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Elogio gramsciano del padre e della patria.

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Elogio gramsciano del padre e della patria. Risposta a Michela Murgia
di Diego Fusaro - 14 novembre 2017

Ho avuto la ventura di leggere uno scritto di Michela Murgia ove si parlava di “matria” (sic!), deridendo la vecchia patria e proclamando quest’ultima non solo moneta fuori corso, ma addirittura questione pericolosissima. Il testo mi pare interessante e non privo di spunti critici, perché nella sua pur sintetica struttura si cristallizzanno alcuni dei tratti salienti dell’odierno spirito del tempo, contraddistinto dall’ubiquitaria demonizzazione della nazione e della patria come concetti perigliosi e foriere di sciagure (dall’imperialismo al nazionalismo, ecc.).

Sarò dunque felice di replicare a Michela Murgia, preferendo la via socratica del dialogo a quella della stroncatura che invece, salvo errore, è via che Ella non disdegna nelle sue recensioni librarie televisive. Sarò altresì lieto di confrontarmi con Lei, nella speranza che Ella si converta dalla via del processo in assenza del processato, alla più nobilitante via del dialogo socratico secondo l’aureo principio del “logon didonai”.

Sono pienamente d’accordo con Murgia, allorché sostiene che la patria può essere foriera (e storicamente è stata anche tale) di sciagure. Non condivido, tuttavia, la conclusione che Ella ne inferisce: occorre buttare a mare l’idea di patria, ciò che equivale, come si dice, a buttare via il bambino con l’acqua sporca. Al contrario, v’è bisogno di educazione e di filosofia, affinché la patria – ossia lo spazio reale e simbolico della via dei popoli – non precipiti nel nazionalismo belligerante e irrispettoso.

Occorre intanto sottolineare che la rimozione delle patrie e delle nazioni in tempo di nazionalismi e patriottismi imperialistici era senz’altro emancipativa. Non v’è dubbio. Ma diventa oggi il contrario, essendo di fatto il primo dei desiderata degli agenti apolidi e postnazionali della classe dominante postborghese: i quali vedono nelle patrie e nelle nazioni altrettanti ostacoli per lo sconfinamento del mercato deregolamentato e per la spoliticizzazione integrale dell’economico. Non ci ha forse insegnato Carlo Marx a pensare storicamente e a collocare le costellazioni del pensiero e della produzione simbolica nel cangiante quadro dei rapporti di forza storicamente determinati?Il concetto di patria, che certo ai tempi di Hitler era regressivo, non era forse nell’Ottocento un concetto progressista ed emancipativo? Nella Cuba di Che Guevara (“patria o muerte”) non era forse la patria la via privilegiata dell’anti-imperialismo made in Usa e, dunque, di un comunismo a base apertamente patriottica? È del tutto evidente che il senso di tale concetto e la sua direzione politica non sono immutabili, ma variano nel concreto contesto dei diagrammi di forza. Il concetto hitleriano di patria va respinto, proprio come va respinto il concetto liberista di “superamento delle patrie” a favore del one world “in-globalizzato”.

Senza avvedersene, Michela Murgia, inneggiando all’annichilimento di patrie e nazioni, si trova oggi (sottolineo: OGGI) dalla stessa parte della barricata di Draghi e Monti (sì, proprio lui, “l’uomo dei mercati”) e non certo dei lavoratori della Fiat Mirafiori, che evidentemente chiedono più Stato, più protezionismo, più diritti garantiti per mezzo della politica di uno Stato sovrano in grado di governare l’economico in fase di denazionalizzazione. Se fossimo nei tempi di Hitler, Murgia avrebbe ragione: contro il patriottismo! Ma poiché siamo nel tempo degli apolidi signori della finanza post-nazionale, ha torto: viva il patriottismo dei popoli che resistono al mondialismo dei mercati! In secondo luogo, Michela Murgia pare non avere contezza della distinzione – centrale nell’opera carceraria del suo conterraneo Gramsci – tra nazione e nazionalismo, patria e patriottismo. Gramsci, ad esempio, valorizza la nazione senza essere nazionalista. Non cede, in altri termini, al presupposto mendace e oggi dilagante secondo cui per evitare il nazionalismo bisogna distruggere le nazioni (il sogno mondialista dei mercati!), per evitare il maschilismo e il paternalismo bisogna sbarazzarsi della figura del maschio, del padre e, più in generale, della famiglia, e così via.

