Foucault, Velazquez...
 
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Foucault, Velazquez, le cazzate di Sgarbi (filmato)...

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Black_Jack
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Meno male. E non tornare più.


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Saysana
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Post: 530
 

Sgarbi e' un cafone imbecille (probabilmente con le narici sempre imbiancate) che si e' costruito in TV e che, quindi, e' "seguito" dai tanti imbecilli che guardano la TV.

Non credo ci sia tanto altro da dire.


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Primadellesabbie
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Post: 5039
 

Una lettura. Volersi mettere, o essere posti nostro malgrado, al posto della bimbetta, guarda caso 'quella' bimbetta, attorno alla figura della quale é imperniato il quadro, e ruota la scena estesa oltre il dipinto, costituisce la tentazione-timore universale ed onnipresente che mi sembra suggerire quest'opera.

Picasso sottolinea, aggiorna ed estende, con la grande autorità di chi sa esercitarla perché gli appartiene, e la disinvoltura che ne consegue.

Attendo bacchettate.


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Black_Jack
Noble Member
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@Primadellesabbie

Ma perché dovrei dare bacchettate.

Intanto l'interpretazione di Foucault è sua e non di Velazquez ma il punto è che F. parla del senso di quella rappresentaziome dal punto di vista linguistico dove il linguaggio e l'ordine dell'episteme sono la manifestazione e lo strumento dei rapporti di potere e di classe quindi non è l'unica possibile e non è quella "vera" ma ha realmente un significato che apre una vastissima e soprendente serie di prospettive ermeneutiche.
Secondo me quel suo saggio su "Las Meninas" è fantastico (non lo dico solo io, è molto conosciuto) ma viene lasciato aperto ossia non si enuncia un "concetto finale" e lo si può comprendere solo leggendo il libro intero.
E, attenzione, la mia lettura è "mia" quindi può essere che qualcun altro abbia un'altra visione, diversa o più ampia.
È un discorso un po' lungo, casomai ci faccio un post.

Per adesso ti dico che ne hai dato una lettura che secondo me è corretta, coincide con quella che a mio avviso dà Foucault ma da un punto di vista molto insolito che personalmente "sentivo" ma al quale non volevo dare importanza; quello della delicatezza e della fragilità di un'anima che entra nel mondo armata solamente della bellezza del suo sguardo gentile aperto sul mondo per dare e ricevere con uguale affetto, offrendo tutta la sua sensibilità quasi incapace, per la sua naturale nobiltà, di pensare a proteggerla o a nasconderla.
A chi la offre? A chi sta guardando il quadro. Chi è che guarda il quadro?
Il "soggetto" dell'altro quadro, quello che sta dipingendo quel Velazquez ritratto nell'atto di dipingerlo.
Ma allora si vede che se il "soggetto uno e unificante" sparisce per mettersi in secondo piano anzi del tutto fuori dal quadro, appare "dall'altra parte" un mondo plurale pieno di ricchezza e umanità che è quello che in realtà dà senso al "soggetto" e che però, come osservi tu, dipende interamente dalla clemenza di quel "soggetto" che è sempre sul punto di travalicare pretendendo di avere in sé stesso uno statuto ontologico del tutto autonomo.
Siccome nello specchio sono riflessi i due sovrani ma anche chi sta guardando il quadro - cioè noi stessi - diventa chiaro che oltre a un discorso sul potere ne è implicato un altro sulla struttura dell'io individuale, una rivelazione sulla quale sembra meditare il signore che appare dalla porta di fondo.
Che secondo Foucault è una sorta di porta dimensionale. Chi è quello che entra (secondo Foucault)? Cosa c'è, anzi chi c'è al di là di quel chiarore misterioso?
Non è che Foucault abbia "capito" cosa voleva dire Velazquez, probabilmemte ci è andato vicino, ma non ha importanza. Quello che conta è che ha tirato fuori una interpretazione che dà molta soddisfazione al lettore e che si collega splendidamente al suo discorso, molto reale e concreto, sull'evoluzione dell'episteme nel passaggio cruciale dal mondo antico alla modernità.
Poi con calma scrivo un po' di più.
Non so se interesserà a qualcuno per la verità, magari arrivano quelli che mi vengono a scassare la minkia con l'Olocausto, Dio non voglia, ma lo scrivo perché è comunque una cosa divertente cercare di mettere un ordine preciso alle proprie idee.


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