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Affrontare l'impensabile


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Fino a ieri c'era un idea di come il futuro si sarebbe sviluppato. Tipo, ieri si prevedeva per oggi pioggia "torrenziale", ma invece è arrivato "inaspettatamente" un meteorite (o qualsivoglia altra variabile imprevista) che ha sconvolto l'ecosistema (cioè la catena di eventi prevista) e provocato in men che non si dica una raffica di tempeste magnetiche, una dietro l'altra. Che unite al diluvio (per niente sminuito) ha dato un effetto "uragano" che si è sommato al problema delle telecomunicazioni (saltate per via dei disturbi elettromagnetici) e tutto questo ha creato un effetto "valanga" non previsto, per lo meno non in questi "ordini temporali". Risultato: ci si è preparati alla pioggia e adesso abbiamo un disastro ingestibile (caos "tecnico") che preannucia guai anche peggiori futuri. Non perché "teribbbile", in effetti per un assoluto paradosso se non ci fossimo preparati "al diluvio", cioè se non ci fossimo preparati per nulla, avremmo avuto certamente meno problemi in quanto "colti di sorpresa" ma in grado di ripartire per affrontare ciò che c'era da affrontare. Avendo invece concentrato tutte le risorse solo per la pioggia "prevista", ci ritroviamo a dover parare con l'ombrello non un acquazzone o magari al massimo una bomba d'acqua, ma l'impossibilità proprio di mettere fuori il naso di casa e di sapere se ne usciremo vivi o se qualcuno alla fine riuscirà a trovarci per portarci in salvo.

Si potrà dire che cerano i responsabili che dovevano provvedere e non l'hanno fatto. Ma è come pisciare controvento, sono argomenti utili per gli sciocchi. Perché "cosa fatta capo ha...", è inutile recriminare sul danno avvenuto e piangere sul latte versato. Ciò che è perduto è perduto.

Certo, se gli stessi che hanno decretato questo stato di cose poi tentano di "reciclarsi" buoni anche per gestire il "dopo" disastro, allora c'è un problema di bias cognitivo non minimo per chi ancora reputa responsabile affidarsi a tanta disgraziata insipienza. Ma questo non tocca (ovviamente) chi tenta di conservare la poltrona da sotto il suo culo...

Quindi è comunque inutile fare una colpa a chi non è stato capace di gestire la responsabilità (sociale) di cui era rivestito, tantomeno adesso che è palesemente individuato come tale. Inoltre, personalmente, oltre a non coltivare in nessun caso astio verso nessuno, preferisco al massimo riflettere sulle cose per come sono e constatare a prescindere da quanto ciò mi costringa a "reagire emotivamente". Si chiama "arte del distacco" ed è un esercizio che consiglio perché non è utile tanto ai padawan in Star Wars, cioè nei contesti di pura fantasia, ma sempre, comunque e ovunque per chiunque.

Ora il verbo "constatare" è però abbastanza ambiguo. Se infatti parto dall'idea, di cui ho già discusso molte volte in questo blog che non esiste il libero arbitrio per come lo concepiamo, cioè non esiste "la scelta" per qualcosa che in una linea temporale univoca è comunque condizionata ad essere una e una sola e per rimanere tale "storicamente", cosa si constata? Ecco che quindi la storia cronografica è certamente un punto possibile di partenza. A patto che corrisponda a quello che effettivamente viene descritto e per lo meno nelle intenzioni del cronista non ci sia altro se non la volontà di descrivere più accuratamente possibile i fatti "crudi". Questo, sarete daccordo con me, dipende ovviamente dal livello di "distacco" degli attori che condividono la notizia. Dal reporter che la descrive fino al vicino a cui la racconto.

Se anche il cronista infatti è "accurato" e ben documentato, capace di limitare o proprio evitare commenti personali, opinioni o altro che devino rispetto la "neutralità" teorica e il coivolgimento emotivo (cosa difficile se il phatos della situazione coivolge persino il lettore, figuriamoci chi sta vivendo gli eventi in prima persona e li sta descrvendo) poi comunque la notizia "circola" ed è inevitabile che si impregni di tutte le varie correnti emotive che attraverserà.

