La ripresa del processo di pace in Palestina potrebbe favorire il dialogo Washington-Teheran. In stretta collaborazione con Europa e arabi moderati
Il programma nucleare iraniano e le sue considerevoli risorse mettono l’Iran in condizione di tentare il dominio strategico della regione. Con l’impeto dell’ideologia radicale sciita e il simbolismo della sfida alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, attenta all’ordine stabilito in Medio Oriente e forse ovunque la popolazione islamica sia dominante. Gli appelli alla trattativa sono stati inutili. Il negoziato è in un vicolo cieco, a meno che non venga ripreso in un contesto più ampio. Ma non ha ancora trovato un forum. In ogni caso, le divisioni fra i partner impediscono di assumere un orientamento chiaro. I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania hanno sottoposto a Teheran un pacchetto d’incentivi per terminare l’arricchimento dell’uranio come fase essenziale e porre fine al programma di armamento nucleare. Hanno minacciato sanzioni. L’Iran ha insistito sul suo diritto a procedere, e anche le sanzioni più ridotte proposte dalla troika europea (Francia, Germania e Gran Bretagna) sono state respinte dalla Russia.
Azioni militari americane sono improbabili
Riluttanti a trattare con un rappresentante dell’«asse del male», gli Usa non hanno partecipato ai negoziati, dando la procura a Javier Solana, alto rappresentante dell’Unione Europea, che ha negoziato nell’interesse della troika. Di recente Condoleezza Rice ha annunciato un cambio di politica. Gli Usa vorrebbero partecipare ai negoziati sul nucleare a patto che l’Iran frattanto sospendesse il programma di arricchimento. Ma Teheran non ha mai mostrato interesse a trattare con Washington. La posizione della Russia è più complessa. Probabilmente nessun Paese, neanche gli Stati Uniti, sono più preoccupati della Russia da un arsenale nucleare iraniano, dal momento che una gran parte di popolazione islamica risiede ai suoi confini. Per questo Mosca non ha nessuna intenzione di attirare l’ostilità iraniana. In conclusione, le trattative con l’Iran non stanno andando da nessuna parte. I Sei avrebbero la scelta tra effettive sanzioni o il proliferare d’una capacità nucleare. Azioni militari da parte degli Stati Uniti sono estremamente improbabili nei prossimi due anni, tenuto conto che il Congresso è ostile alla presidenza. Ma Teheran sicuramente non ignora la possibilità di uno scontro unilaterale con Israele se tutti i negoziati dovessero fallire.
Teheran non è in grado di sfidare il mondo
Fintanto che l’Iran si concepisce più come un crociato che una nazione, non emergerà alcun interesse comune dai negoziati. Evocare una prospettiva più equilibrata dovrebbe essere l’obiettivo primario della diplomazia Usa. L’Iran deve ricordarsi di essere un Paese povero, non in grado di sfidare il mondo. Ma un’evoluzione di questo genere presuppone uno strategico programma negoziale degli Usa e degli alleati. Oggi gli Stati sunniti della regione - Egitto, Arabia Saudita, Giordania, il governo non sciita del Libano, gli Stati del Golfo - sono atterriti dalla deriva sciita. Trattative tra l’Iran e gli Stati Uniti potrebbero generare una fuga precipitosa verso concessioni preventive, precedute da un significativo sforzo per portare questi Paesi a politiche di equilibrio. In una dimensione di questo genere, l’Iran deve trovarsi come un’area rispettata ma non dominante. Una ripresa del processo di pace in Palestina potrebbe giocare un ruolo importante in questo disegno: presupporrebbe una stretta cooperazione tra Stati Uniti, Europa e Paesi arabi moderati. L’Iran dev’essere incoraggiato ad agire come una nazione, non come un provocatore. Una diplomazia propositiva verso l’Iran è importante per costruire una regione più promettente, ma solo se l’Iran non comincia a credere di essere capace, in questo processo, di poter modellare il futuro su di sé.
Henry Kissinger
Fonte: www.lastampa.it
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6.12.06
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