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Cosa pensava Hitler della Chiesa cattolica?

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Paladino
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Mi ricordavo di questa vicenda, la pubblicazione dell'enciclica Mit Brennender Sorge, - https://it.wikipedia.org/wiki/Mit_brennender_Sorge - e delle dure tensioni sia precedenti che successive alla pubblicazione. Nel '33 Pacelli, futuro Pio XII e all'epoca segretario di stato aveva promosso e ottenuto il concordato col governo tedesco, poi però i rapporti fra Hitler e chiesa cattolica degenerarono rapidamente.

La pagina di Wiki è abbastanza informativa, perlomeno dà qualche spunto di ragionamento. Non ho mai approfondito più di tanto.


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helios
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Pacelli fu per anni nunzio apostolico in Germania, e si presume fosse al corrente di molte cose con precisione.

esattamente, fu nunzio apostolico a Berlino fino al 1929 (vedi caso l'anno del concordato stato-chiesa). E credo che siamo tutti concordi che il caso non esiste.

https://it.wikipedia.org/wiki/Nunziatura_apostolica_in_Germania

Sia la nunziatura di Berlino che quella di Monaco di Baviera (che pure continuava a sussistere dalla fine del Settecento), vennero soppresse nel 1934 ad opera del governo nazionalsocialista.

Bisognerebbe capire che cosa successe prima del 1934 perchè il governo nazionalsocialista arrivasse a sopprimere le due nunziature tedesche.Erano passati solo 5 anni dalla costituzione dello stato vaticano.
Che la costituzione dello stato vaticano del 1929 avesse a che fare con questa decisione?
Che cosa fecero i cattolici CONTRO il nazionasocialismo per non essere più graditi in Germania?

Eugenio Pacelli si avvalse dell'aiuto del fratelli Francesco Pacelli che di fatto furono i fautori dei patti lateranensi per risolvere la questione romana in poco tempo:

PACELLI, Francesco. – Nacque a Roma il 27 febbraio 1874, secondogenito di Filippo e Virginia Graziosi.

La famiglia Pacelli si era trasferita a Roma da Onano (vicino Viterbo) nella seconda decade dell’Ottocento. Il nonno Marcantonio, fedele al pontefice Pio IX, fu membro del Consiglio di censura e sostituto del ministro degli Interni; il padre Filippo fu avvocato civilista e poi decano degli avvocati concistoriali.

Francesco con il fratello più giovane Eugenio, il futuro pontefice Pio XII, compì gli studi liceali nel laico liceo Visconti e nel 1891, ancora studente, si iscrisse al Circolo di S. Pietro. Si laureò in giurisprudenza alla R. Università di Roma nel 1896 e fu allievo di Lorenzo Meucci cui dedicò il suo primo volume, Le acque pubbliche e i diritti dello Stato e dei privati, Roma 1898 (aggiornato poi nel 1918 e nel 1934). Nel 1898 si addottorò anche in diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana e iniziò la professione di avvocato. Dal 1901 al 1904 fu vicepresidente del Circolo di S. Pietro; eletto presidente il 30 aprile 1904, rinunciò per gli impegni professionali, continuando a ricoprire cariche minori fino al 1908.

L’8 novembre 1902 sposò Luigia Filippini Lera; dal matrimonio nacquero quattro figli: Carlo (1903), Giuseppe (1905), Marcantonio (1907), Giulio (1910).

Nel febbraio 1908 venne assunto presso l’Ufficio legale del Comune di Roma, dal quale si sarebbe dimesso nel 1919. Parallelamente all’attività comunale, dal 1911 iniziò la sua collaborazione con la S. Sede: fu procuratore e consulente legale dell’Amministrazione di Propaganda Fide, poi dell’Amministrazione dei Beni della S. Sede (dal 1921 anche dei Sacri Palazzi apostolici); nel 1917 fu nominato e ammesso tra gli avvocati concistoriali.

Il 21 agosto 1920 morì la moglie; lo stesso anno si candidò alle elezioni comunali nelle liste del Partito popolare italiano (PPI) e l’anno seguente divenne membro effettivo della giunta provinciale amministrativa di Roma. Nel 1922 ottenne la libera docenza in diritto delle acque all’Università di Roma.

Nel suo campo di studi, tra il 1919 e il 1933 pubblicò una decina di contributi, soprattutto nella rivista Acque e Trasporti. La sua teorica sulle acque pubbliche e il contributo da lui portato allo sviluppo della legislazione italiana in materia sarebbe stata oggetto del saggio di G. Pacelli, Acque pubbliche e acque private nella teoria di F. P. e nel nuovo Codice Civile, in Rivista di diritto pubblico. La giustizia amministrativa, I (1943), pp. 278-291, 324-335.

Nell’estate del 1926 partecipò alla missione pontificia che accompagnò il cardinale Giovanni Bonzano al Congresso internazionale eucaristico di Chicago.Tornato dagli Stati Uniti, l’8 agosto incontrò per la prima volta il consigliere di Stato Domenico Barone, dando inizio alle trattative che portarono tre anni più tardi alla risoluzione della Questione romana, con la firma dei Patti lateranensi, l’11 febbraio 1929, da parte dei due plenipotenziari della S. Sede e del governo italiano, il cardinale Pietro Gasparri e il capo di gabinetto Benito Mussolini.

I colloqui tra Barone e Pacelli – prima ufficiosi, poi ufficiali, ma sempre segreti – furono frequenti, sempre alternati alle udienze con Mussolini e Pio XI. Il 24 novembre 1926, l’avvocato concistoriale consegnò a Barone un primo schema di trattato; tre giorni dopo, il papa gli affiancò monsignor Francesco Borgongini Duca, segretario della congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari, per la stesura di uno schema di concordato. Le trattative proseguirono nel 1927 e 1928 con frequenti interruzioni, dovute al dissidio tra S. Sede e regime fascista in merito all’educazione della gioventù. Dopo la morte di Barone, avvenuta il 4 gennaio 1929, Pacelli rimase unico intermediario tra Mussolini e Pio XI.

Il 23 febbraio 1929, Pio XI affidò a Pacelli il compito di approntare il progetto di sistemazione del nuovo Stato vaticano e della sua legislazione; il 27 fu nominato membro della commissione provvisoria per il governo della Città del Vaticano e successivamente membro ‘vaticano’ della commissione mista Italia-S. Sede per predisporre l’esecuzione del concordato.

Nell’ordinamento del nuovo Stato, chiese e ottenne di avvalersi della collaborazione del giurista ebreo Federico Cammeo. Durante gli incontri tenutisi tra Roma e Firenze, i due giuristi approntarono lo schema delle prime sei leggi del nuovo Stato, poi emanate il 7 giugno 1929, lo stesso giorno della ratifica dei Patti lateranensi.Primo lavoro sistematico sul diritto vaticano dopo i Patti fu la pubblicazione di Cammeo L’ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano (1932), dedicata proprio a Francesco Pacelli.