Ecco che allora diventa importante capire come non sia MAI importante quanto accade ma come viene interpretato. Solo che ce lo dimentichiamo di continuo e questo comporta il rovesciamento di senso e l'attribuzione di "scelta" dove fisicamente la scelta (e in specie se puoi prevedere il futuro) constati non esserci. Per ciò conta solo il significato che diamo a ciò che ci attraversa, dalla notizia tanto quanto l'evento che ci vede compartecipi o anche solo testimoni "non direttamente coivolti". Quello, il significato, è ciò che poi disegna, pianifica e realizza per noi ogni cosa.

Ed il significato, l'ho ripetuto tante volte, è eminentemente emotivo, non verbale. Non è ciò che ci raccontiamo essere "materialmente significativo", ad esempio il denaro, ma il legame emotivo che conserviamo con gli avvenimenti e le modalità con cui questo viene "scosso". Per esempio "la casa" dove storicamente la "mia" famiglia ha abitato nei secoli dei secoli e che ho ereditato dal capostipite in linea diretta, "incorporandone" di fatto l'essenza e l'investitura, come un Re la sua nazione. Per ciò potrei appartenere a una famiglia ricca e facoltosa, ma non importa, conta solo il mio legame emotivo residuo con la dimensione materiale del Mondo.

Qui abbiamo quindi un ENORME bias collettivo. Tremo anche solo a sfiorarlo quest'argomento e se non fosse il mio demone a comandarmelo (diciamo pure a impormelo di forza) vi assicuro che non oserei nemmeno accennarlo. Ma se devo come Cristo salire sul golgota perché lo vuole il mio demone, sia.

Spesso parlo di "ragioni ragionevoli". Tendo cioè a usare una tipica figura retorica "poetica" (ne faceva uso abbondante Dante) come l'anafora, per sottolineare significati che vengono "esagerati" al punto da "rovesciarsi di senso". Questo perché tutti i nostri pensieri tendono ad essere circolari e noi ne prendiamo sempre e solo un pezzettino, tale per cui ci appare finito. Per chiarire, pensiamo alle esagerazioni tipiche di una batutta satirica: era tanto grasso che "grasse" erano persino le ossa. Così ci immagineremo una persona robusta, cioè certamente sovrappeso rispetto la media ma in qualche modo assurdamente "in proporzione" al suo scheletro.

Così una "ragione ragionevole" indica un tentativo di dare a una "normale assurdità" un senso compatibile con i nostri standard di realtà "accettabile". L'alternativa è di solito accettarla come assurdità ma questo è sempre molto pericoloso. Perché saltano i metri con cui valutiamo i fatti che per quanto "sbagliati" danno comunque un senso della misura, metro di rapporto tra noi e il Mondo. Per esempio ci suggeriscono quando essere o meno "arrabbiati". Se quel metro salta, tutto il nostro sistema emotivo "salta" e va potenzialmente "fuori controllo" limitando la nostra capacità di riflettere sulle cose. Quindi il nostro controllo residuo emotivo è esattamente ciò che ci permette di riflettere. Volete un esempio? Serviti: "Hitler è un pazzo". Non so se avete provato a ragionare con chi è profondamente convinto di questa "evidenza storica" emotivamente caricata. Praticamente è impossibile ragionare su qualsiasi cosa deragli anche poco poco dalla "camicia di forza" dettata dall'esigenza di mantenere salda l'idea che "Hitler è un pazzo". Non importa quanto siano assurde queste linee guida, sono i punti di appoggio per evitare di "andare fuori come un balcone" e quindi saranno difesi come se fosse la vita stessa ad essere in pericolo. Perché ogni deragliamento mette in pericolo il sistema nervoso soggettivo, non perché ha senso ciò che si sostiene.

Questo discorso a me fa venire a mente un po' "Alice nel paese delle meraviglie". Un costrutto che come e meglio di Huxley e il suo "Il Mondo Nuovo" descrive l'essenza del meccanismo. Quello che ci imbriglia e incatena nella virtualtà, da ben prima che fosse inventata la dimensione digitale. Perché non dipende da questa, ma dalla nostra emozione.

Vedete, se la razionalità è riferita ai fatti e si poggia sui ragionamenti coerenti in se stessi (=teoria) che cercano di dare alla stessa un significato il più possibile aderente ai fatti stessi (=verità) non dominano (nel rapporto tra noi e la realtà) i fatti o le ipotesi teoriche. Perché è l'emozione esattamente il tramite, il senso che diamo alla realtà. Solo che poi rivestiamo il tutto di parole e questo confonde le idee. Come il classico cioccolatino ripeno di merda (citazione di Gaber).

