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Corruzione dell'animo: un antico eppure modernissimo Male


GioCo
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Il centro è l'apparato emotivo. Che noi non conosciamo. Centro del contendere tra (o meno) il controllo residuo che possiamo pretendere "a freddo", cioè razionalmente (almeno per quanto concerne il corpo entro cui ci troviamo a vivere) e quello che invece l'emotus interiore ci impone, pretende, ci costringe nella reazione fisica (ad esempio l'aumento del ritmo della respirazione e del battito cardiaco) e nel comportamento che siamo spinti a emettere (per esempio piangere, urlare o aggredire).

Certo, dovremmo prima di tutto intendere che la relazione non è biunivoca e dicotomica tra "razionalità" ed "emotus" (uso l'aggettivazione latina del verbo ēmŏvĕo perché l'accezione è leggermente più ampia della semplice emozione comunemente intesa) ma c'è un terzo incomodo. In realtà dovremmo anche escludere proprio per un secondo la razionalità per inquadrare gli altri aspetti (più importanti) che sono rimasti fuori dalla disamina, perché anche l'emozione è razionale, anzi ha una razionalità ferrea, ma non rispetto gli eventi che accadono, cioè quelli che possiamo intendere "stimoli emotigeni ambientali". Rispetto quelli la relazione è "indiretta" (cioè in mezzo c'è qualcosa) e "controintuitiva" (cioè percepita come irrazionale ma in realtà come vedremo priva di senso solo "in funzione" dell'accadere e cioè "fuori" dove di solito gravita l'attenzione).

Ad esempio pensiamo a una crisi generalizzata grave che stimola timori ancestrali se non proprio il panico. Come il senso di abbandono e di impotenza.

A un primo impatto, sembra infatti che sia proprio ciò che accade a stimolare l'emozione. Eppure, basta poco per accorgersi che non è così... Cioè che non c'è una correlazione diretta tra quello che accade e l'emozione. Per esempio, notiamo come  in una situazione "di panico" comprensibile non è improbabile che certi individui considerati "più forti" non sembrino "farsi dominare" da quel panico anche se si tratta di situazioni estreme. Quindi, mentre troviamo persone che "mantengono il controllo" nella stessa situazione ne troviamo altre che invece entrano in uno stato di shock.

Questa è la controprova che non abbiamo una correlazione diretta, altrimenti non potrebbero esistere soggetti che "riescono a mantenere un controllo" (cioè una reazione "pensata" minimamente razionale) e quindi in qualche modo non vengono posseduti dall'emozione (non completamente almeno) ma "cavalcano l'onda", senza reprimerla. Sappiamo che di solito queste persone hanno subito un addestramento specifico per ottenere quella speciale resistenza, tuttavia è possibile che esistano anche persone con questa qualità innata.

Bene, usciamo dall'esempio estremo che era solo per riflettere e cerchiamo di capire quali sono gli aspetti, gli altri "oggetti" del contendere.

Il secondo oggetto (dopo l'emozione) è l'immaginazione. Ognuno di noi ne possiede una con cui costruisce una realtà parallela al proprio interno. Nell'immaginazione ha sede il "significato" che è qualcosa (genericamente individuabile) di effimero, illusorio (ad esempio "mia madre") con valenza simbolico-metaforica ma carico di emotività e per ciò impresso nella "carne" (=sistema nervoso) insieme all'emozione stessa. Per ciò ha una natura preverbale (viene prima della parola) e paraverbale (per esempio nel tono della voce). Per questo è così difficile esprimersi con le parole per descrivere le emozioni (e le dinamiche e.) proprie e altrui, nonostante siano evidentemente correlate poi in qualche modo agli eventi esterni (esisterà anche una madre fatta di carne e ossa "lì fuori", cioé un corrispettivo fisico).

Ciò che conta è capire la natura intimamente non-verbale dell'emotus, cioè di quell'aspetto che nega specificatamente spazio alla parola. E' fondamentale proprio adesso, perché tutta la realtà tecnologica attuale invece si basa unicamente sulla "potenza comunicativa" (in ottica militare) cioè della propaganda e della realtà virtuale e digitale (gli enti che siamo chiamati in queste generazioni a esplorare nelle loro declinazioni più negative) e sulle applicazioni più distruttive che esse paiono promettere (alla difesa). Per capirci pensiamo a un bambino che ha appena imparato ad afferrare gli oggetti e che sta giocando adesso con un arma da fuoco carica puntandosela alla tempia.