In terzo luogo, Michela Murgia, in buona compagnia peraltro, sembra contrapporre in modo rigido patriottismo e cosmopolitismo. Eppure Fichte, nel suo testo “Il patriottismo e il suo contrario”, aveva chiaramente mostrato come il vero cosmopolita è colui che ha una patria e che non può esservi cosmopolitismo se non come rapporto solidale tra patrie plurali. Del resto, oggi si confonde troppo spesso tra mondialismo e internazionalismo: il mondialismo è l’annichilimento delle patrie a beneficio dell’open space del mercato planetario deregolamentato; l’internazionalismo è il rapporto tra nazioni (inter nationes) e tra patrie che si rapportano secondo relazioni di libertà, uguaglianza e solidarietà. Paradossalmente, senza nazioni e patrie non può esservi l’internazionalismo: e infatti prevale solo il mondialismo del mercato.

L’epoca dell’“evaporazione del padre” (Lacan) come simbolo della Legge e della misura coincide, lo sappiamo, anche con il tempo dell’eclisse della patria gramscianamente intesa come luogo del radicamento nazionale-popolare, storico e culturale di un popolo, ossia come provenienza originaria della sua vicenda e come nesso vivente con la terra e con l’ethos. In antitesi con la narrazione egemonica, il patriottismo non coincide, se non in forma patologica, con il nazionalismo belligerante, ma con l’attitudine – con le parole dell’Hegel dei Lineamenti di filosofia del diritto (§ 261) – a “considerare la comunità (Gemeinwesen) come la base sostanziale e il fine”.

Il capitalismo “edipico” e mondialista uccide oggi il padre e, insieme, la patria, che ne è l’equivalente simbolico sul piano della vita dei popoli, secondo il nesso etimologico tra la nascita e la nazione, tra il padre e la patria.

La casa come fissa dimora della famiglia (oikos) e la patria come fissa dimora dei popoli sono destrutturate dalla furia del dileguare del capitalismo flessibile, perennemente in lotta contro tutti gli spazi solidi e regolamentati, stabilmente abitabili in forme comunitarie solidali e non provvisoriamente attraversabili individualmente in nome della “libera circolazione delle merci e delle persone”.

Nel quadro del nuovo assetto della società globale della “costellazione postnazionale” (Habermas), si assiste al tramonto di tutti i tradizionali riferimenti paterni, dal pater familias alla patria: come suggerito da Luigi Zoja, “l’essenza del padre si fa inafferrabile perché egli viene maternizzato” (Il gesto di Ettore, p. 274), privato dei suoi tratti specifici e, dunque, destituito della sua funzione.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/11/14/elogio-gramsciano-del-padre-e-della-patria-risposta-a-michela-murgia/3976612/


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Georgejefferson
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"Mio libro in ristampa anche grazie a Murgia-Augias. Al rogo come Bruno"

Si paragona a Bruno, povero, già incanalato nel vortice del narciso di vendite e "prestigio".
Perchè non provi ad analizzare il testo criticamente, Nat? Che pancie accarezza? Cosa sta essenzializzando di preciso?


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mazzam
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Georgejefferson;236487 wrote: "Mio libro in ristampa anche grazie a Murgia-Augias. Al rogo come Bruno"

Si paragona a Bruno, povero, già incanalato nel vortice del narciso di vendite e "prestigio".
Perchè non provi ad analizzare il testo criticamente, Nat? Che pancie accarezza? Cosa sta essenzializzando di preciso?

