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Della stupidità

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Pfefferminz
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@R66

Che il "sistema" (io lo chiamo "mondo esterno") pervada ogni singola fibra dell'essere umano a partire dal concepimento (non è uno scherzo) è fuori discussione. Già il bambino piccolo "impara" più dagli atteggiamenti consci/inconsci dei genitori che dalle frasi (es. ammonimenti che possono essere in contraddizione con i primi). Il sistema è pervasivo e plasma l'individuo, ma non colpisce tutti allo stesso modo. Se al di fuori della "linea" di vita cui tu accenni c'è il nulla, il vuoto, allora si può parlare di "missione compiuta" dal punto di vista del sistema. In quel caso l'individuo è già schiavo, quindi non può neanche accorgersi che il piano di schiavizzazione ha una marcia in più. Stiamo parlando però di un 30% di allineati irrecuperabili, non dei casi che ho sotto i miei occhi e che consistono in un istupidimento ad hoc nel contesto storico di una incipiente dittatura. Anche al tempo di Bonhoeffer, molti non si sono accorti di essere letteralmente slittati in uno stato totalitario. 


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Pfefferminz
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@LuxIgnis

"... per colui che pensa e agisce responsabilmente." Bonhoeffer (ultima riga del testo)

Le leggi che regolano una società non possono essere avulse dai principi che discernono fra il bene e il male. Pensiamo ad esempio al comandamento "non uccidere". Alcune norme sono universali, altre dipendono dai rapporti di forza di una determinata società e possono (o devono) essere messe in discussione. Altre norme risentono dell'ingerenza delle religioni. Su questo sfondo hai fatto emergere due concetti importanti: colpa e responsabilità. Bonhoeffer ci fa capire che i  responsabili sono quelli come lui, esattamente il contrario degli istupiditi ad hoc. Assumersi le proprie responsabilità è infatti l'antidoto per far fronte ad una situazione in cui vengono tolti i diritti ed è proprio quello da cui gli istupiditi ad hoc rifuggono, rifugiandiosi nel limbo dove tutto va bene, ignorando i dati che la realtà via via  presenta loro. Qual è il ruolo della colpa in questa situazione? Posso solo fare delle ipotesi. Se alla base dell'istupidimento in una data situazione storica c'è il riconoscimento dell'autorità che non può essere messa in discussione (perché altrimenti crolla tutto), la colpa può rappresentare quel groviglio di emozioni negative sempre in agguato quando si sta per disubbidire ad una norma. 


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LuxIgnis
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@ Pfefferminz

Lo so che può sembrare strano separare le leggi dalla moralità. Ma prendiamo il tuo esempio: non uccidere. Va bene ma poi lo si permette in guerra, oppure il "potere" può farlo se lo ritiene necessario, ad esempio nella pena di morte. E' giusto? E' sbagliato? Sicuramente è stupido uccidere in ogni occasione. A volte vi si è costretti come nella difesa di sé stessi, ma è pur sempre un atto stupido. D'altronde poi in altre culture l'uccidere un nemico è un atto valoroso. Senza poi contare che allargando il concetto ognuno di noi uccide continuamente altri esseri viventi.

Quindi uccidere non può essere semplicemente un comando morale. E' un atto che va a detrimento della società e di sé stessi quindi va limitato il più possibile. Provoca comunque un danno irreparabile e quindi è giusto vietarlo ma non perché sia un male di per sé.

Nella filosofia antica Hawaiana, nelle loro regole di comportamento ve n'è una che dice, ed è una delle principali: "evita di fare del male intenzionalmente". Questa è già una regola scevra da qualsiasi moralità. E' un'assunzione di responsabilità - farai del male e questo è inevitabile ma non lo fare con l'intenzione di farlo.

