonio Raso è un pensionato cinquantottenne che da qualche anno si è trasferito a Viareggio. Qui si è recentemente risposato in seconde nozze e qui, in un appartamento al quartiere Migliarina, adesso vive insieme alla moglie che lo ha reso padre per la terza volta e ad una bimba di pochi mesi. Per anni quell'episodio che sconvolse l'Italia e che gli ha segnato la vita, Vito se lo è tenuto gelosamente custodito dentro il cuore. Anche per motivi di sicurezza. Adesso, dopo quarantaquattro anni di silenzio forzato, ha deciso di raccontare quella terribile esperienza in un volume che è uscito proprio in questi giorni per Seneca Edizioni: La bomba umana. E sulla cui copertina campeggia una foto a colori d'antan in cui lui - giovanissimo, in divisa e con il basco in testa - ha appena verificato che in quella Renault 4 rossa parcheggiata nel cuore di Roma non è nascosto un ordigno, ma c'è il corpo senza vita di Moro: la "bomba umana" del titolo del libro.

Partiamo subito dal 9 maggio 1978. Come iniziò quel giorno per l'artificiere antisabotatore Vitantonio Raso?

«Io quel giorno mi trovavo nell'ufficio del mio superiore diretto. Da quando era stato rapito Moro, 55 giorni prima, eravamo tutti sotto pressione. Io, poi, ero già intervenuto in via Fani negli istanti immediatamente successivi all'agguato in cui fu trucidata la scorta perché si temeva che i terroristi del commando avessero lanciato una bomba inesplosa all'interno dell'auto dove si trovava il presidente della Dc. Ricordo che quel 9 maggio ero eccezionalmente in divisa, perché insieme al mio superiore dovevamo andare nella sede del comando generale per sbrigare alcune faccende. All'improvviso arrivò una telefonata che ci scombussolò i piani. Mi dissero che dovevo tenermi pronto perché di lì a poco sarebbe venuta a prendermi una macchina della polizia per accompagnarmi in un posto non precisato nel centro di Roma. Pochi istanti e la volante 23, quella che copriva la zona di San Giovanni, mi prelevò. Mi portai dietro la mia valigetta dove tenevo gli attrezzi del mestiere e che ancora conservo come una reliquia. Conoscevo i due agenti di pattuglia. Ma non mi dissero nulla. Di quel viaggio a sirene spiegate fino a via Caetani ricordo un silenzio assoluto e innaturale carico di tensione».

Poi l'arrivo in via Caetani…

«Qui trovai un dirigente di polizia a fianco di una Renault 4 rossa. Mi disse che c'era il sospetto che quell'auto fosse pronta a saltare in aria. Nei mesi precedenti si erano verificati dei furti di esplosivo e in quei giorni carichi di tensione ci attendevamo qualcosa di eclatante. Nessuno mi disse che dentro poteva esserci Aldo Moro, anche se poi successivamente ho saputo che nella telefonata anonima che segnalava l'auto in via Caetani era stato rivelato che c’era custodito il cadavere del presidente della Dc rapito in via Fani».

Come si comportò?

«Mi comportai come se all'interno dell'auto vi fosse davvero un ordigno. Del resto quello era il compito per il quale ero addestrato. Però qualcosa non mi tornava. Dentro l'auto, dalla parte del conducente, vidi dei bossoli esplosi. Comunque iniziai il mio lavoro. Prima di iniziare, però, via Caetani fu chiusa su entrambi i lati. E vidi che, soprattutto dalla parte di via delle Botteghe Oscure, cominciarono ad accalcarsi minuto dopo minuto giornalisti, fotografi e operatori tv. Per quasi due ore rimasi da solo con quell'auto da ispezionare palmo a palmo».

Ebbe paura?

