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Joseph Stiglitz - L'America può imparare dall'Italia


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Un punto chiave per l’economia americana, come per quella internazionale, è la debolezza dei consumi, più precisamente della domanda aggregata, interna e globale. Oltre ai consumi, decisivi per l’occupazione, e a difficoltà finanziarie legate alle banche e alla concessione dei mutui, negli Stati Uniti ci sono anche problemi di carattere strutturale su cui dobbiamo soffermarci.

Anche perché solo attraverso un’opportuna riflessione su ciò il Paese potrà risolvere alcuni problemi fondamentali della propria economia. Sul mercato del lavoro, ad esempio, ci sono tante persone che hanno impieghi part-time perché la disponibilità di posti di lavoro non riesce ad assorbire l’offerta. Ciò è legato a un altro elemento d’incertezza, ovvero il fatto che gli Stati Uniti si trovano in una posizione che li porterà ad affrontare molti cambiamenti della loro economia e di quella del resto del mondo.

Uno di questi è rappresentato dagli investimenti che prima della crisi erano concentrati per il 40% nelle attività immobiliari. C’era una sorta di eccesso di investimenti negli immobili che consentiva però di sostenere la domanda interna e l’occupazione. Si trattava di sovracapacità rispetto ai fondamentali dell’economia, ma oggi, sulle ceneri della crisi, una buona parte di questa occupazione non esiste più. Un secondo aspetto riguarda la finanza: il 30 per cento degli asset aziendali americani erano destinati al settore finanziario e questo è un altro elemento dello squilibrio che caratterizza la nostra economia, un’imperfezione che deve essere corretta.

Ma il grande problema del sistema americano riguarda l’attività manifatturiera. Il settore ha registrato una forte contrazione, scendendo all’11% circa dell’occupazione e del prodotto interno lordo. Inoltre il contributo sostanziale all’economia nazionale è inferiore rispetto, ad esempio, a quello dell’Italia. Il calo dell’occupazione nel settore manifatturiero è da una parte il riflesso di un miglioramento: grazie alla crescita della produttività si riesce a ottenere lo stesso risultato in termini di produzione, impiegando meno forza lavoro. Ma d’altro canto c’è stata una carenza nello sviluppo della manifattura e su questo vorrei citare un esempio personale.

Io sono cresciuto nell’Indiana, uno dei distretti del Paese che hanno rappresentato per un periodo l’esempio del successo dell’industria dell’acciaio, a partire dall’inizio del secolo scorso sino agli Anni Cinquanta, ovvero il periodo del boom economico. La situazione dell’Indiana oggi è la fotografia di quello che accade quando il fenomeno della globalizzazione e quello della de-industrializzazione fanno il proprio corso, senza un’adeguata tutela da parte del governo, anzi diciamo pure una «latitanza» del settore pubblico. L’Indiana sembra un paese del Terzo Mondo, dove le cose vanno sempre peggio: tutto è rimasto fermo ai tempi del boom senza che sia intervenuto un adeguamento alle dinamiche che hanno accompagnato il settore in questi ultimi decenni. Ciò vuol dire: sempre meno posti di lavoro.

Un altro aspetto interessante è che uno degli stabilimenti dedicati alla lavorazione dell’acciaio è stato acquistato da una società indiana che è stata in grado, grazie ai suoi manager, di riportare in alto i livelli di efficienza produttiva, al contrario di quanto le società americane non hanno saputo fare. Un altro elemento su cui soffermarci ancora riguarda la qualità dell’acciaio prodotto: quello americano non è certo della stessa qualità, ad esempio, di quello che viene prodotto dagli stabilimenti tedeschi, e nemmeno può competere. Così molti americani si chiedono come si possa sfidare la Cina, come si possa sostenere la concorrenza di altri importanti protagonisti del settore manifatturiero. Ebbene, sempre più spesso non si riesce a trovare una soluzione e si è ormai rassegnati al fatto che l’industria manifatturiera Usa sia destinata a proseguire sulla via del declino.

Da questo punto di vista mi sento di sostenere che l’Italia è un modello di Paese che riesce ancora a competere con il resto del mondo nel settore manifatturiero e in particolare in quelle che sono alcune eccellenze italiane come macchine e attrezzature meccaniche ad alta specializzazione.

Per l’America è questa la vera sfida: cercare di capire cosa gli italiani hanno fatto per rafforzare la competitività dei «machinary goods», i prodotti della meccanica, e che noi americani non siamo riusciti a fare fino a oggi. Da americano ritengo che sia importante avviare e rafforzare inoltre una cooperazione in questo senso anche perché gli Stati Uniti devono andare alla ricerca di una nuova forma di «Great Deal» per capire come avere un settore manifatturiero più dinamico. Anche perché è importante per le grandi economie, come quella americana, puntare su una diversificazione sempre maggiore e avere una specializzazione in diversi ambiti produttivi.

Le problematiche del settore manifatturiero sono, inoltre, intimamente legate a quelle del sistema delle piccole e grandi imprese e in particolare al sostegno che i governi possono dare a queste. Si tratta di un aspetto che riguarda sia l’America che l’Europa. Mi riferisco in particolare alle banche e ai prestiti che devono essere assicurati alla Pmi. In questo senso le banche dovrebbero tornare a dare maggiore attenzione alle attività di credito mentre il governo per creare una rete di piccole e medie imprese (Pmi) di successo può svolgere un ruolo fondamentale impegnandosi ad agevolare i finanziamenti attraverso la predisposizione di nuovi veicoli ma anche con forme di promozione e sostegno all’innovazione. Sul primo aspetto occorre, infine, rivedere il sistema delle piccole banche, che risultano svantaggiate rispetto alle grandi, che sono state aiutate dai finanziamenti pubblici stanziati per evitare il loro fallimento nel 2008. Gli istituti più piccoli hanno poca liquidità e per questo è indispensabile creare un sistema bancario articolato che finanzi le piccole e medie imprese, se si vuole rilanciare il sistema.

Joseph Stigliyz
Fonte: www.lastampa.it
Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7925&ID_sezione=&sezione=
7.10.2010

*Discorso pronunciato ieri a New York durante il World Business Forum organizzato in collaborazione con l'Istituto del Commercio Estero italiano


Citazione
duca
 duca
Active Member
Registrato: 2 anni fa
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*Discorso pronunciato ieri a New York durante il World Business Forum organizzato in collaborazione con l'Istituto del Commercio Estero italiano

Insomma praticamente una gentile piccola marchetta... 😀


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Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
 

*Discorso pronunciato ieri a New York durante il World Business Forum organizzato in collaborazione con l'Istituto del Commercio Estero italiano

Insomma praticamente una gentile piccola marchetta... 😀

ma no ??


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