La colpa non è soltanto quello che hai detto, che è giusto, è anche la presa di coscienza di aver fatto del male magari anche inconsapevolmente seguendo una menzogna. Questo porta una persona a capire la menzogna ed all'assunzione di responsabilità dell'atto commesso. E questo in una società che da ampio valore alla colpa  -mea culpa mea culpa mea maxima culpa- è devastante. Quindi è meglio evitare questo collasso emotivo, facendo finta che si è agiti bene. E proseguire nella menzogna. La presa di coscienza di qualcosa è devastante, soprattutto poi se l'individuo viene lasciato solo e non supportato dalla società che anzi ne ha un'utilità nel lasciare le cose come sono.

Una volta vidi un'intervista ad un terrorista nero che aveva ucciso di cui non ricordo il nome. L'intervistatore gli chiede se si sentisse in colpa per quello che aveva fatto. Il terrorista gli risponde che no non si sentiva in colpa, che la colpa non gli apparteneva. Ma aggiunse che lui è e rimarrà un assassino. E' ormai un assassino.

Questa per me è una bellissima assunzione di responsabilità scevra da colpe o vergogne. Ha sbagliato, e se ne è reso conto e questa responsabilità l'avrà per tutta la vita.

Parlavamo del perdono qualche tempo fa in un post. Ecco il perdono può avvenire solo se vi è un'assunzione di responsabilità.


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R66
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@Pfefferminz

Si trattasse di un 30% la Regia non potrebbe far nulla, la percentuale è a due cifre e la prima è un 9 e la seconda non è uno 0.

Ancor più sintetico ed efficace è stato l'intervento di @Papaconscio che mi permetto di citare: "Quando le persone si lasciano instupidire è perché hanno molto da perdere nel sistema in cui si identificano e che credono sia l'unico possibile."

In questa breve frase, che se non capita non basterebbe l'enciclopedia britannica a spiegarla altrimenti, c'è tutto il succo del discorso.


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cedric
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Pfefferminz wrote: Le leggi che regolano una società non possono essere avulse dai principi che discernono fra il bene e il male. Pensiamo ad esempio al comandamento "non uccidere".

Sono 5000 anni che l'umanità cerca di darsi una definizione del bene e del male ed ovviamente non c'è ancora riuscito nessuno. Qualche genio s'è inventato che il bene vince sempre, che è una gran bella frase, peccato che  tutti l'abbiano capita come chi vince è il bene e chi perde è il male,   annullando tutti gli sforzi filosofici del genio.

Limitandosi al non uccidere, tutti (preti compresi) si sono prodigati nel puntualizzare che ammazzare in guerra non è uccidere ed hanno scritto tomi sul concetto di guerra giusta (un ossimoro gigantesco).

Per cercare di sanare la questione se uccidere sia lecito o meno, ci si è inventati che per uccidere serve possederne lo ius.  Solo la società detiene il diritto di uccidere (lo ius  occidendi di romana memoria) mentre l'uomo singolo non ha tale  diritto. O almeno in italia non ce l'ha piu' da 1981 (!!!)  quando è stato abrogato il delitto d'onore che concedeva al maschio italico lo ius occidendi nei confronti di sorella, moglie e figlia.

Quindi la società civile puo' legittimamente ammazzare un condannato a morte, può ammazzare milioni di persone in guerra (pero' che sia giusta!), puo' autorizzare qualcuno ad autoammazzarsi (suicidio assitito). Per contro nessun uomo puo' uccidere intenzionalmente un proprio simile,  per il diritto occidentale conta l'intenzione e non il risultato,  è per questo che si distingue fra uccisione dolosa ed uccisione colposa.

Ne riparliamo fra altri 5.000 anni per vedere se  che qualcuno avrà trovato come distinguere fra il bene ed il male. Sempre che l'umanità ci sia ancora e non sia andata arrosto con le atomiche.

