Il manganello verde
 
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Il manganello verde


Rugge
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Davide Miccione

Avanti.it

 

Ha avuto ragione Alberto Biuso a rintracciare nel Disvelamento (non caso il titolo di un suo volume) il centro del racconto filosofico di questi ultimi tre anni: il centro non è ciò che accade, ma ciò che si rivela. Il disvelamento appunto e non l’accadimento; o meglio, ciò che è accaduto è proprio il fatto che adesso tutto si coglie in piena luce. Quello che si leggeva nelle pagine di pochi uomini intelligenti e coraggiosi adesso si può, a voler usare stilemi evangelici, gridare sui tetti. Certo, in tempi di social e grandi media non bastano i tetti a diffondere un nuovo sguardo sulle cose ma non di meno una comprensione non solo elitaria si è messa in moto. Chi parla oggi di transumano in fondo non dice in assoluto troppo di nuovo: nei libri di Günther Anders, Ivan Illich e Pier Paolo Pasolini c’è tutto il transumano che si vuole, tutti gli avvisi e tutti i moniti. Pasolini, senza conoscerne il nome (sebbene il termine ricordi un suo poetico titolo), lo dava per adveniente preconizzando, nei suoi Scritti corsari, un futuro in cui «la passionalità venga del tutto sterilizzata e omologata e il caos venga tecnicamente abolito», di un nuovo fascismo «americanamente pragmatico», il cui fine è «la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo».

In fondo ciò che è accaduto non è particolarmente inedito. A ben pensarci quale tra le principali linee di tendenza degli ultimi vent’anni non è stata continuata e inverata dalle politiche del triennio pandemico? La digitalizzazione? L’espansione dell’E-commerce? L’atrofia del legislativo a fronte dell’esecutivo? Il securitarismo? La cultura dell’emergenza? Il salutismo? Il pensiero unico? L’asservimento alle multinazionali e la falciatura della piccola e media impresa? La crisi del diritto? Come si vede non c’è una sola cosa accaduta che non stesse già accadendo. Le cose hanno solo accelerato, ma accelerando si sono fatte più visibili svelandosi ad alcuni che non le avevano notate.

A partire dalla costruzione sociale e politica della pandemia, le ambiguità i movimenti e le contraddizioni del potere sono stati rilevati da chi prima non se ne curava. C’è persino chi ha acquisito uno sguardo più critico sulle politiche pandemiche solo dopo, sgomentandosi di fronte alla replicazione pedissequa di modi e tecniche mediatiche (la violenza verbale, la costruzione di nemici immaginari, la divisione in due parti della società, l’utilizzo di altissime retoriche valoriali) che gli stessi operatori dei media hanno messo in scena senza soluzione di continuità sostituendo al virus il conflitto russo-ucraino e alla fede rna-vaccinista la fede atlantista. Una sovrapposizione smaccata nei modi ma su un tema che meno tocca la paura della gente (nonostante la continua evocazione dell’incubo nucleare) tanto da permettere a qualcuno di mangiare finalmente la foglia. Forse, viene da pensare, il sistema si sente talmente forte da ritenere irrilevante ogni opposizione (avendo ormai nelle proprie mani media, sindacati, partiti e associazioni) e provare la spallata, provare ad agire con movenze violentemente psicagogiche senza procedere more solito mascherato e per vie più lente e spiraliformi.

In quest’epoca dove dunque le cose si fanno chiare vi è la possibilità di ricevere, si potrebbe dire quasi ogni mese, vere e proprie epifanie, illuminazioni che ti collocano diversamente nel mondo, persino qualcosa di così indiscutibilmente “buono” come il sentimento ecologista e ambientalista inizia a rivelarsi diversamente. Chi scrive era al liceo negli anni ottanta e ricorda i dibattiti in classe per il referendum sul nucleare e poi i Verdi e il loro tre per cento scarso nelle elezioni dei primi anni novanta. Allora l’ecologismo era visto come un tema per anime belle, anime di superiore sensibilità oppure per acerrimi avversari del capitalismo che, impediti nell’attacco frontale dal marxismo declinante e dalla progressiva implausibilità del socialismo reale, si rifugiavano nell’ecologia per continuare, sotto altre bandiere, la lotta ai ricchi e allo sviluppismo industriale. Gli ambientalisti erano tipi che “non capivano come va il mondo”, poco realisti, profeti di sventura che “facevano filosofia” invece di fare i danè.