Dopo la firma degli accordi, la forte tensione suscitata dai discorsi di maggio di Mussolini alle Camere e dalla lettera di Pio XI a Gasparri (5 giugno), fu superata anche grazie alla mediazione di Pacelli e alla dichiarazione da lui predisposta e letta il giorno dello scambio delle ratifiche. Il 7 giugno 1929 venne nominato consigliere generale dello Stato della Città del Vaticano e gli fu concesso il titolo ereditario di marchese.

Tra il 6 agosto 1926 e il 7 giugno 1929 Pacelli tenne anche un diario delle trattative. Lasciato al fratello Eugenio perché lo consegnasse al pontefice l’anno della sua morte, venne pubblicato da Michele Maccarrone nel 1959 (Diario della Conciliazione, con verbali e appendice di documenti, Città del Vaticano).

Negli anni seguenti il consigliere generale dello Stato si occupò dell’applicazione ed esecuzione in Italia e nel nuovo Stato dei Patti lateranensi, e si adoperò anche per la creazione di una stazione radio vaticana autonoma. Nel settembre 1929 tenne lezione alla sedicesima Settimana sociale d’Italia, pubblicata lo stesso anno con il titolo L’Opera di Pio XI per la Conciliazione con l’Italia. Spiato dalla polizia fascista, venne considerato dagli informatori il regista occulto della nomina del fratello a segretario di Stato.

Negli anni Trenta, nonostante un’affezione cardiaca ne minasse la salute, ricoprì ancora incarichi rilevanti in molte società partecipate dal Vaticano: fu presidente della Società romana tramways-omnibus; della Società elettroferroviaria italiana; della Società romana del gas; nel 1931 entrò anche a far parte del consiglio di amministrazione dell’Italgas. Fu altresì membro del consiglio d’amministrazione del Fondo di beneficenza e religione nella Città di Roma e vicepresidente dell’Istituto dei ciechi in Roma. Era terziario francescano.

Morì a Roma il 22 aprile 1935, assistito dal fratello Eugenio, il quale però, nominato legato papale a Lourdes, non poté partecipare ai funerali, che si svolsero il 26 seguente
nella chiesa di S. Maria in Traspontina. Fu seppellito al Verano.

Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano: Avvocati Concistoriali, scatola AF, Admissiones, P. F. 1917; Palazzo Ap., Titoli 150, f.1; Segr. Stato, Brev. Ap. 131, cc. 345r-348v; 205, cc. 99r-103v; 326, cc. 349r-351v; 385, cc. 238r-244v, 261r-263v; 414, cc. 416r-426v; 458, cc. 321r-326v; Biblioteca apostolica Vaticana: Archivio Circolo di S. Pietro, II.60 (P. F., n. 928); Archivio di Stato: f. Diari di F. P. (si conservano le copie del manoscritto originale); Segreteria di Stato, Archivio della Sezione rapporti con gli Stati: AA.EE.SS., IV periodo, Stati Ecclesiastici, 515 P.O., ff. 531-534; 702 P.O., ff. I-XVI; Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblica Sicurezza, Divisione Polizia politica, fascicoli personali 932; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consulta Araldica, f. 8848: Pacelli; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto 1928-1930, b. 369, f. 2/5, 6240; Segreteria Particolare del Duce, Carteggio Riservato, b. 6, f. 97/R; Ibid., Archivio Pacelli; Ibid., Archivio storico Capitolino: Ripartizione I, Posizioni matricolari, versamento 1948, b. 14, pos. 551; Ibid., Archivio storico Università ‘La Sapienza’: Serie Fascicoli Personale Docente: F. P., AS 269; Torino, Archivio storico Italgas; Guida Monaci, Roma 1906-35, ad annum e ad ind.; Annuario Pontificio, Roma-Città del Vaticano 1912-35, ad annum e ad ind.; Annuario della Regia Università degli Studi di Roma, Roma 1923-35, ad annum e ad ind.; M. Maccarrone, P. F., in Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano 1953, pp. 502 s.; N. Padellaro, P. F., in Enciclopedia biografica. I grandi del cattolicesimo, II, Roma 1958, pp. 261 s.; P. Lehnert, Pio XII. Il privilegio di servirlo, Milano 1984, pp. 56, 65; M. Pacelli, Quando fu creata la stazione radio del Vaticano, in Strenna dei Romanisti , Roma 1989, pp. 405-415; F. Margiotta Broglio, Federico Cammeo legislatore. Il contributo alla costruzione dell’ordinamento giuridico dello Stato vaticano, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, XXIII (1994), pp. 247-264; C.M. Fiorentino, All’ombra di Pietro. La Chiesa cattolica e lo spionaggio fascista in Vaticano 1929-1939, Firenze 1999, pp. 58, 148, 207-209, 248; A. Tornielli, Pio XII. Eugenio Pacelli. Un uomo sul trono di Pietro, Milano 2007, ad ind.; F. P., in 1929-1989. Ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano (catal.), a cura di B. Jatta, Città del Vaticano 2009, p. 92. In particolare sulle trattative per i Patti lateranensi: C.A. Biggini. Storia inedita della Conciliazione, Milano 1942; F. Margiotta Broglio, Italia e Santa Sede dalla Grande Guerra alla Conciliazione. Aspetti politici e giuridici, Bari 1966, pp. 180-204; R. De Felice, Mussolini il fascista, II, L’organizzazione dello Stato fascista (1925-1929), Torino 1968, pp. 382-436; I. Garzia, Il negoziato diplomatico per i Patti lateranensi, Milano 1974; L. Carboni, I Patti lateranensi, in 1929-1989, cit., pp. 73-88; R. Pertici, Chiesa e Stato in Italia. Dalla Grande Guerra al nuovo Concordato (1914-1984). Dibattiti storici in Parlamento, Roma-Bologna 2009, pp. 124-240; G. Sale, La conciliazione tra Santa Sede e Italia. Il ruolo dell’avv. F. P., in La Civiltà Cattolica, CLXII (2011), 3, pp. 29-41.

http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-pacelli_%28Dizionario_Biografico%29/


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helios
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Mi ricordavo di questa vicenda, la pubblicazione dell'enciclica Mit Brennender Sorge, - https://it.wikipedia.org/wiki/Mit_brennender_Sorge - e delle dure tensioni sia precedenti che successive alla pubblicazione. Nel '33 Pacelli, futuro Pio XII e all'epoca segretario di stato aveva promosso e ottenuto il concordato col governo tedesco, poi però i rapporti fra Hitler e chiesa cattolica degenerarono rapidamente.

La pagina di Wiki è abbastanza informativa, perlomeno dà qualche spunto di ragionamento. Non ho mai approfondito più di tanto.

qui il concordato della santa sede e del reich germanico datato 20 luglio 1933.

http://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/archivio/documents/rc_seg-st_19330720_santa-sede-germania_it.html

L'anno seguente vennero chiuse le nunziature di Berlino e Monaco.


