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Andrea Mensa - Ma cos'è l'inflazione ?


Tao
 Tao
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Penso che la cosa più bella che ci si potrebbe augurare è che ognuno ragionasse con la propria testa, e questo, credo non penso voglia dire che non si debbano condividere pensieri e conoscenze, ma voglia dire che ognuno dovrebbe interrogarsi se cosa legge, soprattutto cosa legge frequentemente e quindi lo si dà come verità acquisita, risponde alle proprie esperienze.

Pertanto quando uno riesce a formalizzare un pensiero, ad esprimerlo, sarebbe bellissimo se chi legge avesse anche il coraggio di esprimersi in merito condividendo o opponendosi, elencando i motivi o le esperienze contrarie, ovvero iniziare una civile discussione.

Purtroppo cosa riscontro che troppo spesso accade è uno scontro, nel quale non vengono messe a confronto delle idee, delle esperienze, ma pare si debbano mettere a confronto degli individui, delle identità.
E quindi , se ciò accade , degenerano, proprio perché nessuno è disposto a rinunciare alla propria identità.

Ho scritto che vorrei chiedervi un aiuto, serio, forse impegnativo.

Il mio rimuginare mi ha portato a convincermi che molte delle cose che conosciamo, nel mondo economico, che sono state definite dalle varie "scuole" o "teorie economiche" abbiano perso di significato o almeno di valore, non perché quando sono state formulate fossero errate, ma perché l'ambiente in cui dovrebbero definire i fenomeni è molto cambiato.

Aver aumentato la capacità di comunicare, aver creato delle "figure" professionali completamente nuove, aver dato strumenti nuovi, non ha reso solo il mondo della finanza più veloce, ma ne ha cambiato la sostanza.
Quanto affermo, è che addirittura molte definizioni non sono più valide.
E qui vorrei iniziare ad esporne una, e chiedere a voi, quanto la ritenete corretta, pensando anche che da questo cambiamento, un mezzo castello di carte crollerà, e bisognerà ricostruirlo su basi più adeguate.

Già le scuole odierne danno dell'inflazione definizioni diverse, ed io vorrei cercare di usare quella che più comunemente ci viene richiamata alla mente da tale parola. Inflazione = quel fenomeno per il quale l'aumento del prezzo di molti beni o servizi, crea la sensazione, in molte persone, che il denaro valga di meno. Vorrei richiamare l'attenzione sulla parola "sensazione".

Percezione tipicamente umana, legata al confronto continuo della persona con l'ambiente circostante.
E perché tiro in ballo questa "sensazione"? ma perché i comportamenti umani sono dominati per la maggior parte dalle sensazioni.

Se abbiamo la sensazione di freddo, ci copriamo, a prescindere da cosa indica il termometro, e viceversa per la sensazione di caldo, ma per indicare una conseguenza tipicamente economica, se la nostra sensazione è di tranquillità economica, spenderemo e compreremo con una certa rilassatezza, se la sensazione è che presto potremmo perdere il lavoro, o che le risorse scarseggiano, tenderemo a fare molta economia.
Le sensazioni sono molto legate alle persone.

Una persona potrà sentirsi ricca con 10.000€ sul conto ed un'altra con la stessa cifra sull'orlo della povertà.
E questo è funzione delle proprie abitudini, delle esperienze pregresse, dell'educazione, insomma di tutte quelle cose che formano il carattere e il modo di vivere della persona.
Ma se il livello di ricchezza è estremamente variabile da persona a persona, le variazioni causano sensazioni simili.

Veder diminuire il conto in banca ha le stesse conseguenze anche se la diminuzione avviene a livelli e percentuali molto diverse, e quindi, crea a molte persone la stessa tendenza.

Una tendenza condivisa, a livello macro, diventa comunque una variazione di tanti elementi diversi, ma tutti nella stessa direzione, che quindi si sommeranno dando l'ampiezza globale del fenomeno.
Quando poi parlo di molti "beni e servizi" sono normalmente più preciso definendoli come quelli di "largo e comune uso e consumo".

Se aumenta il prezzo della Ferrari, nessuno si sognerà di parlare di inflazione, ma se aumenta quello della benzina o del pane e della pasta, si.
Infatti, i "panieri" che misurano l'inflazione, dovrebbero esser presi a misura dei consumi che fanno le varie classi sociali, non una media, o peggio sulla base del prodotto numero x valore perché in questo modo un bene tipicamente di nicchia potrebbe rientrare nel paniere e uno molto economico restarne fuori.

