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Come si combatte l'Abuso


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Il mio demone mi impone di scrivere di un altro argomento. Sembra sia la risposta a una domanda, il problema è che non ricordo di aver fatto nessuna domanda in merito. Comunque obbedisco.

Spiego l'antefatto. Tante volte ho scritto che il problema a mio avviso più importante a cui dovremmo rivolgere attenzione è l'Abuso, in quanto è la pietra d'angolo che ci permette di capire quando ha senso oppure no considerare un evento maligno.

Ora, pare che la domanda (da quel che capisco) riguardi proprio il confine tra ciò che possiamo considerare Abuso e ciò che invece non lo sarebbe. Perchè a ben vedere il metro di tale misura non appare semplice da individuare e su questo una certa propaganda ci marcia (di brutto). Ad esempio, per me è uno spreco usare la macchina per andare in un posto qualsiasi senza sapere bene dove o perchè, cioè solo per il piacere di spostarsi, considerato che l'impatto ambientale di un mezzo (che andrebbe chiamato per correttezza "orma ecologica") è assolutamente insostenibile. Quindi almeno dovrei essere cosciente dell'importanza del mio spostamento e commisurarlo al danno che provoco. Certamente avrebbe più senso rendere vivibili e desiderabili i luoghi dove passiamo la maggioranza del nostro tempo, al fine di ridurre al minimo gli spostamenti (e il desiderio di andare in altri luoghi) e di conseguenza l'impatto ambientale relativo. Ma questa non è l'idea dominante, l'idea dominante è che lo spostamento sia un diritto "a prescindere" e che esercitarlo sia un dovere. Peccato che un diritto esercitato sia facilmente un abuso verso un altro vivente che non può difenderesi, ne rispondere. Può solo subire, perchè convive con noi su questo pianeta.

Ma cosa accade se una persona si sposta perchè vuole "vedere il Mondo"? Viaggia specificatamente per il piacere viaggare? Sta abusando o no di questa opportunità?

Il punto quindi sembrerebbe vertere su una visione individuale di cosa sia l'Abuso, ma ciò lo renderebbe del tutto inutile per capire qual'è la misura accettabile di distruzione, pena e "male" che inevitabilmente per il semplice fatto che agisco, lascio come eredità nel Mondo.

Se non si cambia totalmente prospettiva è come tentare di seguire quei legami parentali che iniziano con cose tipo "la madre della sorella di tua suocera...": personalmente (di solito) mi perdo già al secondo passaggio, ma dato che si tratta di catene di dipendenze che rimangono virtualmente infinite (e sono pure dinamiche visto che le generazioni continuano) e solo questione di quanto lunga la vogliamo fare arrivare a realizzare che è meglio lasciare perdere.

Un tempo vigeva proprio per questo una specifica filosofia, spesso imposta con estrema severità, che non abbiamo capito e ci siamo persi con il '68. Era il principale ostacolo all'attuale servilismo finanziario de "ce lo dicono i mercati" che ha spostato l'attenzione dal centro delle nostre preoccupazioni, che era l'Uomo e le sue necessità, verso la tecnologia, oggi considerata più importante. Per misurare quanto questo è coerente, basta vedere come ci si può azzuffare per il possesso di un nuovo ninnolo tecnofrenico (come una nuova console videogame) o per la sua integrità casomai qualcuno, magari affettivamente legato a noi, dovesse danneggiarlo involotariamente.

Un esempio stupido per tutti: ultimamene in fila alle casse di un supermecato mi è capitato vedere un padre che riprendeva severamente il figlio dopo che gli era scivolato lo smartphone dalle mani con un "Ancora?! Poi dopo non ti lamentare se smette di funzionare. Esistono le tasche dei pantolani per evitare che succeda!". A me veniva in mente che era strano che un ragazzino dell'età apparente di una decina d'anni non avesse sviluppato una presa sufficiente a tenere in mano un oggetto del genere, la cosa poteva anche suggerire una lesione ai centri nervosi e mi chiedevo piuttosto quale meccanismo induceva il genitore a indurre il figlio in giovane età a tenere in tasca un oggetto che qualsiasi ricerca seria sconsiglia per i danni che produce (agli organi riproduttivi in via di sviluppo soprattutto). Non c'era nessuna visione che riguardasse preoccupazioni biologiche, etiche o medico sanitarie insomma, solo quelle che riguardavano l'oggetto, il suo costo, la sua integrità e il suo valore intriseco. Come fosse una zappa o una vanga per girare la terra dell'orto.

Ora, per me questi sono tutti "atteggiamenti d'Abuso", gravi aggiungo pure. Il fatto che non li percepiamo così perchè siamo stati addestrati a non percepirli in questo modo, non li rende meno gravi. Perché "gravi"? Perchè denunciano come l'attenzione sia surrettiziamente tenuta lontana dal considerare la faccenda dal punto di vista introspettivo. In altre parole a noi del prossimo (e di conseguenza di noi stessi come persone umane aventi dignità umana) "non ce ne freca un ca%%o", per usare un francesismo. Tra l'altro anche se questo "prossimo" ha un forte legame affettivo con noi. Conta sempre più il vesito, la casa, la macchina, il cellulare o qualsiasi altro oggetto del nostro quotidiano che "rimanere umani".

Per ciò non mi soprende che un siero sperimentale abbia finito per diventare più importante della libertà individuale per la maggioranza.

Qual'era questa filosofia dei nostri avi? Il Risparmio. Ma non in senso economico, non aveva alcun significato circoscritto al denaro e all'idea di "raccimolare" per i tempi duri. Era un modo di concepire l'esistenza "panteistica" (=il divino è un tutte le manifestazioni) e di portare avanti "integralmente" la propria relazione con il Mondo indipendentemente da un "fare". Sentirsi cioè responsabili a prescindere per avere ecceduto in qualcosa, fossero pure le parole per comunicare.

Quindi un risparmio ricercato attivamente nelle azioni minime, come negli sguardi, nelle manifestazioni d'affetto ed emotive in generale, nel governo della terra, della casa, del corpo, del pensiero. Perchè attraverso la lente del risparmio ogni cosa acquistava valore, diventava importante. Niente spreco, niente abuso. Poi, solo poi era anche un risparmio materiale, ma per conseguenza e sempre dando prima spazio alla necessità umana che nel risparmio inteso simbolicamente come stile di vita diventa subito evidente. Ad esempio, nel risparmio del nemico sconfitto. Perché un conto è "togliere di mezzo" con arroganza colui che abbiamo combattuto perchè se lo merita, un altro è considerarlo parte della realtà che ci circonda e con pari dignità di vita rispetto a noi a prescindere dal motivo che ci ha portato a combattere. Oppure, se il mio nemico non è abbastanza responsabile per se stesso e voleva la mia distruzione, riuscire ad essere responsabile anche per lui. Non perdonarlo, perchè quello è un altro capitolo, ma risparmiarlo, perché questo ci restituisce dignità e umanità, qualità che non hanno prezzo e una volta perdute nessuno te le può restituire.


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