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Pacelli fu per anni nunzio apostolico in Germania, e si presume fosse al corrente di molte cose con precisione.

esattamente, fu nunzio apostolico a Berlino fino al 1929 (vedi caso l'anno del concordato stato-chiesa). E credo che siamo tutti concordi che il caso non esiste.

https://it.wikipedia.org/wiki/Nunziatura_apostolica_in_Germania

Sia la nunziatura di Berlino che quella di Monaco di Baviera (che pure continuava a sussistere dalla fine del Settecento), vennero soppresse nel 1934 ad opera del governo nazionalsocialista.

Bisognerebbe capire che cosa successe prima del 1934 perchè il governo nazionalsocialista arrivasse a sopprimere le due nunziature tedesche.Erano passati solo 5 anni dalla costituzione dello stato vaticano.
Che la costituzione dello stato vaticano del 1929 avesse a che fare con questa decisione?
Che cosa fecero i cattolici CONTRO il nazionasocialismo per non essere più graditi in Germania?

Eugenio Pacelli si avvalse dell'aiuto del fratelli Francesco Pacelli che di fatto furono i fautori dei patti lateranensi per risolvere la questione romana in poco tempo:

PACELLI, Francesco. – Nacque a Roma il 27 febbraio 1874, secondogenito di Filippo e Virginia Graziosi.

La famiglia Pacelli si era trasferita a Roma da Onano (vicino Viterbo) nella seconda decade dell’Ottocento. Il nonno Marcantonio, fedele al pontefice Pio IX, fu membro del Consiglio di censura e sostituto del ministro degli Interni; il padre Filippo fu avvocato civilista e poi decano degli avvocati concistoriali.

Francesco con il fratello più giovane Eugenio, il futuro pontefice Pio XII, compì gli studi liceali nel laico liceo Visconti e nel 1891, ancora studente, si iscrisse al Circolo di S. Pietro. Si laureò in giurisprudenza alla R. Università di Roma nel 1896 e fu allievo di Lorenzo Meucci cui dedicò il suo primo volume, Le acque pubbliche e i diritti dello Stato e dei privati, Roma 1898 (aggiornato poi nel 1918 e nel 1934). Nel 1898 si addottorò anche in diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana e iniziò la professione di avvocato. Dal 1901 al 1904 fu vicepresidente del Circolo di S. Pietro; eletto presidente il 30 aprile 1904, rinunciò per gli impegni professionali, continuando a ricoprire cariche minori fino al 1908.

L’8 novembre 1902 sposò Luigia Filippini Lera; dal matrimonio nacquero quattro figli: Carlo (1903), Giuseppe (1905), Marcantonio (1907), Giulio (1910).

Nel febbraio 1908 venne assunto presso l’Ufficio legale del Comune di Roma, dal quale si sarebbe dimesso nel 1919. Parallelamente all’attività comunale, dal 1911 iniziò la sua collaborazione con la S. Sede: fu procuratore e consulente legale dell’Amministrazione di Propaganda Fide, poi dell’Amministrazione dei Beni della S. Sede (dal 1921 anche dei Sacri Palazzi apostolici); nel 1917 fu nominato e ammesso tra gli avvocati concistoriali.

Il 21 agosto 1920 morì la moglie; lo stesso anno si candidò alle elezioni comunali nelle liste del Partito popolare italiano (PPI) e l’anno seguente divenne membro effettivo della giunta provinciale amministrativa di Roma. Nel 1922 ottenne la libera docenza in diritto delle acque all’Università di Roma.

Nel suo campo di studi, tra il 1919 e il 1933 pubblicò una decina di contributi, soprattutto nella rivista Acque e Trasporti. La sua teorica sulle acque pubbliche e il contributo da lui portato allo sviluppo della legislazione italiana in materia sarebbe stata oggetto del saggio di G. Pacelli, Acque pubbliche e acque private nella teoria di F. P. e nel nuovo Codice Civile, in Rivista di diritto pubblico. La giustizia amministrativa, I (1943), pp. 278-291, 324-335.

Nell’estate del 1926 partecipò alla missione pontificia che accompagnò il cardinale Giovanni Bonzano al Congresso internazionale eucaristico di Chicago.Tornato dagli Stati Uniti, l’8 agosto incontrò per la prima volta il consigliere di Stato Domenico Barone, dando inizio alle trattative che portarono tre anni più tardi alla risoluzione della Questione romana, con la firma dei Patti lateranensi, l’11 febbraio 1929, da parte dei due plenipotenziari della S. Sede e del governo italiano, il cardinale Pietro Gasparri e il capo di gabinetto Benito Mussolini.

I colloqui tra Barone e Pacelli – prima ufficiosi, poi ufficiali, ma sempre segreti – furono frequenti, sempre alternati alle udienze con Mussolini e Pio XI. Il 24 novembre 1926, l’avvocato concistoriale consegnò a Barone un primo schema di trattato; tre giorni dopo, il papa gli affiancò monsignor Francesco Borgongini Duca, segretario della congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari, per la stesura di uno schema di concordato. Le trattative proseguirono nel 1927 e 1928 con frequenti interruzioni, dovute al dissidio tra S. Sede e regime fascista in merito all’educazione della gioventù. Dopo la morte di Barone, avvenuta il 4 gennaio 1929, Pacelli rimase unico intermediario tra Mussolini e Pio XI.

Il 23 febbraio 1929, Pio XI affidò a Pacelli il compito di approntare il progetto di sistemazione del nuovo Stato vaticano e della sua legislazione; il 27 fu nominato membro della commissione provvisoria per il governo della Città del Vaticano e successivamente membro ‘vaticano’ della commissione mista Italia-S. Sede per predisporre l’esecuzione del concordato.

Nell’ordinamento del nuovo Stato, chiese e ottenne di avvalersi della collaborazione del giurista ebreo Federico Cammeo. Durante gli incontri tenutisi tra Roma e Firenze, i due giuristi approntarono lo schema delle prime sei leggi del nuovo Stato, poi emanate il 7 giugno 1929, lo stesso giorno della ratifica dei Patti lateranensi.Primo lavoro sistematico sul diritto vaticano dopo i Patti fu la pubblicazione di Cammeo L’ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano (1932), dedicata proprio a Francesco Pacelli.

Dopo la firma degli accordi, la forte tensione suscitata dai discorsi di maggio di Mussolini alle Camere e dalla lettera di Pio XI a Gasparri (5 giugno), fu superata anche grazie alla mediazione di Pacelli e alla dichiarazione da lui predisposta e letta il giorno dello scambio delle ratifiche. Il 7 giugno 1929 venne nominato consigliere generale dello Stato della Città del Vaticano e gli fu concesso il titolo ereditario di marchese.

Tra il 6 agosto 1926 e il 7 giugno 1929 Pacelli tenne anche un diario delle trattative. Lasciato al fratello Eugenio perché lo consegnasse al pontefice l’anno della sua morte, venne pubblicato da Michele Maccarrone nel 1959 (Diario della Conciliazione, con verbali e appendice di documenti, Città del Vaticano).

Negli anni seguenti il consigliere generale dello Stato si occupò dell’applicazione ed esecuzione in Italia e nel nuovo Stato dei Patti lateranensi, e si adoperò anche per la creazione di una stazione radio vaticana autonoma. Nel settembre 1929 tenne lezione alla sedicesima Settimana sociale d’Italia, pubblicata lo stesso anno con il titolo L’Opera di Pio XI per la Conciliazione con l’Italia. Spiato dalla polizia fascista, venne considerato dagli informatori il regista occulto della nomina del fratello a segretario di Stato.