Il bilanciamento dei beni del "paniere" è infatti oggetto di critiche pesanti, soprattutto quando vengono colpiti essenzialmente beni tipici di alcune categorie.

Se ad esempio sale il prezzo del pane e scende quello dei biglietti aerei, la risultante sarà di inflazione nulla, ma per un benestante che viaggia molto, potrà essere un risultato condivisibile, ma per persone a basso reddito, che mangiano molto pane ma non viaggiano mai, quella compensazione non esiste proprio.

Ed è in base ai propri consumi, alle proprie abitudini ricavate dalle proprie disponibilità, che in alcuni momenti si può percepire una più alta o bassa inflazione. Ed è per questa ragione, perché la percezione deve essere condivisa da molti, che parlo di beni e servizi di largo e comune uso e consumo, proprio perché con tale definizione abbraccio la percezione del maggior numero di individui.

Ma perché deve essere "comune" ?

E qui devo fare una distinzione tra il pubblico dei consumatori, che sono quelli le cui "sensazioni" determinano poi il fenomeno.
Vi sono persone i cui redditi sono stabiliti autonomamente da se stessi, e persone i cui redditi dipendono da altri.
Dei primi fanno parte imprenditori, commercianti, liberi professionisti, artigiani, ecc... dei secondi lavoratori dipendenti, pensionati, ecc....
Se questa sensazione di aumento dei prezzi, la colgono gli individui della prima categoria, cercheranno di scaricare sui prezzi delle loro prestazioni, tali aumenti, amplificando così subito l'effetto.

I secondi, se e quando riusciranno ad aggiornare i loro redditi, parteciperanno, con molto ritardo, a continuare o a dare una seconda spinta a tale fenomeno.. Il fenomeno a catena, comunque si fermerà quando in seguito all'aumento dei prezzi, cominceranno a calare le vendite, il che significherà che il massimo prezzo accettabile è stato raggiunto.
Non dimentichiamo comunque, che tali aumenti possono esser causati da due fattori principali, e moltissimi altri secondari.

I principali sono gli aumenti dei costi di produzione dei beni ( che include materie prime, energia, trasporti, ecc... ma anche mano d'opera), e tensione sui prezzi dovuti a maggiori disponibilità economiche da parte degli acquirenti.

Ricordo che una maggiore disponibilità, per la legge della domanda e dell'offerta, avrà come conseguenza quasi immediata un aumento dei prezzi, se non avviene con simultaneo aumento della quantità dei beni e servizi offerti sul mercato.
E che un aumento di disponibilità non necessariamente è conseguenza di un aumento dei redditi, perché è sufficiente che cambi la percezione della situazione economica per indirizzare sul mercato dei beni una maggiore quantità di reddito a scapito del risparmio, per esempio, o addirittura che si usi parte del risparmio fatto in precedenza per acquistare dei beni.

Ecco quindi come la sensazione, oltre agli altri fattori indicati, agiscano per o contro l'inflazione.

Il voler ridurre il fenomeno ad una mera conseguenza meccanica dell'aumento o meno di liquidità, senza considerare il fattore umano ed emotivo, credo che porti a degli errori grossolani sia nella valutazione dei pericoli inflattivi, sia nel modo per causarli.

Ecco, questo è il primo dei pensieri, che, se ci pensate bene potrebbero rivoluzionare completamente i libri di ec
onomia.

Vi paiono sensati o delle stravaganze di un allucinato ?

Andrea Mensa
8.11.2010


Citazione
Iacopo67
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Quoto appieno il tuo articolo.
E' quello che intendeva Berlusconi quando diceva che la crisi è psicologica, ovvero, se la gente per paura della crisi mette i soldini sotto il materasso e non li spende, la moneta in circolazione diminuisce, e la crisi diventa reale, ma la causa era psicologica.
Io stesso, che avevo una mezza idea di prendermi una casetta col mutuo, quando si cominciò a parlare di crisi, rinunciai, per paura che se diminuisce il lavoro ( sono artigiano, non ho lo stipendio fisso ), poi non riesco a pagare il mutuo.
Bisogna poi vedere però, in questa crisi economica, in che misura le motivazioni siano psicologiche e in che misura derivino invece anche, e forse soprattutto, dai vari parassitaggi dell'economia.

La psicologia della paura è determinante anche nel passaggio dall'inflazione all'iperinflazione.


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vic
 vic
Illustrious Member
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Mi frulla per la testa un'altra definizione di inflazione.