 


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Pfefferminz
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R66

Sono d'accordo anch'io con quanto ha scritto Papaconscio, ma in un'ottica diversa dalla tua, nel senso che una parte di coloro che si lasciano istupidire nella situazione descritta ha sì un sistema di valori e capacità critica, ma è all'ultima spiaggia. Continua ad identificarsi col sistema perché sennò crolla l'ultimo appiglio che conferma il mondo in cui credono di esistere. Basta un niente e apriranno gli occhi. Mentre un 30% è irrecuperabile e un 10% è sveglio, nel mezzo c'è un continuum che ha diversi gradi di consapevolezza. Il mantra fisso nelle loro teste è che il governo agisce per il loro bene e che la stampa è il quarto potere che controlla la politica. È forse stato facile per noi renderci conto che quelli là in alto ci hanno dichiarato la guerra? Loro, i miei amici che oramai neanche parlano più con me, devono ancora fare questa esperienza, ma ogni giorno che passa diventerà per essi sempre più difficile persistere nell'autoinganno. Sarà interessante osservare come la realtà lì metterà pian piano con le spalle al muro. 


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Pfefferminz
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@LuxIgnis

"Questa per me è una bellissima assunzione di responsabilità scevra da colpe o vergogne. Ha sbagliato, e se ne è reso conto e questa responsabilità l'avrà per tutta la vita."

Hai introdotto dei concetti e punti di vista su colpa, assunzione di responsabilità e perdono che non mi sono familiari. Per me sentirsi in colpa significa provare malessere, perché ho compiuto, ad esempio, un'azione che non avrei voluto compiere. Non c'è però la connessione con la "menzogna". C'è qualcosa che mi sfugge. Ti ringrazio se mi dai un aiutino. 


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sarah
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Pubblicato da: @pfefferminz

@PietroGE

Caro Pietro, è verissimo quello che scrivi, ma l'intuizione di Bonhoeffer, secondo me, è più profonda e ancora non riesco a carpirne il segreto ovvero il meccanismo che ci sta dietro e che pur deve esistere. Bonhoeffer parla di persone intelligenti che "si lasciano istupidire". È fuori discussione che ci siano persone intelligenti che nella vita di tutti i giorni continuano nelle loro attività di alto livello e purtuttavia cedono alla narrazione, nel nostro caso quella pandemica,  diventano refrattari a taluni elementi del reale dimostrando di soffrire di cecità selettiva. Bonhoeffer scrive che non si tratta di un difetto intellettuale, ma di un difetto umano. Cos'è allora che differenzia chi si lascia istupidire da colui che mantiene la capacità di giudizio? Perché l'uno continua a pensare con la propria testa, mentre l'altro, pur intelligente, si lascia abbindolare? La risposta che mi viene in mente è l'atteggiamento di fronte all'autorità, come risulta anche dall'esperimento di Milgram. Chi è propenso a riconoscere un'autorità tenderà a bersi le menzogne che gli propinano, pur essendo oggettivamente intelligente. Fra coloro che nell'esperimento di Milgram si sono ritiutati di proseguire nel somministrare scosse elettriche alle vittime, c'erano persone che riconoscevano un'autorità divina, quindi pur sempre al di sopra dell'autorità terrena. Forse ci sono altre spiegazioni. 

Oltre alla manipolazione da parte dei massmedia cui hai accennato, c'è un altro fattore di cui i potenti si servono per dominare le masse: la paura. Incutere paura è un mezzo infallibile per controllare le masse, cosa che nel Terzo Reich ben sapevano. I governanti attuali pure. 