Negli anni Trenta, nonostante un’affezione cardiaca ne minasse la salute, ricoprì ancora incarichi rilevanti in molte società partecipate dal Vaticano: fu presidente della Società romana tramways-omnibus; della Società elettroferroviaria italiana; della Società romana del gas; nel 1931 entrò anche a far parte del consiglio di amministrazione dell’Italgas. Fu altresì membro del consiglio d’amministrazione del Fondo di beneficenza e religione nella Città di Roma e vicepresidente dell’Istituto dei ciechi in Roma. Era terziario francescano.

Morì a Roma il 22 aprile 1935, assistito dal fratello Eugenio, il quale però, nominato legato papale a Lourdes, non poté partecipare ai funerali, che si svolsero il 26 seguente
nella chiesa di S. Maria in Traspontina. Fu seppellito al Verano.

Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano: Avvocati Concistoriali, scatola AF, Admissiones, P. F. 1917; Palazzo Ap., Titoli 150, f.1; Segr. Stato, Brev. Ap. 131, cc. 345r-348v; 205, cc. 99r-103v; 326, cc. 349r-351v; 385, cc. 238r-244v, 261r-263v; 414, cc. 416r-426v; 458, cc. 321r-326v; Biblioteca apostolica Vaticana: Archivio Circolo di S. Pietro, II.60 (P. F., n. 928); Archivio di Stato: f. Diari di F. P. (si conservano le copie del manoscritto originale); Segreteria di Stato, Archivio della Sezione rapporti con gli Stati: AA.EE.SS., IV periodo, Stati Ecclesiastici, 515 P.O., ff. 531-534; 702 P.O., ff. I-XVI; Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblica Sicurezza, Divisione Polizia politica, fascicoli personali 932; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consulta Araldica, f. 8848: Pacelli; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto 1928-1930, b. 369, f. 2/5, 6240; Segreteria Particolare del Duce, Carteggio Riservato, b. 6, f. 97/R; Ibid., Archivio Pacelli; Ibid., Archivio storico Capitolino: Ripartizione I, Posizioni matricolari, versamento 1948, b. 14, pos. 551; Ibid., Archivio storico Università ‘La Sapienza’: Serie Fascicoli Personale Docente: F. P., AS 269; Torino, Archivio storico Italgas; Guida Monaci, Roma 1906-35, ad annum e ad ind.; Annuario Pontificio, Roma-Città del Vaticano 1912-35, ad annum e ad ind.; Annuario della Regia Università degli Studi di Roma, Roma 1923-35, ad annum e ad ind.; M. Maccarrone, P. F., in Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano 1953, pp. 502 s.; N. Padellaro, P. F., in Enciclopedia biografica. I grandi del cattolicesimo, II, Roma 1958, pp. 261 s.; P. Lehnert, Pio XII. Il privilegio di servirlo, Milano 1984, pp. 56, 65; M. Pacelli, Quando fu creata la stazione radio del Vaticano, in Strenna dei Romanisti , Roma 1989, pp. 405-415; F. Margiotta Broglio, Federico Cammeo legislatore. Il contributo alla costruzione dell’ordinamento giuridico dello Stato vaticano, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, XXIII (1994), pp. 247-264; C.M. Fiorentino, All’ombra di Pietro. La Chiesa cattolica e lo spionaggio fascista in Vaticano 1929-1939, Firenze 1999, pp. 58, 148, 207-209, 248; A. Tornielli, Pio XII. Eugenio Pacelli. Un uomo sul trono di Pietro, Milano 2007, ad ind.; F. P., in 1929-1989. Ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano (catal.), a cura di B. Jatta, Città del Vaticano 2009, p. 92. In particolare sulle trattative per i Patti lateranensi: C.A. Biggini. Storia inedita della Conciliazione, Milano 1942; F. Margiotta Broglio, Italia e Santa Sede dalla Grande Guerra alla Conciliazione. Aspetti politici e giuridici, Bari 1966, pp. 180-204; R. De Felice, Mussolini il fascista, II, L’organizzazione dello Stato fascista (1925-1929), Torino 1968, pp. 382-436; I. Garzia, Il negoziato diplomatico per i Patti lateranensi, Milano 1974; L. Carboni, I Patti lateranensi, in 1929-1989, cit., pp. 73-88; R. Pertici, Chiesa e Stato in Italia. Dalla Grande Guerra al nuovo Concordato (1914-1984). Dibattiti storici in Parlamento, Roma-Bologna 2009, pp. 124-240; G. Sale, La conciliazione tra Santa Sede e Italia. Il ruolo dell’avv. F. P., in La Civiltà Cattolica, CLXII (2011), 3, pp. 29-41.

http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-pacelli_%28Dizionario_Biografico%29/

Ma tutta questa geremiade cosa c'entra?
A detta di Eshin si dovrebbe considerare una trollata.
Se tanto mi da tanto lei è un troll, sempre secondo Eshin.


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helios
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Ma tutta questa geremiade cosa c'entra?
A detta di Eshin si dovrebbe considerare una trollata.
Se tanto mi da tanto lei è un troll, sempre secondo Eshin.

se lei non capisce che cosa c'entra forse è anche lei un troll e se non capisce niente che cosa ci fa qui?

Resti in argomento e lasci perdere Eshin


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@Helios

Però ad onore del vero, una parte del Vaticano, aiutò i gerarchi nazisti a fuggire

http://it.paperblog.com/operazione-odessa-la-fuga-dei-nazisti-con-l-aiuto-del-vaticano-1796541/

Io credo che nessuno possa chiamarsi fuori dall'orrore di una guerra o no?


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se lei non capisce che cosa c'entra forse è anche lei un troll e se non capisce niente che cosa ci fa qui?

Resti in argomento e lasci perdere Eshin

La ringrazio per gli apprezzamenti, ne rimango lusingato.
Non capivo perché vivevo al buio, mi mancava un faro come la sua mente. Come potrò sdebitarmi.
Parli più forte così capirò anch'io.

L'ho scritto in altro commento, sono un veggente, che c'è una ridondanza di menti sottili, con tutte queste arie va a finire che prendo un raffreddore.


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Però ad onore del vero, una parte del Vaticano, aiutò i gerarchi nazisti a fuggire

Così sostengono i bene informati.

Ma lei ha capito il nesso della precedente geremiade o sono solo io lo sfornito sinaptico?


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Primadellesabbie
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@ helios

Vedi che anche 90 anni or sono si andava a prendere le istruzioni in America! E funzionavano all'istante!

Non si tratta di una moda recente, come qualcuno potrebbe essere indotto a pensare dall'andirivieni dei nostri PM.


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helios
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@ helios

Vedi che anche 90 anni or sono si andava a prendere le istruzioni in America! E funzionavano all'istante!