Prendiamo un esempio un po' sciocco. Cosa me ne faccio di questa vecchia stufa? E' ora di sostituirla. Sei sicuro? La usava gia' il bisnonno, funziona ancora, perche' vuoi farlo? Lo faccio perche' le stufe di oggi consumano meno, sono piu' carine. Ma sono cent'anni che funziona!

La discussione finisce con la decisione di cambiare la vecchia stufa. Io ci perdo perche' il ferrivecchi devo ancora pagarlo per prendersi il presunto rottame. Mi dicono che il ferro usato oggi per il 90% non viene piu' dalle miniere ma e' materiale riciclato. Gia' qui non capisco perche' nessuno paga il mio ferrovecchio.

Sto divagando. Ecco la mia definizione di inflazione: il tempo di riciclaggio. La mia nuova stufa quanto durera'? Se durera' 50 anni invece di 100 come la vecchia, vorra' dire che mi trovo in una fase d'inflazione doppia.

Insomma mi sembrerebbe interessante definire un'inflazione tenendo conto dei tempi di riciclaggio di un certo bene di consumo. Questo tipo di misura potrebbe farci capire quando stiamo andando fuori giri come societa', sostituendo oggetti ancora utili con oggetti simili e magari peggiori. E' quello che ci sta succedendo con le nuove tecnologie.

Il disco di vinile e' durato 40 anni, il CD 20, il DVD e' gia' moribondo.
Idem con la radio: la radio analogica e' durata 90 anni. La radio DAB sta gia' tirando le cuoia dopo pochi anni.

L'inflazione da iperconsumo qualcuno deve misurarla, se vogliamo uscire dalla mentalita' perversa del compra compra, tamburellataci nelle mente dai sopraffini guru del marketing.

Nessuno sa piu' cosa sia un regolo calcolatore.
Ne ho un paio nel cassetto, sono utili a fare moltiplicazioni e calcoli trigonometrici quando non ci sono piu' batterie in casa ed e' saltata la corrente. Dei regoli per il calcolo siffatti funzionano finche' non va' via la vernice delle tacche, cioe' funzionano per almeno una vita. Nel frattempo quante macchinette calcolatrici, sempre piu' sofisticate ho gia' cambiato? Ecco un altro esempio di inflazione non legata al prezzo ma legata al raccorciamento del ciclo di vita di un prodotto, dovuto alla percezione che sia obsoleto, quando oggettivamente non e' detto che lo sia.

Era un pensiero per aria, fra la nebbia novembrina, sul come misurare l'ansia d'acquisto indottaci da un mondo pervaso dal mantra del consumo. L'inflazione consumistica la vogliamo misurare una buona volta?


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AlbertoConti
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Post: 1539
 

L'inflazione è un termine economico, nel senso tecnico, e come tale viene usato anche dai mass media come leva ideologica per sostenere le tesi del sistema da difendere.

La gente "non s'intende molto" di queste cose, e perciò "mangia" (quotidianamente, in pillole) quel che passa il convento, lasciandosi influenzare totalmente da qualsiasi distorsione semantica utile a consolidare il consenso al sistema vigente.

Perciò anche l'inflazione, che è un termine tecnico nello studio della meccanica monetaria, è oggetto di queste continue "attenzioni" distorsive. Non per niente il sistema delle banche centrali europee si è imposto tramite il "patto di stabilità", due parole una più falsa dell'altra. Non è un patto sociale, al contrario è un'imposizione strutturale calata dall'alto all'insaputa dei cittadini (che non ne conoscono la vera sostanza e men che meno sono stati chiamati a partecipare alla formazione del "patto"). Ma soprattutto non è di "stabilità", e dieci anni di sperimentazione sul campo lo confermano oltre ogni ragionevole dubbio. Tale "stabilità" la si può intendere in tanti modi, ma quello che va per la maggiore corrisponde al controllo dell'inflazione, "programmata" (già questo è tutto un programma ...) a rimanere sotto la soglia "ragionevole" del 3%.

Tuttavia è l'essenza del concetto ad essere tradita nell'interpretazione corrente, dalle "pillole" del TGCOM fino alle aule universitarie più blasonate, dove si sostituisce il significato originario d'inflazione (cioè sovradimensionamento della massa monetaria circolante) con la presunta conseguenza dell'aumento dei prezzi. Tant'è che nessuno discute il principio di Stato (del tutto paragonabile ad un dogma religioso) utilizzato ufficialmente (ISTAT) per "misurare" l'inflazione, ovvero le variazioni dei prezzi unitari di un paniere di merci (dette impropriamente "beni", tanto per non farsi sfuggire nessuna distorsione).