Di preciso sta essenzializando che la mancanza di una patria è mancanza di appartenenza e la mancanza di appartenenza agevola l'elite finanziaria perchè la massificazione dei popoli e delle geografia libera il movimento dei capitali che, in ultima analisi e come concetto astrattivo, non sono limitati se non da un unico bisogno disciplinato da un'unica legislazione. Esattamente quel che, per tutti coloro che non sono cechi o sordi o de ziniztra, è palese sta avvenendo in ogni dove entro i confini dell'impero-nato. Funzionali allo scopo sono le pressioni sui diritti sociali, sulla famiglia tradizionale, sull'insegnamento, sull'etnia, sull'ecumenismo religioso ma anche, allo stesso scopo, è funzionale l'apertura del web alle masse e l'organizzazione dei contenitori social tipo facciadabuk per non parlare della tivvù.

Solo a un mentecatto o a un ziniztro in malafede sfugge che l'intero complesso di socialità di ogni espressione geografica è tendenzialmente annichilita verso l'omogeneizzazione che è risorsa esclusiva per il capitale.
Cioè per farti un disegnino (perchè, essenzializzando, mi pare ti serva):

Indifferenziazione buono per capitale no buono per forza lavoro.

Inoltre di preciso sta essenzializzando che non solo non c'è corrispondenza diretta tra Patria e guerra, ma che la relazione tra territori caratterizzanti sia di gran lunga più coinvolgente e simbiotica (Lapalisse) di una massa amorfa deterritorializzata e monofunzionale.

Essenzializzando...liberaci dai sinistri.


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Georgejefferson
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Essenzializzare significa una condizione statica, eterna, legge naturale. Quindi sarebbe la "patria" l' oggetto naturale. Ma quali qualità? Difficile credere che delle qualità siano naturali però si puo discuterne, ma non sapendo il riferimento e' difficile. Appartenenza a cosa? Quali valori? Anche l' appartenenza a presindere di una tradizione può agevolare il dominio dei capitalisti, oppure il discrimine e' il capitalista nato qua da quello straniero? E bisogna fidarsi ciecamente nella loro bontà paternalistica? E perchè mai? Massificazione quale sarebbe? Omologazione? Quindi anche l' appartenenza a prescindere. E delle geografia, non capisco. La liberalizzazione dei capitali (con conseguente protezione nei paradisi fiscali) e' stata voluta anche dai capitalisti in Italia. Concetto astrattivo non e' chiaro, spiegalo meglio, il bisogno discipinato della legislazione che vuol dire? Un paese manda l' esercito nei paradisi fiscali? A parte ziniztra come "sfotto" e va be, per non essere cieco o sordo dovrei capire meglio cosa intendi perche non si capisce molto, mazzam. E' palese cosa? Argomenta la pressione sui diritti sociali, quella la fanno tanti capitalisti, anche in Italia. Famiglia tradizionale e' un' altro capitolo che andrebbe sviscerato meglio, quali qualità o valori? Perchè senza capirci sulle qualità e valori come faccio a prendere posizione? La famiglia come condivisione, affetto, severità adulta per lo sviluppo dei figli ecc.. io approvo molto, ma e' da argomentare un pò di più. Altrimenti sono definizioni vuote, come quelle di fusaro che accarezza le pancie, vende qualche libro e non aiuta nessuno tranne che sè stesso, almeno fino ad ora.

Potrei continuare, ma visto l' astio non credo ti interessi un dialogo serio. Si può pensarla diversamente su tante cose, ma gli slogan alla fusaro stimolano solo la rabbia in modo demagogico. Ma sei libero di stimarlo, fai come vuoi, mazzam, magari vende un libro in più.


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Georgejefferson
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Non conosci le parole che utilizzi, Fusaro un po di più, per quello e' più irresponsabile di te, mazzam. Indifferenziazione no buona significa che critichi l' appartenenza a delle tradizioni senza autonomia di giudizio? Se e' quello sono d'accordo, l 'associazione patria e guerra l' hai fatta tu, per quello ti ho chiesto di argomentare qualità e valori, per capire che senso dare alle parole, anche sui dizionari non ci sono posizioni univoche, spiega a quali ti riferisci.


