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Blondet - Sul sindaco di Londra, così ben integrato

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Sul sindaco di Londra, così ben integrato

Maurizio Blondet  9 maggio 2016 

“Londra ha scelto la speranza sulla paura!” si è estasiata Repubblica. “Il primo sindaco musulmano della capitale inglese, il 56,8% dei voti!”. E giù fiumi di verbosità sulla “integrazione”-modello di extracomunitari da cui dovremmo prendere esempio in Italia, “come insegna Francesco”.

Certo, certo. Ma l’avete sentito parlare, il neo-sindaco Sadiq Khan? Pochi secondi della sua allocuzione d’esordio, ed è chiaro: upper class.

Perché la lingua, in una nazione classista (del resto è quasi la sola monarchia rimasta) rivela immediatamente la classe sociale. La pronuncia. In Italia, uno si laurea alla Sapienza di Roma ed esce col suo accento dialettale che ha succhiato col latte di mamma – abbiamo avuto banchieri centrali con l’accento di Totò, avvocati di grido romaneschi, scienziati con la parlata bolognese o di Ciccio Ingrassia. Nei paesi anglosassoni, è impensabile. Persino in America – ‘democrazia” ferocemente classista se mai ce n’è – c’è la pronuncia Harvard, la pronuncia Yale, la bostoniana, che ti assegnano, appena apri bocca, al patriziato (e magari Skull & Bones). Nel Regno Unito ancor di più, ovviamente.

Sulla solidità delle istituzioni inglesi non serve dilungarsi. E’ bastato vedere la simpatia con cui il popolo ha celebrato i novant’anni di una regina palesemente sprezzante della plebe; peggio, la donna che può aver persino autorizzato (all’MI5) l’assassinio di quella nuora così inferiore da farsi mettere incinta da un bottegaio egiziano, che se non fosse morta nel tunnel dell’Alma avrebbe dato al futuro re dell’United Kingdom un imbarazzante fratello coloured. Anche questo delitto, se c’è stato, dimostra solo che sì, le istituzioni inglesi sono solide. Solidissime. Nessuno le viola impunemente: specie quelle non scritte.

Durano da secoli, tutte, anche le peggiori, come la pedofilia nobiliare rispettosamente coperta da Scotland Yard e ignorata con tenace omertà dall’opposizione laborista (“di Sua Maestà”) piena, a parole, di repubblicani. Quanto alle migliori, ai piani bassi accessibili a un turista italiano, è come gli si insegna a mettersi in fila nel salire sul bus rosso. Non c’è alla fermata alcuna scritta che imponga: “Mettersi in coda a norma del decreto XX dell’anno WZ”. Ma sono gli inglesi stessi che attendono il bus ad “insegnare” all’italiano che, se prova a fare il mucchio selvaggio all’assalto del predellino, ha violato una istituzione. Non scritta, ovviamente.

Per contro, l’immigrato in Italia trova una quantità di divieti e di permessi minuziosamente descritti per legge. Quanti, nessuno lo sa esattamente: secondo i calcoli più probabili, le leggi italiote sono oltre 150 mila. Venti-trenta volte di più, poniamo, delle leggi in vigore in Francia (7 mila) e Germania (5 mila). Scopre subito, essendo l’immigrato vispo per selezione darwiniana (è sopravvissuto alle “istituzioni” di Daesh o del dittatore eritreo), che in Italia le leggi sono tante proprio per poter essere aggirate. Le prime lezioni le ottiene dalla Caritas o dalle assistenti sociali dei centri d’accoglienza, le quali, invece di agire come “rappresentanti dello Stato”, gli insegnano i primi “inghippi”: ti hanno respinto la domanda di asilo? E tu fa’ ricorso, così resti qui altri mesi ed anni. Non sai come si fa? Te la scfriviamo noi. Siamo pratici.

