RADIOGRAFIA DI UN FENOMENO DIETRO IL PROLIFERARE DI ENTI E SIGLE UNA SPINTA NON SEMPRE DISINTERESSATA. NEL MIRINO I COSTI DI ALCUNE ORGANIZZAZIONI
Solidarietà a caro prezzo. La Fondazione Nando Peretti, collegata all’associazione «Insieme per la pace» presieduta da Mariapia Fanfani, non è l’unica Onlus nel cui bilancio gran parte dei fondi destinati alla beneficenza servono in realtà a sostenere la struttura. «I nostri costi interni non superano il 9% del totale - assicura Sergio Marelli, presidente dell’associazione delle organizzazioni non governative (170 Ong, 10 mila volontari, 4 mila progetti in 90 Paesi, 400 milioni di euro mobilitati all’anno), ma non è così per tutti gli operatori del Terzo settore e della cooperazione». Le mele marce
La mappa «oscura» delle sigle non-profit spazia dall’assistenza ai malati svolta in Italia da organizzazioni non lucrative di utilità sociale a enti impegnati a distribuire viveri nel Terzo Mondo. Un giardino fiorito nel quale non mancano mele marce. L’associazione «Anni verdi» (gestisce sei centri che si occupano di un migliaio di persone disabili) è finita sotto inchiesta per fatture gonfiate alle Asl del Lazio. E i vertici di un’altra importante Onlus, con sede nella capitale e quindici sezioni provinciali, sono sott’accusa per aver distratto nell’ultimo quinquennio quasi due milioni di euro di fondi destinati alle finalità solidaristiche dell’ente. Cifre alla mano, poi, ci sono Onlus come il Cuam (fondazione creata per preparare il personale sanitario in Africa) che nell’ultimo bilancio registrano uscite maggiori per la comunicazione (444.344 euro), cioè «pubblicazioni, relazioni con i mass media, campagne ed eventi», e per le strutture (665.657), ossia «costi del personale, servizi, oneri finanziari, ammortamenti, acquisto materie prime», che per la formazione vera e propria (115.505). Corsi fantasma
Altro terreno scivoloso per il volontariato sono i corsi di qualificazione professionale organizzati con i soldi del Fondo sociale europeo (Fse), messo a disposizione dall’Ue per finanziare «iniziative tese alla promozione dello sviluppo economico e sociale locale». Non è facile accedervi perché le procedure burocratiche sono piuttosto complicate, ma, una volta ottenuto il finanziamento, le erogazioni sono cospicue. Consorzi e istituzioni senza fini di lucro, perciò, sono da anni in prima fila nella corsa alla ripartizione degli stanziamenti. A suscitare le perplessità dello stesso Terzo settore, però, è la proliferazione di corsi di dubbia utilità come quelli per «operatore sociale telefonico», «animatore teatrale», «operatore sociale nautico». Una nota cooperativa sociale di Roma ne ha progettati a decine. Il sospetto è che si tratti di professioni fittizie per poter imbastire corsi inconsistenti che non riusciranno mai a procurare un lavoro a chi li frequenta. «Cos’è un animatore teatrale? E’ un attore, una maschera o piuttosto un pretesto? - si chiede polemicamente Paola Tubaro, esperta di Terzo settore e autrice del libro “Critica della ragion non profit” -. Questi corsi, inadeguati a trovare una sistemazione professionale agli studenti, sono invece una manna per gli organizzatori. Quindi per incassare denaro pubblico ci si inventa i mestieri più improbabili, in modo da moltiplicare gli incassi». Uffici e burocrazia
Le ombre sono talmente fitte che spesso, a causa delle proteste della base verso la dirigenza, i bilanci sono affidati per la certificazione a società esterne di revisione contabile. Nelle spire della «mala-beneficenza» (gestione allegra delle risorse e gravi inadempienze rispetto alla propria «mission») sono finite recentemente pure delle autentiche multinazionali della solidarietà come l’organizzazione per l’educazione infantile «Casa Pia», che dal Portogallo si è diffusa in tutta Europa. «Nel Terzo settore non è tutto oro ciò che luccica - osserva don Vitaliano Della Sala, promotore di numerose iniziative di volontariato in Italia e di cooperazione all’estero -. Sono attive associazioni inquietanti, attrezzate come apparati: chi sta dietro la scrivania difende il potere conquistato e strumentalizza i volontari. Nei Balcani e in Iraq ho incrociato Ong potenti come “Equilibrio” e mi hanno impressionato per la ricchezza dei mezzi, l’efficienza quasi militare e la capacità di negoziare strane intese sul campo. Poi, però, quando diventa pericoloso scompare». Carriere politiche
Il «non-profit», inoltre, è divenuto fucina di carriere politiche e vetrina per una sicura visibilità mediatica. «Pure al chirurgo di guerra Gino Strada, fondatore di Emergency, hanno proposto di candidarsi...», aggiunge Della Sala. A denunciare il rischio di Onlus che aiutano soprattutto se stesse è anche Franco Gesualdi, già allievo di don Milani, promotore della Rete Lilliput insieme a padre Alex Zanotelli e coordinatore del Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano, vicino a Pisa. «Si tratta di una deriva allarmante, già vissuta da carrozzoni internazionali come la Fao e la Banca Mondiale - avverte Gesualdi -. Certe associazioni si strutturano in modo imponente e sono persino costrette a inventarsi progetti per ottenere fondi pubblici». Lavorano, dunque, per mantenere l’organizzazione: «E sui bilanci incidono sempre più i compensi fuori misura ai cooperanti nel Terzo Mondo». Non meno gravate dalle uscite le sigle domestiche. L’Afn (Azione per famiglie nuove), per esempio, deve sborsare all’anno 80 mila euro per congressi ed eventi, 72 mila di spese generali, 120 mila per il personale dipendente e 32 mila per ammortamenti e svalutazioni.
Giacomo Galeazzi
Fonte: www.lastampa.it
21.10.06