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Strapagati e contenti


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Tra compensi da favola e buonuscite d'oro l'escalation è stata inarrestabile e non sempre proporzionale ai risultati di bilancio o a quelli del titolo sul listino. Di sicuro, sono decollati i compensi in banca. Hanno allargato i cordoni della borsa persino le aziende familiari, tradizionale trincea della parsimonia retributiva nazionale.

E a questa champions league delle buste paga hanno partecipato in prima fila anche i vertici delle aziende pubbliche. Una bella soddisfazione che per molti si è sommata alle plusvalenze (in qualche caso di decine di milioni) incassate con le stock option, che sono state escluse dalla classifica.

Ma chi sono i Re Mida di Piazza Affari? Il Mondo ha esaminato due lustri di bilanci e di stipendi, dal 2000 al 2009, e ha incoronato Marco Tronchetti Provera, numero uno di Pirelli, che in dieci anni‚ stock option escluse‚ ha portato a casa quasi 110 milioni di euro, frutto anche di bonus straordinari.

IL DREAM TEAM - Irripetibile è stato l'anno 2000, il più ricco per Tronchetti e per il bilancio Pirelli, con utili netti saliti da 305 milioni a 3,6 miliardi e un dividendo quasi raddoppiato da 160 a 300 lire per azione. Un anno record, che aveva fatto lievitare anche i compensi dei top manager e degli amministratori per effetto del sistema retributivo fortemente incentivante che prevedeva, oltre una parte fissa, una serie di compensi legati ai risultati. Ma dalle note che accompagnano il bilancio emerge anche che Marco Tronchetti Provera, presidente e amministratore delegato del gruppo, e il direttore finanziario Carlo Buora nel 2000 hanno deciso di devolvere i compensi conseguiti.

In particolare Tronchetti, che con Buora e Giuseppe Morchio nel corso del 2000 ha beneficiato di una super stock option, poco meno di 500 miliardi di lire lordi, legata alla cessione di Optical Technologies a Corning‚ ha raggiunto un compenso, tra incentivi e parte fissa, di 53,6 milioni di euro.

Ma ha deciso di non incassare 36,3 milioni di euro (cioè l'1% del risultato netto che gli sarebbe spettato in caso di utile aumentato del 10% e di rivalutazione annuale del titolo in Borsa del 7%: due obiettivi centrati) e a 1,76 milioni di euro maturati come partecipazione agli utili netti dell'esercizio 2000. Quanto ai restanti 15,494 milioni, legati al raggiungimento degli obiettivi fissati nell'ambito di un piano di incentivi per il triennio 1998-2000, sono finiti alla Fondazione Silvio Tronchetti Provera (dedicata alla memoria del padre).

Tra i golden boy della Pirelli spunta anche Carlo Puri Negri con 57,2 milioni, che gli fanno conquistare un invidiabile terzo posto. Nel 2009 ha addirittura conquistato il trono, con 15,2 milioni lordi, anche se l'importo percepito l'anno scorso è di 12,2 milioni e per una parte della somma accordata, 3,067 milioni, il pagamento è spalmato in due anni. Puri Negri ha guidato per 19 anni il settore immobiliare della Pirelli, con bilanci positivi fino alla perdita di 195 milioni di euro nel 2008 per Pirelli Re.

Il manager si è dimesso l'8 aprile 2009 con una buonuscita di 14 milioni lordi, in parte (circa 3 milioni) da erogare in due anni. Ha inoltre ricevuto 755mila euro di «compensi ordinari» per cento giorni di lavoro, oltre ai gettoni per le cariche, che ricopre tuttora, di vicepresidente nella controllante Pirelli & C. (385mila euro) e nella holding Camfin (132mila euro). Del dream team di Pirelli fa parte anche Carlo Buora, quinto nel ranking dei più ricchi, con un totale di 52,8 milioni guadagnati soprattutto in Telecom Italia di cui è stato amministratore delegato e vicepresidente esecutivo.

GRAN PREMIO IN BUSTA PAGA - Al secondo posto della classifica si piazza Luca Cordero di Montezemolo, che in dieci anni ha totalizzato 61,4 milioni, considerando solo i bilanci della quotata Fiat, visto che non è stato possibile risalire ad altri emolumenti. Bisogna invece scendere al decimo posto per trovare Sergio Marchionne, il mago del Lingotto e protagonista della svolta internazionale del gruppo, che da quando è arrivato a Torino il 1 giugno del 2004 ha guadagnato 31,1 milioni di euro. A precederlo in classifica, oltre a Gianluigi Gabetti, che lo batte con 38,7 milioni conquistati in casa Ifil e a Roberto Colaninno con 33,8 milioni di cui 15 incassati come liquidazione dalla Olivetti, sono tre banchieri.

Segno che la catena di montaggio fa guadagnare meno dello sportello. Il quarto posto è infatti occupato con 54,5 milioni dall'ex amministratore delegato di Capitalia, Matteo Arpe di cui, peraltro, mancano all'appello gli emolumenti degli ultimi due anni in qualità di manager della non quotata Sator e quelli del biennio 2000-2001 quando lavorava in Lehman Brothers e in Mcc.

Segue di due posizioni Alessandro Profumo, che in dieci anni ha percepito da Unicredit 50,8 milioni. Arpe e Profumo superano due pesi massimi del sistema bancario italiano: Cesare Geronzi, settimo con poco più di 50 milioni di euro, e Corrado Passera, diciottesimo con un totale di 22,8 milioni (cui andrebbero però aggiunti gli stipendi 2000-2001 in Poste Italiane).

Nella gara delle buste paga si difendono bene anche i top manager delle aziende partecipate dallo Stato. Come Pierfrancesco Guarguaglini che in Finmeccanica dall'aprile del 2002 ha percepito un totale di 23,4 milioni, superato però dall'ad di Edison, Umberto Quadrino, con 24,1 milioni, e da Paolo Scaroni che prima all'Enel e poi all'Eni ha guadagnato poco più di 29 milioni piazzandosi all'undicesimo posto della classifica. Lontano dai colleghi sfila invece Fulvio Conti: i bilanci dell'Enel dal 2000 al 2004 non indicano i suoi emolumenti quando ricopriva la carica di direttore finanziario.

Ma negli ultimi cinque anni l'attuale amministratore delegato del colosso elettrico ha incassato 11,9 milioni. È curioso che lo stipendio di manager pubblici come Scaroni e Guarguaglini che guidano aziende chiave si avvicini a quello raggiunto in dieci anni dal capo di un'azienda privata come Datalogic, fra quelle a capitalizzazione medio-bassa di Piazza Affari. L'outsider in classifica si chiama Roberto Tunioli, che in un lustro ha guadagnato 20,3 milioni di euro. Nel 2008 si è addirittura piazzato in testa alla top ten delle remunerazioni con 8,305 milioni.

IL CONFRONTO CON GLI USA - Guadagnano troppo i Re Mida di Piazza Affari? Forse. Ma si trasformano quasi in impiegati davanti ai golden boys di Wall Street, che in busta paga mostrano cifre da capogiro, come i quasi 2 miliardi di dollari incassati in un decennio da Larry Ellison, di Oracle, al miliardo o poco più di Barry Diller di Expedia, al quasi miliardo di Steve Jobs. Certo, le dimensioni delle aziende sono diverse. Anche le performance aziendali, però.

Fonte: www.ilmondo.rcs.it/
9.09.2010


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