Siamo corrotti dalle istituzioni

Insomma l’immigrato trova, oltre le braccia aperte della “accoglienza senza limiti” delle sinistre, della Caritas e del Papa uniti nell’umanitarismo catto-globalista, che quelli che dovrebbero rispettare le leggi, ti insegnano a scavalcarle. Presto constaterà che persino la magistratura disprezza le istituzioni, a cominciare dalla sua – l’ordine giudiziario – di cui vilipende il prestigio e la maestà usandola nella lotta politica, di preferenza sovversiva, contro gli altri due poteri. Musulmano, trova una “accoglienza” cattolica così materna che non gli chiede niente per meritarla; basta che si accomodi a far niente, mantenuto e anche con la palestra per il fitness, mentre il suo ricorso è deciso. Campa cavallo: effetto collaterale delle 150 mila leggi in proliferante aumento canceroso, gli italiani affollano i tribunali più di quanto facciano francesi, spagnoli, tedeschi, austriaci messi insieme. Litigano incessantemente tra vicini, tra condomini, fra circolanti in strada; lavoratori pubblici licenziati per fancazzismo contro-denunciano il sindaco perché per sostituirli ha preso dei lavoratori temporanei (è successo a Livorno); e il giudice “investito dell’indagine” che fa? Invece di sbatter fuori dall’aula gli avvocati, manda “l’avviso di garanzia” – e il sindaco diventa immediatamente un imputato dilaniato dall’opposizione politica. Mi è stato persino raccontato il caso reale di una lite condominiale in cui un condomino ha preso le difese della portinaia licenziata dall’assemblea, controdenunciando gli altri condomini, e trascinando le cause (civili e penali) per anni, a spese sue, danneggiando infine il condominio di cui fa’ parte, che ha dovuto risarcire la licenziata con 25 mila euro: dunque anche se stesso. Perché? Non chiedetelo: in Italia, il concetto di “condominio” esclude per principio il concetto di “razionalità”.

Le nostre “istituzioni di accoglienza immigrati” son di pari irrazionalità, visto che funzionano la prima scuola di dis-educazione civica, il primo centro di addestramento al dispregio delle istituzioni. Tanto, dice il sistema italiota strizzando l’occhiolino, questi immigrati sono qui di passaggio, vogliono andare n Germania, mica restare da noi (e chi sarebbe così masochista?); quindi l’ente collettivo Italia, i governanti che pure hanno accettato “Schengen”, accettando di esser il paese di prima accoglienza, poi cercano di aiutare i negri e i ‘siriani’ a scavalcare i confini; avrebbero dovuto non firmare “Schengen”, non dare l’assenso a quella istituzione assurda fatta – come quasi tutte le altre della UE – a nostro danno. Invece, ancora una volta, ha vinto la mentalità vernacolare: si ratifica, e poi la si aggira, come si fa’ in Italia. Poi eleviamo la protesta dettata dalla nostra misericordia e compassione s e l’Austria (che ci conosce bene) fa’ i controlli al Brennero; arrivano i Black Bloc, interviene la lezione di “Francesco”…

Non credo nemmeno un attimo che noi italiani siamo corrotti per natura. E’ così evidente il motivo: noi siamo corrotti dalle nostre istituzioni. In un tal proliferare di leggi scritte (Roma, nel millennio dalla cacciata di re Tarquinio fino a Romolo Augustolo, emanò circa 500 leggi scritte), non solo ci si deve barcamenare per sfuggirle, ma esse han finito per cancellare nelle coscienze le leggi non scritte, quelle che vengono altrove difese dal senso comune di dignità, vergogna di violarle, ritegno, magari carità di patria; dall’amore – poniamo – per Dante Alighieri e Leopardi. Io vorrei che i profughi fossero integrati fino a fare dei loro figli nelle nostre scuole degli amanti di Dante, dei lettori di Leopardi, degli appassionati di Ariosto, dei latinisti da premio.