«Diciamo che ebbi anche fortuna. Mio padre aveva avuto due Renault 4. E io lì avevo imparato a guidare. Conoscevo quel tipo di macchina come le mie tasche. E questo mi aiutò non poco e mi dette sicurezza. Forzai lo sportello anteriore destro e mi infilai nella macchina. Dapprima ispezionai la zona anteriore, dove però non notai niente di strano se non quei bossoli esplosi. Dovevo però fare grande attenzione, perché in quegli anni erano in uso degli ordigni a pressione che venivano posizionati sotto i sedili in modo che sedendosi facevano innescare l'esplosivo. Stessa procedura per la parte posteriore. Dopodiché toccò al bagagliaio…»

E lì era adagiato Aldo Moro.

«Sì, ma il suo corpo era nascosto sotto un plaid. Quando all'inizio ho allungato la mano e l'ho infilata sotto la coperta ho toccato qualche cosa di ruvido. Era la barba lunga di Moro, ma lì per lì non me ne resi conto. Pensai ad un cane, anche perché il bagagliaio della Renault 4 era piccolo e neppure immaginai che potesse contenere il corpo di un uomo».

Quando pensò per la prima volta che potesse trattarsi di Moro?

«Grazie ad un borsello di pelle nera che ho trovato poco dopo. Ricordo di averlo inciso con un taglierino e di avervi estratto un orologio, una catenina d'oro e un assegno di 27mila lire del Banco di S. Spirito intestato ad Aldo Moro. Lì capii che nel bagagliaio poteva esserci il presidente della Dc».

Cosa fece, a quel punto?

«Sollevai la coperta. Ero convinto che fosse ancora vivo perché mi sembrava impossibile che le Brigate Rosse potessero averlo davvero ucciso. Lì per lì non lo riconobbi. Aveva la barba lunga, era molto dimagrito. E poi era rannicchiato in posizione fetale. Fu un particolare a darmi la certezza che si trattava di Moro: la falda bianca dei capelli. Era uno dei suoi tratti distintivi. Capii anche, però, che era morto: gli sfilai un fazzoletto che teneva nel taschino e che era crivellato di proiettili. Per qualche minuto me ne stetti fermo, immobile, quasi senza respirare, da solo dentro la Renault 4 rossa».

Come l'annunciò agli altri?

«Uscii dall'auto e a chi stava attendendo l'esito della mia ispezione dissi semplicemente: "In quella macchina c'è il corpo di Aldo Moro". Ricordo che si avvicinò l'allora ministro dell'Interno Francesco Cossiga e mi chiese se poteva vedere. Prima, però, aiutato da due miei colleghi che nel frattempo erano arrivati di supporto, tagliammo la lamiera del portellone posteriore per verificare che non vi fossero esplosivi sotto il cadavere. A quel punto potemmo aprire la bauliera. E ci apparve Moro così come è stato immortalato nella foto che è poi passata alla storia".

C'è un ricordo di quegli istanti che più le è rimasto impresso?

«Sì. Ricordo che fra i primi ad arrivare sul posto vi fu padre Damiani, il sacerdote amico di Aldo Moro e della famiglia. Mi chiese se poteva benedire la salma e io gli dissi di sì a condizione che non toccasse niente. Ebbene, nel momento della benedizione mi ritrovai anch'io a pregare».

E poi?

«Consegnammo l'auto alla scientifica perché eseguisse i rilievi del caso. Mi fu anche detto di verificare che non vi fossero esplosivi sulle auto vicine. Ma ricordo che mi rifiutai perché ero distrutto
e lasciai quest'ultimo compito ai miei colleghi».

Da quel giorno che scosse l'Italia sono trascorsi 34 anni. L'altro ieri, però, un dirigente dell'Ansaldo è stato gambizzato sotto casa a Genova.

«Il governo che traballa, la crisi economica che morde, gli studenti che manifestano in piazza. Ci sono elementi che tornano ciclicamente a caratterizzare la storia del nostro Paese. Di letture non voglio farne, perché non è questo il mio compito. In base all'esperienza che ho accumulato in questi anni posso dire però che quando le istituzioni sono deboli, allora sono più vulnerabili. E qualcuno è pronto ad approfittarne».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

http://iltirreno.gelocal.it/regione/2012/05/09/news/su-quell-auto-cercavo-la-bomba-e-trovai-moro-1.4483018

Raso nemmeno qui specifica da chi arrivò l'ordine per andare in via Caetani .... e dell'assegno di 27mila lire del banco s.spirito interestato a Moro se n'è saputo più nulla?