Le conseguenze sulla "pubblica opinione" sono devastanti, tali da disintegrare nella culla il concetto stesso di democrazia nella sua sostanza.

Infatti su questo inganno semantico, esito delle armi di distrazione di massa predisposte alla formazione del consenso, si basa tutta la disinformazione che copre le manovre monetarie dell'elite del denaro, la vera arma di distruzione di massa del XXI secolo.

L'aumento dei prezzi è proporzionale all'aumento della massa di moneta circolante nel corrispondente mercato, e questo lo capisce anche un infante, mentre è del tutto indifferente all'aumento di massa monetaria circolante nel mercato separato del "risparmio", leggi speculazione finanziaria. Il dibattito vero dovrebbe quindi essere su come e quanto tale "mercato" sia veramente separato dai mercati del largo consumo di massa.

Con questo imbroglio culturale, neppure tanto sottile a ben vedere, si è giustificata l'esistenza della finanza libera e selvaggia in proporzioni tali da devastare ogni altra logica economica, come stiamo osservando particolarmente in questi ultimi anni.

Si è parlato in passato degli effetti distorsivi dell'economia di guerra, di quei particolari periodi che vedono un'intera nazione impegnata in uno sforzo straordinario di produzione di armi, ma non si è mai ancora parlato di quei periodi "straordinari", in realtà diventati la regola universale, di produzione "straordinaria" di "strumenti finanziari", espressione accattivante per descrivere forme di denaro risparmiato e impiegato per parassitare altro denaro, in una logica del tutto autoreferenziale di questo mercato separato, che però utilizza la stessa moneta di tutti i giorni. Le chiamano "bolle speculative", quasi fosse un fenomeno naturale. L'unica naturalità del fenomeno è il movente, l'avidità dell'animo umano che si esalta nella "professione" del trader, dell'arbitraggista finaziario, che muove capitali immensi non si sa di chi. Ma qui entriamo in altro campo minato, quello del diritto di proprietà, dei ruoli e delle attribuzioni giuridiche di diritti e doveri nel mondo virtuale della finanza.


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Anonymous
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La polemica sull'inflazione in Italia