Quello del “primo sindaco musulmano” è l’eloquio e la pronuncia che si ascolta ad Eaton, nella Camera Alta, dei letterati, dei Tories, degli avvocati. Una mia antica fidanzata, infatti, per imparare quella pronuncia e quell’oratoria, passava le giornate all’Old Bailey ad ascoltare i processi, i dibattiti fra accusa e difesa, pieni di spirito e di idioms. E faceva benissimo, perché ‘quella’ pronuncia apre delle porte. Dei club, dei salotti buoni, del potere. E’ vero naturalmente anche il contrario: un accento ‘basso’, cockney, o da immigra
to italiano, le porte le chiude. Con quelle pronunce, puoi diventare cuoco e designer, financo capitano del Chelsea; molti dirigenti di Scotland Yard parlano cockney; più in alto, non si va. Non dove agisce il potere vero, lo speciale stato profondo britannico con le sue regole non scritte e le forme sottintese. Là è semplicemente impensabile che il banchiere centrale, o ancor meno il capo dell’MI5, abbia mai l’accento dell’omologo di Checco Zalone.

Con ciò, non intendo sminuire l’esempio di integrazione che l’elezione a Londra del “primo sindaco musulmano” da parte di oltre 13, milioni di votanti ci offre; anzi al contrario: sarebbe bellissimo se noi italiani fossimo capaci di integrare così negri africani e ‘profughi’ siriani, afghani, pakistani; ma non siamo in grado, ed è per questa incapacità che l’inondazione di immigrati sarà per noi gravemente difettosa, e alla fine rovinosa e degradante.

Chiedete “come”? Per favore: non vedete che la letteratura inglese contemporanea è opera di gente delle colonie e dei dominions? Hanif Kureishi, Salman Rushdie, Arundhati Roy, Kazuo Ishiguro, il grandissimo Shiva Naipaul: romanzieri, drammaturghi, inviati speciali di grande finezza e profondità, sceneggiatori, che siano nati in Pakistan o a Trinidad da genitori indù, scrivono in inglese: e che inglese. L’inglese magistrale, nelle finezze dei suoi registri doppi – sassone e neolatino – nelle ironie e malinconie, di chi è imbevuto, nato e cresciuto con Donne e con Shakespeare e l’ha nel sangue. E non dimentico gli attori scespiriani di pelle olivastra. Se, senza vederlo senti parlare Ben Kinsley, subito pensi, come per il sindaco Khan: upper class.

Perché quel linguaggio, con quell’accento, si impara – si deve imparare per recitare Calibano o Polonio – e loro, anglo-indiani o nigeriani, hanno voluto impararlo. Hanno “lavorato sulla loro pronuncia”, per diventare degni di avere una parte Riccardo III. In Italia, il solo attore che, a memoria d’uomo, abbia “lavorato sulla sua parlata” è stato Vittorio Gassman, e nell’ambiente lo ricordano come un esempio di forza di volontà da ammirare (“un tedesco”) e da deridere sotto i baffi (“a fanatico!”, in romanesco). Qui a Milano, al Piccolo Teatro, ridanno l’ennesima replica di “L’opera da tre soldi” di Brecht (un obbligo del cialtronume ‘intellettuale’ di sinistra); l’altro giorno una spettatrice confessava ad un’amica di essersi non solo annoiata, ma di essere urtata dal fatto che il protagonista avesse accento napoletano. Attori italiani che “non lavorano sulla pronuncia” rivelano fin troppo della loro essenza: dilettantismo e provincialismo. Possono fare solo “commedia all’italiana” ed hanno un solo registro, il comico fescennino.