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mazzam
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Astio? Chefforte che sei papà!
mi piacerebbe però sapere chi ti ha dato la patente da soprintendente.
Intanto registro che argomenti non ne hai, meglio così.
A mai più incrociarci.


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Georgejefferson
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Non ho "sovra" inteso, ci sono valori e principi, che servono di orientamento sul giudizio alle qualita' delle cose, e danno senso alle parole che senza definizioni sono solo slogan. Indifferenzialismo senza testa (e cuore) no bello mazzam. L' uguaglianza sta nella libera possibilita di sviluppo della propria personale ragione. Altrimenti saremmo automi tutti uguali e comandati.


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Tonguessy
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Mazzam ha sintetizzato in poche frasi il succo della postmodernità. Il capitale da produttivo è diventato speculativo e questo ha comportatola necessità di ciò che Fusaro chiama open space, ovvero libera circolazione di 1-merci, 2-capitali e 3-persone. Queste ultime si trovano a competere sul piano salariale. A questo serve l'importazione di migliaia di migranti: a mettere a confronto popoli che hanno una storia sindacale (morti in cambio di garanzie) con popoli che non ne hanno, e che sono disposti a a tutto pur di sopravvivere. Sulla libera circolazione di capitali non spendo altre parole, i paradisi fiscali dicono tutto. La liberalizzazione (deregulation) della produzione permette di tornare al punto 3: maestranze senza storia sindacale costano molto meno, quindi conviene delocalizzare. Fusaro (al netto delle vendite di libri) dice (qui!) cose sacrosante: mettere in discussione i confini è servito al capitale apolide ad affermare la globalizzazione attraverso il dumping salariale, la delocalizzazione e lo spostamento della middle class verso il lumpenproletariat. Tutto il benessere precedentemente nelle tasche della middle class è finito nelle casse del capitale, se non ci credi leggiti i report di Oxfam.
Quindi rimettere in discussione questo modello significa obbligatoriamente ridiscutere i suoi concetti fondanti quali niente patria, niente confini, niente obblighi. Dregulation totale. Servono regole, servono confini, servono patrie (patria o muerte ricorda Fusaro).
Spero di essermi spiegato bene.....


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Georgejefferson
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Se vuoi un confronto serio lo facciamo, Tonquessy, e potremmo concordare su alcuni punti, mi stupisce che proprio tu non sappia che dietro alle "parole", o "sintesi" ci stanno qualita' e valori di ogni tipo, che proprio la espressone in slogan nasconde per evitare il confronto e attrarre la gente con la forza delle emozioni, in verita' penso che lo sai benissimo. Se hai fiducia in gente come fusaro fai bene, io non ne ho , dopo entro nel merito e spiego il perche' delle mie ragioni, basta che il dialogo sia civile, altrimenti non ci capiamo.


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Georgejefferson
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Piccola premessa, l' esca lanciata da Nat (l' articolo di Fusaro) nonostante non si abbia piena consapevolezza, richiama vecchie tattiche politiche di persuasione ai propri valori. Spiego meglio:

il valore del compromesso, non sta nella ricerca di "accordo/inciucio" ai fini del tornaconto personale o diffusione di disvalori, ma nell' onestà di dare ragione, nelle parti in cui ha ragione, l' avversario politico, perchè le menzogne sono spesso nascoste a mezze verità, o i disvalori sono spesso stimolati in mezzo ai valori. Ma di questo atteggiamento civile e costruttivo, si abusa come arma politica. E allora trovi fior di articoli a citare X intellettuale di sinistra (o percepito come tale) che "anche lui ha detto cosi". E lo stesso avviene al contrario, quando si e' messi in un angolo dalla violenza (in senso lato) di queste meschinità, e sei obbligato ad usare le stesse armi retoriche infelici. E questo lo sai bene Tonguessy.