Con l'introduzione dell'euro, in Italia si è verificato un fenomeno particolare: alcuni indicatori economici segnalavano un aumento dell'inflazione, stimato intorno al 6% annuo, mentre le rilevazioni ufficiali dell'Istat si attestavano intorno al 2-3% annuo. Secondo alcuni il primo dato corrisponde all'inflazione percepita dai consumatori, e a quella rilevata da altri istituti, come l'Eurispes. Questo, secondo il parere di alcuni economisti, non tanto perché i dati siano falsificati, bensì in quanto il campione dell'Istat non è più rappresentativo dei consumi.
Il campione dell'Istat si basa su di un paniere di prodotti, tra i quali vengono monitorati esclusivamente i più venduti di ogni categoria. Ad esempio, per le auto, non si monitorano le auto di lusso, ma le più diffuse utilitarie, e non tutte, ma solo quella più venduta. Ora, mentre in un mercato con poche offerte il prodotto di punta facilmente raggiunge valori significativi, nei mercati attualmente vi sono decine, se non centinaia, di scelte per ogni prodotto: è dunque difficile che un singolo prodotto, anche se il più diffuso, sia un campione rappresentativo della categoria. Per fare un confronto, i dati dell'Eurispes monitorano, oltre al prodotto più venduto, anche il più caro ed il più economico di ogni categoria. Questo perché, anche se il prodotto più venduto non aumenta di prezzo, ma lo fanno tutti gli altri che possono facilmente essere più del 60% del mercato, l'inflazione misurata resta ferma, ma non quella percepita. Non va però dimenticato che i punti vendita rilevati dall'Eurispes sono in numero molto più basso rispetto a quelli dell'Istat.
Secondo alcuni, il tipo di rilevazione dell'Istat non misura il disagio delle classi medie, che, abituate a comprare prodotti di una certa qualità e dunque più costosi, non potendoseli più permettere, tendono a comprimere i loro consumi.E infatti si è notato un incremento del ricorso ai discount, aumentato del 10% dall'introduzione dell'euro, un appiattimento dei consumi alimentari, un crollo della spesa media pro capite per le vacanze: tutti indicatori di un aumento dell'inflazione ben al di sopra dell'ufficiale 2-3%[senza fonte].
Un ulteriore elemento di contestazione è il fatto che il tasso d'inflazione considera allo stesso modo beni durevoli e beni di consumo, che hanno vita utile e tempi di riacquisto molto diversi. L'impatto che un rincaro delle automobili ha sui redditi di una famiglia media si manifesta ogni 10 anni, mentre un aumento del prezzo della benzina ha effetti quotidiani. I prezzi vengono pesati rispetto alla quantità venduta del prodotto/servizio, ma non sono moltiplicati per coefficienti che tengono conto della loro durata.
Per altro verso, i prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza d'acquisto incidono maggiormente sull'inflazione percepita rispetto a quelli acquistati più raramente. L'ISTAT annovera tra i beni e servizi ad alta frequenza d'acquisto i generi alimentari, le bevande alcoliche e analcoliche, i tabacchi, le spese per l'affitto, i beni non durevoli per la casa (detersivi, ecc.), i servizi per la pulizia e la manutenzione della casa, i carburanti, i trasporti urbani, giornali e periodici, i servizi di ristorazione e i servizi di assistenza. Per essi si è rilevato, a giugno 2008, un tasso di inflazione tendenziale del 5,8%, che può dirsi constatato quasi quotidianamente dai consumatori. Il tasso tendenziale generale è nettamente minore (3,8%) in quanto vi contribuiscono i beni a bassa frequenza d'acquisto (elettrodomestici, servizi ospedalieri, acquisto di mezzi di trasporto, servizi di trasloco, apparecchi audiovisivi fotografici e informatici, articoli sportivi), il cui tasso tendenziale è stato dell'1,6%. Ad esempio, gli alimentari e bevande analcoliche (+6,1%), le spese per l'affitto, l'acqua, il gas, l'elettricità e i combustibili per la casa (+7,2%), i combustibili e le spese di manutenzione per i mezzi di trasporto e le spese per i servizi di trasporto (+6,9%) incidono sull'inflazione percepita, per via dell'alta frequenza di acquisto, più dei servizi sanitari (prezzi invariati rispetto al giugno 2007) o delle comunicazioni (spese postali, tariffe e prezzi di apparecchi telefonici, diminuiti del 2,4%).[9]
Si può anche supporre che le percezioni individuali siano influenzate più dai rincari che dalle diminuzioni di prezzo, oppure che sull'inflazione percepita da alcune categorie di consumatori abbia influito significativamente la dinamica dei prezzi di beni non compresi nel paniere sui cui si basano gli indici dei prezzi. Come in altri paesi, infatti, in Italia il tasso d'inflazione considera solo i consumi finali, non anche l'acquisto dell'abitazione e le relative rate di mutuo (considerati investimenti), nonostante costituiscano una spesa rilevante per i redditi da lavoro dipendente e autonomo.[10]
In seguito alle polemiche sul livello dell'inflazione, è stata attivata una "Commissione di studio per il calcolo degli indici dei prezzi", composta da professori universitari, esperti Istat, rappresentanti delle parti sociali (sindacati e Confindustria) e rappresentanti delle associazioni dei consumatori

http://it.wikipedia.org/wiki/Inflazione#La_polemica_sull.27inflazione_in_Italia


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donrob
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Apprezzo moltissimo cio che scrive Anbrea Mensa in questo caso però vorrei far notare che il fatto che:

gli "enunciati", cioè i modelli con cui pensiamo funzioni il mondo economico (per esempio la "legge" 😥 della domanda e dell'offerta), influiscano sul mondo reale e lo cambino sono patrimonio della cultura economica e filosofico/matematica.

Per esempio si trova enunciato in modo divulgativo in "la crisi del capitalismo globale" di G. Soros 1999.

E' vero forse che non fa parte dell'armamentario comunicativo usato dai sacerdoti dell'ortodossia liberale per tenerci sotto controllo.


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amensa
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@ vic
quello che tu descrivi, direi che risponde più al concetto di società consumistica, che di inflazione.
che si debba prima o poi uscire da questa mentalità, mi trovi pienamente d'accordo e mi auduro vivamente che ciò accada prima che ci troviamo tutti sommersi da montagne di rifiuti.
se solo il rispetto delle risorse naturali avesse un valore riconosciuto, il riciclo di tutto cosa possa essere riciclato non sarebbe più una opzione ma un bussiness, e forse solo allora lo si farebbe con convinzione e continuità.
io credo anche che questa crisi che stiamo vivendo, con il suo carico di disoccupazione e sotto occupazione, porterà ad instaurare, dopo un eccesso in senso opposto di maggiore sfruttamento del lavoro, un modello in cui si lavorerà tutti di meno, si produrrà di meno, e si utilizzerà di più tutto ciò ch eè disponibile.
quando qualcuno dice che questa non è ne una crisi economica ne finanziaria, ma antropologica, mi trova pieenamente d'accordo.