La lingua è la prima Istituzione

No, non sto uscendo dal tema. Roma, la grande integratrice di genti diverse (Mommsen definì la politica romana “un vasto sistema di incorporazione”) fino ad estendere la cittadinanza, sotto Caracalla, a tutti gli abitanti dell’impero, integrò i diversi sì, ma nel proprio sistema di istituzioni, ossia alle proprie condizioni esigenti. Ora, la lingua è appunto una istituzione; e pubblica, come dimostra il fatto che la sua vigenza è obbligatoria entro i confini dello Stato, nel pubblico insegnamento, nei tribunali. Anzi, è l’istituzione fondamentale, che raccorda ed articola le altre; la trovate lì quando nascete; non siete stata voi a inventarla; l’avete ricevuta dal fondo della storia nazionale, è il raccordo che unisce la generazione presente alle molte generazioni del passato, caricata di tutta la cultura, i caratteri psicologici, anche le scorie mentali, che compongono la vostra “identità” nazionale, nel bene e nel male, distinta dalle altre.

Ora, gli attori che recitano un testo internazionale senza curarsi di correggere il loro accento vernacolare, bastano a rivelare come noi italiani trattiamo le nostre istituzioni, con quale stracca, plebea mancanza di rispetto e di rigore; non siamo esigenti con esse, e quindi con noi stessi. Gli inglesi sono aiutati dal fatto che il loro scrittore “di fondazione”, il loro Dante Alighieri, fu un teatrante, e di grande successo – ossia popolare; che viene continuamente rappresentato, nonostante la difficoltà dell’antichità linguistica, con le sue fioriture rinascimentali. Ma è commovente, benché un po’ comico, vedere come un attore italo-americano, Al Pacino, si sia sforzato di produrre nel cinema Riccardo Terzo o Il Mercante di Venezia, cercando di essere scespiriano. Ovviamente a chi si imbeve della lingua fino a farla propria e nativa, l‘inglese trasferisce la mentalità dell’impero – non a caso oggi mantenutosi come impero della Mente. Sarebbe “musulmano” Salman Rushdie? Quanto basta per essere fulminato da una fatwa per bestemmia. Sull’India e l’hindutva, Shiva Naipaul ha scritto libri e reportages abrasivi – basta citarne alcuni titoli, “An Area of Darkness”, “A Wounded Civilization” – che sono condanne della società indiana com’è, del suo particolarismo e falso spiritualismo, della sua occulta violenza: è chiaro che il metro sui cui confronta le civiltà e culture altre, è la britannica.

Ma naturalmente abbiamo mai visto un politico amante di Dante? Un attore capace di pronunciare Leopardi senza accento? Siamo i primi a non aver rispetto delle istituzioni che ci appartengono, della civiltà che abbiamo formato – e che indusse i contemporanei di Shakespeare di riempire la lingua sassone, originariamente un abbaiare canino di monosillabi (dark, far) di polisillabi italiani (distant, obscure) come registro alto, spirituale.

L’ultima istituzione veramente importante, la Chiesa, ha abbandonato il latino, la liturgia e il suo rigore per le stracche messe sbattute lì. Dove si può appigliare, ormai, una esigenza fatta agli immigrati, che ci rispettino come cristiani, italiani, depositari della lingua di Tasso e Manzoni? Siamo noi i primi ad odiali. Temo tanto che il terrorista islamico nerovestito che mi taglierà la gola, alzando la bandiera del Profeta, mi apostroferà così: “Varvaianne, pe’ tte è furnita!” (in napoletano nel testo

Sulla solidità delle istituzioni inglesi non serve dilungarsi. E’ bastato vedere la simpatia con cui il popolo ha celebrato i novant’anni di una regina palesemente sprezzante della plebe; peggio, la donna che può aver persino autorizzato (all’MI5) l’assassinio di quella nuora così inferiore da farsi mettere incinta da un bottegaio egiziano, che se non fosse morta nel tunnel dell’Alma avrebbe dato al futuro re dell’United Kingdom un imbarazzante fratello coloured. Anche questo delitto, se c’è stato, dimostra solo che sì, le istituzioni inglesi sono solide. Solidissime. Nessuno le viola impunemente: specie quelle non scritte.