L' articolo andrebbe analizzato perchè come dicevo prima, dietro alle "parole", o "sintesi" ci stanno qualita' e valori di ogni tipo e..capisco la ipotetica buonafede dell' avvicinamento alla gente comune da parte di aspiranti leader, ma capisci che seriamente solo con la fiducia, l' atto di fede puoi dargli ragione, perchè per esempio l' articolo sopra non spiega nulla, quali qualità e valori di scopo, accarezza solo la pancia ed emozione con parole altisonanti.

Adesso vengo al tuo intervento


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Georgejefferson
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La circolazione di merci, capitali e persone e' l'effetto del modo di produrre (e speculare) non la causa. L' esigenza di nuovi mercati di sbocco e sempre maggiore crescita produttiva serve per preservare i rapporti di dominio e sfruttamento, altrimenti preservabili soltanto circoscrivendo una società con la dittatura violenta e forzata, ed anche li, fermo restando il disvalore e implicazioni conseguenti e quindi non auspicabile, non e' nemmeno certo, date le pressioni internazionali in questa giungla di competizione totalizzante. Per quello bisogna distinguere a quali qualità e valori si fa riferimento con "patria", ti do una definizione che prediligo, prendendo ad esempio i dazi:

Le "barriere" tariffarie possono riflettere finalità di destra, o di sinistra.

Di destra quando fingono che il mondo oggi sia fatto di isole autonome, e non tengono conto delle diversità, venutesi a determinare nel corso storico, tra le dimensioni economiche dei paesi e conseguenti rapporti di forza.
La narrazione della destra sulle "difese", da per naturale e senza importanza il fatto che tanti paesi non hanno la forza di "difendersi" in pari modo, e non e' per nulla una innoqua gara concorrenziale che parte da situazioni di pari opportunità. Ma la negazione intrinseca di qualsivoglia sussulto umano alla collaborazione, per lo meno parziale.
Allora abbiamo le "barriere" tariffarie che non tengono conto delle dimensioni disumane di sfruttamento del lavoro nei paesi più poveri, non le denuncia per sensibilizzare l'opinione pubblica in quel senso, ma solo per l' eventuale svantaggio economico delle componenti più ricche interne, derivante da questa concorrenza.
Inutile la retorica del "sono fatti loro", perchè i rapporti commerciali con i loro rapporti di forza, hanno concorso molto a determinare e mantenere queste barbarie, e le classi dominanti dei paesi più forti e ricchi, hanno partecipato attivamente al clima di corruzione negli altri, a loro vantaggio (delle classi dominanti), nonostante sia ovvio che anche "il corrotto" che schivizza le persone e le corrompe anch' esse, del suo paese povero, abbia palesi responsabilità.
Diversamente a sinistra si dovrebbe porre in luce queste questioni, e applicare le barriere tariffarie in ragione etica, selezionando per bene, con la prospettiva di un divenire storico che cambi e migliori certe situazioni di barbarie con più collaborazione, non si potrà (oggi) del tutto pena l' impoverimento generale ma nemmeno nulla, e indicherebbe un persorso di scopo nobile in cui riconoscersi e votare. Certo da solo un paese puo poco, ma quel poco, insieme ad altri, puo contribuire a portarne l'esempio virtuoso, e il coraggio per gli altri, specie se il paese in questione fa parte della cerchia dei paesi più forti e può, anche se limitatamente, appoggiarsi al diritto internazionale di quel poco che si e' cercato di costruire.

Questa e' una definizione di "patria" nobile che tiene conto della realtà, non la occulta in favore dell' ideale dell' isola felice che non esiste, se non nelle retoriche dei nazionalisti di destra. Ed e' solo una, perche di definizioni ne avrei anche tanto altre per poter simbolicamente apporre il sigillo di "nobile". Quale "patria" intende fusaro? Condivide questa definizione sopra? Se si, non la argomenta perchè sa che tantissimi fans non la condividono, e allora teme di vendere meno libri, o il "prestigio"?