Sembra scritto l'altro ieri, non nel 1942 ma nel febbraio 2022, ottant'anni dopo! Il "fenomeno" delle persone che, come dice l'Autore e come ricorda Pfefferminz, continuano nelle loro attività pure di alto profilo intellettuale ma risultano istupidite in effetti ci interroga molto. Credo che in buona parte ciò dipenda dall'aspetto sociale come sottolinea anche Bonhoeffer. Le persone che ricoprono, ad esempio, ruoli professionali di un certo rilievo tendono a rivalutare tutta la propria esistenza alla luce del successo raggiunto. Questo fino ad un certo segno è inevitabile e legittimo. Il successo comunque gratifica e si è portati a non poter più fare a meno della gratificazione stessa. La gratificazione diventa la priorità assoluta e dunque non solo si è portati, realisticamente, a fare buon viso a cattivo gioco per mantenere la propria posizione ma poi si oltrepassa la linea e si perde la capacità di distinguere le indicazioni ricevute dal gruppo dal proprio pensiero personale. Accade più volte di quanto immaginiamo. Perché non ce ne siamo mai accorti? Beh, perché, dopo i fatti descritti dall'Autore, tutti hanno vissuto in un mondo che dava per lo meno l'impressione di orientare l'agire comune verso fini condivisibili e moralmente corretti. La propria realizzazione individuale anche come semplice cittadino non avrebbe mai potuto trascendere la propria integrità interiore e il "crimine", si diceva, era punito. Ora invece ( e mi viene in mente l'esempio dei medici, ma anche degli insegnanti ) c'è una novità: non basta più svolgere il proprio ruolo con più o meno dedizione per avere la garanzia che questo sia orientato ad un fine eticamente corretto perché se si vuole continuare a svolgerlo, occorre servire una causa "sbagliata". Fine della garanzia morale, se mai ce n'è stata una. E allora cosa scegliere? Si presenta il classico caso di obiezione di coscienza ma questa è faticosa e poi come la mettiamo con la gratifica immediata dalla quale si è del tutto dipendenti? Qualche "professionista" la domanda se la sarà anche posta ma molti altri no, non hanno percepito nemmeno il cambio di passo perché già da tempo agivano per delega, identificandosi del tutto con il gruppo che gli dà un ruolo e li gratifica. Ecco perché, come dice l'autore, le persone solitarie sono meno inclini a questa forma di stupidità, esse semplicemente sono meno legate al bisogno di gratificazione sociale. Si aggiunga poi anche il fatto che le persone meno bisognose di approvazione pubblica sono criticate dal pensiero moderno, tanto che si parla di "intelligenza adattativa". Cioè sarebbe più intelligente colui che avalla un'ingiustizia pur di salvaguardare una condizione personale rispetto a chi con coraggio la denuncia, portando beneficio alla collettività. Siamo arrivati a questo. Persino nei programmi scolastici vi è l'esplicito invito a plasmare questo tipo di intelligenza negli studenti. Ci viene in soccorso anche Giorgio Agamben quando parla della moderna classe dirigente: spesso si tratta, secondo il filosofo, di soggetti non veramente intelligenti e nemmeno troppo colti, che si sono limitati a grattare la superficie del loro sapere e che dunque oggi sono adatti solo a ricevere ordini.


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R66
 R66
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Pubblicato da: @pfefferminz

R66

[...]Continua ad identificarsi col sistema perché sennò crolla l'ultimo appiglio che conferma il mondo in cui credono di esistere. Basta un niente e apriranno gli occhi. Mentre un 30% è irrecuperabile e un 10% è sveglio, nel mezzo c'è un continuum che ha diversi gradi di consapevolezza. Il mantra fisso nelle loro teste è che il governo agisce per il loro bene e che la stampa è il quarto potere che controlla la politica. È forse stato facile per noi renderci conto che quelli là in alto ci hanno dichiarato la guerra? Loro, i miei amici che oramai neanche parlano più con me, devono ancora fare questa esperienza, ma ogni giorno che passa diventerà per essi sempre più difficile persistere nell'autoinganno. Sarà interessante osservare come la realtà lì metterà pian piano con le spalle al muro

Ho sottolineato le parti da analizzare.
Non si tratta dell'ultimo appiglio, per loro è il primo e l'unico, come detto in precedenza considerano il buio altrimenti.
Ciò non significa che questo buio arrivano a vederlo, ma che non appena si discostano dalla norma e sentono quel brivido che lo anticipa di moltissimo, scappano a rintanarsi nel tepore dell'omologazione.
A volte basta un micro dubbio che nel respingerlo tutto svanisce per ripresentarsi chissà quando e chissà se.