Durano da secoli, tutte, anche le peggiori, come la pedofilia nobiliare rispettosamente coperta da Scotland Yard e ignorata con tenace omertà dall’opposizione laborista (“di Sua Maestà”) piena, a parole, di repubblicani. Quanto alle migliori, ai piani bassi accessibili a un turista italiano, è come gli si insegna a mettersi in fila nel salire sul bus rosso. Non c’è alla fermata alcuna scritta che imponga: “Mettersi in coda a norma del decreto XX dell’anno WZ”. Ma sono gli inglesi stessi che attendono il bus ad “insegnare” all’italiano che, se prova a fare il mucchio selvaggio all’assalto del predellino, ha violato una istituzione. Non scritta, ovviamente.

Per contro, l’immigrato in Italia trova una quantità di divieti e di permessi minuziosamente descritti per legge. Quanti, nessuno lo sa esattamente: secondo i calcoli più probabili, le leggi italiote sono oltre 150 mila. Venti-trenta volte di più, poniamo, delle leggi in vigore in Francia (7 mila) e Germania (5 mila). Scopre subito, esse
ndo l’immigrato vispo per selezione darwiniana (è sopravvissuto alle “istituzioni” di Daesh o del dittatore eritreo), che in Italia le leggi sono tante proprio per poter essere aggirate. Le prime lezioni le ottiene dalla Caritas o dalle assistenti sociali dei centri d’accoglienza, le quali, invece di agire come “rappresentanti dello Stato”, gli insegnano i primi “inghippi”: ti hanno respinto la domanda di asilo? E tu fa’ ricorso, così resti qui altri mesi ed anni. Non sai come si fa? Te la scfriviamo noi. Siamo pratici.

Siamo corrotti dalle istituzioni

Insomma l’immigrato trova, oltre le braccia aperte della “accoglienza senza limiti” delle sinistre, della Caritas e del Papa uniti nell’umanitarismo catto-globalista, che quelli che dovrebbero rispettare le leggi, ti insegnano a scavalcarle. Presto constaterà che persino la magistratura disprezza le istituzioni, a cominciare dalla sua – l’ordine giudiziario – di cui vilipende il prestigio e la maestà usandola nella lotta politica, di preferenza sovversiva, contro gli altri due poteri. Musulmano, trova una “accoglienza” cattolica così materna che non gli chiede niente per meritarla; basta che si accomodi a far niente, mantenuto e anche con la palestra per il fitness, mentre il suo ricorso è deciso. Campa cavallo: effetto collaterale delle 150 mila leggi in proliferante aumento canceroso, gli italiani affollano i tribunali più di quanto facciano francesi, spagnoli, tedeschi, austriaci messi insieme. Litigano incessantemente tra vicini, tra condomini, fra circolanti in strada; lavoratori pubblici licenziati per fancazzismo contro-denunciano il sindaco perché per sostituirli ha preso dei lavoratori temporanei (è successo a Livorno); e il giudice “investito dell’indagine” che fa? Invece di sbatter fuori dall’aula gli avvocati, manda “l’avviso di garanzia” – e il sindaco diventa immediatamente un imputato dilaniato dall’opposizione politica. Mi è stato persino raccontato il caso reale di una lite condominiale in cui un condomino ha preso le difese della portinaia licenziata dall’assemblea, controdenunciando gli altri condomini, e trascinando le cause (civili e penali) per anni, a spese sue, danneggiando infine il condominio di cui fa’ parte, che ha dovuto risarcire la licenziata con 25 mila euro: dunque anche se stesso. Perché? Non chiedetelo: in Italia, il concetto di “condominio” esclude per principio il concetto di “razionalità”.