Non si tratta di una moda recente, come qualcuno potrebbe essere indotto a pensare dall'andirivieni dei nostri PM.

finalmente primadellesabbie !!!
quando si dice ragionevolezza, malgrado questo caldo infernale.... Che bella sopresa.

Vedi come le istruzioni da oltreoceano erano abitudini acclarate già agli inizi del secolo scorso.
Da notare inoltre che oltre a ricevere istruzioni dagli USA per sistemare lo stato vaticano era necessario un ebreo (Federico Cammeo) come se in Italia non ci fossero state persone in grado di fare quanto questo ha fatto.

L'andirivieni dei nostri PM potrebbe fare molta confusione o addirittura sostituirsi ai commenti.
Per cui occorre considerare i PM non un secondo forum.

Piuttosto considererei quanto ha detto mincuo riguardo i molti nick che potrebbero inserirsi nei topic 🙄
che come si vede cominciare a fuoriuscire allo scoperto


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helios
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@Helios

Però ad onore del vero, una parte del Vaticano, aiutò i gerarchi nazisti a fuggire

http://it.paperblog.com/operazione-odessa-la-fuga-dei-nazisti-con-l-aiuto-del-vaticano-1796541/

Io credo che nessuno possa chiamarsi fuori dall'orrore di una guerra o no?

certo che li aiutò il vaticano. I nazisti avevano pagato bene e avevano fatto una rete (vedi piano ODESSA).
Lo facevano per denaro, non facciamo illusioni che sia stato per altro.
Quello che invece non si capisce è che i tedeschi avevano fatto un concordato con la chiesa nel 1933 ma proprio nel 1934 non vollero più la nunziatura di Berlino e di Monaco.
Non sarà stato che Hitler nel 1934 arrivò in Italia a villa Pisani a Stra a incontrare Mussolini e li qualcosa cambiò?

Nessuno appunto può chiamarsi fuori da quello che è successo con la IIGM ma credo che sia arrivato il momento di capire quegli errori per non farli in futuro.


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@Helios

Però ad onore del vero, una parte del Vaticano, aiutò i gerarchi nazisti a fuggire

http://it.paperblog.com/operazione-odessa-la-fuga-dei-nazisti-con-l-aiuto-del-vaticano-1796541/

Io credo che nessuno possa chiamarsi fuori dall'orrore di una guerra o no?

certo che li aiutò il vaticano. I nazisti avevano pagato bene e avevano fatto una rete (vedi piano ODESSA).
Lo facevano per denaro, non facciamo illusioni che sia stato per altro.
Quello che invece non si capisce è che i tedeschi avevano fatto un concordato con la chiesa nel 1933 ma proprio nel 1934 non vollero più la nunziatura di Berlino e di Monaco.
Non sarà stato che Hitler nel 1934 arrivò in Italia a villa Pisani a Stra a incontrare Mussolini e li qualcosa cambiò?

Nessuno appunto può chiamarsi fuori da quello che è successo con la IIGM ma credo che sia arrivato il momento di capire quegli errori per non farli in futuro.

Conosco bene l'operazione Odessa, ho letto il libro e visto il film, tra l'altro ti avevo allegato il link. Hai ragione sulla ricerca delle cause e degli errori, imparare dalla propria storia, ci fa crescere come individui e come popoli.

Onestamente non sapevo della nunziatura, mi documenterò meglio, grazie Helios


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PietroGE
Famed Member
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....
Lo facevano per denaro, non facciamo illusioni che sia stato per altro.
....
Nessuno appunto può chiamarsi fuori da quello che è successo con la IIGM ma credo che sia arrivato il momento di capire quegli errori per non farli in futuro.

Non lo facevano per denaro. La fine della seconda guerra mondiale ha coinciso con l'inizio della guerra fredda e per il Vaticano l'URSS era, ovviamente, un pericolo maggiore del nazismo. La "ratline" è nata, anche qui ovviamente, con l'assenso degli alleati, e non poteva essere diversamente.

Non ci sono stati "errori", ognuno ha agito secondo i propri interessi : gli americani volevano sfruttare le conoscenze dei tedeschi circa l'URSS e le conoscenze tecniche, il Vaticano, che si interessava più di tutto agli ustascia croati, voleva contrastare Tito e i nuovi regimi comunisti nell'Europa dell'Est.

Il Vaticano e Pio XII in particolare, hanno aiutato moltissimi ebrei a fuggire in Israele e questo è documentato e riconosciuto. Il veto degli ebrei alla beatificazione di Pio XII riguarda la mancata condanna dell'olocausto.

La domanda che resta senza risposta è : sapeva il Vaticano dell'olocausto?
Se lo sapeva e non ha condannato lo sterminio ha sbagliato. Resta da capire però perché ci sono state, da parte vaticana, molte condanne dell'antisemitismo e degli orrori e delle persecuzioni durante WWII e solo l'olocausto non viene menzionato. La cosa non ha molto senso.
https://en.wikipedia.org/wiki/Catholic_Church_and_Nazi_Germany#.22Ratlines.22:_Helping_Nazis_to_flee

Oppure Il Vaticano e il Papa non sapevano dell'olocausto e allora la situazione si fa delicata. Non lo sapevano :
-Perché la chiesa polacca non sapeva nulla e quindi non ha informato Roma
-Perché la chiesa polacca sapeva benissimo cosa succedeva ma non ha voluto informare Roma.

Se l'olocausto c'è stato davvero, come faceva la chiesa polacca a non sapere? Con la gente che andava a lavorare ad Auschwitz e ritornava a casa la sera? Assolutamente impossibile.
D'altra parte, una chiesa così nazionalista come quella polacca, perché non avrebbe dovuto informare Roma di quel che succedeva e infliggere così un colpo mortale di propaganda agli odiati tedeschi?

Rimane solo una soluzione al sistema di equazioni : la chiesa polacca non sapeva nulla e quindi non poteva informare Roma, perché non c'è stato nessun olocausto.
La beatificazione di Pio XII è rimandata alle calende greche.


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Primadellesabbie
Illustrious Member
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...considererei quanto ha detto mincuo riguardo i molti nick che potrebbero inserirsi nei topic...

Ci sono delle volpi tra noi, più d'uno, forse per cautelarsi per bene, se ne é confezionato uno pressapoco da maschio e uno pressapoco da femmina.

Che siano gli indecisi che provano a vedere cosa conviene essere, in vista di decisioni future?

Scusate l'OT.


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helios
Illustrious Member
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PietroGE

Il Vaticano e Pio XII in particolare, hanno aiutato moltissimi ebrei a fuggire in Israele e questo è documentato e riconosciuto.

Risulta invece che il Vaticano ha aiutato TUTTI i nazisti a mettersi in salvo nel sudamerica:

venerdì 27 gennaio 2012
Quando da Genova i nazisti scappavano in Argentina: Operazione Odessa

Ricordare la Shoah significa anche fare chiarezza sulla rete di protezioni che permise ai criminali di guerra nazisti di abbandonare indisturbati l'Europa e di rifugiarsi in America Latina. Una rete in gran parte riconducibile alle alte gerarchie vaticane. Ricordiamo anche che sull'argomento, oltre al romanzo di Forsyth, è oggi disponibile il documentatissimo saggio di Uki Goni che ricostruisce minuziosamente la struttura della rete che ebbe proprio in Genova (porto di imbarco per l'Argentina) e nella sua curia il principale snodo.