E in fondo, a pensarlo, la maggioranza non aveva neppure tutti i torti giacché dopo la seconda metà degli anni settanta fino agli anni novanta proprio una interessante riflessione filosofica, continentale (Hans Jonas, Vittorio Hösle) e anglosassone (Peter Singer, Tom Regan), rinnovava il pensiero morale estendendone il campo d’azione fino agli animali e ai loro diritti, al futuro della stessa specie umana e del mondo naturale. Fuori dalla filosofia e dal libero associazionismo, fuori dalla lacrima per l’animale estinto e il litorale scomparso, gli ecologisti però erano visti come degli scocciatori che rallentavano la macchina produttiva e tiravano fuori altri lacci e lacciuoli proprio nel momento in cui quelli abituali stavano scomparendo. Il profilo che arrivava dai media tradizionali era: brava gente magari, ma incapace di alcunché di concreto e produttivo. Inaccettabili per l’avanguardia confindustriale e per il cuore (inquinato) della ricca Italia.

Ora, come del resto per quasi ogni avanguardia culturale e politica italiana, è Milano ad aprirci gli occhi e a spiegarci, grazie alle scelte politiche e amministrative del sindaco della città che, anche in ecologia, le cose non solo sono cambiate ma si sono ribaltate. La tesi di Luciano Gallino della permanenza della lotta di classe come concetto centrale per capire il momento presente ammonendoci però di pensarla come rovesciata, cioè come guerra (aggiungerei a questo punto: all’ultimo sangue) che i ricchi hanno dichiarato ai poveri, appare sempre più chiara. Ma per fare una guerra ci vogliono sempre elevati valori e ideali da ostentare. Gli uomini sono meno cattivi di quanto si pensi (ma molto più gregari) e mandarli in guerra (vera o, come in questo caso, in senso lato) dicendogli che il conflitto serve gli interessi del ceto dominante sarebbe complicato e difficile. Per danneggiare altri umani si deve pensare di farlo in nome di interessi superiori (certo, magari senza star lì ad analizzare troppo!): lo si fa per l’esportazione degli ideali di Libertà e Fraternità, per quelli della liberaldemocrazia, per i vari fardelli dell’uomo bianco fino, appunto, al compito di salvare il mondo dall’inquinamento e dalla catastrofe climatica. Così un tema ignorato e deriso diventa stranamente e velocemente ciò su cui i potenti sono assolutamente d’accordo.

Solo la presenza di un così alto compito può far sentire ben assisi nel sinedrio dei buoni una giunta di sedicente sinistra che blocca fuori dalla città, costringendoli a salti mortali, problemi professionali, abbassamento della qualità di vita, dei poveracci che non sono in grado di cambiare con sufficiente velocità l’auto o non hanno azzeccato il modello giusto (a meno che, incrociando pensiero radical-chic ed ecologia, i componenti della giunta non pensino che chi possiede un’automobile precedente alla euro 6 lo faccia per inquinare il pianeta e non perché non può permettersene una nuova). La ztlculture ci fornisce dunque un assaggio di futuro. Come in pandemia, nuovamente alti ideali da tutti onorabili (chi non vorrebbe salvare il clima? chi non vorrebbe la pace? Chi non vorrebbe il diritto internazionale rispettato da tutti? Chi non vorrebbe un mondo più pulito? Chi non vorrebbe che nessuno morisse per malattie virali?) e su questa base di truismi la proposta di un solo modo di agire e di leggere come questi alti valori vadano giocati. Un solo modo, certificato dai governanti, dai media e infine dai tecnici o scienziati previamente scelti per confermare i bisogni del potere e variamente omaggiati per i loro servigi. Chi non rispetta il modo e nicchia sull’attuazione del crono-programma non rispetta gli alti valori. È dunque un uomo abietto che vuole la guerra, è contro l’autodeterminazione dei popoli, è disinteressato alla morte degli anziani per improvvisa trasmissione virale, è un inquinatore disposto a togliere un mondo abitabile ai propri figli e nipoti per non cambiare in nulla la propria vita e non rinunciare ai propri sibaritici lussi (ad esempio guidare un turbodiesel dei primi anni duemila).