Verrebbe a questo punto da dire che il terzo aspetto è il significato, ma non sarebbe esatto, più precisamente è "il governo dell'attenzione". Il problema è che di qualunque esperienza non è la sostanza (come appare) che determina un significato, ma la "mutua esclusione" di tutto il resto. Un po' come se si passasse il tempo a "ritagliare" la realtà che ci circonda facendone un collage parziale "che ci attira emotivamente" e quindi sempre "individuale". Questa realtà-collage è poi quella che alimenta l'immaginazione che però non è fatta solo di quello, solo della nostra esperienza sensibile. Il collage infatti mescola tante altre "cose" che esistono SOLO nella nostra dimensione onirica. Lo specchio interiore della nostra esistenza che è una vera e propria finestra affacciata a una realtà immensamente più vasta e inesplorata di quella fisica sensibile.

Le emozioni fungono da "plancia comandi" per navigare QUELLA dimensione e non la realtà fisica in cui sono immersi i sensi. Tuttavia essendo quella dimensione straordinariamente più vasta, senza controllo domina. Un po' come la barca a vela che senza controllo vede l'aria e le correnti marine dominare la rotta. Cioè se si lascia fare al "pilota automatico" della plancia comandi e., il risultato nella realtà è facilmente un disastro. Oppure la dimensione bestiale selvatica (che oggi sotto molti punti di vista è superiore alla condizione umana "libera" della generazione digitalizzata, cioè privata del residuo autocontrollo cosciente e. anche per quanto riguarda l'aspetto educativo più basilare).

D'altronde per capire l'importanza delle e. dobbiamo prima di tutto negarcele e vivere dentro una realtà fittizia, grottesca, virtuale, intrinsecamente squilibrata e malsana, impossibilitata a generare qualsivoglia armonia, per renderci conto fino a che punto è irrealizzabile. Dopo, soltanto dopo, sarà chiaro il ruolo irrinunciabile dell'emotus. Per farlo stiamo per realizzare una seconda Babele (alta fino al cielo) di natura più matematica, astratta e quindi digitale. Sono i "bambocci dell'umana genia" che la stanno realizzando. I fratelli maggiori che "sanno" non stanno intervenendo. Perché "sanno" che non serve, comunque quel bambino troverebbe il modo di rimpossessarsi della pistola per poterci giocare.

Questo è il quadro, ora vediamo di allargarlo.

Le emozioni corrompono. Ma sarebbe meglio dire che una e. fuori controllo corrompe e nella misura esatta in cui rimane fuori controllo. Potremmo anche dire che una barca sotto il controllo di un bravo capitano evita gli scogli nella tempesta, mentre una senza controllo no. Il che non è sempre vero ma non è sulle eccezioni (o i miracoli) che si costruisce una coerente correlazione con l'accadere, non è con un evento tra i tanti, quanto sulle tendenze più generali ed è certo che senza controllo le probabilità che una situazione peggiori sono infinitamente maggiori, abbastanza da poterle considerare certe.

Allora ai miei discenti di solito ricordo che si può "scegliere" di farsi dominare da un emozione (paura, frustrazione, rabbia, etc.) oppure manipolare i significati in pura funzione di controllo e., cioè strategicamente. Certo, detta così suona semplice per chi ne accetta le conseguenze. Non tutti infatti sono disposti a cedere al ricatto che solo con certi significati potremo evitare certe emozioni.

Facciamo un esempio. Personalmente non sono disposto a pensare che la violenza (gratuita) sulle persone fragili (ad esempio i bambini o i vecchi) sia tollerabile. Concetto perfettamente condivisibile, tuttavia non significa che per questo debba tollerare violenza (gratuita) di costoro nei miei confronti. Semplicemente se domino le mie emozioni tenderò ad avere una risposta proporzionata rispetto la fragilità in oggetto. Cioè tenderò a non abusare della mia maggiore forza relativamente a quella specifica condizione. Ma sei disposto a vedere qualcuno reagire con fermezza verso un altro individuo più debole per "imporre" il suo punto di vista?