Sandro Pasternostro

"Ratline", il patto con il demonio

Questa è una storia sporca con un'altrettanto sporca morale. Una storia in cui le vittime sono state uccise due volte, perdendo ancora. Mentre molti carnefici hanno vinto ancora, ottenendo la possibilità di una nuova vita. Con la scusa di combattere il comunismo molti criminali sono stati "perdonati", passando da nemici di ieri ad amici di oggi.

Un romanzo di Frederick Forsyth, Dossier Odessa, racconta di un gruppo di membri delle SS che, in previsione della sconfitta, si erano raccolti in un'organizzazione segreta chiamata O.D.E.SS.A., acronimo di Organisation der Ehemaligen SS-Angehorigen ("Organizzazione degli ex-membri delle SS").

Questo organismo aveva il triplice scopo di salvare i camerati dalle forche degli Alleati, esportare gli ingenti capitali che molti ufficiali tedeschi avevano accumulato negli anni del nazismo (soprattutto quelli proveniente dalla confisca di beni, preziosi e quant'altro ai deportati nei campi di sterminio) e creare un Quarto Reich che completasse l'opera di Hitler. Per quanto romanzesca sia la trama inventata da Forsyth, il suo racconto però si avvicina in modo inquietante alla realtà. Infatti, già a due mesi dalla fine della guerra, furono approntati i primi piani di fuga per i dirigenti nazisti: il ministro dell'Interno del Reich e Aloise Hudal comandante delle Schutzstaffel (le famigerate SS) Heinrich Luitpold Himmler, quando vide che tutto era perduto, diede vita all'operazione Außenweg, affidandone la direzione al giovane capitano delle SS Carlos Fuldner.

Non solo Odessa è quindi esistita davvero, ma il cuore e il cervello dell'intera operazione era a Roma nel cuore del Vaticano. Attraverso la cosiddetta "Via dei Monasteri" (detta anche ratline o Rattenlinien ovvero la "via dei ratti"), la Chiesa cattolica non fu solo complice dell'operazione, ma protagonista indiscussa a vari livelli: i suoi vertici furono i cardinali Eugène Tisserant e Antonio Caggiano (francese il primo e argentino il secondo), mentre la dimensione operativa fu curata da una pattuglia di alti prelati, tra cui il futuro cardinale genovese Giuseppe Siri, il vescovo austriaco Alöis Hudal, parroco della chiesa di Santa Maria dell'Anima in via della Pace a Roma e guida spirituale della comunità tedesca in Italia, il vescovo argentino Augustín Barrère, il sacerdote croato Krunoslav Draganovic, il francescano ungherese della parrocchia di Sant'Antonio di Pegli a Genova, Edoardo Dömoter, padre Carlo Petranovic, il sacerdote pallottino Antonio Weber e molti uomini che facevano parte dell' "Entità", il servizio segreto del Vaticano. Monsignor Montini (il futuro papa Paolo VI) era a conoscenza della cosiddetta "Via dei Monasteri" (secondo alcuni storici il futuro Paolo VI fu, assieme a Tisserant e Caggiano, uno dei "progettisti" della via di fuga dei criminali nazisti).

La fuga verso "porti sicuri", non riguardò unicamente i criminali di guerra tedeschi, ma anche molti ustascia (termine che in croato significa "insorgere", "risvegliare" e che è utilizzato per designare gli appartenenti al movimento cattolico-nazionalista croato di estrema destra che si opponeva a un regno di Jugoslavia federativo) e gerarchi italiani. Questi ultimi, come Cesare Maria De Vecchi e Luigi Federzoni, espatriarono quando ancora erano ricercati dalla giustizia, grazie ai documenti falsi e alla protezione dei salesiani.

Più eclatanti sono invece le protezioni garantite agli ustascia. Si trattava di criminali che, per conseguire il risultato di uno Stato (la Croazia) razzialmente puro e cattolico al 100%,non avevano esitato a compiere fucilazioni di massa, decapitazioni, bastonature a morte, suscitando orrore perfino negli alleati nazisti.

Alla fine della guerra circa settecentomila persone erano morte nei campi di sterminio ustascia a Jasenovac e altrove: le vittime appartenevano soprattutto alla popolazione serba ortodossa, ma nell'elenco figuravano anche moltissimi ebrei e zingari.
Il principale teorico del regime croato, Ivo Gubernina, era un sacerdote cattolico romano che predicava la "purificazione religiosa" e l'"igiene razziale" per fare della Croazia una "terra ripulita da elementi considerati estranei".

Molti ustascia, a iniziare dal dittatore fantoccio Ante Pavelic, beneficiarono dell'aiuto della Chiesa di Roma. Pavelic fu nascosto fino a maggio del 1946 nel Collegio Pio Pontificio, quindi trasferito in un edificio del complesso di Castelgandolfo, residenza estiva dei pontefici, dove quasi ogni settimana si riuniva con il cardinale Montini. Nel dicembre del 1946, il leader degli ustascia si rifugiò nel convento di San Girolamo, per poi trasferirsi a Genova. Qui, mentre si stava imbarcando per l'Argentina fu intercettato dai servizi segreti statunitensi e riuscì a nascondersi nel monastero di Santa Sabina. L'11 ottobre 1948 il criminale ustascia riuscì ad imbarcarsi per l'Argentina sulla nave Sestriere, in cabina di prima classe: aveva con se il passaporto della Croce Rossa numero 74369 a nome di Pal Aranyos, un ingegnere ungherese. Lo scortarono due agenti dell'Entità, restando con lui come guardie del corpo per ben due anni.

Tra i più noti criminali di guerra fuggiti in Sud America attraverso la Ratline, ricordiamo anche Adolf Eichmann (l'organizzatore della soluzione finale degli ebrei), Josef Mengele (medico autore di efferati esperimenti nel campo di Auschwitz), Heinrich Müller (capo della Gestapo), Richard Glücks (ispettore dei campi di concentramento), Klaus Barbie (comandante della Gestapo a Lione), Erich Priebke (coinvolto nell'eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma), Gerhard Bohne (responsabile del programma di eutanasia per lo sterminio degli handicappati fisici e mentali), Bilanovic Sakic (responsabile del campo di concentramento croato di Jasenovac), Franz Stangl (comandante del campo di concentramento di Treblinka), Walter Rauff (l'inventore dei camion-camera a gas), Edward Roschmann (l'ex comandante del ghetto di Riga), Josef Schwammberger (comandante altoatesino del ghetto di Przemsy), Herman von Alvensleben (responsabile in Polonia della morte di almeno ottantamila persone), Carl Vaernet (medico danese inventore, a suo dire, della "inversione della polarità ormonale", che poteva dare una soluzione al problema dell'omosessualità). A loro si aggiunsero anche criminali di guerra o collaborazionisti francesi del rango di Marcel Boucher, Fernand de Menou, Robert Pincemin ed Emile Dewoitine.