L’ecologia in questo senso si presta a tutto, può permettere ai governi di legiferare e decidere su ogni cosa. Non c’è dimensione del vivere umano che non sia soggetta ad un’analisi di sostenibilità: ciò che mangiamo, ciò che vestiamo, dove abitiamo, come e quanto ci spostiamo, cosa acquistiamo, cosa possediamo, come vogliamo comunicare, cosa e come produciamo, come ci scaldiamo, cosa buttiamo via e cosa vogliamo conservare. Rispetto all’ecologia come nuova religione persino le teologie morali e politiche cattoliche e musulmane dei tempi andati peccano di vaghezza e di eccessiva discrezione. L’ecologia si prepara a essere programma di vita per chi obbedisce e bastone (sicuramente in materiale riciclato) per chi non obbedisce. Non sarà ad esempio necessario attendere l’obsolescenza delle cose per farne acquistare altre né accelerarla con costose pubblicità, mode ridicole o mezzucci vari (lo smartphone che diventa inefficiente appena esce il modello successivo). Basterà decretare (dell’auto, dell’elettrodomestico, dell’impianto di calore o refrigerazione) la certificata inadeguatezza ambientale e dunque inferiorità morale per metterlo in pensione forzatamente e costringere alla sostituzione e al perenne inseguimento ogni umano sulla terra.

Ma come è possibile che una posizione di minoranza, perlopiù tacciata di estremismo e anti-capitalismo fino a poco prima, sia in lizza per essere la prossima dogmatica emergenza attraverso cui forgiare il mondo e rendere, ancora una volta, accettabile ciò che altrimenti non accetteremmo? In fondo la risposta è semplice: il grande capitale e i governi ad esso fedeli (cioè quasi tutti) sono riusciti a disaccoppiare pauperismo ed ecologia, decrescita e ambiente. Adesso l’ambiente è una grande occasione di investimento, di guadagno e di potere per la classe dominante facendola apparire al contempo morale e sollecita per gli umani destini (il medesimo format delle politiche pandemiche insomma). Non è certo una coincidenza che l’ecologia sia passata da essere tema cardine di piccoli partiti considerati troppo di sinistra a essere il totem intoccabile del grande partito della destra finanziaria: il Pd. Per fare ciò si deve ovviamente ritenere, come del resto è, di essere in grado di controllare il messaggio principale (dobbiamo salvare l’umanità dalla crisi climatica) ma anche le modalità attraverso cui esso deve essere attuato bloccando ogni altra possibile via e soluzione, ogni mozione di minoranza. Dunque le auto a benzina e a gasolio saranno il male assoluto e uno sconcio che dovrà finire entro il 2035; la miliardaria sostituzione dell’intero parco macchine di mezza umanità con incalcolabili tonnellate di nuove lamiere e motori costruiti e presenti nel mondo, con componenti ed elementi esauribili e rari e milioni di auto non elettriche diventate rifiuti sarà invece un bene assoluto. La digitalizzazione di ogni pertugio della nostra esistenza e lo spostamento dalla vita reale nel metaverso et similia sarà un bene assoluto nonostante i tassi di inquinamento dei mega server idrovori ed energivori, invece una passeggiata in campagna con amici un male e così via.

Ma chi teme che il manganello verde non abbia comprensione della nostra povertà e della crisi, chi teme ad esempio di non poter reggere economicamente la transizione ecologica delle auto si rassicuri: l’Europa ha allo studio una deroga per Ferrari e Lamborghini. Qualche automobile vecchio stile da comprare vi resterà sempre. Non siate taccagni.

 

https://avanti.it/il-manganello-verde/


lurker, IlContadino, LuxIgnis e 2 persone hanno apprezzato
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LuxIgnis
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Squallor: Vota verdi 🤣 🤣 🤣 

 

https://www.youtube.com/watch?v=oR2A44EQncI


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