“Il velo della discordia. Loro sono obbligate a metterlo, noi le obblighiamo a toglierlo: ma le donne musulmane cosa vogliono?”
Così esordiva la copertina di Donna moderna (1) dell’8 novembre.
Tipico slogan da giornalismo paparazzistico, ma dopo un titolo così, ci si aspetterebbe di andarsi a leggere un articolo in cui due o più donne musulmane dicono cosa vogliono.
E invece no.
Donna moderna che cosa vogliono le donne musulmane va a chiederlo a Ersilio Tonini (cardinale!!!), Livia Turco (ministro della salute!!!), Lidia Ravera (scrittrice!!!), Stefania Prestigiacomo (parlamentare!!!), Lili Gruber (europarlamentare!!!) etc. etc. etc.
Dove sono queste donne musulmane di cui si parla e chi dà a tutta quest’altra gente la legittimità di fornire un giudizio sul nostro comportamento, su ciò che siamo, su ciò che vogliamo, sul significato di quello che facciamo?
Ho preso come esempio Donna moderna, ma giusto perchè stamattina ce l'avevo sotto agli occhi e mi sono sentita un po' un fenomeno da baraccone, messa lì sopra, in bocca alla Gruber! Certo, per i media è comodo toglierci la voce e ritenerci, semplicemente,Barbablù,(2) una favola inventata o, tutt’al più, un fenomeno da baraccone, come ha cercato di fare Vespa con la nostra dolcissima e sprovveduta sorellina diciannovenne.(3)
Non darci voce, o ridicolizzare la nostra voce, è una fantastica arma mediatica con la quale le nostre vite, le nostre scelte, i nostri desideri, le nostre motivazioni vengono ridotte ad una specie di nevrosi di gruppo cui, politicamente, si può dare una finta risposta o evitare proprio di rispondere.
Tutti sappiamo che, nella lingua dei media, parlare del velo significa, in realtà, parlare della superiorità della cultura occidentale rispetto a quella islamica, significa parlare della superiorità della democrazia rispetto a qualsiasi altra forma di governo e rispetto a qualsiasi altra idea politica e significa non solo annullare la voce delle donne musulmane ma anche quella degli uomini musulmani e quella di qualsiasi altra minoranza politica esistente nel globo.
Certo, se Lili Gruber è tenuta a parlare di me, inventandosi, di sana pianta, una me stessa che non ha mai conosciuto, prendendo spunto dalla donna velata incontrata a Bagdad, io non ci sono, non esisto e non conto.
Ma se, improvvisamente, qualcuno volesse saperlo proprio da me, pinco pallina musulmana qualsiasi, che cosa vogliono le donne musulmane, cosa dovrei mettermi a raccontare?
Finora, in fondo, siamo state al gioco e ci siamo immedesimate a tal punto in questo assurdo doppio senso del linguaggio in codice dei media da dimenticarci la verità, tanto che, anche tra noi, non parliamo d’altro.
Pensate che ormai diciamo tutti la stessa cosa, noi e loro, sulla questione del velo e questo dovrebbe farci riflettere. Per alcuni è come dire che - sì - dobbiamo ammetterlo, la società occidentale è superiore. Perchè costringendoci a parlare in codice in realtà ci fanno dire questo, senza accorgercene. E quindi, una pinco pallina musulmana qualsiasi, per non cascare nella trappola, dovrebbe rassegnarsi a dire la semplice verità: il velo è un problema marginale! Anzi, il velo non è un problema nella/e comunità islamiche d'Italia!
Non credo che si rivelerebbe un segreto di stato sostenendo che, nel nostro codice importato, essere a favore del niqab, oggi nell’islam italiano significa, in realtà, essere intimamente convinti che esista un unico islam valido in ogni tempo e in ogni luogo e che la sunna del profeta – saas – debba essere praticata tutta per intero, anche nei casi in cui risulti impraticabile perché, per esempio, va contro le leggi dello stato in cui si vive.
Essere contro il niqab, a favore del velo o del capo scoperto, significa invece optare per il cosiddetto “islam europeo”, quello che alcuni amano chiamare “moderato”, che propone una via di equilibrio tra pratica religiosa e apertura verso il mondo circostante.
Entrambe le visioni hanno, a sostegno, innumerevoli teorizzazioni da parte dei sapienti islamici di tutto il mondo.
La prima opzione, essendo quella più restrittiva e quella appoggiata nei secoli dei secoli dai sapienti storici, incute certamente più rispetto e forse anche una certa soggezione ed è, dal punto di vista spirituale, una via veramente iniziatica che dovrebbe permettere al credente - se intimamente trasportato dal desiderio di Dio – di allontanarsi dalle futilità, dai bisogni indotti e dai condizionamenti psicologici e di impegnare ogni energia nella ricerca dell’Assoluto.
La seconda è quella che ha dato e che potrà dare a molti di noi la possibilità di non autocostringersi a disinnamorarsi dell’islam – e quindi anche della ricerca spirituale - , nel momento in cui si sceglie la sopravvivenza – per sè e per gli altri – in luogo della catastrofe.
Fonte: http://an-nisa.splinder.com/
16.11.06
Nota
1. http://www.donnamoderna.com/
2. http://www.ilcircolo.net/lia/001124.php
3. http://silpad.blogspot.com/2006/10/porta-porta-pietra-pietra.html