Molti beneficiarono dell'esilio in Sudamerica. Si trattò nella maggior parte di "manovali" dell'Olocausto e della guerra sporca di Hitler. Tutti iniziarono nella nuova patria una vita tranquilla, col beneplacito dei regimi di destra latinoamericani, soprattutto dell'esordiente regime peronista, ma anche col viatico di Washington.

Molti sono gli st
udi su questa vicenda, come molti sono i documenti che comprovano le solidarietà e le complicità nella fuga dei criminali di guerra. Come il rapporto finale della Comisiòn para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina (Ceana), costituita a suo tempo presso il Ministero degli Affari Esteri dal presidente argentino Menem e di cui è stato coordinatore scientifico lo storico Ignacio Klich dell'università di Westminster in Gran Bretagna.

L'organizzazione Odessa progettò minuziosi piani di fuga, tracciando tre itinerari principali: il primo partiva da Monaco di Baviera e si collegava a Salisburgo per approdare a Madrid; gli altri due percorsi partivano da Monaco e, via Strasburgo o attraverso il Tirolo, giungevano a Genova (il terminale ove operava l'arcivescovo Giuseppe Siri), dove i gerarchi potevano imbarcarsi verso l'Egitto, il Libano, la Siria, il Sudamerica.

Le vie di fuga convergevano sempre verso Memmingen, un'antica cittadina tra la Baviera e il Württemberg, per poi dirigere su Innsbruck ed entrare in Italia attraverso il valico del Brennero. Gli spostamenti tra Germania meridionale, Austria, Tirolo e Italia settentrionale si svolgevano in grande sicurezza a tappe di circa cinquanta chilometri, a ognuna delle quali corrispondeva una "stazione" gestita da tre-cinque persone che conoscevano solo la stazione precedente e quella successiva.

Il corridoio vaticano comprendeva due vie di fuga: Svizzera-Francia-Spagna-Gibilterra-Marocco-Sudamerica; Svizzera-San Girolamo-Genova-Sudamerica. Il primo fu praticato specialmente dai nazisti e da tutti i collaborazionisti del regime di Hitler, il secondo principalmente dagli ustascia che, prima di fuggire, trovarono sicuro alloggio presso il convento di San Girolamo, un monastero croato in via Tomacelli a Roma.

Come abbiamo visto, il capitano delle SS Carlos Fuldner fu scelto dal Reichsführer delle Schutzstaffel Himmler per coordinare la fuga dei nazisti dalla Germania. L'attività di Fuldner fu frenetica. Egli stabilì contatti a tutto campo per portare a conclusione gli ordini del suo superiore. Il primo contatto permise a Fuldner di ottenere il sostegno dell'allora ministro svizzero di giustizia, Eduard von Steiger, e del capo della polizia Heinrich Rothmund. In questo modo fu allestita alla Markgasse 49 di Berna la "filiale" svizzera di Odessa.

L'altro contatto Fuldner lo ebbe con il vescovo argentino Antonio Caggiano, che portò alla nascita della cosiddetta "Via dei Monasteri". Il capitano nazista incontrò per la prima volta l'alto prelato a Madrid, nel ristorante Horcher in via Alfonso XIII. Caggiano era accompagnato da due uomini dell'Entità (il servizio segreto vaticano), di cui solo di uno si conosce il nome, Stefan Guisan.
Nel 1946 il cardinale Caggiano si recò in Vaticano offrendo alla Segreteria di Stato, a nome del governo di Buenos Aires, la disponibilità del Paese sudamericano a ricevere ex nazisti "perseguitati" dagli Alleati.

Nel frattempo il capitano Carlos Fuldner, che aveva passaporto argentino, divenne direttore della Daie, la "Dirección Argentina de Immigración Europea", con sede a Genova in via Albaro. La Daie divenne il terminale europeo della "via dei topi".

L'ufficio genovese della Daie faceva pervenire a Buenos Aires l'elenco delle persone da ospitare. A Buenos Aires le pratiche erano sbrigate dalla "Sociedad Argentina de Recepción de Europeos" (Sare), fondata nel maggio del 1947 da Pierre Daye, un criminale di guerra belga in stretti rapporti con Peron e con l'arcivescovado argentino.

L'interessamento di Peron e della Chiesa argentina era così alto, che le primissime riunioni della Sociedad si tennero alla "Casa Rosada", mentre la prima sede della Sare si trovava in un vecchio palazzo di proprietà della curia di Buenos Aires, in via Canning.

Ottenuti da Fuldner gli elenchi dei nazisti da far fuggire, la Sare spediva a Genova i visti d'ingresso, completi delle foto dei criminali ma intestate a nomi fittizi. Da Genova, la pratica passava a Roma, dove la sede della Croce Rossa rilasciava i passaporti relativi ai nomi falsi, rispedendoli a Genova. Fatto ciò, bastava trovare posto per i fuggitivi sulla prima nave per l'America Latina.

Il cardinale Giuseppe Siri (eletto vescovo ausiliare di Genova l'11 marzo 1944, e arcivescovo della stessa città il 14 maggio 1946) fu coinvolto direttamente in questi progetti di fuga. Fu tramite due associazioni, entrambe da lui fondate, che la Curia genovese possedeva per l'assistenza ai profughi, che l'arcivescovado di Genova diede assistenza alla rete di fuga.

Il diretto coinvolgimento di monsignor Siri trova conferma non solo nelle risultanze della "Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina", costituita dal presidente argentino Menem nel 1997, ma anche in una nota del "Counter Intelligence Corps" (servizio segreto militare statunitense), dove si afferma che Siri dirigeva "una organizzazione internazionale il cui scopo era favorire l'emigrazione di europei anticomunisti in Sudamerica [.]. Questa classificazione di anticomunista deve estendersi a tutte le persone politicamente impegnati contro i comunisti, ovvero fascisti, ustascia, e altri gruppi simili".

Le due associazioni che facevano capo all'arcivescovado di Genova erano la "Auxilium", fondata nel 1931 come ente di assistenza e beneficenza, e il "Comitato Nazionale Emigrazione in Argentina", impiantato invece nel 1946. Anche la Pontificia Commissione di Assistenza aveva un ufficio nella stazione ferroviaria della città (Porta Principe).

Un importante centro di accoglienza della struttura gestita da Siri fu la chiesa genovese di San Teodoro, ove molti fuggiaschi sostarono e ricevettero cibo, assistenza, documenti per imbarcarsi sulle navi della salvezza. Il parroco di San Teodoro, Bruno Venturelli, fu ringraziato per il suo operato da William Guyedan, ex ministro francese del governo di Vichy condannato per collaborazionismo.