@ Alberto Conti.
che oggi si giochi troppo sulle parole, mi trovi non solo d'accordo ma d'accordissimo, ed azzardo anche una ipotesi in merito.
non è distrazione, nemmeno ignoranza, ma la cosa è perfettamente voluta per ingenerare, soprattutto sui temi più "caldi" la maggior confusione possibile.
e questa è la ragione per cui, nei miei scritti , tendo a definire le parole che uso, tanto per chiarire di che cosa intendo trattare.
come vedi all'inizio del mio scritto ho riportato anch ela definizione degli "austriaci" che è molto limitata rispetto a cosa si intende nella maggior parte dei casi.
etimologicamente hanno perfettamente ragione, solo ch eattualmente ha assunto un altro significato, almeno nella dizione comune.
quindi per non creare confusione ho definito di cosa parlavo, chiamiamola inflazione, giovanni o parapapà, quando ho specificato cosa intendo, credo di non lasciare più dubbi.
ho comunque insistito sul concetto del "processo" e non della condizione, proprio perchè come qualsiasi processo che si auto alimenta, può innescarsi in qualsiasi punto dell'anello, e un aumento di liquidità destinata agli acquisti, è uno di tali inneschi, ma ne potrei elencare anche diversi altri, come l'aumento delle materie prime, del lavoro, del guadagno degli intermediari, ecc....
il risultato è comunque sempre lo stesso, e si ha quando sopraggiunge un astabilizzazione , in genere dovuta ad un calo dei consumi , per raggiunto limite di disponibilità da parte dei più deboli della catena, ovvero dei redditi fissi. che però non è una regola fissa e non sempre accade per quello.


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amensa
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@ donrob
lungi da me il pensiero che le personi adattino il loro comportamento alle "leggi" economiche. mica per niente sto elaborando una mia teoria basata proprio sulla più variabile e personale grandezza economica che esista, e cioè il valore.
valore ch eho definito come quell'attributo personale relativo ad un bene che, in un dato ambiente (luogo, tempo, situazione) ne esprime la desiderabilità.
questoporta, nel dover considerare grandezze e fenomeni, innanzitutto a cercare dei riferimenti ai quali poi confrontare ciò ch edi volta in volta interessa.
in metafora ho espresso questo tipo di attività come il disegnare la mappa della costa , stando su una barca ( e quindi soggetta a correnti, venti, ecc..).

quando faccio menzione alla legge della domanda/offerta, faccio riferimento all'enunciato, non alla pretesa che tutti si comportino in tale modo, forse la maggiornaza o un gran numero, magari anche determinante, ma non sicuramente obbligatorio.
se io vedo ch enormalmente si cammina in avanti, e dico che "normalmente si cammina in avanti" con questo non obbligo nessuno a farlo, e nemmeno glie lo chiedo. semplicemente esprimo una osservazione generalizzata.

@ wiki
quanto scrivi mi ricorda una vecchia discussione che ebbi su AC FINANZA con il gestore, un amabilissimo individuo.
se si va sul sito dell'istat, si può vedere come è composto il paniere, e converrai con me , che per esser precisi , occorrerebbe un paniere personalizzato per ogni individuo.
così sarebbe anche eccessivo, oltre che inutile, ma panieri specifici per classi di reddito, potrebbero invece portare ad una migliore comprensione del fenomeno.
peccatoche proprio coloro che spingono per una piccola inflazione, non ne sarebbero assolutamente felici, in quanto una cosa simile rimetterebbe ad esempio in gioco il famoso discorso della scala mobile, tanto per dirne una.
hanno fattotanto per abolirla, figurati se desiderano che la si legittimi di nuovo mostrando come il calcolo globale sia classista.
è ovvio comunque che l'inflazione, a seconda da quali occhi viene vista, e non per niente l'ho definita una percezione, cambia notevolmente in base alle qualità e quantità delle merci acquistate.
è comunque, in tempi non troppo tumultuosi, un parametro ch edescrive, almeno sul lungo periodo, l'andamento del valore del denaro.


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