Questo principio vale per qualsiasi medico nei confronti di un paziente. Ma anche di un qualsiasi insegnante nei confronti di un alunno. Per ciò queste sono le categorie più esposte e più colpite. E' stato da prima loro chiesto di accettare l'abuso del più debole in quanto più debole e poi, dopo aver "liberato" le peggiori pulsioni queste in età adulta si sono riciclate in "necessità d'abuso" per quanti non hanno goduto della necessità di concepire autocontrollo. Per esempio nella compulsiva necessità di andare in vacanza, di possedere oggetti di lusso, di andare al cinema, di stare davanti alla TV o i videogame senza riuscire a farne a meno. Cioè dipendendo emotivamente.

Forse adesso le cose si fanno un poco più chiare? Non so. Ci sto provando.

La corruzione quindi dell'animo doveva passare per un qualche dispositivo che avrebbe diffuso la necessità e la dipendenza dal digitale. Dagli anni '80 in poi (dall'introduzione dell'home computer) è stato sperimentato di tutto. Di fatto però per decenni il computer è rimasto un oggetto d'arredo che in casa serviva a giocare. L'uso d'ufficio era il solo considerato sensato ma avveniva in orario di lavoro, fuori dalle mura domestiche. C'era infatti un abisso tra la lavatrice, la TV e il computer e non era la sfruttabilità, quanto il fatto che si viveva benissimo anche senza. Anzi, si viveva proprio meglio. Gli estimatori potrebbero ribattere oggi che non si viveva abbastanza la modernità per immaginare le immense opportunità che dischiudeva un calcolatore, ma si smonta facile questo racconto: la domotica, una delle applicazioni possibili proposte da Bill Gates, fini nella spazzatura della storia come giustamente doveva accadere. Per decenni quindi i plutocrati dovettero spremersi le meningi perché avevano un popolo ormai prono, incapace anche solo di immaginare quanto doveva e poteva essere corrotto, ma nessun piano per spingere tale massa nella direzione voluta.

Fummo noi a dare la risposta e non fu al solito prevista (del tutto). Tra le infinite bislacche proposte di corruzione, fu il cellulare a vincere tutte le resistenze e ci volle del tempo perché il potere se ne accorgesse. Personalmente me ne accorsi nei primi anni del 2000 ma era già tardi. Cioè quell'elemento che era tra tutti il meno domestico (e intuibile) possibile finì per avere la meglio. Perché così funzionano le emozioni. Quindi tutto passava per la telematica che doveva divenire di uso domestico, cioè doveva essere incorporata, percepita come un pezzo della casa e in maniera anche più intima proprio una parte del corpo. Ed è questo poi il modo in cui si è trasformato nel tempo il "telefono", per "penetrare" nella nostra dimensione onirica e non è un caso essendo nella nostra epoca il massimo rappresentante simbolico della voce astratta (dal corpo). Come un braccio o un occhio disegnati senza corpo. Una soluzione insperata che ha fatto fale "un balzo in avanti", dato che si pensava a un passaggio graduale, prima si doveva entrare nella casa (ricordate il "servizio videotel"?) e poi sotto la barriera della pelle (con terapie geniche?). Ma come ci insegna "Ghostbusters", il film del 1984 diretto da Ivan Reitman, Gozer il gozeriano ci lascia scegliere qual è la forma fisica della calamità con cui essere distrutti. Non se sopravvivere o meno.

L'emozione, come ho detto, ha una sua logica ferrea. "Sapevamo" tutti quali erano le intenzioni dei plutocrati e da sempre. Ma non a livello cosciente, solo a livello emotivo. Semplicemente abbiamo fatto finta che non fosse vero... e nemmeno coerente. Lo abbiamo rifiutato (=escluso). Come adesso ancora in tanti. Pur di venire corrotti, pur di poter andare in vacanza, di poter comperare ninnoli lussuosi, pur di circondarci di un mondo di materialità inutile ma sfarzosa, cioè bella, spettacolare e comoda. Il benessere che non è un male in se ma lo diventa quando se ne abusa, cioè quando in nome del benessere agisci senza tenere conto che la tua relativa forza schiaccia il più debole e che per quel benessere te ne freghi del prossimo, quello a cui non si può nemmeno dare la parola perché se no verrebbe fuori quanto sei posseduto dal Male.

Guardarsi allo specchio e rendersi conto fino a che punto siamo degradati nello spirito come nell'immagine, non è un @GioCo che tutti sono disposti a giocare. Soprattutto senza controllo emotivo.


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