Importante pedina del canale genovese per la fuga degli ustascia fu padre Karl Petranovic: dai primi mesi del 1946 fino all'inizio del 1952 avrebbe gestito direttamente i rapporti tra Vaticano, Croce Rossa, Auxilium e "Comitato Nazionale Emigrazione in Argentina". Petranovic, già cappellano ustascia, fuggì nel 1945 rifugiandosi a Milano. Da questa città passò a Genova, con tanto di "raccomandazione scritta" da parte del cardinale Shuster: "Eccellenza reverendissima - si legge nel biglietto rivelato il 2 agosto 2003 dal "Secolo XIX" - don Carlo ha conoscenza, in lingua e in cultura, della situazione dei rifugiati e dei profughi di guerra dell'Est e della Germania. Per questo è persona che può sostenere l'opera di carità dell'Auxilium". Petranovic si occupò di prelevare da Roma i passaporti per una nuova vita dei nazisti in fuga. Egli stesso, a sua volta, fuggì in Canada, a Niagara Falls, ospite di una comunità di suore. L'8 giugno 1988, padre Petranovic ottenne anche il titolo di monsignore.

A Genova operava anche un altro sacerdote: don Edoardo Dömöter, francescano di origine ungherese, divenuto, alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, parroco della chiesa di Sant'Antonio di Pegli. Negli archivi del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra esiste una richiesta, la numero 100940, sottoscritta e inoltrata da padre Dömöter alla sede genovese della Croce Rossa per un passaporto intestato a tale Riccardo Klement, in realtà Adolf Eichmann.

A tenere i collegamenti tra nazisti e Vaticano furono Fuldner e padre Krunoslav Draganovic. Quest'ultimo, oltre ad essere segretario
della Confraternita romana di San Girolamo, era anche "Visitator apostolico" per l'assistenza pontificia ai croati, cioè un funzionario della segreteria di Stato del Vaticano che dipendeva direttamente da monsignor Montini. Draganovic visitava ufficialmente i campi dei prigionieri di guerra e come Visitator apostolico era riconosciuto come rappresentante della Santa Sede dalle autorità alleate.

Fuldner e Draganovic, si servirono a loro volta di Reinhard Kops, da parte tedesca, e di Gino Monti di Valsassina (nobile italiano di origine croata), da parte vaticana. Reinhard Kops usava il nome fittizio di Hans Raschenbach e un passaporto falso fornito dall'Entità vaticana.

Fu proprio don Krunoslav Stjepan Draganovic ha firmare il passaporto, rilasciato il 16 marzo del 1951 dalla sede genovese della Croce Rossa, a Klaus Altmann, meccanico d'origine tedesca in procinto di imbarcarsi sul piroscafo Corrientes alla volta di Buenos Aires; dietro questa identità si nascondeva Klaus Barbie.

Tra le altre persone "difese" da Draganovic figurano gli ex-ministri del governo ustascia Dragutin Toth, Vjekoslav Vrancic, Mile Starcevic e Stjiepo Peric, così come l'ex-capo dell'aviazione Vladimir Kren. Alcuni di loro si nascondevano all'interno dell'Istituto di San Girolamo o in Vaticano.

Il terminale austriaco di Draganovic fu padre Vilim Cecelja, già collaboratore del regime di Ante Pavelic durante la guerra e schedato dal governo di Tito come criminale di guerra numero 7103. Cecelja fu il sacerdote che officiò la cerimonia del giuramento di Pavelic, impartendo così la benedizione della Chiesa al regime fantoccio dei nazisti. Provvisto di documenti americani e della Croce Rossa, Cecelja potè svolgere il suo compito viaggiando liberamente nella zona di occupazione statunitense.

La rete di ecclesiastici impegnati nel facilitare la fuga di nazisti e fascisti faceva capo, a Roma, a monsignor Alois Hudal, rettore fino al 1952 del Pontificio Collegio di Santa Maria dell'Anima.
Nella relazione conclusiva presentata dalla Comisiòn para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina nel 1999, le responsabilità di padre Hudal sono lampanti. In una lettera del 31 agosto 1948 il vescovo Hudal spiega a Peron che i visti richiesti non sono per profughi ma "per combattenti anticomunisti il sacrificio dei quali durante la guerra ha salvato l'Europa dalla dominazione sovietica".
A Roma il vescovo Alois Hudal si servì di monsignor Heinemann e del sacerdote Karl Bayer: il primo era incaricato di esaudire le richieste dei nazisti rifugiati a Santa Maria dell'Anima, l'altro proteggeva e assisteva i criminali nazifascisti in fuga. Quest'ultimo era stato un paracadutista dell'esercito hitleriano, poi imprigionato nel campo di Ghedi, vicino Brescia, e fatto fuggire grazie all'aiuto di Draganovic. Divenuto membro del clero cattolico, fu inserito all'interno dell'organizzazione ecclesiastica che assisteva i criminali nazifascisti in fuga, procurando loro falsi documenti, denaro, cibo, lettere, alloggi.

Karl Bayer ammise (nel libro di Gitta Sereny, In quelle tenebre, Adelphi, Milano, 2005) che papa Pio XII forniva denaro per aiutare i nazisti in fuga, "a volte col contagocce, ma comunque arrivava".

Un altro piccolo pezzo dell'ingranaggio che permise la fuga dei nazisti fu la ricca ereditiera Margherite d'Andurain, che aveva stretti contatti in Vaticano attraverso il nunzio a Parigi e con il vescovo austriaco Alois Hudal. Proprietaria di uno yatch, il Djeilan, la d'Andurain attraversava regolarmente lo stretto di Gibilterra sino a Tangeri. Il 5 novembre 1948 il suo corpo senza vita fu ritrovato nella baia di Tangeri.

Nel Catechismo della Chiesa cattolica (Parte Terza - Sezione Prima - Capitolo Primo - Articolo 8 - V. La proliferazione del peccato - 1868) si dichiara: "Il peccato è un atto personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando 'vi cooperiamo': prendendovi parte direttamente e volontariamente; comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli; non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo; proteggendo coloro che commettono il male". Aiutare criminali a sottrarsi alla giustizia è dunque per la Chiesa un crimine altrettanto grave, che prevede la colpa di chi vi è coinvolto in prima persona e la responsabilità morale di chi lo approva.

L'autodifesa della Chiesa cattolica è sempre consistita nel negare di conoscere l'identità di tali criminali e di voler in ogni caso assicurare assistenza a chiunque. Ma questo, come abbiamo visto, non è proprio vero. Infatti, se non mancarono nella Chiesa "complici" solo per malinteso spirito di carità cristiana (come traspare da diari e testimonianze di alcuni rettori di conventi che, pur conoscendo le "gesta" di alcuni criminali, diedero loro ugualmente rifugio), altri furono favoreggiatori veri e propri, diventando correi per i crimini contro l'umanità.

Anche se molti uomini della Chiesa di Roma, attraverso atteggiamenti ambigui, complicità e vere e proprie attività di copertura e aiuto si sono macchiati di complicità coi nazisti, questo non vuol dire che tutta la Chiesa è criminale. Certamente queste complicità sono responsabilità che, oltre ad essere meritevoli della punizione divina (e su questo non ho dubbi!), conseguirebbero anche quella degli uomini. Ma quest'ultima, purtroppo, non c'è stata!

(Da: http://www.storiain.net/)

http://cedocsv.blogspot.it/2012/01/quando-da-genova-i-nazisti-scappavano.html


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