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Bersani è un poveraccio


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 33516
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Dio com’è miseramente prevedibile la sortita di Pierluigi Bersani che chiama ad un fronte unico delle opposizioni contro Berlusconi aperto ai finiani. Che quadro tetro di grettezza e miopia tattica rivelano le sue parole, testimoni della pochezza intellettuale di quanto dovrebbe rappresentare i resti, o meglio i relitti della sinistra italiana.

Gli eventi della direzione nazionale del Pdl di questa settimana pongono agli osservatori un’unica domanda. Quanto è seria la fronda finiana? Fino a che punto sono disposti ad andare avanti? Questa domanda non può trovare risposta che in una disincantata analisi della cronaca politica delle prossime settimane che non si fermi ai proclami dei portavoce. Tuttavia, considerando con beneficio di inventario la possibilità che la spaccatura interna al Pdl non riguardi solo un’assegnazione di poltrone, le parole di Fini annunciano un evento di portata storica per il nostro paese: la nascita di un conservatorismo italiano moderno ed europeo destinato ad entrare in rotta di collisione con l’eversione populistico-vandeana-xenofoba del duo Bossi-Berlusconi. E rotta di collisione significa che prima o poi in Italia ci sarà posto per una sola destra.

Si capisce che anche dando per scontata una notevole dose di determinazione tra i finiani la meta non è a portata di mano e i rapporti di forza sono favorevoli a Berlusconi. Circostanza che ha favorito il sorgere della metafora giornalistica del vietcong per suggerire il tipo di guerra di posizione e logoramento che attende Fini e i suoi seguaci. I quali hanno certamente qualche freccia al loro arco, dato che il fenomeno del berlusconismo si basa sul culto della personalità e su messaggi ultrasemplificati che non possono essere emessi in un clima interno di dialettica e di conflitto. Ma occorrerà tempo, abilità e pazienza.

Bersani è il leader di un partito che, dai tempi delle teorizzazioni dalemiane sul “paese normale”, è riluttante e privo dell’energia necessaria per considerare la lotta al berlusconismo come un’alternativa di valori e di civiltà – in questo singolarmente in sintonia con l’attuale Presidente della Repubblica, assai più di quanto sarebbe stato possibile con Ciampi. Che dunque la posta in gioco della sfida di Fini a Berlusconi possa essere il varo di una destra moderna, decente, europea, che non lusinga l’ignoranza e la volgarità, che rispetta le regole, è cosa fuori dai radar di Bersani.

Bersani è inoltre al vertice di un partito senz’anima che è più che altro una somma di “carriere” e interessi settoriali. In queste condizioni è assai difficile avere quella chiarezza di pensiero e quell’ampiezza di prospettive necessarie all’elaborazione strategica. Le rivalità interne sono così pressanti da imporre in ogni momento il principio del primum vivere, che esalta i cartelli elettorali – non importa quanto eterogenei e discutibili — in virtù degli immediati tornaconti che essi promettono. Da qui l’invito ingenuo e insultante ai finiani di allearsi col Pd contro la maggioranza del loro stesso partito. E di conseguenza l’esposizione dei finiani all’accusa da parte dei berlusconiani di essere quinte colonne al servizio del nemico. Una difficoltà di cui Fini – nei suoi panni di Davide contro Golia — non sentiva alcun bisogno. Tanto valeva suggerire a Fini di suicidarsi con una scissione, fondare un suo partito e diventare un qualunque Francesco Rutelli della destra italiana.

E’ imbarazzante. Fini pensa in grande, e per ciò stesso si mette in una condizione per cui Bersani non potrà mai capirlo.

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Interessante. L’astro nascente dei lib-dem britannici, Nick Clegg, vuole una politica indipendente dagli Usa e ispirata al rispetto dei diritti umani, guarda con interesse all’Unione Europea, si è opposto all’invasione dell’Iraq, dichiara pubblicamente la sua insoddisfazione per la guerra in Afghanistan, e vuole una regolamentazione bancaria che non permetta più gli osceni profitti della City nell’epoca Blair e Brown. Credo proprio che se fossi un suddito di sua maestà il 6 Maggio voterei per i lib-dem.

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Ogni 25 Aprile dico sempre le stesse cose, e dunque se posso essere accusato di scarsa fantasia e originalità mi si deve riconoscere almeno la coerenza. Sono sempre stato contrarissimo alle “riconciliazioni” e alle “memorie condivise”. Chi le propone esegue sempre un’operazione previa di annacquamento dei valori del 25 Aprile. Di fatto in tempi recenti, in certi ambienti, la festa del 25 Aprile è diventata quasi una celebrazione anticomunista per ringraziare il provvidenziale aiuto degli alleati che ci hanno liberato da Hitler e da Stalin. Per i partigiani comunisti c’è sempre più dileggio e calunnia. Dunque, almeno per me, o un 25 Aprile vecchio stile o niente. Questo non fa di me un fanatico. La repubblica nata dalla Resistenza è davvero la Repubblica di tutti, e questo senza il bisogno di adesioni simboliche alla Resistenza stessa da parte di chi non la ama o si sente estraneo alla sua eredità. Una parte degli italiani ha pieno diritto di considerare il 25 Aprile come una comune festività, non diversa dall’Immacolata concezione o dal 1° Maggio. La pretesa di imporgli una fedeltà che non sentono e che non gli appartiene è o ipocrita o autoritaria.

Ho parlato più su con interesse del progetto in essere dei finiani nella destra italiana, ma neanche per un momento dimentico che se discutessi con loro di quegli anni emergerebbero divergenze insanabili. E allora? Tutte le persone adulte hanno i loro traumi irrisolti e parti non integrate del loro passato. Lo si considera normale, e nessuno pensa che sia un ostacolo per andare avanti. Perché non dovrebbe essere così anche per le nazioni?

Gianluca Bifolchi
Fonte: http://subecumene.wordpress.com
Link: http://subecumene.wordpress.com/2010/04/25/bersani-e-un-poveraccio/
25.04.2010


Citazione
RobertoG
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 210
 

Bersani è uno che fa rimpiangere persino Franceschini.

Ma ho fiducia nel Partito Democratico: sono sicuro che riusciranno a trovarne uno ancora peggio.


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