Questo "niente" di cui parli è la difficoltà non voluta che ho già descritto.
In pratica si tratta di una condizione che forzatamente spinge il singolo per un periodo, che varia da persona a persona ma che in genere è discretamente lungo nel migliore dei casi, fuori dalla partecipazione, emarginato o borderline se si preferisce e nel mentre non si dovrebbe adoperare per rientrare, quasi un'utopia se la valutiamo statisticamente.

Riguardo al governo o verso chiunque non faccia il loro comodo reagiscono alla classica maniera: questi sono incompetenti, avanti il prossimo - un escamotage per non rivedere la base e non farsi domande insomma.

L'esperienza è la difficoltà, è vero che dovrebbero farla, ma dubito che ci si possa tirare fuori volontariamente per un periodo sufficiente da permettere la nascita di altre prospettive.
L'effetto di suo è valido da sempre eppure, nonostante i millenni, siamo a questo punto collettivamente parlando.
La situazione di avere le spalle al muro è in ogni caso interessante, ma per questo valgono i principi sopra citati per cui invece di tentare di mettere toppe alla situazione attuale, la si dovrebbe addirittura agevolare. 
Volendo dare una misura personale della potenza necessaria che la difficoltà dovrebbe avere per innescare il fenomeno: quello vissuto negli ultimi 2 anni equivale ad una bazzecola, un 5-10% di quello che servirebbe per la reazione completa. 😉
In aggiunta all'ultima frase: a chi ha avuto modo di sperimentare ciò di cui parlo in precedenza, le restrizioni e tutto l'ambaradan non gli hanno toccato un dente o quasi.

La sensazione che si ha nel "tempo di difficoltà", specie inizialmente, è quella di sentirsi totalmente perso, fa molta paura, destabilizza e fa soffrire: chi non riesce ad individuarlo chiaramente nel proprio passato, almeno dal mio punto di vista, è ancora dentro al castello, ma per questo sono curioso di ascoltare altri pareri.


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LuxIgnis
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@Pfefferminz

Quando parlo di colpa parlo espressamente del senso di colpa. La colpa in sé per sé è un'altra cosa e denota un atto che ha portato a detrimento o creato un qualcosa che percepiamo negativo. Essere colpevole può indicare un'assunzione di responsabilità. Nell'esempio fatto del terrorista nero quando dichiara di essere un assassino ebbene si sta dichiarando colpevole ma sottolinea che non ha un senso di colpa.

Il senso di colpa è un'emozione, tra le più potenti, instillata dall'esterno. E' la società che insegna il senso di colpa, sin da bambini quando viene indotto dai genitori o dagli educatori. Hai fatto qualcosa che viene giudicato sbagliato e quindi devi sentirti in colpa e vergognarti. La vergogna va spesso a braccetto con il senso di colpa.

Il senso di colpa è tipica della nostra società che ha radici giudaico cristiane ma non è l'unica chiaramente. Ad esempio in Cina il confucianesimo ha lo stesso sentimento. E' un giudizio che prima proviene dall'esterno (hai fatto il cattivo bambino) e poi viene interiorizzato (sono un cattivo bambino). E qui torniamo ai concetti di bene e male di cui ho parlato prima e che io contesto profondamente. Se vi sono dominanti il bene ed il male divisi ed opposti ed assolutisti allora è naturale che nasca il senso di colpa. E' un concetto morale. Questo non si fa perché è moralmente sbagliato. E quando una cosa è un concetto morale diventano colpe delle cose che magari non fanno male a nessuno ma sono giudicate dalla società come immorali. 

Questo è il senso di colpa: un giudizio in base ad una moralità instillata dalla società nel tempo storico in cui la si vive. Il senso di colpa è un'emozione devastante, questo gli psicologi lo sanno benissimo. Può fermare completamente una persona, può distruggere una persona, può renderlo responsabile di cose di cui non ha nessuna responsabilità. Ho visto con i miei occhi quello che è in grado di fare.

