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Giuliana Sgrena - Palestina. Bene ma non basta


Tao
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Da oggi i palestinesi sono meno soli. L'Assemblea ha riconosciuto alla Palestina lo stato di osservatore delle Nazioni unite. È un fatto «storico», anche se molta strada resta da fare. È una vittoria dei palestinesi che rifiutano l'uso delle armi. Forse anche questo è un frutto della primavera araba, pur a fronte delle battute d'arresto o degli arretramenti che questa esperienza sta vivendo.

Proprio quando sembrava che la Cisgiordania e l'Anp guidata da Abu Mazen fossero completamente fuori gioco, è arrivato il riscatto. Da oggi la Palestina non è solo la Gaza di Hamas, sotto il giogo del nuovo faraone egiziano Morsi sostenuto dagli Usa, che esulta per aver imposto a Israele una tregua. La richiesta all'Onu (pur ridimensionata rispetto a quella di Stato membro) ha superato persino la lacerazione tra palestinesi degli ultimi tempi ottenendo l'appoggio degli islamisti. Dunque i palestinesi, di Gaza e Cisgiordania, riacquistano unità e dignità sul piano internazionale. Nonostante la ferrea ostilità di Israele, l'opposizione degli Stati uniti e l'indifferenza (con un'astensione pilatesca) di una parte dell'Europa (Germania e Gran bretagna in testa), ha vinto il sì sostenuto da Russia e Cina, da molti paesi del sud del mondo e anche dall'Europa mediterranea (Francia, Spagna, Grecia e, alla fine, anche l'Italia). Dopo molti tentennamenti l'Italia infatti ha avuto uno scatto di responsabilità e ha deciso di appoggiare Abu Mazen. Bene. Soprattutto dopo la rinnovata collaborazione militare dell'Italia con Israele (sancita anche dalle recenti esercitazioni congiunte nel mare di Haifa) che lasciava temere il contrario. Ma Monti, prima del voto, ha voluto assicurarsi che Abu Mazen riprenderà il negoziato con Israele senza precondizioni palestinesi e non utilizzerà in modo retroattivo la possibilità di ricorso alla Corte penale internazionale. Perché forse uno dei possibili risultati del voto potrebbe essere la fine dell'impunità di Israele: il nuovo status della Palestina consente di ricorrere alle Corti internazionali per la condanna dei crimini commessi dai governi israeliani.

Il secondo dato importante del voto all'Onu è l'affermazione dei confini del 1967 (compresa Gerusalemme est): una possibilità per la costruzione dello Stato palestinese, impensabile con l'occupazione e la divisione attuale dei territori palestinesi in bantustan e colonie sempre più estese. Al punto che si sono alimentate le ipotesi contrapposte di stato binazionale o di tre stati: Israele, Gaza e Cisgiordania.

Ora il voto del Palazzo di Vetro non ha un valore solo simbolico, ma potrebbe avere effetti concreti - il condizionale è d'obbligo trattandosi di Israele e dei suoi sostenitori -, se il sì non resterà un fatto episodico, come rischia di essere il voto dell'Italia. Anche perché Israele eserciterà la sua rappresaglia per il voto sulla Palestina dei Territori che occupa militarmente attraverso il ricatto sui paesi che hanno detto sì al riconoscimento.

Giuliana Sgrena
Fonte: www.ilmanifesto.it
30.11.2012


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