Sulle scalinate del Teatro Comunale si adunavano i manifestanti pro Reggio Capitale per affrontare le cariche della polizia
“Vento del Sud” era l’organo politico-culturale del “Centro Studi per la nascita del sud” un Centro politico letterario fondato alla vigilia della rivolta di Reggio Calabria, la celebre rivolta popolare che esplose nel capoluogo reggino per rivendicare il ruolo di Capoluogo della Regione Calabria che il potere politico di Roma aveva scippato alla città dello Stretto legittimo ed antico detentore del Capoluogo, per regalarlo alla città di Catanzaro in seguito ad accordi ed intrallazzi stipulati a Roma tra i partiti governativi.
Frutto di abusi e di soprusi la decisione di spostare il capoluogo da Reggio a Catanzaro aveva suscitato malumori e malcontento non solo in Calabria ma nello stesso ambiente politico nazionale e in molte altre città del Sud legate dal comune sentimento meridionalista.
A dirigere il “Centro Studi” e la rivista vi erano alcuni giovani con differente formazione politica, Giuseppe D’Agostino, Daniele Zangari, Giovanni Stillitano e Roberto Sestito.
La rivista era auto-finanziata, si reggeva sui contributi personali dei dirigenti del Centro e dei diversi collaboratori e amici i quali la sostenevano spontaneamente e soprattutto per simpatia della causa tradizionalista e meridionalista che la Rivista rivendicava.
“Vento del Sud” godette dell’appoggio e della solidarietà di personalità della scuola e della giustizia ed ebbe il contributo e la collaborazione di alcune firme importanti del giornalismo e del meridionalismo ispirati al pensiero di Guido Dorso.
“Vento del Sud” fu precursore di un idealismo e di un meridionalismo oggi latitante e in alcuni casi boicottato. Riproduco qui di seguito l’Editoriale di presentazione intitolato “L’arte di governare” tratto dal terzo numero di "Vento del Sud" pubblicato nel mese di dicembre 1973 che come si noterà conferma è fortemente attuale:
“Cos’è la politica? È forse l’Arte di Governare? O, più realisticamente, è il regno degli interessi concreti? Molto tempo fa, l’esigenza dell’uomo di ordinare il proprio e l’altrui agire, diede corpo allo Stato: strumento per il conseguimento di fini generali, altrimenti non perseguibili. Da ciò scaturì la necessità del Governo inteso come Arte tendente al coordinamento dell’azione, indispensabile per il raggiungimento dei fini preposti. Quindi, Arte di guidare l’azione, anteponendo l’interesse generale al proprio egoismo; Arte di stimolare e responsabilizzare ognuno, con ' esempio di incondizionata operosità. Arte di educare i meno sensibili all'Ordine e alla Civiltà, con la costante affermazione dello Spirito sulle lusinghe della materia; Arte di difendere i più ingenui dall’ignoranza e dalla menzogna, con la costante lotta ai portatori di disordine e di discordia.
L’Epoca moderna, con lo scadimento di tutti i Valori, non conobbe più l’uomo di governo che poteva disporre di tale Arte; conobbe l’uomo di governo arso dalle proprie brame che fece della politica il regno degli interessi concreti. Lo Stato non fu più strumento per il perseguimento di fini superiori, bensì divenne fine a sé stesso, mentre l’Arte di Governo divenne mestiere girovago per una effimera affermazione personale. Oggi, quindi, bisogna più realisticamente rispondere che la politica é il regno degli interessi concreti di quanti hanno la spudoratezza di approfittare dell’ingenuità e dell’ignoranza del popolo che dovrebbero servire. Chi sono infatti gli uomini politici che ci «governano»? Quali sono i loro profondi ideali? In che consiste il loro sacrificio per il miglioramento della società in cui viviamo? Possiamo asserire, senza paura di smentite, che la caratteristica fondamentale degli uomini politici che ci «governano» è l’arrivismo. Li vediamo infatti affannati nella spasmodica corsa al potere e, una volta raggiunto, li vediamo aggrappati febbrilmente ad esso nel costante terrore di perderlo. Non li contraddistingue il senso dell’Onore, l’Amore per la Libertà e la Giustizia; sono solo presi dal conveniente compromesso, dal nefasto clientelismo e da una generalizzata irresponsabilità politica. Il loro modo di «governare» ha contribuito a liberare le forze del caos e della disgregazione che già nel Nord d’Italia hanno determinato conseguenze terrificanti quali il definitivo disfacimento della Famiglia, la diseducazione della gioventù, la generalizzazione dell’odio sociale. E mentre nel nostro profondo SUD comincia a salire l'onda tenebrosa del caos, ci domandiamo se è giusto assistere passivamente al progressivo disfacimento delle nostre più nobili tradizioni a causa della dissennatezza dei nostri uomini politici che, come dicevamo prima, hanno fatto scadere la Politica da Arte di Governo al basso livello del regno di squallidi interessi concreti.”
Il Sud d’Italia nella tradizione del grande calabrese Tommaso Campanella confermava i suoi ideali di fedeltà all’Onore, alla Famiglia e in fondo in fondo anche alla Patria perché lo sfregio consumato dalla politica nazionale contro la città di Reggio Calabria si compiva a seguito di accordi sottobanco tendenti alla spartizione del potere a favore delle cosche politiche presenti al Sud e operanti a Roma.