Proprio oggi su repubblica questo articolo
http://www.repubblica.it/politica/2013/06/29/news/omicidio_moro_spunta_una_nuova_verit_scoprimmo_cadavere_prima_della_chiamata_br-62079842/?ref=HRER1-1

Un pezzo di storia italiana va, almeno in parte, riscritta. Il cadavere di Aldo Moro, nel bagagliaio della R4 rossa in via Caetani, non sarebbe stato ritrovato dopo la telefonata delle Brigate Rosse, alle 12.13 del 9 maggio 1978, ma oltre un'ora prima, intorno alle 11. E questo potrebbe avere ripercussioni sulle indagini riaperte pochi giorni fa dalla procura di Roma.
.....
Alle 11, infatti, gli artificieri arrivarono in via Caetani per controllare che l'R4 non fosse una trappola esplosiva. Fu Raso il primo ad entrare nella macchina ed a trovare sotto la coperta il corpo di Moro. Poco dopo arrivò anche Francesco Cossiga, che finora si sapeva essere giunto in via Caetani solo poco prima delle 14 e quando Raso,sceso dalla macchina, comunicò che dentro il bagagliaio c'era Moro, non vi fu alcuna reazione da parte Cossiga e da chi lo circondava. "Sembrava che sapessero già tutto",dice Raso.

Dal Maresciallo Giovanni Circhetta l'altra novità: sul sedile anteriore della R4 c'era una lettera. Circhetta è sicuro e si chiede che fine abbia fatto.

***
La testimonianza di Cioppa è precisa:
Quel giorno, la mattina del 9 maggio 1978, mi chiamò il Questore Emanuele De Francesco che mi disse della telefonata delle Brigate Rosse a casa di uno dei collaboratori dell’onorevole Moro e mi chiese di recarmi sul posto per verificare quanto comunicato dai brigatisti”.

a questo punto bisogna capire quando la famiglia comunicò al questore che i brigatisti fecero quella telefonata.

Ricorda che ora fosse e come mai il questore avvisò proprio lei?

A distanza di trent’anni non riesco ad avere un ricordo estremamente preciso su questo particolare. Di sicuro era dopo l’una. Diciamo tra le tredici e le quattordici. Per il resto, adesso che ci rifletto, il questore chiamò la squadra mobile e risposi io perché ero di turno in quel momento”.


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radisol
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Registrato: 3 anni fa
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Il tutto non convince ..

E' vero che una certa incongruenza sugli orari nella vicenda di via Caetani c'è sempre stata ... ed è vero che oggi anche Claudio Signorile, che nella mattinata di quel 9 Maggio aveva incontrato Cossiga, sembrerebbe dare, sugli orari, indirettamente ragione a Raso ... ma è soprattutto vero che Raso ricorda persino le fattezze della "ragazza curiosa" ... nonchè lo stato d'animo di Cossiga, e questo farebbe a pugni con quanto dicono Darida e lo stesso Signorile ... ma non ricorda invece la questione principale e dirimente .... cioè da chi avesse ricevuto l'ordine di recarsi in Via Caetani ad ispezionare quella R4 .... decisamente strano ...

E poi diffido sempre su chi se ne sta zitto trenta o trentacinque anni ... stesso discorso a suo tempo fatto per Giovanni Galloni ... e solo adesso se ne esce ... per di più in questo caso col chiaro intento di pubblicizzare un suo libro ... che oltretutto, a quanto ho capito, della vicenda Moro parla in un solo capitolo ... cosa aspettava per dire finalmente la sua, la morte di Cossiga ed Andreotti ? i pm non lo hanno mai sentito ? probabilmente non sapevano nemmeno che Raso esistesse .... non poteva a suo tempo farsi avanti lui con i pm ? No ... non convince ...


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