Le nostre “istituzioni di accoglienza immigrati” son di pari irrazionalità, visto che funzionano la prima scuola di dis-educazione civica, il primo centro di addestramento al dispregio delle istituzioni. Tanto, dice il sistema italiota strizzando l’occhiolino, questi immigrati sono qui di passaggio, vogliono andare n Germania, mica restare da noi (e chi sarebbe così masochista?); quindi l’ente collettivo Italia, i governanti che pure hanno accettato “Schengen”, accettando di esser il paese di prima accoglienza, poi cercano di aiutare i negri e i ‘siriani’ a scavalcare i confini; avrebbero dovuto non firmare “Schengen”, non dare l’assenso a quella istituzione assurda fatta – come quasi tutte le altre della UE – a nostro danno. Invece, ancora una volta, ha vinto la mentalità vernacolare: si ratifica, e poi la si aggira, come si fa’ in Italia. Poi eleviamo la protesta dettata dalla nostra misericordia e compassione s e l’Austria (che ci conosce bene) fa’ i controlli al Brennero; arrivano i Black Bloc, interviene la lezione di “Francesco”…

Non credo nemmeno un attimo che noi italiani siamo corrotti per natura. E’ così evidente il motivo: noi siamo corrotti dalle nostre istituzioni. In un tal proliferare di leggi scritte (Roma, nel millennio dalla cacciata di re Tarquinio fino a Romolo Augustolo, emanò circa 500 leggi scritte), non solo ci si deve barcamenare per sfuggirle, ma esse han finito per cancellare nelle coscienze le leggi non scritte, quelle che vengono altrove difese dal senso comune di dignità, vergogna di violarle, ritegno, magari carità di patria; dall’amore – poniamo – per Dante Alighieri e Leopardi. Io vorrei che i profughi fossero integrati fino a fare dei loro figli nelle nostre scuole degli amanti di Dante, dei lettori di Leopardi, degli appassionati di Ariosto, dei latinisti da premio.

Ma naturalmente abbiamo mai visto un politico amante di Dante? Un attore capace di pronunciare Leopardi senza accento? Siamo i primi a non aver rispetto delle istituzioni che ci appartengono, della civiltà che abbiamo formato – e che indusse i contemporanei di Shakespeare di riempire la lingua sassone, originariamente un abbaiare canino di monosillabi (dark, far) di polisillabi italiani (distant, obscure) come registro alto, spirituale.

L’ultima istituzione veramente importante, la Chiesa, ha abbandonato il latino, la liturgia e il suo rigore per le stracche messe sbattute lì. Dove si può appigliare, ormai, una esigenza fatta agli immigrati, che ci rispettino come cristiani, italiani, depositari della lingua di Tasso e Manzoni? Siamo noi i primi ad odiali. Temo tanto che il terrorista islamico nerovestito che mi taglierà la gola, alzando la bandiera del Profeta, mi apostroferà così: “Varvaianne, pe’ tte è furnita!” (in napoletano nel testo

http://www.maurizioblondet.it/sul-sindaco-londra-cosi-ben-integrato/


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ohmygod
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da leggere, ma, l'attenzione in me ora latita, è altrove: Carta di Bosco.


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mystes
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La chiesa ha da sempre odiato lo Stato Italiano, quanto meno dalla Breccia di Porta Pia; oggi quindi ha trovato il grimaldello giusto (gli immigrati) per scardinare gli ultimi residui di uno stato e di una nazione morenti.
Il futuro vedrà una mandria di pecore e di meticci sotto la guida di un solo pastore! Ad maiorem dei gloriam!


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PietroGE
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Un bell'articolo di Blondet, condivisibile, ma fino ad un certo punto.
Ad esempio : la lingua come Istituzione?? Mmmm. L'inglese oggi lo parlano tutti, anche il "califfo" Al Bagdadi. Quindi? Ci si deve rifugiare nel dialetto o nell'accento per "distinguersi". Ma, secondo me, neanche questo basta.

La lingua è come la carta di identità : una formalità esteriore. Supponiamo che io sappia benissimo il cinese e abbia una carta di identità cinese. Se vado in Cina e mi metto a dire che sono cinese mi ridono dietro un miliardo e mezzo di persone. E perché, dico io? Parlo il cinese, ho una valida carta di identità cinese, perché dovrebbero ridere?