Tutti più o meno sono disposti a tutto pur di sopravvivere, chi non lo e' ha le spalle coperte. La coscienza combattiva del passato nelle classi lavoratrici e' gia stata distrutta da tempo, mettendo alle strette le persone con la paura. le migrazioni di massa sono sempre esistite quando ci sono stati grandi squilibri di ricchezza tra diverse parti del mondo, che poi ci sia chi ne lucra vantaggi è indubbio ma non ho capito politicamente cosa indica fusaro da fare, perchè limitarsi a denunciare il disagio delle migrazioni senza proposte ha l' effetto solo di ricevere applausi emotivi senza altro di serio da mettere sul tavolo.

Io delle idee di proposta ne avrei, non le scrivo per non dilungarmi troppo, ma so benissimo che in tantissimi non sarebbero d' accordo perchè pensano alle soluzioni facili (oppure lascia intendere "fate pure e nascondete sotto il tappeto che io mi faccio la mia cazzo di vita da piccolo borghese).

I paradisi fiscali, appunto dai rapporti Oxfam, cosa proporre? Esercito con le armi a bussare agli staterelli in questione? Il controllo dei capitali (da un limite in su) va bene ma...il gia scappato? e l' impoverimento generale date le condizioni storiche che hanno imposto ai paesi di lisciare il pelo ai "capitali stranieri"? Basta la sovranità monetaria oppure e' bene cercare un fare squadra, tipo in europa o istituzioni internazionali? Cosa propone Fusaro? Nulla propone di concreto.

Come vedi ti ho dimostrato che "confini" "patria" "obblighi" possono avere declinazione di valore diversi, e dato che storicamente le declinazioni culturali di "confini" "patria" "obblighi" hanno valorizzato criteri di giudizio, abbastanza il contrario di quello che ho scritto, io inizierei a cambiare la parole per porre in luce del diverse finalità di scopo e valore, un esempio potrebbe essere "amministrazione", "paese" e doveri internazionali. Ma e' secondario l' importanza e' quali qualità di scopo e valori, e chi strilla col fare vittimista per il cambio delle parole, spesso (a parte gli ingenui che non conoscono altro che slogan) e' finalizzato al mantenimento delle declinazioni da me criticate, del privilegio dei pochi e dell' esclusione elevato a valore a priori.


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Tonguessy
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Mah, secondo me stai facendo le cose più complicate di quanto siano.
Tanto per iniziare: non sono assolutamente un fan di Fusaro che più volte ho criticato, quindi il mio non è un "atto di fede". Però alle volte dice cose sensate, come in questo caso. Poi non capisco perchè affermi che "l'articolo non spiega nulla". In realtà dice alcune cose. Puoi condividerle o meno, ma ci sono. Infine forse vale la pena di ricordare a chi è destinato questo articolo. Non credo sia un saggio per studenti di filosofia, quanto un commento destinato ad un pubblico più vasto, nonostante i vari riferimenti a filosofi famosi. Forse anche questo è un dettaglio da tenere presente.
Ciao


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Georgejefferson
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La realtà e' complessa, non e' una scelta mia, si può convincersi che non sia cosi, ma non sparisce la complessità. Comunque va bene, grazie per l' atteggiamento serio e civile


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olmo
 olmo
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Georgejefferson;236499 wrote: Se vuoi un confronto serio lo facciamo, Tonquessy, e potremmo concordare su alcuni punti, mi stupisce che proprio tu non sappia che dietro alle "parole", o "sintesi" ci stanno qualita' e valori di ogni tipo, che proprio la espressone in slogan nasconde per evitare il confronto e attrarre la gente con la forza delle emozioni, in verita' penso che lo sai benissimo. Se hai fiducia in gente come fusaro fai bene, io non ne ho , dopo entro nel merito e spiego il perche' delle mie ragioni, basta che il dialogo sia civile, altrimenti non ci capiamo.

Scusami per la citazione, volevo intervenire ma alla fine, rileggendoti, ho capito che è inutile parlare (e non so come cancellarla).


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Georgejefferson
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