Alla stregua di Alice, vaghiamo in un meraviglioso Mondo totalmente privo di senso e dobbiamo riempirlo di un qualche significato, anche se non pare possibile, perché è obbligatorio per il nostro equilibrio se vogliamo "stare nel Mondo" e con gli altri, per ciò ci riempiamo di "ragioni ragionevoli" la testa, utili a trovare a tentoni questo equilibrio. Un accrocchio. Cioè montagne di puttanate, ma quantomeno necessarie a sostenere un "male minore".

Tuttavia questa mancanza di senso non è perché le cose non ne abbiano uno, ma perché tutto ciò che appare ci sembra "assurdo", "strano", privo di una sua logica e fin da subito, da appena nati. Quindi rimaniamo immersi in un Mondo folle senza "metri" con cui confrontarlo e allo stesso tempo però la curiosità ci attira, vogliamo "scoprire" l'arcano e tutto ciò si traduce in un potente magnete, un risucchio inesorabile verso "l'interno", sempre più in profondità dentro la tana del bianconiglio e dove ogni cosa non ci aspetta, scappa, sfugge e pare proprio non voler essere "osservata". Come il tempo.

In una parola l'Inferno dal punto di vista emotivo perché il PRIMO stadio di coivolgimento (a partire da quelli evolutivi del bambino) è l'Amore ed è subito questo a dover fare in conti con "i venti impetuosi e impietosi del tempo". Infatti non è un caso che Dante riempie l'inferno di dannati a causa dell'amore o se preferite a causa degli attaccamenti che l'amore (terreno) comporta.

Tuttavia le emozioni (e con esse l'inferno "dantesco") sono una guida, non una trappola. Diventano una trappola a causa della nostra ignoranza e del conseguente uso "sciocco" che facciamo di questo strumento. Un po' come leggere la bussola come fosse la "volontà di Dio". Basterà un campo magnetico dinamico che faccia vorticare l'ago e avremo subito un "Dio impazzito" e a poco varranno i nostri sforzi per far capire a colui che è convito di avere in mano "la volontà di Dio" che ha solo in gestione un pezzo di ferro che segue forze proprie della natura che stanno subendo disturbi rispetto "l'attività media più probabile".

Tu parli dell'ovvio, cioè descrivi solo ciò che constati in base alle tue conoscenze, ma dall'altra parte potresti anche trovare uno che ti aggredisce sfongando su di te le sue migliori frustrazioni per un Dio che lo ha abbandonato perché sei un "miscredente" e per questo "certamente" la colpa del suo "impazzimento" è tua.
 
Ricordiamo come finisce Alice? Fugge dal Mondo delle Meraviglie inseguita dalla Regina di Cuori che vuole tagliarle la testa e questo la "spara fuori" da quel Mondo e la risveglia. Se non è chiaro questo riferimento, non so cosa possa esserlo...
 
P.S.
Per quanto riguarda "Dio". Vi lascio questo ennesimo spunto di riflessione "bonus". Ci diciamo spesso che ciò che conta è da dove arriviamo, dove siamo diretti e dove (di conseguenza) ci troviamo. Alice "entra" dalla tana del bianconiglio dentro nel Mondo delle Meraviglie diventando piccola e galleggiando sulle sue lacrime. Come nella nascita di un feto o come se da quella piccola porticina "entrasse" in una stanza virtuale. Poi cresce e a un certo punto deve trovare una misura tra se (il suo corpo) e quanto la circonda per evitare di crescere troppo o troppo poco, altrimenti perde la possibilità di avere un qualsivoglia rapporto coerente con le Meraviglie che la circondano (la stanza virtuale). Infine dovrà "morire", cioè abbandonare il Mondo delle Meraviglie, come fosse un Sogno. Quindi in Alice e per via del Mondo delle Meraviglie, come nella relazione con Dio e la sua volontà, viene perduta la dimensione logica e razionale dell'accadere, ma mai la dimensione coerente da cui certamente si può ripartire.

Teopratico hanno apprezzato
Citazione
Teopratico
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 256
 

Oh! Stavolta hai stravolto la logica mediocre di un volto comune da farlo torcere, in un verso senza punti cardinali, né sopra, né sotto, né fuori, né dentro, piuttosto tutto intorno, come quella danza di Battiato dentro la stanza! 


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