La responsabilità invece è molto diversa dal senso di colpa anche se ha delle apparenti similitudini.  Per prima cosa non è un moto dall'esterno verso l'interno, ma un moto dall'interno verso l'esterno. In poche parole non è instillata da una società ma è un moto interiore, una presa di coscienza, cosa che il senso di colpa non ha. Prendere coscienza di qualcosa è essere responsabili di qualcosa. Prendere coscienza di qualcosa è conoscere e comprendere una verità. La mia azione ha prodotto questo risultato che ha causato un danno a qualcosa o qualcuno. Se ne divento responsabile allora so il perché ha causato danno, comprendo la verità di questo danno. Se invece mi sento solo in colpa, ho solo un malessere interiore (anche l'assunzione di responsabilità provoca dei malesseri interiori, forse anche maggiori del senso di colpa, ma sono temporanei), ma non ho una reale comprensione di quello che è accaduto. Non ho la percezione della verità (e qui ecco che appare la menzogna), ho solo un giudizio che non è detto che comprendo fino in fondo. E' così, e basta.

In poche parole il senso di colpa è passivo (si accetta una morale dalla società acriticamente) mentre l'assunzione di responsabilità è attiva (si comprende perché un determinato atto può arrecare danno). Il senso di colpa lega una persona, la responsabilità la libera.

Non è chiara l'etimologia della parola colpa, sembra significare "spingere" e quindi lo posso interpretare come qualcosa che viene spinto dall'esterno verso la persona. Invece mi piace molto l'etimologia di responsabilità che significa semplicemente la capacità a rispondere a qualcosa. Il rispondere è un atto attivo, dall'interno verso l'esterno. E prevede una conoscenza e coscienza dell'atto.

Per menzogna io mi riferivo al fatto che se una persona ha confusione tra responsabilità e colpa è probabile che cerchi inconsciamente di rifiutare l'atto stesso e quindi si rifugi nella menzogna per evitare un collasso psichico. Si mettono in moto tutta una serie di azioni che tendono ad escludere un'assunzione di responsabilità. Ho fatto così perché tutti facevano così, o perché mi hanno detto che era "bene" fare così. E questa è una menzogna.

Ho fatto così perché in quel momento credevo fosse la cosa giusta da fare, ma mi sono reso conto che sono stato ingannato, che ho fatto un errore, che ho compreso il danno causato o che ho fatto proprio quella scelta. Questa è una verità, e me ne assumo la responsabilità per cui sarò tenuto a rispondere per, magari, pagare il debito che ho contratto. Ma pago quel debito esattamente dove l'ho contratto, non a caso come il senso di colpa.

Mi rendo conto che vi è una forte confusione tra i due concetti. A volte un certo senso di colpa è in realtà un'assunzione di responsabilità. La lingua è molto più limitata di quello che crediamo. Il concetto scritto non sempre equivale al concetto ideale.

La nostra società non insegna la responsabilità anzi la rifugge continuamente, mentre invece instilla il senso di colpa ad ogni dove. E' talmente radicalizzato che questi viene assunto a normalità, a verità. 


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LuxIgnis
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Una risposta alla stupidità l'ho trovata ieri leggendo un libro.
E' una citazione di Shams Tabrizi. Egli è stato il mentore di Jalal al Din Rumi il più grande poeta in lingua persiana di tutti i tempi (1300 ca.)

Anche per sottolineare che il problema è antico.

La citazione dice:

"Il mondo è un tesoro guardato da un serpente. Un gruppo di uomini gioca con il tesoro. Un altro gruppo con il serpente!"

E' lapidaria, non spiega il perché ma è un'ottima definizione.

In sostanza dice che alcuni uomini cercando di andare nell'essenza delle cose. Altri, la maggioranza, si perde nelle cose non essenziali.

Lo stupido è colui che si perde nelle cose non essenziali. Ed il mondo è pieno di cose non essenziali che vengono rese essenziali: valori, morali, concetti, filosofie, ideologie, religioni, ecc.

Cos'è veramente essenziale? Qual è questo tesoro?
Queste sono le domande che una persona veramente intelligente si fa.