Perché per formare una identità non basta la lingua o il pezzo di carta, c'è bisogno di ben altro. La condivisione del destino di un popolo, delle leggi non scritte, il riconoscersi l'un l'altro come appartenenti allo stessa unità etnica-culturale, che non è razza, ma non è neanche solo condivisione della cultura.

In Francia qualche anno fa avevano iniziato un grande dibattito su : chi è francese e che cosa vuol dire essere francesi...Lo hanno interrotto immediatamente quando hanno visto che il FN lo dominava.


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lanzo
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No caro (e non lo dico ironicamente) PietroGE - Blondet ci ha azzeccato quando parlava degli accenti - da romano - posso assicurarti che il Princioe Massimo - quello del Palazzo Massimo - parlava in romanesco insomma un tipo quasi tale e quale al Marchese del Grillo di Sordiana memoria.
L'aristocrazia inglese invece non si e' mai confusa con il volgo e quando un britannico apre bocca gia' sai a che strato sociale appartiene.


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oriundo2006
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L'articolo è bello ma Blondet dimentica una cosa: la lingua inglese è copiata, studiata ed ammirata oggi perchè è la lingua dei vincitori, non dei vinti. Se ne fa un uso studiatamente altolocato perchè ci si posizione al livello dei dominatori, simulando una appartenenza di censo e di classe spesso solo teorica: è un noto artificio psicologico ed è un 'come se' che funziona nel nostro mondo perchè è dominato dalla recita infinita e pervasiva di 'persone' splendide nel loro ruolo esteriore e meschini ometti nella loro squallida realtà effettiva. Rivestire i propri panni nel Tamigi procura ebbrezza ai microantropi da palcoscenico, quello della storia ingannata e prostituita.
Vale notare che un tempo il primato linguistico era dei francesi e tutti i dispacci diplomatici ad esempio delle cancellerie, tra cui la nostra del Regno piemontese erano redatte in questa lingua, strafalcioni compresi. Poi la cultura ebbe dominanti i tedeschi, oggi completamente negletti. Insomma: il sindaco di Londra potrà parlare con tutte le inflessioni che vuole ma non è 'british': e prima o poi questo peserà assai...( posto che non sia come penso uno dei tanti criptogiudei convertiti come il suo nome 'Khan'=Cohen puo' indicare ).
P.S.: Quanto agli indiani, giova forse ricordare che sono stati loro a prendere a pedate nel sedere i colonizzatori anglosassoni quando questi dominavano incontrastati: e lo hanno potuto fare in forza del loro passato millenario e della loro spiritualità, rinvigorita nel mondo moderno da interpretazioni e commistioni che l'hanno resa più forte. Dunque che Blondet si occupi della sua, quella cattolica: e ce n'è ben donde... e lasci perdere quelle altrui che non conosce e soprattutto non capisce con i suoi occhialoni integralisti.


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lanzo
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@ PietroGE
Poi naturalmente e' dovuto - scusa l'inezia - che la Gran Bretagna e Spagna e Portogallo e Francia et cetera - sono Nazioni con la enne maiuscola da secoli, mentre l'Itaglia era un guazzabbuglio di gente che non si capiva neanche fra di loro e molto differenti, anche somaticamente. Un Veneto doc non lo distingui da un Belga o Austriaco, parecchi Siciliani potrebbero passare per Nord Africani et cetera.
Cetto Laqualunque non potrebbe passare per Veneziano, eppure - non siamo tutti fratelli d'Italia ? Lo so, che i "fratelli" erano altra cosa, mai pero' evidenziato a scuola, tutto cio' che non so l'ho imparato a squola, diceva il grande Leo Longanesi.
Ads salut !


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mda1
 mda1
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Un veneto doc che non si distingue da un belga ?
fiammingo o vallone?
A parte gli scherzi noi italiani siamo giustamente considerati in europa per quello che siamo: italiani. Non a caso i civili settentrionali han chiuso le frontiere al brennero, mica alla variante di valico sotto bologna.....
nè?


