Crisi della scuola....
 
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Crisi della scuola. Una risposta a Giuliano Ferrara


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Ieri sera nel corso di Otto e Mezzo, quel “grande semplificatore” di Giuliano Ferrara, tra il silenzio generale dei presenti, ha rilevato, in modo perentorio, che la scuola deve veicolare ordine e disciplina. Troppo facile. E troppo tardi. Spieghiamo perché.

Diciamo subito che il Novecento è stato il secolo della scuola di massa. Un secolo, che ha in messo in pratica, l’ideale nazionalista-giacobino, tutto moderno, dell’ ”educazione armata” come corollario della “nazione armata”. La scuola, insomma, come veicolo della “nazionalizzazione delle masse”. Ovviamente, a seconda del tipo di regime politico, si è avuta un’ accentuazione del carattere gerarchico e socialmente intrusivo della scuola. Nei regimi totalitari, si è puntato sul “cittadino-soldato”. In quelli liberali e democratici sul “cittadino (civicamente) informato”. Ma in entrambi l’istruzione è stata collegata all’educazione, allo scopo di togliere definitivamente alla Chiesa, nelle sue vari espressioni nazionali, il privilegio sulla formazione delle nuove generazioni. Di quest’ultimo fatto non diamo alcuna valutazione, ci limitiamo a una semplice constatazione.

Il sistema dell’educazione di massa (armata e/o informata) ha implicato la trasmissioni di valori nazionalistici, gerarchici disciplinari e nozionistici: andavano formati cittadini pronti a morire per la patria, e in grado di servirla, professionalmente, ai vari livelli, anche nella vita civile. Di qui la nascita e lo sviluppo della “scuola-caserma”
Questo sistema che, grosso modo, ha attraversato due guerre mondiali, è entrato in crisi negli anni Sessanta del Novecento, con la graduale estensione a livello mondiale della società dei consumi.
Il Sessantotto, come Giano Bifronte, per un verso ha puntato su una “rivoluzione” antiautoritaria, contro l’idea di “nazione armata e/o informata”, ma per l’altro, a parte alcune fiammate iniziali, ha finito per venire a patti con il sistema economico, ben felice di mercificare l’immaginario rivoluzionario, costruito - attenzione - sull’idea di una democrazia dei soli diritti.

In pratica è accaduto questo: l’idea di cittadino “armato e/o informato”, caduta sotto i colpi della rivoluzione sessantottina, non è stata sostituita da alcuna idea alternativa di cittadinanza. La scuola all’improvviso è diventata inutile. O sede di esperimenti, che durano tuttora. Il Sessantotto, come fabbrica dei diritti, per un verso più che necessari per “svecchiare” la società, non è stato capace di elaborare una fabbrica dei doveri, altrettanto importante. E questo vuoto è stato colmato dalla rivoluzione dei consumi. Ma in misura mercificante. Perché non controbilanciata da una nuova teoria dei doveri sociali. Probabilmente la generazione del Sessantotto, riteneva che la rivoluzione finale avrebbe reso superfluo, in una società liberata, ogni discorso sui diritti e sui doveri. Purtroppo non è andata così.

In sostanza, oggi, la scuola non funziona, perché dietro di essa, non c’è alcuna idea forte di cittadinanza (capace di coniugare diritti e doveri). E dunque ispirata a un’ entità (la si chiami come si vuole), sovraordinata ai singoli. Sotto questa aspetto il semplicistico ritorno ai valori gerarchici e disciplinari, proposto da Giuliano Ferrara, non ha alcun senso. Non sarebbe capito, neppure dai docenti, formatisi in un periodo di transizione non ancora terminato. E figuriamoci da famiglie e studenti, ossessionate dalle necessità del consumo: sia come preoccupata difesa degli attuali livelli di consumo, sia come volontà di essere al passo con il consumo crescente di beni, imposti dalla globalizzazione economica.

Ferrara vuole riproporre, se ci si passa la metafora, una specie di religione (scolastica) basata sul rispetto delle gerarchie, ma priva del suo nucleo trascendente o sacro (in passato rappresentato dalla nazione). Fa finta di nulla. E pretende che studenti-robotizzati “obbediscano” per il solo piacere di obbedire… Gli uomini, e a maggior ragione i giovani, hanno invece bisogno di motivazioni profonde. Che una società orientata esclusivamente sui consumi distrugge sistematicamente.

Del resto, tornare indietro all’idea di nazione armata e/o informata è impossibile, e probabilmente anche pericoloso. Ma andare avanti alla cieca, e nel vuoto politico e culturale, è altrettanto nocivo.
Purtroppo, ci troviamo in un vicolo cieco. E, uscirne, sarà durissimo.