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cedric
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A completamento delle varie definizioni di stupidità non si puo' non citare il fondamentale testo del prof Mario Cipolla Le leggi fondamentali della stupidità umana edito da il Mulino nel 1988 e studiato in tutti i corsi universitari e di management. In estrema sintesi

classificazione degli umani

  • intelligenti: fanno il proprio vantaggio e quello degli altri
  • sprovveduti:  danneggiano sé stessi e avvantaggiano gli altri
  • stupidi : danneggiano sia gli altri sia sé stessi
  • banditi : danneggiano gli altri per trarne vantaggio

 

leggi della studitidità umana

  • I legge : Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
  • II legge : La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
  • III legge: Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.
  • IV legge: Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore. 
  • V legge : La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista, ancora più pericolosa dei banditi

Quindi mai discutere con uno stupido, nessuno sarebbe in grado di distinguere chi lo sia fra i due.....


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LuxIgnis
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@ cedric

Come avevo segnalato nel mio primo intervento c'è l'analisi fatta da Giancarlo Livraghi nel suo  libro "Il potere della stupidità". E' a mio avviso più completo al libro di Cipolla perché analizza la stupidità da più angolazioni possibili compresa quella di Cipolla e le sue leggi.

L'ho letto tanto tempo fa ma credo che gli darò una rilettura tempo permettendo.

Questo è il suo indice

  1. Il problema della stupidità
  2. Stupidità e biologia
  3. Il prevedibile e l'imprevedibile
  4. La legge di Murphy
  5. La Legge di Parkinson
  6. Il Principio di Peter
  7. Le Leggi di Cipolla
  8. Il grafico stupidologico
  9. Tre corollari
  10. La stupidità del potere
  11. Alcune conseguenze
  12. La stupidità della burocrazia
  13. La stupidità e l'ignoranza
  14. La stupidità e la paura
  15. La stupidità e l'abitudine
  16. La stupidità e la fretta
  17. Stupidi e furbi
  18. Il circolo vizioso della stupidità
  19. La stupidità delle tecnologie
  20. L'arte difficile della semplicità
  21. Errori di prospettiva
  22. Il problema dell'idolatria
  23. Il potere dell'oscurantismo
  24. Stupidità e superstizione
  25. La stupidità sta crescendo?
  26. La stupidità non è “innocua”
  27. Alcune citazioni
  28. Un argomento imbarazzante
  29. Errare humanum
  30. Alcuni antidoti

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cedric
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Pubblicato da: @luxignis

Come avevo segnalato nel mio primo intervento c'è l'analisi fatta da Giancarlo Livraghi nel suo  libro "Il potere della stupidità". E' a mio avviso più completo al libro di Cipolla perché analizza la stupidità da più angolazioni possibili compresa quella di Cipolla

grazie della segnalazione, ho preso nota del titolo (che cercherò per leggerlo) ed ho trovato questa  intervista all'autore. Magari qualcuno è interessato

https://linguesenzasforzo.com/article-il-potere-della-stupidita-intervista-di-alessandra-bonzi-a-giancarlo-livraghi-114347852.html

La conclusione dell'intervista è intrigante

A.B. In conclusione, accettare che siamo tutti un po’ stupidi è il sano punto di partenza.

Giancarlo Livraghi: Sì, è proprio così. C’è un testo interessante di Karl Popper che parla di come funzionano gli errori. Sbagliare è necessario, non sbagliare mai è impossibile. Almeno impariamo a sbagliare: in qualche caso, proviamo a sbagliare apposta. Questo, fra l’altro, è il processo scientifico; ma anche se non stiamo facendo lavori scientifici di grande livello, possiamo fare uno sbaglio piccolo, così succede una conseguenza piccola che possiamo correggere facilmente – e abbiamo imparato qualcosa che ci sarà utile quando dovremo affrontare situazioni più impegnative


 

 


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LuxIgnis
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@ cedric

E' un libretto tra l'altro breve e si legge tutto di un fiato. 200 pagine ma scritte grandi.

Concordo con la citazione di Karl Popper. Bisognerebbe stamparla sui manifesti ed attaccarli dappertutto in ogni città.


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