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Jor-el
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Ops, sorpresa. Blondet non parala affatto di nazionalità, appartenenza, tradizione. Parla di CLASSI SOCIALI. Il noeo sindaco di Londra sarà pure musulmano, pakistano, arabo e negro, ma parla la lingua dei RICCHI.


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PietroGE
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Ops, sorpresa. Blondet non parala affatto di nazionalità, appartenenza, tradizione. Parla di CLASSI SOCIALI. Il noeo sindaco di Londra sarà pure musulmano, pakistano, arabo e negro, ma parla la lingua dei RICCHI.

Una specie di Uncle Tom?


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mediterraneo
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Non so quanto attendibile sia questa foto, ma su twitter gira questa ....:


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il sindaco di Londra potrà parlare con tutte le inflessioni che vuole ma non è 'british': e prima o poi questo peserà assai...

oriundo. queste sue parole sono come macigni. ❗ 😉 😯


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oriundo2006
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@Gaia: cosa ne dici di questo? Si sta parando il didietro oppure rivela le sue vere origini ? http://www.nouvelordremondial.cc/2016/05/10/premier-acte-de-sadiq-khan-en-tant-que-maire-de-londres-commemorer-la-shoah/
Il PRIMO atto che Khan/Cohen ha fatto da sindaco di Londra è stato quello di recarsi ad una cerimonia commemorativa degli ebrei londinesi ''..L’événement annuel appelé Yom HaShoah s’est déroulé dans un stade de rugby en présence de milliers de personnes de la communauté juive de Londres, dont plus de 150 survivants de la Shoah et une chorale formée d’élèves de cinq écoles juives. Sadiq Khan était accompagné du baron Michael Levy, un Juif partisan de longue date du Parti travailliste qui a déjà agi comme principal agent de financement de la formation..'': in poche parole si è fatto accompagnare dal Barone ( in Inghilterra esistono ancora i nobili...meditate teste di sx...) M.Levy, sostenitore e reclutatore di fondi per la sua campagna elettorale: ma quando mai i J. appoggiano dei musulmani VERI cercando loro dei finanziatori ? E per converso quando mai un musulmano VERO non entra in Moscha a ringraziare Dio ed a felicitarsi con i suoi correligionari come prima cosa ? A me pare davvero strano...come dire: non osiamo dire che sia uno dei nostri, ovvero un J. conclamato, ma possiamo ben farlo capire...in questo nulla di male, per carità, ma qualche sospetto che questo signore sia lì solo per compiacere il NWO in vista del Grexit c'è.


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Stopgun
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Ormai Blondet perde colpi su colpi!!!

Sadiq Khan che nome incredibile...e pure il cognome....

è nell' Executive Committee della Fabian Society ed è stato Chairman della stessa!

http://www.fabians.org.uk/sadiq-khan-a-fabian-for-london/

Sadiq Khan: A Fabian for London
Lucy Snow

11 September 2015

The Fabian Society sends many warm congratulations to Sadiq Khan on his selection as Labour’s Mayoral Candidate for London.

Sadiq is a leading member of the society’s elected executive committee and was chair of the society form 2008 to 2010. In the last parliament he edited two Fabian pamphlets, Punishment and Reform (2011) and Our London (2013).

Andrew Harrop, general secretary of the Fabian Society said:

“Sadiq Khan has spent his life fighting for equality and justice, with the Fabian Society and elsewhere. Like the Fabians who pioneered municipal socialism in London 100 years ago, Sadiq is a man of big ideas and practical action. He is the ideal champion for London today and we wish him our very warmest congratulations.”


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Jor-el
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Si diceva nel lontano 2008...

Il Presidente degli USA, Barak Obama (figlio di un musulmano), potrà parlare con tutte le inflessioni che vuole ma non è "WASP", e prima o poi questo peserà assai...

ed infatti ha pesato, ha pesato, ha pesato. Assai.

😀 😀 😀


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