Carlo Gambescia
Fonte: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/
14.03.07


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Truman
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Interessante quello che dice Gambescia, con qualche precisazione.

1) La scuola italiana di oggi (per fortuna) è ancora nei suoi fondamenti quella delineata dal ministro / filosofo idealista Gentile durante il periodo fascista. Ripetute riforme senza idee portanti non sono riuscite a distruggere tale impostazione.

2) Nell'ottica idealista l'arte non deve essere asservita ad altre discipline, ciò porta a privilegiare le materie classiche, incluse le lingue morte.

3) Per chi riesce ancora a prendere la scuola con impegno l'impostazione classca di Gentile ha ancora validità, specialmente nelle scuole che non si abbandonano ad eccessive sperimentazioni ed alle I del Berlusca (Impunità, Ignoranza e non so che altro ...)


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Truman
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Visto che dalla politica non si riesce ad avere l'etica, cerchiamo di avere almeno l'estetica.

E non si tratta di qualcosa di marginale, perchè la società dei consumi di oggi è incredibilmente brutta.

Chi ancora ha gusto estetico non è disponibile a farsi istupidire dal teatrino politico - mediatico.


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remo
 remo
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Ma il '68 come erede naturale delle pulsioni pseudo-rivoluzionarie giacobine ha portato nella scuola (come nella società) la ribellione contro l'autorità (qualunque essa sia) che di conseguenza porta a svalutare la meta alla quale quell'autorità chiama lo studente.

La società consumista si inserisce in questa linea di pensiero. Contribuisce allo svuotamento del senso.

In Francia le scuole cattoliche sono costrette a rifiutare ogni anno migliaia di studenti per mancanza di posti. La scuola pubblica, là dove si organizzò la rivoluzione francese, non funziona più.


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Truman
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Nell'immaginario consumistico pompato dai media è entrato da tempo il dogma che solo pagando si ottiene qualità dei servizi.

Per quanto tale dogma, ripetuto in continuazione nei mantra televisivi, possa apparire realistico, esso è semplicemente falso. Non parzialmente o da qualche punto di vista, è semplicemente falso.

Lo sa bene chi sa riconoscere che le cose migliori della vita sono gratuite: il latte materno, l'amore dei familiari, l'amicizia sincera, l'acqua di una sorgente.

Allora la scuola privata è un palliativo ai problemi della scuola pubblica, ma è anche concausa di tali problemi ed allo stesso tempo li peggiora, perchè essa è un'emanazione ancora più diretta del potere. Chi va alla scuola privata imparerà più di chi va alla pubblica, ma sarà ancora più condizionato dall'ideologia del potere (sul genere dei mantra iniziali).

La scuola per essere valida deve essere scuola e vita, come faceva don Milani. E si deve ricordare che il problema della scuola è sempre un problema politico. Non si può educare se non si sa cosa si vuole.


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Territorio_Comanche
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Gambescia è sicuro che soluzioni neoautoritarie come quelle che Ferrara propone siano destinate a fallire, e va bene.
Non bisognerebbe però chiudere gli occhi sul fatto che esperimenti di questo tipo sono già in corso.
In Gran Bretagna si discute apertamente sull'opportunità di reintrodurre le punizioni corporali (di cui Tony Blair si dice sostenitore).
Negli USA, stranamente più sofisticati dei cugini britannici, si assiste nelle scuole pubbliche alla crescente ossessione per la "valutazione cognitiva", ossia per la minuziosa raccolta di dati statistici della performance studentesca. Con la conseguenza, intanto, di creare curriculum di attività scolastiche in cui il parametro della "misurabilità" prevale su tutti gli altri; e poi di creare sulla base di quei dati differenti indirizzamenti scolastici, che per ora stanno producendo una "risegregazione" razziale delle scuole (cioè una minore promiscuità razziale, particolarmente orientata verso neri e latini), e tendenzialmente una scrematura di classe, isolando di fatto gli studenti più svantaggiati e problematici.
Si può pensare che tutto ciò sia molto poco desiderabile (ed infatti io la penso così), ma chi dice che non può funzionare?

Territorio Comanche
http://territoriocomanche.splinder.com/


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Truman
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Ripeto che le scelte di fondo sulla scuola sono un problema politico. Possono esistere modelli di scuola molto diversi tra loro, eppure tutti funzionanti.
Dipende per chi funzionano: per chi vuole una scuola organizzata per classi oppure per chi vuole una scuola dove gli studenti imparino a ragionare con la propria testa.


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