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gli yazidi dell'Iraq


vic
 vic
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http://www.gdp.ch/notizie/esteri/un-viaggio-tra-gli-yazidi-gli-ultimi-tra-gli-ultimi-id44219.html

Esteri - Reportage dall'Iraq
Un viaggio tra gli yazidi, gli "ultimi tra gli ultimi"
Contro di loro, l'Isis - che ingiustamente li considera adoratori del diavolo - s'e' scagliato con particolare ferocia. La nostra inviata in Iraq ha incontrato alcune famiglie.

di Maria Acqua Simi - 10 ottobre 2014

Erbil - Usciamo da Erbil con un pulmino preso a noleggio, un po' scassato ma funzionale alle strade curde: buche che sono voragini, traffico scomposto, check point ogni mezzo chilometro e come sempre tanta polvere. Bastano venti minuti di macchina per trovarsi nel nulla. E li', nel nulla, vedere ergersi decine di costruzioni in cemento. Sono l'ossatura di palazzi che Dio solo sa quando vedranno la luce e che per ora ospitano - per gentile concessione dell'imprenditore - una decina di famiglie yazide.

Gli yazidi sono arrivati in Iraq dopo i cristiani, ma la loro religione e' tra le piu' antiche che esistano: una sorta di culto zoroastriano dove il fuoco e' centrale. Gente pacifica, che nei secoli si e' insediata sul monte iracheno del Sinjar. Sharbel, un amico siriaco che mi fa da angelo custode, racconta che il nome deriva da una particolare pianta di caffe' verde, molto aromatico, di cui la zona del Sinjar e' piena. Una zona ricca anche di fichi, cachi e miele di cui la gente locale era un grande produttore. Prima dell'arrivo dell'ISIS. I miliziani hanno distrutto alveari, case, chiese, raccolto.

E sugli yazidi si sono gettati con particolare ferocia: ne hanno uccisi migliaia perche' "li considerano gli adoratori del diavolo. Ovviamente non e' cosi'. Ma per i daesh gli yazidi sono peggio dei cristiani. Noi abbiamo il 'privilegio' di poter abiurare e passare all'islam. Loro no e vanno uccisi subito", mi racconta Havas, l'autista cristiano caldeo che ci sta accompagnando. A lui gli jihadisti hanno portato via ogni cosa, ma quello che non gli da' pace sono le sue trenta colombe. Fuggito di fretta dal suo villaggio con moglie e due bambini, ha lasciato il suo negozio, la sua casa e le sue 30 colombe nelle mani degli uomini del Califfo.

Il suo racconto si interrompe. Siamo arrivati. Una bambina ci corre incontro. Poi piano piano da quei buchi di cemento, senza finestre e porte, arrivano tutti. Ci offrono te' caldo e caffe', come si usa qui. Il dialogo e' breve: ci dicono cosa serve e non parlano molto di cosa e' successo la notte che sono fuggiti. La bambina mi si accoccola in grembo. "Quanti anni hai?". "Cinque". "Vuoi andare a scuola?". "No, voglio aiutare mia mamma. Pero' mi fai disegnare?". Strappo una pagina dal mio taccuino e le do la penna. Scarabocchia qualcosa e poi scappa col foglio.

Anche noi scappiamo, per andare nel suk musulmano del centro di Erbil a comprare all'ingrosso coperte, pannolini, cibo. La trattativa sui prezzi dura ore. Gli aiuti ai rifugiati arrivano cosi', non c'e' altro modo.

Alla sera riprendiamo la strada sfatta e torniamo dalle famiglie yazide con un po' di generi di conforto. Siamo tornati e questo li rende meno sospettosi. Cosi' uno di loro, nove figli e una lunga tunica grigia, racconta che tra tutte le dieci famiglie rifugiate li', sono state perse o uccise almeno venti persone. Non raccontano i dettagli, tranne uno: anche le donne incinte non sono state risparmiate. E che sul monte Sinjar ci sono ancora centinaia di famiglie intrappolate.

"Di molti non sappiamo piu' niente da settimane. Di altri sappiamo che stanno combattendo insieme ai curdi dello YPG e del PKK contro l'ISIS. Ma gli aiuti non arrivano. L'ONU ha mandato un solo aereo di aiuti lassu'. Solo uno!". Il dato non e' verificato, ma se fosse cosi' - penso tra me - difficilmente dopo due mesi senza acqua e cibo gli yazidi intrappolati potranno essere ancora vivi. Sto in silenzio. Un altro capofamiglia spiega che possono stare rifugiati qui perche' i suoi figli lavoravano come muratori per la costruzione e che il padrone, saputo della fuga dal Sinjar, ha concesso loro di accamparsi tra gli infissi.

La bambina del disegno si riaffaccia tra i mattoni grigi a vista. Non l'avevo vista per tutta la sera. "Hallo, vieni qui". Si avvicina, le do un altro foglio. Scrivo due appunti. Lei mi fissa. "Vuoi andare a scuola e imparare a scrivere come faccio io?". Ride. Una risata schietta. Sonora. La risata dei bambini. E io capisco, senza retorica, che non tutto e' perduto.


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Primadellesabbie
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
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Chissà quali eredità culturali stiamo devastando e disperdendo!

Certo che questi yankee, da quando ci sono loro, dove mettono le mani...ma esiste un caso in cui abbiano portato, come si suol dire, pace e benessere?

Saranno anche bravi, ben intenzionati e con la penicillina, ma Attila farebbe un figurone.


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